tradimenti
Una moglie inquieta (Sognando Eulalia)
di Cpcuriosa60
17.11.2024 |
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"Non erano libri recenti a dire il vero ma una di noi li aveva scoperti negli armadi della sua mamma che, era evidente, li conservava a ricordo della sua..."
Rilessi per la centesima volta l’inizio di uno dei suoi racconti:“Scegliere fra i bipedi cazzomuniti quello giusto che sappia far divertire una donna non è così facile”.
Com’era brava a scrivere!
Era dai tempi dell’adolescenza che un’autrice non mi faceva emozionare.
Al liceo, seppur gestito dalle Suore Orsoline, giravano sotto ai banchi due libri “al femminile” che le sorelle avrebbero sicuramente bruciato in cortile: per le simpatizzanti del turpiloquio “Porci con le ali” mentre le disinibite preferivano “Paura di volare”.
Non erano libri recenti a dire il vero ma una di noi li aveva scoperti negli armadi della sua mamma che, era evidente, li conservava a ricordo della sua adolescenza.
Sesso esplicito, parolacce, ragazze libere di fare l’amore.
Mi è sempre piaciuto leggere e negli anni ho cercato tra centinaia di libri le fantasie erotiche adatte ad una brava moglie ma i sentimenti suscitati da quei libri proibiti non si ripeterono.
L’estate scorsa invece, passata abbondantemente la quarantina, mi ero ridotta a spiare dal telefonino un sito di scambisti dov’ero capitata per caso.
L’home-page era accattivante e non occorreva registrarsi per sbirciare.
Così alla sera, ben piazzata nel talamo coniugale, leggevo i racconti, guardavo le foto, mi eccitavo ammirando cazzi di sconosciuti mentre il mio consorte dormiva sul divano davanti alla Tv.
Gli scrittori erano bravi, in generale, raccontavano a volte di pratiche spinte di cui non avevo mai sentito parlare ma che comunque erano ben conosciute a Google.
Spesso, letto il chiarimento sul web, mi dicevo “ah, tutto lì, questi non hanno inventato nulla. Gigi me lo ha fatto provare, venti anni fa…”
Ma Lei, era il massimo.
Narrava spesso di donne dalla vita spericolata, libere di incontrare chi volevano, così interessanti da stuzzicare uomini infoiati e vigorosi.
Insomma, tutto quello che io avrei voluto provare.
Che peccato non poter cliccare un “mi piace” ai suoi racconti e commentare come facevano in così tanti.
Forse Lei avrebbe gradito un parere femminile tra quello di decine di maschi arrapati.
E fu così che mentre mi scioglievo per il caldo e la voglia in una sera di quell’estate bollente, che pensai di fare in modo di contattarla per uscire dalla prigione in cui ero rinchiusa.
Il colpo di grazia me lo diede vederlo sbracato sulla sua nuova poltrona relax, adatta forse a mio nonno buonanima ma non ad un maschio poco più che cinquantenne.
Mi chiesi, guardandolo, dove fosse finito il ragazzo con cui uscivo di nascosto dai miei genitori e che mi portava al cinema, al parco o in ogni posto dove si potesse limonare di brutto.
Erano ormai due anni, tre mesi e ventidue giorni che non facevamo l’amore e con la casa vuota perché i nostri figli erano in vacanza, mi venne l’istinto di avvicinarmi e provare a parlargli.
L’avevo punito per abbastanza tempo, mi trovai a pensare, con la conseguenza di punire anche me stessa.
Non avevo trovato altro sistema per fargli capire quanto ero arrabbiata, ma forse più impaurita, perché lui si era fottuto i nostri risparmi in un investimento sbagliato e tenuto nascosto finché non arrivò il conto salato del dentista.
Ed il nostro conto corrente era vuoto.
“Non te la darò mai più, così impari” avevo urlato quella sera di due anni, tre mesi e ventidue giorni prima, tra le lacrime, dopo avergli raccontato della convocazione nell’ufficio del Direttore della filiale in cui eravamo clienti.
“Assegno scoperto” era una frase poco meno spaventosa di “Sono incinta”.
Ed era stato istintivo e plateale imporre l’astinenza forzata ma poi, col tempo e con la rabbia che evaporava, cominciai a sentire la mancanza del suo uccello, che era stato per anni la panacea di tutti i miei mali.
Gigi è stato il mio primo uomo e da subito avevamo capito che eravamo fatti l’uno per l’altra, anche, e soprattutto, per quanto riguardava il sesso.
Ed era anche tenero.
Mi canticchiava “Margherita” di Cocciante, finché ci riposavamo dopo l’amore, inventandosi a volte nuove frasi a seconda del suo umore.
Fu con lui che mi accasai quando purtroppo, nella foga dei nostri incontri sui sedili della sua macchina di quarta mano, rimasi incinta del nostro primo figlio.
Fine dei miei studi, corsa all’altare prima che la pancia diventasse troppo evidente ed inizio di una nuova vita a due con tanta, tanta incoscienza.
Come prese la cosa?
In perfetto Gigi-style, affermando che durante quella gravidanza avrebbe approfittato delle mie grazie in modi appropriati e senza, finalmente, usare i preservativi “tanto, Margherita tesoro, non servono ad un cazzo” (ricordo che ridemmo insieme, anche se io avevo appena pianto, sul nonsenso di quella frase…).
E fu forse per quel motivo che nato il primo figlio, ne arrivò ben presto un secondo ed poi un terzo, in rapida successione, con conseguente suo frenetico impegno nel lavoro e da parte mia dedizione totale ai figli.
Appena furono abbastanza cresciuti e potei cercarmi un lavoretto, le possibilità migliorarono finché non ascoltò i consigli dei soliti amici e si buttò nella finanza creativa, con pessimi risultati.
“Ma porca puttana, Gigi, non hai ascoltato i tuoi amici nemmeno quando ti hanno suggerito di non sposarmi perché, dicevano, mi ero volutamente fatta mettere incinta, ed adesso invece…”
Urlai quelle parole tutte d’un fiato e gli negai per sempre il sesso coniugale, pentendomene poco dopo.
Ormai però il danno era fatto, la spirale di incomprensione tra noi girava lenta e dolorosa.
Ogni piccola difficoltà che in precedenza si risolveva prima parlandone e poi, se necessario, facendo l’amore, si trasformò in un problema irrisolvibile, affrontato con urla belluine e niente sesso.
Ma quello che più mi turbava era che quasi per vendicarmi, provavo il sottile piacere di fare la smorfiosa con gli utenti del bar pasticceria dove lavoravo.
Non mi era mai capitato prima.
Trascuravo il mio uomo, mortificandolo per il suo comportamento e stuzzicavo i piacioni che mi ordinavano caffè e brioches, pur non accettando mai i loro inviti a cena.
Quella calda sera, ondeggiando tra voglia, rimorso e rabbia, abbandonai però i miei buoni propositi di intavolare un dialogo e lo lasciai in salotto, presi il coraggio a due mani e provai a registrarmi su quel sito.
Le foto spinte erano già nella memoria del mio telefonino da quando nei camerini di Victoria’s Secret avevo provato un paio di completini da donna perduta.
Lo specchio e poi lo schermo del cellulare mi avevano rimandato l’immagine di un corpo ancora abbastanza ben fatto anche se un po’ di dieta non avrebbe guastato.
Ero riuscita ad inquadrare in chiaroscuro anche il mio seno rivestito in un push-up da cento euro per coppa, praticamente quasi mezzo stipendio dei miei.
A casa invece avevo indossato dei sandali “made in PRC” dai tacchi vertiginosi in pura plastica che non mi avrebbero fatto raggiungere nemmeno il cancello di casa (ma per una fotografia delle mie gambe velate erano l’ideale).
Seguendo per bene le istruzioni sul sito caricai le foto e passai all’annuncio.
Decisi di farlo sintetico, poche righe, per rivelare poco o niente di me, solo un generico “sono qui per leggere e commentare i racconti”.
Mi catalogai come “Singola”, perché ritenevo fosse il massimo della trasgressione che “BabyJane”, il mio nick, poteva meritarsi.
Ed “Etero” di sicuro, va bene avere delle amiche, ma la passera l’avevo anch’io ed una bastava per divertirsi.
Aspettai, nel caldo della città d’agosto, l’approvazione della mia pagina e finalmente ebbi le armi per omaggiare la mia Musa.
Iniziai dal racconto più datato e leggerlo come utente regolare mi diede un’impagabile soddisfazione.
Mi emozionai, davvero, nel poter scrivere una recensione meditando bene le parole, cercando di essere originale rispetto ai cinquanta che le avevano già fatto i complimenti.
Scrissi ed attesi col fiato sospeso, perché avevo capito che Lei rispondeva e ringraziava, ma non sempre.
Aspettando, mi feci un gustoso ditalino con conseguente piacevole orgasmo leggendo i primissimi messaggi che in poco tempo mi intasarono, dall’altro versante, la casella.
Non capii mai in che modo tutti quei maschi si fossero accorti della mia presenza, probabilmente per qualche diavoleria informatica erano stati avvisati e scrivevano, scrivevano, a centinaia.
E mentre attendevo la Sua risposta, vivevo giorni di costante, bagnatissima eccitazione.
Mi sentivo l’oggetto del desiderio di tutti quei cazzuti bipedi, molti della mia città, alcuni a gruppetti di due o tre, ma non sapevo sinceramente come gestirli.
Leggevo, guardavo, non rispondevo, esattamente come faceva Lei con me.
Ci misi giorni e giorni a smaltire tutta quella piccante e pluriorgasmica corrispondenza e per fortuna pian, piano, non ricevetti più di una cinquantina di messaggi al giorno che imparai a cancellare senza nemmeno aprirli, tanto erano perfettamente inutili ad esaudire il mio sogno.
Devo confessare che lasciai in archivio una decina di scritti, ricevuti nei primissimi giorni.
La maggior parte erano complimenti educati di maschi coetanei, due erano di giovanissimi fan ed in uno mi veniva proposta la completa dedizione di uno schiavo.
Mi immaginavo di incontrarne qualcuno e di andare a cena, vestita elegantemente e indossando in segreto un completino intrigante.
La fantasia volava sulle dinamiche del dopocena e le mie dita cercavano frenetiche l’umidità della mia passera.
Per rendermi più sexy e completare la trama delle mie fantasie, feci una visita clandestina in un magazzino gestito da orientali dove fino ad allora ero entrata da semplice casalinga.
Nell’angolo più nascosto dell’immenso stanzone sapevo di trovare completini e calze che non erano paragonabili ai Victoria’s ma erano sopportabili dalle mie finanze.
Fu avvicinandomi alla cassa che intravvidi un commesso stivare dentro un armadio un po’ defilato delle scatole con foto di peni finti.
Non resistetti: se quello di casa non era disponibile, perché non comprarmi un sostituto?
“Un addio al nubilato, Signora?
Certo, li vendiamo proprio per quelli”
Il sorriso del commesso mi stava dicendo invece “Ti dico questo, ma non ci credo nemmeno io…”
Tornai a casa col mio pacchettino e sapendomi sola (mio marito era di turno in fabbrica) mi spogliai e provai i miei nuovi acquisti.
A dire il vero, li testai tutti, compreso il dildo a pile.
Iniziai col leggere uno dei Suoi racconti e poi, sapendolo ormai a memoria, mi immaginai nei succinti panni della protagonista.
Socchiusi gli occhi e sentii che la ricetta funzionava perfettamente.
I pensieri ripercorrevano la storia raccontata da lei e i protagonisti maschi (erano tre) avevano i volti ed i cazzi svettanti dei miei fan.
Io ero tra loro ed il mio abbigliamento sexy era molto, molto, gradito.
Gli orgasmi, quella sera, furono tanti, la fantasia ed il dildo vibrante si completarono a vicenda.
A lui, che scoprii ritornato silenziosamente per un’indisposizione, piacque altrettanto.
Lo vidi rintanato sul bordo del letto, vestito, con le mani appoggiate sulle cosce perché, mi disse tempo dopo, non sentiva di meritarsi nemmeno una sega.
Mi guardò senza parlare ed io feci altrettanto, una volta appagata, e quel rito, “pizzi e cazzo finto”, divenne quello del nostro timido riavvicinamento.
Ben presto vivemmo insieme un incontro davvero hot quando mi trovai sul letto un nuovo giocattolo che scoprii essere uno stimolatore per il clitoride, accompagnato da un biglietto che iniziava con una frase
“Io non posso stare fermo con le mani nelle mani”
e proseguiva come ben sapevo.
Quella sera il doppio ronzio dei miei compagni a pile fu il preludio della nostra intimità rinnovata, anche se una fastidiosa sensazione di risentimento era ancora presente.
Leggendo i racconti di Eulalia cercavo di replicare con l’aiuto di Gigi, i sex-toys e con tanta, tanta fantasia, gli accoppiamenti, gli scambi di coppia, la presenza di altri maschi sempre arrapati.
Ogni tanto, ma non sempre, proveniente da un angolo nascosto della mia mente, anche Lei era presente ai nostri incontri, portando un tocco di dolce sensualità.
Lui si sorprese di vedermi così disinibita e desiderosa di nuove stimolazioni e cercò di sapere da dove traevo tutte quelle idee nuove, che a volte trovava un po’ eccessive.
“Oh, sai, su internet ormai si trova di tutto, se vuoi ti posso leggere qualcosa”
Alla parola “leggere” lui declinò ogni ulteriore proposta e si limitò a godere dei benefici effetti della mia nuova, stimolante ed indefinita passione letteraria.
Lo tenevo comunque ancora “in castigo” concedendogli solamente di farmi da assistente e di masturbarsi guardandomi, perché il saldo del nostro conto corrente era, ancora, in rosso costante.
Tenni per me soltanto la frequentazione del sito, dove scoprii la sezione dei Video, finora ignorata.
Se le parole dei racconti mi avevano eccitata, certe immagini di sesso a tre magari con doppie penetrazioni mi riempirono la mente e si intrufolarono nelle mie pratiche più o meno solitarie.
Mi stupii di me stessa, il sesso anale era sempre stato al di fuori delle nostre abitudini e ci riflettei a mente fredda con uno strano turbamento.
Perché ricordavo bene l’amore con Gigi che era stato piacevole, dolce, da innamorati, ma, improvvisamente, anche fossimo tornati quelli di prima, non ne avrei avuto abbastanza.
Gli chiesi, come ultimo tentativo, di fingere di essere un idraulico od un fattorino, di entrare in casa come uno sconosciuto e tentare di sedurmi come fossi una casalinga prima timida e da scoprire poi perversa.
Lui si prestò, si sforzò, ma alla fine mi disse che credeva sinceramente che la pre-menopausa mi avesse un po’preso la testa e rinunciò ad ogni corteggiamento.
Passavano i giorni e Lei ancora taceva.
Ormai avevo commentato tutti i Suoi racconti e moltissimi di altri autori, suscitando nuovi messaggi da singoli audaci, tanto che la mia casella contava ora venti chat aperte.
Con alcuni, avevo iniziato, in verità, a scambiare qualche timido saluto e qualche meno timida confidenza.
La voglia di incontrare il più attraente dei miei amici sconosciuti era sempre più forte.
E le fantasie mentre facevo sesso con me stessa divennero sempre più audaci.
Finché anche Lei si fece viva scrivendomi direttamente.
“Ciao, sono Eulalia….”
Cosa accadde poi?
Vorrei saperlo anch’io, ma aspetteremo insieme il Suo racconto.
Eccolo
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