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La conversione di Sandra - 2
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27.02.2025 |
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"Le ricordò che ormai non era più il momento di pensare e doveva prendere una decisione..."
Da quel giorno erano trascorse due settimane, durante le quali, Sandra non aveva più incontrato quell’uomo.Si erano sentiti alcune volte in chat, durante le quali, lui aveva cercato di portare la discussione su quello che era accaduto tra loro, ma Sandra aveva sempre cercato il confronto diretto sviando le domande con risposte sibilline e senza mai esprimere realmente ciò che provava solo al pensiero di quella notte.
Ed erano pensieri inconfessabili, dei quali provava un recondito pudore, ma aveva anche paura.
Sentiva che un “demone” si stava impossessando della sua mente e se avesse ceduto alla sue lusinghe avrebbe perso ogni controllo sulla sua vita e ciò la bloccava imprigionandola nelle sue stesse paure.
Ma sapeva bene che, essendosi concessa in quel modo così cruento ma inaspettatamente eccitante, la sua strada era già tracciata.
Mancava solo un ultimo, sottile e fragile, velo che le impediva di iniziare il suo cammino ma che, a breve, sarebbe stato squarciato.
E ciò avvenne nel momento in cui, lui, stanco di questa situazione così tentennante, una sera, durante una delle loro chiacchierate in chat, l’aveva messa di fronte ad un bivio: o si sarebbero incontrati il giorno dopo oppure non l’avrebbe più sentita.
Aspettava la risposta per la mattina dopo, per cui, le aveva concesso una notte per pensarci e prendere una decisione definitiva.
La notte, per lei, trascorse insonne: i pensieri erano tanti e si alternavano momenti in cui era quasi convinta di accettare l’invito a momenti in cui quella paura tornava prepotente a farsi strada in lei portandola a decidere per il no.
Dalla finestra della camera da letto iniziò a farsi largo il primo raggio di sole annunciando l’alba di una mattina di mezza estate: prima timido, etereo e quasi impercettibile, ma poi sempre più intenso, caldo ed accecante, illuminò la stanza squarciando il buio delle tenebre che l’avevano avvolta durante quella tormentata notte.
Ma quel raggio di sole ebbe anche un altro effetto.
Le ricordò che ormai non era più il momento di pensare e doveva prendere una decisione.
Si rigirò un altro paio di volte nel letto e si fermò sul lato rivolto verso il marito che, porgendogli le spalle, dormiva beatamente all’oscuro del travaglio interiore di sua moglie.
Lo osservò per qualche minuto e poi decise: sarebbe andata all’incontro, ormai aveva capito che il sesso con quell’uomo che dormiva accanto a lei non poteva più soddisfarla.
Era il momento di provare qualcosa di nuovo, diverso e molto più intenso.
E questa decisione era supportata dalla convinzione fatto che, quando avesse voluto, avrebbe interrotto qualsiasi legame extraconiugale, ritornando la mogliettina fedele e devota che era sempre stata.
Ma non sapeva che ciò si sarebbe rivelata una pura illusione perché, ne aveva già avuta una piccola prova, nulla sarebbe ritornato ad essere come prima.
Si alzò lentamente dal letto, in modo da non svegliare il marito, si mise alla scrivania nello studio, accese il pc, aprì la chat e scrisse “accetto”, premendo il tasto Invio.
Una sola parola, secca, senza alcuna convenevole, diretta, chiara ed inequivocabile.
La risposta non si fece attendere.
Le arrivarono una serie di istruzioni che recitavano testualmente: “l’appuntamento è a mezzogiorno a casa mia … conosci il posto. Indossa solo un vestito nero, niente indumenti intimi, scarpe decolleté nere con il tacco sottile, trucco leggero e rossetto rosso acceso. Liberati fino alla sera perché ti userò a lungo e molto intensamente.”
Lesse con attenzione e rispose con un semplice “Va bene”.
La mattinata volò in fretta e, per poter stare tutto il pomeriggio e la sera fuori, accampò al marito una serie di scuse inventando alcuni impegni di lavoro che l’avrebbero trattenuta in ufficio fino a tardi e poi sarebbe passata a trovare l’anziana madre cenando con lei.
Alle 12 in punto, arrivò con l’auto davanti al cancello della villa: non fece in tempo a fermarsi che si aprì.
Percorse il vialetto, parcheggiò nel piazzale, scese dall’auto e si diresse verso il portone.
L’uscio si aprì e gli apparve lui: era vestito con un elegante abito blu, camicia bianca e cravatta regimental abbinata.
La salutò sorridendole e quel sorriso ebbe come effetto quello di spazzare in lei un certo imbarazzo che stava provando.
La prese per mano e la condusse dentro.
Attraversarono il corridoio e lei si ritrovò nella stanza che aveva già conosciuto solo poche settimane prima.
Lui chiuse la porta e la condusse al centro della stanza.
Lui si mise di fronte, a poca distanza da lei e iniziò a fissarla intensamente.
Si sentiva gli occhi di quell’uomo addosso, quello sguardo sembrava che potesse leggerle la mente, scrutando i pensieri che in quel momento le balenavano.
Erano pensieri cupi, ma eccitanti, quegli istanti le sembravano eternità e voleva che lui passasse ai fatti: voleva che quell’uomo la possedesse con forza su quella panca che era posizionata ancora sulla sinistra.
Non poteva più attendere, era bramosa di sesso e di sottomissione dura.
Sempre continuandola a fissare, lui si avvicinò, le prese le mani e le allungò le braccia dietro al suo collo in una sorta di abbraccio e poi con le sue la cinse sui fianchi tirandola verso di sé:
Sentì il contatto dei due corpi ed ebbe un sussulto: il cuore le batteva a mille.
Lui percepì il sussulto e cercò di rassicurarla sussurrandole nell’orecchio: “non temere, scopriremo i tuoi limiti e sono sicuro che li supererai sotto la mia guida”.
E aggiunse: “ora ti userò e so che farai di tutto per assecondare le mie perverse voglie. Se, però, durante la sessione, vorrai fermarti, pronuncerai la parola “limite” e mi fermerò. Ma vedrai che a poco a poco, questa safe word, la pronuncerai sempre più raramente e ciò vorrà dire che stai superando i tuoi limiti”.
Mentre pronunciava queste parole, le slacciò i bottoni che chiudevano l’abito sulla schiena, sciolse l’abbraccio e le ordinò di spogliarsi.
Si ritrovò completamente nuda e le ordinò di mettere le mani dietro alla nuca, di allargare le gambe e di non muovermi per nessun motivo.
Si diresse verso il mobile, aprì un cassetto e prese qualcosa che lei non riuscì a decifrare, ma di cui percepì la consistenza metallica.
Tornò verso di lei fissandola intensamente negli occhi, le afferrò il seno destro con la sua mano sinistra, lo stuzzicò giocando con il capezzolo continuando a fissarla.
Lei sentì il capezzolo inturgidirsi tra le sue dita, glielo strinse, lo tirò e, d’un tratto avvertì una fitta tremenda e acuta.
Abbassò lo sguardo e vide il capezzolo stretto da una molletta metallica.
Voleva gridare, tanto il dolore era forte, ma non lo fece … strinse solo i denti e si lasciò sfuggire un gemito di dolore.
Lui la guardò e disse: “tranquilla, è normale provare dolore ma vedrai che i tuoi capezzoli si abitueranno presto ad essere pinzati”.
Poi rivolse le attenzioni al seno destro che ebbe la stessa sorte.
Aveva i capezzoli stretti da due mollette di metallo collegati da una catenella!
Le facevano male, ma sapeva che doveva sopportare il dolore, perché se voleva essere una vera schiava doveva imparare a soffrire.
Le mise la catenella in bocca, accentuando la tensione ed il dolore e la condusse verso quella strana panca.
La fece adagiare su di essa a pancia in giù e le fece distendere le braccia e le gambe lungo i quattro piedi della panca.
All’estremità di ognuno di essi c’era un gancio al quale assicurò i suoi polsi e le sue caviglie.
Si ritrovò, quindi, immobilizzata, in una posizione a quattro zampe, con il fondoschiena esposto e in bella mostra.
Si avvicinò e lo accarezzò.
Il suo era un tocco leggero, che produceva solletico ma, al tempo stesso, le fece venire la pelle d’oca … gli piaceva come la toccava e questo, per un attimo, le fece dimenticare il dolore al seno, forse anche perché, avendolo compresso sulla panca sotto il peso del mio corpo, ciò attenuava il dolore.
Era bloccata, dolorante ma il non sapere cosa le poteva accadere generava, in lei, una sensazione che non riusciva a decifrare.
Sentì la sua mano infilarsi in mezzo alle gambe e frugare nella figa.
Quella mano così furtiva che si insinuava nel sesso, la fece bagnare immediatamente.
Tolse la mano, lo sentì allontanarsi in direzione dell’armadio e sentì aprire una delle ante.
Tornò subito dopo da lei e sentì un colpo secco sulle natiche.
“Ora proverai la mia frusta!” esclamò.
Seguono altri colpi, lei sentiva il culo in fiamme e ciò le fece dimenticare, per un attimo, di avere le pinze ai capezzoli.
Non contò i colpi … furono 10, forse 20.
Un calore la pervase, lui si fermò e le disse: “brava, vedo che apprezzi la mia frusta … te la somministrerò spesso e ti porterò a godere attraverso di essa”.
E lei, raccogliendo le forze, sospirò: “Sì, mio Padrone, accetto questa tua decisione e imparerò tutto ciò che mi insegnerai”.
A dire il vero, mentre diceva queste parole, il senso di bruciore iniziò a trasformarsi in un calore, un piacevole calore.
Lui si avvicinò ed iniziò a massaggiarle le natiche mentre con l’altra mano la liberò dai ganci.
La fece alzare e avvicinandola ad specchio le disse: “guarda il tuo culo come è diventato rosso!” e scoppiò in una risata di compiacimento.
Lei girò la testa e osservò le natiche segnate dai colpi ricevuti.
Ebbe sentimenti contrastanti … si sentiva dolorante ma soddisfatta di aver resistito senza bloccarlo … lo poteva fare, lui si sarebbe fermato immediatamente.
Non aveva pronunciato quella fatidica parola perché, sotto sotto, quella punizione significava, per lei, dimostrare il suo desiderio di sottomissione.
Mentre era assorta in questi pensieri e continuava a guardare il culo, dimenticando per un attimo le pinze ai capezzoli, lui le prese la catenella, ricordandole immediatamente di ciò e la condusse, come una cagnolina al guinzaglio del suo Padrone, ai due anelli al muro.
Era rivolta verso di essi, le afferrò i polsi e li fissò ai due anelli con due moschettoni.
Le afferrò il bacino tirandola verso di sé e la mise in una posizione inarcata.
Si avvicinò e le accarezzò le natiche strusciandosi con il suo corpo.
Mentre sentiva il suo membro duro premere le disse: “ti sei meritata la tua ricompensa…”
Afferrò la catenella con la mano sinistra, la piegò piega ancora in avanti e cominciò ad accarezzarle la schiena.
Lui sentì il suo corpo fremere sotto le carezze.
Le sue mani calde scivolano lentamente lungo la schiena e sulle natiche e risalivano dolcemente fino alla nuca coprendo ogni centimetro della sua pelle. “Ha trovato subito il mio punto debole” -pensò – “come farò adesso ad eseguire i suoi ordini?”
Cercò di rimanere lucida ma lui continuava ad accarezzarle la schiena...sentiva le gambe cedere e rimase in piedi solo grazie ai ganci a cui era attaccata.
Lui si allontanò e si accomodò sul divano.
Rimase lì a guardarla per un po' aspettando che lei ritornasse in sè.
Lei smise di tramare e recuperate le forze si rimise in piedi con la faccia al muro come lui l’aveva messa all'inizio.
Rimase immobile aspettando, sperando che lui si riavvicinasse.
Glielo chiese ma non ottenne risposta … lui era ancora lì in silenzio che la guardava.
Riprovò ma questa volta cercando di essere più convincente:" ti chiedo scusa Padrone – sussurrai – “Ti prego avvicinati, insegnami."
Dopo qualche minuto si alzò e si avvicinò.
Ricominciò ad accarezzarmi la schiena come prima ma questa volta era più vicino. Sentì il suo respiro sulla sua pelle e il suo corpo premere sul suo.
Continuò a farlo fino a quando non la sentì tremare e fremere. Di nuovo le gambe non la reggevano ma cercò di resistere e così lui la slegò bloccandola, però, al muro con una mano.
Una mano sulla nuca che la spingeva contro il muro e con l'altra l’accarezzava.
Continuò fino a quando lei non riuscì a resistere accasciandosi a terra carponi.
Si allontanò e si sedette sul divano. Lei rimase lì per terra per un tempo infinito.
Dopo un po' le disse di andare da lui....strisciando.
Lo fece con lo sguardo basso e si piazzò tra le sue gambe
Lui allungò una mano e l'avvicinò al suo viso, si sporse in avanti e la fece stendere supina, con il seno schiacciato sul pavimento.
Il peso del corpo le comprimeva i capezzoli che erano ancora pinzati e doloranti.
Ma non ci faceva più caso, ormai iniziava ad abituarsi…
Le mise la mano sotto il mento, sollevandole il viso.
Si ritrovò il suo membro eretto davanti al viso.
Non sapeva cosa fare: voleva avvicinare la bocca ad esso, il desiderio di assaporarlo era altissimo, ma rimase immobile.
Iniziò a capire che una schiava non può prendere l’iniziativa … doveva imparare a controllare i suoi istinti!
E pensò che lui la stava mettendo alla prova … le avvicinò ancora di più il cazzo al viso, ne sentiva l’odore.
Era un odore di maschio, di sesso … stava per cedere, accennò timidamente ad aprire la bocca, ma lui si allontanò di scatto.
La afferrò per i capelli e le disse dice: “non ti ho detto di prenderlo in bocca. devi eseguire solo i miei ordini quando te li do, altrimenti, devi restare immobile!”
E le mollò un ceffone sulla guancia.
Non fu un ceffone di quelli dati per far male … assomigliava piuttosto ad uno schiaffo che un genitore da alla propria figlia quando ha fatto qualcosa di sbagliato, senza alcuna intenzione di farle del male ma con l’intento di lasciarle un segno.
E quel segno, sulla guancia lo sentì … era un segno di cui capì subito il significato.
Doveva imparare a controllarsi, doveva mettersi in testa che non poteva più prendere l’iniziativa ma solo eseguire i suoi comandi … queste parole le risuonarono nella mente.
Rimase immobile, il suo membro era ancora lì, davanti al viso.
Lui le disse: “ti ho detto che ti avrei premiata … bene, ti concedo di prendere in bocca il mio cazzo”.
Si mise in piedi, la fece alzare e mettere in ginocchio davanti a lui e disse: “ora fammi vedere come sai usare la lingua e la bocca. Attenta: devi usare solo la bocca e non le mani. Nel frattempo, masturbati”.
Mise la sua mano destra dietro alla mia nuca, con la mano sinistra prese in mano la catenella che univa le due pinze e le speinse la nuca verso di lui.
“apri la bocca!”, le ordinò.
Eseguì e lui le spinse il suo cazzo dentro.
Fu un colpo secco, senti il suo membro fino in gola e quasi le mancò il respiro.
Iniziò a masturbarsi e lui spinse ulteriormente con la mano la nuca, il cazzo le toccò quasi le tonsille.
Mollò la presa e lei si ritrasse indietro.
Questo suo movimento, però, tese la catenella che lui aveva nella mano e senti due fitte sui capezzoli.
Ciò la costrinse a ritornare in avanti e lui le spinse nuovamente il cazzo in gola.
“Aumenta il ritmo della masturbazione”, le ordinò.
Lo fece, le sue dita sfregarono velocemente il clitoride.
Una forte eccitazione la pervase, il suo cuore inizio a battere forte, il suo respiro si fece affannoso.
Inizio a mancarle di nuovo il respiro e si ritrasse indietro nuovamente.
Altra fitta ai capezzoli, ma ormai non ci fece più caso.
“Aumenta ancora di più il ritmo”, mi disse e le spinse nuovamente la nuca in avanti.
Lo riprese in gola, ma questa volta senza fatica, aumentò il ritmo e stava per venire.
Lui se ne accorse, iniziò a stantuffarle il cazzo in bocca, l’orgasmo stava per arrivare, lo sentiva, era come un’onda che la stava per travolgere.
Sentì una sensazione mai provata prima, aumentò ancora di più il ritmo, la sua figa era ormai un lago, lui spinse nuovamente il cazzo in gola, questa volta più forte di prima e dette un forte strattone alla catenella.
Tanto forte da far venir via le mollette: il dolore fu fortissimo ma nello stesso istante lei esplose in un orgasmo lanciando un grido.
Ma non era un grido di dolore, era un nuovo piacere, un piacere sconosciuto.
Lui si ritrasse e lei si lasciò cadere esausta per terra.
Si sedette sul divano.
Non avevo goduto e lei pensò che avesse volutamente rimandato il suo orgasmo, ma non riusciva a capire per quale motivo.
“Vorrà ancora usarmi per arrivare al suo orgasmo?” pensò in cuor suo … ma questa più che una domanda era una speranza.
Voleva supplicarlo di permetterle di soddisfarlo, ma non lo fece … aveva imparato la lezione.
Rimase stesa a terra per qualche minuto e poi lui disse: “per oggi abbiamo finito. Presentati domani perché ho nuovamente voglia di usarti”.
"Sì mio Padrone", rispose.
Si alzò, cercò di ricomporsi, fece un cenno di saluto ed uscì dalla stanza.
Si rivestì e si incamminò verso casa con nella testa mille pensieri …
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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