bdsm
Animali - 3
di Pprossa
18.08.2024 |
863 |
2
"Sentivo che mi toccava sul posto più intimo, e le sue dita sfregavano sulla stoffa della gonna e delle mie mutandine..."
“Che mi ha fatto? La civetta in palestra. La puttana con quei due. Dovevi vederla, lasciarsi accarezzare le cosce con la scusa di farsi spiegare l’esercizio. Ecco che mi ha fatto. L’accordo lo mantengo. Io ho solo una parola.”Lui sorride, vincitore. “Ben detto. Ho un conto in sospeso con questa ragazza. E se sei intelligente ne stai fuori. Cosa c’è di così terribile se ce la godiamo un po’?”
“Boss, devo ringraziarti..” sento la voce del terzo uomo per la prima volta, “speravo in una serata divertente, ma questa sarà magnifica. Sarò complice dell’abuso di questa ragazza. Una ragazza innocente, dolce. E bellissima. Dimmi, la scoperemo mentre piangerà?”
Vogliono torturarmi due volte. Prima psicologicamente, poi fisicamente.
“Sarò complice di tutto lo schifo che le faremo. Ma, Antonio non deve fare le due telefonate?”
Il mio ragazzo, colui che m’ha messa in questo stato di schiava, alza la voce. Intanto, il bastardo mi tiene ferma stringendomi una mano sul collo.
“Smettila, adesso. Non mi vergogno se siamo qui. E se devo fare le telefonate perché ci raggiungano, le faccio, subito. E sai perché non mi vergogno? Perché le ho proposto un patto, dopo che ha fatto la puttana con quei due. E lei ha accettato. Lo fa volontariamente. La mia fidanzata è una puttana! Volete farla piangere? Fatela piangere!”
Bastardo. Schifoso bastardo. È la cosa peggiore che potessi sentire. Inizio a piangere. Urlo!
“Come potete volermi fare male? Lasciatemi stare. Non mi avete ancora scopata, non dirò nulla ma non fatelo, vi prego. Lasciate perdere questo schifo.” Singhiozzo.
La mano che mi stringeva il collo mi accarezza una guancia, i capelli. È dolce.
“Mi dispiace, principessa. A noi piace picchiare, fare provare dolore, mortificare, abusare. Devi pagare, e lo farai.”
Torna a stringermi il collo, con cattiveria.
Ho paura. Se c’è una cosa che ho imparato è che avere bisogno di qualcosa significa doversi piegare all’autorita di qualcun altro.
Fisicamente, sono piuttosto piccolina, sull’uno e sessantaquattro, ma ho un seno sodo e ben proporzionato, due cosce tornite e i glutei tondi e formosi, perfetti nella loro sodezza agli occhi di molti uomini. Ho diciannove anni. Da due anni sono la ragazza di Antonio, un ventisettenne, dirigente d’azienda.
“Che ti ha fatto la mia ragazza per dire queste cose? È a me che ha ferito.”
“Niente che t’importi, ma ce lo deve. Te lo assicuro. Tu telefona a quei due. Lei pagherà il suo debito e, se sarà nelle condizioni di farlo, dopo sarà libera.”
“Stai scherzando. Dimmi che non credi davvero in questa stronzata, boss.”
Non gli risponde. Inizia a schiaffeggiare le mie natiche.
Ritorno a due anni fa. La mia euforia quando Antonio mi disse del party aziendale. L’emozione di conoscere il suo capo. Il ballo col boss. Le sue parole.
Hai sete, principessa? Vuoi bere qualcosa di caldo?”
Mi aveva attratto contro il suo corpo, lasciando scivolare la mano sinistra tra le mie gambe, sotto la gonna, ignorando che mi dibattevo e cercavo di fermarlo. Sentivo che mi toccava sul posto più intimo, e le sue dita sfregavano sulla stoffa della gonna e delle mie mutandine.
“Non vuoi che ti tocchi?” Mi aveva chiesto, gelido e roco nello stesso momento.
“Peccato, principessa … un vero peccato. Perché sai a cosa penso io, quando ti guardo? Penso a quanto mi piacerebbe fotterti, piccola. Metterti a quattro zampe e fotterti come una cagna in calore. Perché le ragazzine come te…”, premeva contro le mie natiche l’inguine duro e minaccioso, “…sono le migliori a letto. Le più vogliose.”
Ora sono la loro cagna.
Quando ha finito di sculacciarmi, mi aiuta a sedermi sul letto.
Mi aspetto che mi scopi ma non lo fa.
Va dall’angolo del letto e tira fuori qualcosa che non ho mai visto prima. Cinghie. Poi indica il centro del letto. “Sdraiati, principessa. Ti faremo di tutto finché non ci implorerai di smettere.”
Rabbrividisco mentre mi stringe la cinghia intorno al polso. Mi guarda, aspettando che io reagisca. Mentre mi tiene ferma. Mi mette le gambe intorno ai fianchi. Si mette sopra, così è a cavalcioni su di me. Con entrambe le mani sulle mie spalle, mi spinge contro il letto.
Raggiunge l’altra cinghia. Me la mette sul polso. Tira forte.
Tremo mentre mi preme le labbra sulla clavicola. È delicato. Trascina le labbra lungo il mio petto. Prende il capezzolo in bocca e lo succhia dolcemente. Poi sempre più forte... Finché non emetto il gemito di dolore.
Trovo le cinghie che mi tirano. Morde più forte, gemo ancora più forte. Sono impotente.
Scende in basso, in mezzo alle mie gambe. Mi stuzzica con duri colpi di lingua. Poi mi morde dolcemente le labbra. Più forte. Abbastanza più forte. Dolore! Raschia i denti sul clitoride. Mi fa male.
Mi preme il palmo contro il bacino, bloccandomi al letto.
“Boss, la scopiamo?”
“No. Non siamo neanche lontanamente pronti per quello. Ha bisogno di più. Di molto di più. Aiutami, invece.”
Fa un cenno. Mi morde un’altra volta.
Quello si avvicina e si china sul mio seno, morde un capezzolo.
Dopo un altro morso, trascina le labbra lungo il mio ventre, sotto il mio ombelico, sulla parte superiore del mio bacino. Lasciato libero dal boss. Senza preavviso, preme i palmi sulle mie cosce, bloccandomi al letto.
Sono legata al letto, con le cinghie, spalancata, pronta per il loro divertimento.
Mi fanno male, solo male. Mi faranno più male. Solo più male.
Il boss fa un passo verso di me, si china, alza il braccio e mi schiaffeggia. Lo schiocco è secco. Rimango con il capo voltato di lato, con la bocca socchiusa nello shock. E accadde l’inevitabile. La bocca mi trema. Gli occhi mi si riempirono di lacrime. Comincio a piangere.
Mi da un altro schiaffo e, allungando una mano alla mia nuca, mi attira verso di sé. “Lo sai il perché?”
No, non lo so. Non ho capito il motivo della sua rabbia. Il terrore mi riempie gli occhi.
“Non c’è un perché, volevo punirti. Non domandarti cos’hai fatto di sbagliato. Nulla. Se vogliamo darti uno schiaffo, te lo diamo. Se vogliamo scoparti, sborrarti in bocca, ti scopiamo e ti sborriamo in bocca. Se vogliamo morderti i capezzoli o la fica, ti mordiamo. smetti di frignare. Se continui a piangere, Dovremo essere molto cattivi.”
Annuisco a viso basso.
“Forse dovremmo fare una piccola prova” borbotta. “Sai… per capire se questa cosa funziona o no. Inutile perdere tempo, principessa , se non sei capace a soddisfarci. Un esperimento. Se supererai la prova, procederemo con il nostro accordo. Altrimenti ognuno torna a casa sua, con i suoi problemi. E la tua verginità, ovviamente. D’accordo?”
Il mio ragazzo scuote la testa: “boss, non è vergine.”
Lui mi guarda, poggia le mani sulle mie natiche, mette un dito in mezzo, senza spingere.
“Non hai detto di non averle mai fatto il culo?”
Preme, ma la posizione gli impedisce di penetrare.
“Ragazza mia, se supererai l’esame, procederemo col nostro accordo e ti prometto che perderai questo fastidio entro la serata.”
L’altro è ancora vicino. “Boss, non posso più aspettare. Devo scoparla.”
Infastidito, il bastardo mi da uno schiaffo sul seno.
Con voce ferma e dura, gli risponde “devi aspettare. Stai per divertirti… stai per divertirti un mondo.”
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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