tradimenti
Buon otto marzo, Clementina!


08.03.2025 |
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"Fare sesso con lui mi è piaciuto ed il suo viso, le sue mani e la sua bocca riempiono la mia testa quando mi masturbo; mi piace la novità di poter rivivere..."
Senza saper per cosa.Eri in mezzo a chi ti dice, "Scegli, o troia o sposa"…
Ieri sera ho scelto Ligabue come nuova suoneria del cellulare ma quando alle sette il brano è iniziato già non dormivo da un po’.
E’ una suoneria diversa dalla solita, ho fatto in modo che appena sveglia mi rendessi subito conto di che giorno è oggi, è l’otto marzo, mi auguro che sarà una buona giornata.
Mi viene da sorridere, mentre lascio scorrere tutta la canzone del Liga, tanto sono sola in camera, mio marito mi aveva avvisata che avrebbe dormito in ospedale per essere pronto di prima mattina per un intervento delicato, chiaramente ad un paziente importante e soprattutto ben pagante visto che oggi è sabato.
Io invece mi preparerò con cura: doccia, trucco, biancheria intima nuovissima ed elegante, non sexy, non mi sentirei a mio agio.
Mi aspetta Saverio, trentacinquenne dagli occhi azzurri e profondi come il mare, dal sorriso rassicurante, con il suo modo di abbracciarmi stretta e dirmi nell’orecchio : “Tina, ce la possiamo fare, insieme, credici”.
Quando lo guardo invidio la sua mamma, vorrei che anche mio figlio fosse così, schietto, sincero, pulito, ed invece Gregorio assomiglia sempre di più a suo padre, ossia sta diventando anche lui stronzo, bugiardo e senza morale.
Quando mi guardano ambedue con compassione perché magari ho espresso un mio parere riguardo ad una persona o ad un fatto, li manderei, in coppia, a fare in culo, ma non posso, sono una Signora.
Mi chiedo dove ho sbagliato, forse ho rinunciato ad impormi nella sua educazione, magari avrei dovuto portarlo più spesso al centro per ragazzi “speciali” in cui opero e fargli riflettere sui veri problemi dell’esistenza..
Oggi, più di sempre, mi fido di quel che dice sempre mia nonna Clementina, di cui porto con orgoglio il nome.
Lei sentenzia volentieri nel suo dialetto romagnolo: “Spes l’è e dò ad brèscia a fè vinz la partida” ossia che anch’io, che per loro in fondo valgo poco, come il due nel gioco di carte della briscola, posso essere decisiva in una partita.
Ora mi alzo e vado verso il bagno, dicendomi : “Sono pronta!” ma sento qualcosa di umido e caldo scendere sulla mia guancia.
Nel corridoio vedo le ante spalancate dei miei armadi, dentro regna il vuoto assoluto e riesco a farmi scappare una risata, seppur amara.
L’inizio di tutto è colpa del mio udito finissimo e del mio mal di schiena.
Ho scoperto, a mie spese, che io non sono come molte donne, non ho il cosiddetto “sesto senso” per fiutare i tradimenti, in compenso ci sento benissimo.
E il mal di schiena, forse dovuto alla mia professione ed al fatto che mi piace abbracciare e coccolare i miei “ragazzi”, mi ha costretta ad un ciclo di massaggi curativi.
Quel maledetto pomeriggio ero sdraiata sul lettino dopo un trattamento e mi godevo un quarto d’ora di relax.
“Ti lascio qui da sola, Tina, rivestiti quando vuoi, senza fretta” mi disse la fisioterapista ed uscì dallo stanzino.
In quello a fianco, invece, entrò un’altra paziente e poco dopo sentii due voci femminili alzarsi in un saluto espresso ad alto volume.
“Michela, tesoro, ma che fai qui, ti pensavo sulla Riviera in quel centro famoso!”
“No, sono tornata da due settimane, e dovrei prendere servizio in una clinica privata ad inizio del mese prossimo, intanto faccio qualche massaggio qui”
“Ti vedo bene, sembri ringiovanita, non dimostri i nostri anni, c’è sotto un amore?”
“Macché amore, diciamo che mi sono forse sistemata, ho conosciuto un medicone ad un congresso, sai quei meeting che servono solo a fare un po’ di propaganda a qualche nuovo farmaco, non so se mi spiego.
Lui è tanto caro, va verso i sessant’anni, sposatissimo e generoso, devo a lui la spintarella per il mio nuovo lavoro.”
Le sentii ridere, come se parlassero di un babbeo e lui mi fece quasi pena.
Poi le voci si abbassarono ma non a sufficienza.
“E dimmi, ti soddisfa, perché ti conosco, tu sei un vulcano ma loro a quell’età…”
“No, no, tutto bene da quel lato, se non fosse che…”
“Che…”
“Lui ha uno strano vizietto, quando scopiamo, a volte mi chiama col nome di sua moglie: Tina prendilo, Tina succhialo, vieni ti scopo, Tina…
E uffa, non è che mi piaccia, ‘sta cosa, la trovo un po’ morbosa. Gli dico: Loris, tesoro, non potresti evitare, mi fa un po’ senso, ecco.
Lui si sforza, smette, ma poi, tac, rieccolo…
Allora tengo un po’ il muso e lui per scusarsi mi fa avere un altro regalino.
Sono patetici, a volte, ma che ci possiamo fare?”
“Ma sua moglie allora deve essere una bomba a letto, se lui la nomina sempre!”
“Boh, non credo, del resto è solo una moglie, che vuoi che ne sappia del sesso quello vero…”
Sul lettino dello stanzino a fianco, ascoltai le loro risate e mi imposi di non andare a prenderle a calci.
“Solo una moglie” chissà che voleva dire.
Quel pomeriggio vagai pensierosa nel quartiere che ospitava l’ambulatorio medico finché infreddolita mi infilai in un bar e mi sedetti ad un tavolino.
“Un tè bollente, per favore!” , chiesi al barista.
Non mi guardai intorno immersa nei miei pensieri, furibonda ed allo stesso tempo triste come non mai.
Che fanno le amanti, soprattutto quelle giovani, per far perdere la testa ai mariti delle altre?
Hanno gioco facile, passano di letto in letto, imparano cosa piace agli uomini, un po’ da questo ed un po’ da quello.
A dire il vero, la prima volta che Loris mi ha messo le corna, ho sofferto, ho pianto, senza mai dirgli nulla, visto che la rivelazione mi era stata fatta da una cara amica e non era frutto di una confessione del mio uomo traditore.
La seconda volta lui si fece scoprire nel modo più classico, ossia lasciando nel cesto della biancheria una camicia col colletto sporco di rossetto; reagii sempre in silenzio, prendendola e tagliandola a strisce sottilissime.
Lui la vide a brandelli e non mi disse nulla, l’unica parte ancora integra era il colletto con la macchia rossa in evidenza.
Poi persi il conto delle sue scappatelle ed un po’ anche la speranza di riaverlo solo per me.
Se ho mai pensato di tradirlo?
Non l’ho mai fatto, non perché sia una santa ma perché non ho trovato l’occasione giusta o forse, ad essere sincera, non l’ho mai cercata.
Meditando sul mio matrimonio a pezzi, quel pomeriggio sorseggiai il mio tè e poi rimasi con gli occhi bassi a cercare una risposta nei pochi fondi rimasti nella tazza.
“Tina, sei tu?” mi domandò una voce conosciuta e lo vidi accomodarsi nella sedia in fronte alla mia, senza chiedere alcun permesso.
“Daniele?” esclamai, riconoscendo un collega cinquantenne di mio marito, lo conoscevo da una vita, da quando era ancora accoppiato e faceva vita sociale negli ambienti cittadini.
Lui annuì e fece un gesto che non mi sarei aspettata da un uomo che avevo sempre tenuto lontano, a dire il vero non perché ne avessi motivo ma semplicemente perché era ostile al mio consorte: abbassando la testa per guardarmi bene in viso, mi scrutò per qualche secondo e mise una mano sopra quella che avevo abbandonato sul tavolino.
L’altra, era impegnata a passare un fazzolettino sugli occhi irritati dallo smog cittadino o forse da qualcos’altro.
“Stai, male? Posso fare qualcosa?”
E per il gesto gentile e forse ancora più per i suoi occhi indagatori che mi fissarono, per la prima volta in vita mia aprii le serrande del mio cuore ad uno sconosciuto o quasi.
“Mi tradisce, ancora, come già aveva fatto in passato e mi aveva giurato che non sarebbe più accaduto.”
Alternai, parlandogli sottovoce, confidenze e parolacce, gli dissi di come avevo scoperto il nuovo inganno e di quanto, in generale, ero stanca di Loris.
Daniele ascoltava, annuiva oppure scuoteva il capo, appoggiando i miei ragionamenti e continuando con la mano a fare pressione sulla mia.
Finché tacqui, sfinita e lo guardai.
“Beh, Tina, che dirti, hai ben ragione ad essere turbata ma…”
“Ma? Dimmi, c’è un ma che vuoi spiegarmi, lo scusi, lo capisci, siete tutti uguali!”
“No, lasciami finire, il “ma” è riferito solamente al fatto che devi reagire, non meriti di soffrire per lui”
“Reagire? La fai facile, quella sciacquetta lo starà raccontando a mezza città, lui l’ha sistemata, se l’è portata comoda, comoda per scoparsela quando vuole ed io cosa dovrei fare?”
“Iniziare a ripagarlo con la stessa moneta, potrebbe essere interessante, tanto per scaricare la tensione, non dirmi che non ci hai mai pensato”.
Lo guardai, prima scandalizzata, poi solo stupita, poi sinceramente affascinata dalla calma che emanava da tutta la sua persona, dai suoi occhi sinceri, dalla sua bocca che quasi spariva tra i baffi folti e la barba a pizzetto, in generale da tutta la sua figura leggermente protesa verso di me.
Non aveva mai tolto la mano dalla mia ed anzi ora la muoveva piano accarezzandola ed io mi resi conto in un istante che era il contatto più intimo che avessi mai avuto con un uomo che non fosse mio marito, escludendo chiaramente i medici che mi avevano visitato.
Se ci ripenso a mente fredda, potrei tranquillamente accusarlo di avermi circuita in un momento di debolezza, quando le mie barriere erano sprofondate nell’angoscia.
Se ci ripenso invece sforzandomi di essere onesta con me stessa, però dico “fanculo a tutto e a tutti, ne avevo voglia anch’io”.
Per una congiunzione astrale, propizia alle donne vendicative, quella sera io avrei comunque dormito a casa da sola perché il bastardo era di turno, perciò seguii Daniele a casa sua, camminando al suo fianco, parlando tranquillamente del mio lavoro di cui lui sapeva molto poco.
Non fece niente di particolare per convincermi, ascoltava, annuendo senza intervenire, con quel suo modo empatico di rassicurarmi di avere tutta la sua attenzione.
Casa sua gli assomigliava, era calda non solo per il tepore che saliva dal pavimento ma per l’arredamento in legno, per i dettagli dal tocco maschile, niente ninnoli inutili sparsi sulle mensole come amiamo fare noi donne.
Mi mostrò il bagno ed in modo che trovai naturale ed amichevole, la sua camera da letto, sorprendente perché piena di libri sparsi su ogni superficie.
“Scusami per il disordine, non aspettavo visite, specie qui, nella mia stanza, di solito mi impegno ad avere almeno una poltroncina libera per i vestiti delle mie ospiti.
Ora ti lascio, lì trovi gli asciugamani puliti, prenditi tutto il tempo che vuoi”.
Feci pipì, mi rinfrescai e mi guardai nello specchio, chiedendomi per la prima volta se magari fossi impazzita ma i miei occhi gonfi, le labbra ancora arrossate dal passaggio recente dei fazzolettini, mi diedero la risposta : Fanculo.
Uscendo dal bagno avvolta in un grande asciugamano, infilai la porta della camera da letto e decisi di arrotolare il piumone verso il fondo.
Nemmeno per un attimo pensai che stavo per sdraiarmi su di un lenzuolo sconosciuto e che la mia testa stava per appoggiarsi su di un cuscino dove qualcun altro aveva dormito.
Mi stesi, semplicemente, stretta nel telo in spugna morbida per proteggere la mia nudità e chiusi gli occhi in attesa, finché sentii il peso di un corpo abbassare il materasso e trattenni il fiato, ma non accadde nulla.
Mi feci coraggio ed aprii gli occhi cercandolo nella semi oscurità, vidi che lui mi guardava a sua volta, nudo, con un’espressione dubbiosa sul viso, ma senza rimprovero.
“Allora, sempre convinta? Puoi scendere dal letto ed andartene, se vuoi”
Io richiusi gli occhi e sussurrai: “Fallo…”
Lui rise forte ma poi tornò serio e scuotendo la testa , replicò:
“Non mi piace l’uso del verbo come un comando, la parte del corpo invece potrebbe interessarti, ma voglio che tu faccia il primo passo, Tina!”
Strinsi ancora di più gli occhi, non trovavo le parole per dirgli che non sapevo da che parte cominciare, poi senza vederlo ripensai al suo sguardo e alla sua mano su quel tavolino.
E lo supplicai:
“Ti prego, dimmi almeno cosa ti aspetteresti, perché vedi, io non ho molta esperienza”
“Che ne diresti di toglierti quell’asciugamano e farmi dare almeno un’occhiata alla mercanzia?”
Ed il materasso si piegò un po’ più vicino al mio corpo quando scostai i lati dell’asciugamano.
I suoi occhi mi scrutarono, centimetro per centimetro e lo vidi annuire, forse approvando ciò che vedeva.
“Apri un po’ di più le gambe e fingi di essere sola nel tuo letto, ti sarà capitato di toccarti quando non riuscivi a prendere sonno…
So che voi donne vi eccitate immaginando quel che a noi non interessa, quindi parlami di quei momenti, fai finta di narrare una favola ad un bimbo un po’ cresciuto….”
La sua voce era tranquilla, potevo quasi sentire il calore che emanava dal suo corpo, sapevo che tra il mio fianco e le sue mani forse c’erano solo cinque centimetri.
Presi un gran respiro e feci uscire la voce in un sussurro.
“Mi piace sognare che un uomo mi accarezza, che le sue mani toccano la mia fronte, mi massaggiano piano le tempie, seguono le linee della mia bocca, scendono sulle spalle, sul solco fra i seni, stringono con delicatezza i miei capezzoli e poi…” (La voce morì, annegata da un sospiro, al tocco lieve dei suoi polpastrelli. O forse era solo la mia immaginazione?)
“Perché sogni, perché dovevi sognare, quando c’era lui, se lo volevi”
“Perché lui ormai non c’era e quando anche ci fosse stato, mi infilava…” (Esitai, perché una farfalla si era posata sul mio capezzolo sinistro)
“Dillo!”
“Mi infilava l’uccello, mentre avevo gli occhi chiusi, mi toccava appena con le dita per aprirmi un po’, la…” (non ebbi il coraggio di dirgli “fermati” quando sentii un leggero massaggio sulla pancia)
“Dillo!”
“Per aprirmi le labbra, sentivo il suo dito inumidirmi, perché diceva che così fanno gli uomini per bene con le donne oneste, anche se…” (sussultai come per una scossa a tremila Volt, perché era il clitoride ad essere solleticato)
“Dillo!”
“Anche se, sapevo che doveva esserci dell’altro, che tra chi si ama nulla è troppo, nulla è sbagliato…” (la voce era ormai perduta….)
“E poi, cosa vedevi nella tua mente? Forse pensavi che sarebbe stato bello che lui ti baciasse e non solo sulla bocca, magari sognavi che fosse così…”.
I suoi baffi pizzicavano un po’ mentre mi leccava tra le cosce, non servì nemmeno che io mi toccassi, lui seppe scaldarmi come credo faccia un vero intenditore.
Di quella sera, di quell’uomo, ricordo la bocca bollente e le sue mani, tastai la ruvidezza della sua barba, allacciai le mie dita sulla sua nuca per portarla più vicina al mio ventre.
Erano anni che mi toccavo provando in solitudine quello che pensavo essere un orgasmo, lui mi fece provare l’emozione di gridare nell’incavo del suo collo ed intanto le sue dita mi accarezzavano la fica.
E mentre ero distesa a riprendere fiato, con gli occhi chiusi ma non per la vergogna, sentii l’ansimare di Daniele e allora guardai le gocce calde del suo piacere cadere sul mio viso, e confesso che questo mi piacque forse più di ogni altra cosa.
“Questa è solo la prima lezione privata, potrai iscriverti al corso completo ma solo quando sarai libera, le mogli degli altri non fanno per me”.
Lui mi salutò così e mi diede un bacio sulla fronte e prima di chiudere la porta aspirò forte l’aria attraverso i baffi, alzando gli occhi verso il soffitto per farmi capire che aveva ancora sul viso il mio odore.
Oggi è un otto marzo speciale.
Suono alla porta di Saverio, sono tranquilla, serena, pronta per quello che mi aspetta.
Lui mi apre, vestito informalmente, so che è una grande cortesia farmi entrare in una mattina di un sabato di sole.
“Vieni Tina, ma come sei bella, stamattina! Pronta?
Ah, ecco, ti presento Diego, il mio compagno, ti ho detto che sta facendo il praticante nel mio studio.
Ho preparato l’atto, ora lo leggeremo, se sarai d’accordo, lo potrai firmare.
Convinta, serena?
La fine di un matrimonio deve seguire un iter legale un po’ complicato, quando i coniugi non sono concordi nella scelta di separarsi.
Bene, iniziamo.”
E’ fatta, ho firmato il primo atto per la separazione.
Sono uscita dallo studio di Saverio e vado verso un nido sicuro, che non è la mia casa che stamattina ho lasciato per sempre, senza rimpianti.
Come facevo da bambina, ho cercato consiglio e riparo da nonna Clementina, novantadue anni ma il piglio di una ragazza.
Mi ha ascoltata e ha liquidato il mio “pasticcio” con uno dei suoi detti romagnoli:
“Al premm turtel, an ven mai bel” e mi ha sorriso, abbracciandomi.
Ha ragione il primo tortellino non viene mai bene, solo che se il tortellino malfatto è il mio matrimonio, ci ho messo molto a convincermi di buttarlo nella pattumiera.
Lei no, invece, morto il nonno, ha continuato a cercare il tortellino giusto, sposandosi tre volte e tre volte divorziando; ora frequenta un giovane ottantenne ma, come dice strizzandomi d’occhio : “ognuno sta a casa sua per mantenere un po’ di mordente!”.
E per quanto mi riguarda, sinceramente, ora da donna quasi libera, penserò se riprovare a dedicarmi anch’io all’antica arte della pasta ripiena, potrei chiedere aiuto a Daniele, perché no.
Fare sesso con lui mi è piaciuto ed il suo viso, le sue mani e la sua bocca riempiono la mia testa quando mi masturbo; mi piace la novità di poter rivivere dei momenti già vissuti mentre mi tocco.
Ci siamo lasciati quella sera con la promessa di rivederci da soli a casa sua quando avrei fatto chiarezza nella mia vita.
Mi solletica molto l’idea di provare “cose” nuove con lui perché sotto quella sua parvenza di bravo ragazzo si nasconde un uomo appassionato e molto curioso ed il fatto che sia da molto tempo un collega che mio marito (quasi “ex”) detesta, mi attizza non poco.
Pensandolo, sorrido e cammino per le strade assolate, la primavera è lontana ma i fiori di mimosa su qualche balcone mi rallegrano.
Ne ho preso un mazzolino anche per la nonna, le dirò e mi dirò: “Buon otto marzo, Clementina!”
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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