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Puzzi di sega, amore mio.


di candysexxx
07.04.2025    |    4.337    |    0 8.7
"Mi solleva le braccia, mi sta legando di nuovo i polsi al termosifone..."
(dedicato alla mia ex)

MATERNA

Donna elegante, di stupefacente bellezza mediterranea, carnale, materna.
Seni voluminosi e capezzoli piccoli, appuntiti e durissimi, sempre profumati di latte e di un cenno di dolce sudore.
Una vita stretta, da attrice hollywoodiana, che anticipa fianchi generosi e un culo scolpito per provocare.
Una schiena dritta, perfetta. Piuttosto alta, per le nostre latitudini.
Ma anche una donna in fondo tradizionale, di un paese dell'entroterra.


LO YOGURT

Non voleva venirci, a Cap d'Agde. Lo considerava un posto osceno, ideologicamente "lurido".
Fece resistenza, a lungo.
Eppure, una volta giunta, il cambiamento fu repentino.
Lo notai subito, al supermercato di Heliopolis. Cercava di prendere dei vasetti di yogurt, da uno scaffale molto alto.
Mi esortò ad aiutarla, ma era fuori anche dalla mia portata.
Giunse in soccorso un uomo alto, spalle larghe, petto ampio, braccia possenti, sorriso gentile.
Nero. E nudo, come per molti è prassi, nel villaggio.
La vidi arrossire. Poi sorridere. Poi gettare lo sguardo sul membro enorme di lui.
Prese lo yogurt dalle mani grandi dell'uomo. Lo ringraziò. Sorrise di nuovo, non era più imbarazzata.
Si voltò, fece pochi passi, ancheggiando come solo lei può.
Lui la raggiunse. Prese dalla cassa una penna, scrisse il suo whatsapp sul vasetto di yogurt. Terzo sorriso.
- Che maschio!
Era colpita, non esitò a comunicarmelo.
Da quel momento, mi parve subito perfettamente a suo agio. Molto più di me.


IL BUIO

E' buio, qui dentro.
Scorgo un flebile cenno di luce dalle persiane. Deve essere mattina.
Credo sia iniziata la terza settimana di vacanza, qui a Cap d'Agde.
Non ne sono certo. Ho perso la cognizione del tempo.
Non ricordo di preciso quando mi abbiano messo in questa minuscola stanzetta. Ero ubriaco, credo fosse la quarta notte.
Mi fanno male il collo e le braccia. Sono legato da giorni al tubo di un termosifone. Dormo su questo materasso a una piazza, che occupa quasi tutta la stanzetta.
Sono nudo, sudato, e fa caldo. Ma non ho nemmeno il tempo di lamentarmi con me stesso.
Ecco che ricominciano!
Colpi ripetuti. Lenti, poi rapidi, poi di nuovo lenti, poi rapidissimi.
Sempre di una potenza assurda, al punto da scuotere ogni volta il muro della stanzetta.
E' sesso, ma è un sesso anomalo, più che bestiale direi marziano.
Credo siano dieci giorni che sono chiuso qui dentro.
Dieci giorni che lui la fotte senza pietà.


MARMELLATA

Apre la porta della stanzetta, spinge un po' il materasso ed entra.
Il raggio di luce mi consente appena di scorgere le curve perfette del suo corpo.
Ma l'odore di sudore, il suo meraviglioso odore di sudore mi entra potente nelle narici e mi scopa il cervello.
Lo capisco, da come si muove, da come parla, da come profuma: ha goduto, sta godendo e continuerà a godere.
- Adesso ti slego, così puoi segarti. Ma non sborrare, non voglio che sporchi. Intesi?
- Sì.
E' un dialogo assurdo. Sarebbe stato impensabile, poche settimane fa. Eppure sta accadendo. E' reale.
Si mette a cavalcioni su di me. Mentre mi slega, i suoi seni enormi circondano la mia testa, da orecchio a orecchio.
Sono libero. Lei resta ferma, seduta sopra di me. La sua vagina è a pochi centimetri dal mio glande ma pare l'antro di una dea inarrivabile. Non oso tentare altro. Semplicemente, inesorabilmente, la mia mano afferra il mio pene e inizia ad andare frenetica, su e giù, come fossi preda di uno spasmo incontrollato.
Lei mi guarda, con l'aria di una madre delusa dal figlio. Lancia sguardi verso la porta, come se qui si annoiasse.
Ha portato con sé un barattolo di marmellata e delle fette biscottate, lo noto solo adesso.
Mentre io odoro il sudore dei suoi seni e mi masturbo come un ossesso, lei dice:
- Sono affamata. Ne vuoi un po'?
Inizia a mettere marmellata sulle fette biscottate, lo fa con le mani, come una ragazzina. Mangia con gusto.
Vorace, eppure sempre con la sua consueta eleganza.
E io, intanto, a sentire l'odore di latte di quei seni giganti che mi circondano, da orecchio a orecchio!
- Finisci la sega che altrimenti sborri. Dai che devo andare.
- Ti prego, non andare. Lascia che ti lecchi, ti prego.
- Vuoi leccare? E cosa vorresti leccare, eh?
- La fica, ti prego. La fica.
- Va bene, ma senza segarti, ho paura che vieni e sporchi tutto.
Si solleva, statuaria.


LA VERITA'

E' in piedi, il suo pelo all'altezza del mio naso.
Mi solleva le braccia, mi sta legando di nuovo i polsi al termosifone.
Si abbassa leggermente, in modo da allargare un po' le cosce.
Il pelo si apre, scorgo lo scintillio delle labbra della vagina, bagnatissime.
Si apre un altro po'. Il mio naso ora è a contatto on la clitoride.
Non riconosco quella fica di donna dell'entroterra. E' gonfissima. Rossa come una ciliegia. Enorme.
- Mi sento che tra poco va a fuoco. Pulisci, fai presto.
Appena il tempo di srotolare la lingua, che si mette a strusciare la fica sulle mie papille, quasi a trovare conforto nella mia saliva.
Ansima con discrezione, mentre dice:
- La verità è che è troppo maschio e ha un cazzo troppo grosso, per me. Ma io adoro quella sensazione, mi sento riempita. Di più, mi sento trafitta. Voglio essere sua finché riesco a sopportare la sua forza, il suo impeto, la sua carne durissima. Leccami, usa più saliva, fai presto!
Improvvisa giunge la voce del nero, dall'altra stanza. La chiama, con l'aria da padrone di casa. Io pago, lui è il padrone.
Lei toglie la mia testa dall'incrocio delle cosce, lascia frettolosa la marmellata, i residui di biscotti, mi cade un po' tutto addosso, tra umori di lei e confettura di albicocca.
Ho appena il tempo di scorgere il suo culo maestoso.
Si gira, fa per chiudermi di nuovo al buio.
Giusto il tempo di dirmi: "Puzzi di sega, amore mio".
Sipario. Buio. Di nuovo colpi, ancor più violenti.


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