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La conversione di Sandra


17.02.2025 |
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"Attraversarono la stanza e imboccarono uno stretto corridoio che terminava con una porta chiusa..."
Sandra aveva sentito parlare di dominazione, sottomissione, BDSM e pratiche sessuali non “comuni”: ormai si trattava di una moda, un espediente per evadere dal solito sesso tradizionale o, come lo definivano i più esperti, “vanilla”.Ma a lei, così sicura di sé, appagata sessualmente dal menage coniugale (aveva rapporti con suo marito con una certa frequenza) le “mode” non interessavano.
Fino a quando, un giorno, mentre si trovava in una libreria del centro (era una fervente lettrice di romanzi), i suoi occhi furono catturati da un libro.
Era un libricino di poco più di un paio di centinaia di pagine, quasi nascosto nello scaffale dei classici dell’erotismo.
La copertina, in finta pelle, di un colore rosso cupo con le scritte dorate, riportava, a chiare lettere, il titolo: “La filosofia nel boudoir” di François de Sade.
Conosceva il Marchese De Sade e la sua produzione letteraria.
Incuriosita, sfilò il volume dallo scaffale e iniziò a sfogliarlo nervosamente ma con fare timido quasi volesse nascondersi da eventuali occhi indiscreti di altri clienti della libreria.
Richiuse il volume e, girandolo sul dorso, iniziò a leggere la quarta di copertina che riportava la sintesi del racconto.
Leggendo quelle poche righe, dalle quali trapelava un contenuto del racconto, sì sessuale, ma anche altamente filosofico, decise di acquistarlo più per una curiosità che ormai si era fatta strada in lei che per una voglia morbosa di approfondire l’argomento.
Nei giorni seguenti aveva letto quel libro e, giunta all’ultima pagina, si ritrovò con un turbinio di sensazioni contrastanti.
La lettura di così tante nefandezze le aveva provocato un senso di disgusto e ripugnanza ma, stranamente, in alcuni passaggi del testo, si era eccitata tantissimo.
Cosa poteva significare tutto ciò?
Era ben cosciente che quel modo così forte e crudo di intendere la sessualità non le apparteneva, ma al tempo stesso iniziava a sentirsi attratta da un qualcosa che non riusciva a capire appieno.
Iniziò, così, la sua ricerca di quel “qualcosa” che si faceva sempre più strada nella sua mente.
Nelle settimane seguenti, navigando su internet, cercò siti che trattavano di tematiche legate al BDSM.
E più approfondiva la conoscenza delle pratiche sulla sottomissione, più la sua curiosità, ma soprattutto, la sua eccitazione, cresceva.
Ormai, la sua sete di sapere non si fermava più e, un giorno, consultando un sito a tema, con tanto di sezione dedicata agli iscritti, decisi di registrarsi.
Scelse, come nickname “Eugénie”, la fanciulla che nel romanzo di De Sade aveva ricevuto l’educazione al libertinaggio più sfrenato e crudele.
Non passarono molti giorni che, una sera, mentre navigava sul sito, le arrivò un messaggio da parte di un utente registrato con il nick “Il_cavaliere” che richiamava un altro dei personaggi del romanzo (il Cavaliere de Mirvel che, insieme alla sorella madame Saint-Ange, aveva il compito di aiutare il precettore, lo scelerato Dolmancé, nel compito di portare la giovane Eugénie sulla strada della perdizione).
Costui era stato colpito da quel nick name così familiare al suo e le aveva scritto complimentandosi per la scelta di tale nomignolo che lui conosceva molto bene a cosa si riferisse.
Sandra, di fronte ad un complimento così “innocente” e, a suo giudizio “innocuo”, decise di rispondere, ringraziandolo.
Si avviò, così, una fitta rete di messaggi e, giorno dopo giorno, i due iniziarono a conoscersi, scoprendo, tanti gusti in comune.
Lei, però, ogni volta che il suo misterioso interlocutore le proponeva un incontro di persona, con garbo ed educazione, ma con altrettanta fermezza, rifiutava.
Aveva paura di fare un salto nel vuoto, di fare brutte esperienze e, soprattutto, di mettersi nei guai.
Ma ogni volta che lui la provocava con accenni al BDSM, sentiva crescere la sua eccitazione, tanto che, un bel giorno, di fronte al suo ennesimo invito ad incontrarsi, accettò.
Si dettero appuntamento in un locale pubblico: lei arrivò vestita con un tubino nero che lasciava trasparire un fisico ben fatto ed ancora in forma, seppur aveva varcato la soglia degli “anta” da un bel po’.
Appena entrata nel locale si ritrovò di fronte un bell’uomo di mezza età, curato nell’aspetto, con un fisico asciutto ed uno sguardo profondo e intrigante.
Si sedettero al tavolino e ordinarono da bere.
Trascorsero, lì, poco più di un’ora, a parlare di tutto, ma non di sesso, fino a quando lui, guardandola fissa negli occhi e prendendole una mano, le sussurrò: “Vorrei che mi seguissi in un posto, ma sappi che se accetti, nulla per te sarà più come prima”.
L’allusione era chiara e lei lo capì subito: si trattava di un invito a consumare un rapporto sessuale.
Ma era una cosa che, avendo accettato di incontrarlo, aveva già messo in conto e gli rispose di sì.
Salirono nella sua auto e si diressero poco fuori città: imboccarono una stradina secondaria sino ad arrivare al cancello di una villa di campagna.
Lui lo aprì con un telecomando e si parò davanti a loro uno stretto vialetto tra due file di cipressi.
Dopo averlo percorso giunsero al piazzale di una antica villa, una di quelle tenute della piccola nobiltà di inizio secolo, con un enorme portone centrale sormontato da un balcone stile liberty.
Scesero dall’auto e lui aprì il portone facendole cenno di entrare.
Quello che le si parò davanti fu una stanza esagonale vuota se non fosse per un grande tavolo rotondo in legno massello ed un bellissimo piccolo tappeto proprio accanto alla porta.
Le pareti con delle finestre continue regalavano una fantastica vista sul giardino.
Le fece lasciare la borsa sul tavolo e le disse di seguirlo.
Attraversarono la stanza e imboccarono uno stretto corridoio che terminava con una porta chiusa.
Lui l’aprì e si ritrovarono in una stanza buia, con due finestre chiuse, illuminata da un piccolo lume boheme rosso, posto su un piccolo tavolino, sulla destra, che lui prontamente accese.
La visione fu, a primo impatto, scioccante.
Sul muro di fronte erano fissati, distanti tra loro poco più di un metro e mezzo, due anelli in metallo a circa due metri d’altezza e altri due a pochi centimetri dal pavimento.
Alla sinistra c’era una sorta di panca, dalla forma strana, sembrava una cavallina fatta di tubolari in metallo nero, con un ripiano centrale in legno scuro.
Sempre a sinistra, era disposto un mobile a cassettoni, sul quale Sandra riuscì a scorgere alcuni oggetti che, però, non identificò esattamente di cosa si trattasse.
Appena entrati, la porta si richiuse alle loro spalle e lui gli ordinò di spogliarsi completamente.
Lei, con il cuore che le batteva a mille ma ormai ben conscia del destino che l’attendeva, chinò gli occhi verso il basso ed iniziò a spogliarsi.
In un attimo si ritrovò completamente nuda, davanti a quell’uomo che, ormai conosceva da molte settimane, ma forse non abbastanza da potersi lasciare andare completamente affidandosi nelle sue mani.
Però ormai non poteva tirarsi indietro, anche perché la voglia di essere posseduta da quel bell’uomo ormai aveva preso il sopravvento cancellando ogni suo pudore e ogni suo timore.
Lui la osservò attentamente e le sussurrò: “sai perché sei qui? non ti ho portato per scopare come hai sempre fatto sino ad oggi. Sei qui perché ti farò mia, ma in un modo che prima d’ora non avresti mai immaginato”.
Detto ciò, la prese per mano e la accompagnò verso gli anelli.
La mise con il viso rivolto al muro, aprì un cassetto del mobile e prese una coppia di polsiere e una di cavigliere in pelle nera con all’estremità un anello di metallo.
Si avvicinò e le cinse polsi e caviglie.
Sandra sentì il freddo di quegli accessori sulla sua pelle ed un brivido l’attraversò, ma, al tempo stesso, un calore iniziava a farsi strada nel suo basso ventre, sino a lambire il suo sesso nudo.
Le fece allargare gambe e braccia e la immobilizzò agli anelli sul muro con l’ausilio di quattro moschettoni.
Era immobilizzata, girata di spalle e quindi all’oscuro di ciò che poteva avvenire dietro di essa, ma una sensazione di tranquillità la pervadeva.
Lui tornò al mobile e prese una bacchetta: era una sottile ed elastica canna di bambù di cui lei percepì la presenza quando ne avvertì il sibilo nel momento in cui lui la fece roteare nell’aria.
Le disse: “ora proverò la tua vera essenza: ti colpirò con una bacchetta sulle natiche, sta a te decidere se vuoi continuare. Se non vuoi farlo, dimmelo ora e ti lascerò andare, ma, sappi, che, con me, non avrai una seconda occasione”.
Un turbinio di pensieri attraversò la mente di Sandra in quel momento: la mente le diceva di lasciar perdere e fermarsi lì, mentre il cuore la incitava a continuare, ad esplorare i suoi limiti e a superarli.
Prevalse il cuore e rispose di voler continuare.
“Bene”, concluse lui, “ora ti colpirò venti volte: se vuoi che mi fermi devi dire “stop” mentre se vuoi continuare basta dire “vai””.
Nei 15 minuti successivi si susseguirono venti colpi intervallati da 20 “stop” e da altrettanti “vai”.
Alla fine, Sandra si ritrovò con il culo segnato da quei colpi che bruciavano tanto ma, in lei, ormai bruciava di più la voglia di seguire il destino di Eugénie e diventare una donna dissoluta e libertina come lei.
Alla fine era esausta, a malapena si reggeva in piedi e lui, avvicinandosi, le spalmò sui glutei una crema lenitiva che le dette un immediato sollievo.
Mentre lo faceva, le baciava il collo e le mordicchiava i lobi delle orecchie facendole aumentare l’eccitazione.
Le liberò le caviglie e la fece inarcare leggermente in avanti spostandole il bacino all’indietro.
Ritornò al mobile e prese, da un altro cassetto, un grande fallo di plastica.
Lo avvicinò alla sua bocca e le ordinò di leccarlo per bene in modo da umidificarlo quanto più possibile con la sua saliva perché l’avrebbe sodomizzata di lì a poco con quel grosso arnese.
Le sue parole la turbarono perché, sino ad allora, con suo marito, era sempre stata restia ad avere rapporti anali e, quindi, era di fatto vergine
E lui sapeva tutto ciò, perché, in una delle loro tante chiacchierate, lei si era confidata.
Ma non voleva fermarsi: quanto più la sua parte razionale cercava di fuggire da quell’uomo, tanto più lei si sentiva attratta e, quindi, era decisa di andare fino in fondo e ubbidì senza dir nulla.
Leccò per bene il fallo, cercò di bagnarlo quanto più possibile affinché potesse scivolare nel modo più agevole e meno doloroso nelle sue viscere.
Ancora gocciolante della sua saliva, lui lo avvicinò al suo ano: lei al contatto con esso cercò di spingere all’infuori per agevolare la penetrazione.
Ma ciò non bastò, perché non appena lui spinse dentro, sentì l’ano squarciarsi e una fitta dolorosissima insinuarsi nelle sue terga già molto provate dai colpi subiti.
Non riuscì a trattenere un grido che ruppe il silenzio “assordante” che c’era nella stanza.
Ma lui non si fermò e spingendo forte le sfondò il culo: si sentì rotta, piena e impalata, una sensazione di dolore mai provata prima ma che le dava, inaspettatamente, un piacere mentale anch’esso mai sperimentato.
Le sfilò lentamente il fallo e, ad un tratto, quella sensazione di pieno si trasformò in un vuoto.
Lui, dopo aver immerso un dito nel barattolo della crema lenitiva, gli massaggiò l’ano spalmandola su di esso.
“Hai superato due dure prove” esclamò ”dimostrando che hai una buona dose di sadismo. Se vuoi, potrai diventare la mia schiava, ti educherò fino a fare di te la più spregiudicata libertina. Non avrai più pudore né limiti, quando sarai con me. Hai una settimana per pensarci e darmi la risposta”.
Le sue parole ebbero su di lei lo stesso effetto di uno scalpello che incide una frase su un blocco di marmo: quelle frasi mai più si sarebbero cancellate dalla sua mente.
Era confusa, spiazzata da quell’uomo che non l’aveva posseduta come lei avrebbe voluto, ma l’aveva violata prendendosi, nel modo più cruento possibile, una verginità che aveva custodito così gelosamente.
Si era sentita posseduta in un modo, sì indiretto, ma molto più coinvolgente.
Questi pensieri la fecero eccitare così tanto che sentì colare, in mezzo alle gambe, i suoi umori.
Ormai desiderava più di ogni altra cosa appartenere a quell’uomo, si sentiva già sua: spogliandosi in quella stanza si era liberata non solo dei vestiti, ma anche della Sandra di una volta.
La conversione era iniziata: una nuova via gli si parava davanti, fatta di dolore e piacere, in un mix inebriante di passione, devozione e completa appartenenza.
Lui la liberò, la fece rivestire e, senza dir nulla, la riaccompagnò davanti al locale dove si erano incontrati.
Prima di scendere dall’auto, le sussurrò: “Arrivederci”.
Sandra lo guardò, i suoi occhi brillarono, accennò un sorriso e rispose: “a presto mio precettore”.
Aprì lo sportello, scese dall’auto e si avviò, dolorante nel fisico ma con animo felice, nel buio della notte.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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