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Una donna in carriera-parte prima
di Cpcuriosa60
15.10.2023 |
7.656 |
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Mi immagino però che durante la telefonata non ero riuscita a trattenermi dal toccarmi guardandomi riflessa nella parete vetrata del mio ufficio, ..."
Sono seduta al tavolino di un bar ed aspetto, paziente, uno dei miei "amici di penna". Ci scriviamo in chat da quando ho pubblicato il mio annuncio la scorsa estate ed iniziato un gioco che sta portando parecchio peperoncino nella relazione con il mio Signore.
Filippo, detto Pippo, è un attento lettore dei miei racconti ma soprattutto una mente fine che mi intrattiene in interminabili conversazioni.
So che ìl mio galante censore arriverà forse tra un'ora con un ritardo che avrebbe fatto arrabbiare qualsiasi donna, io invece lo aspetto, con le mutandine bagnate e grande curiosità.
Gli ho detto che ero qui in città per incontrarmi con vecchie colleghe ma non è proprio così.
Della importante multinazionale in cui lavoravo ormai qui non c'è più traccia, essendo rimasta vittima di quelle ristrutturazioni societarie tanto di moda negli ultimi anni.
Ho potuto salutare solo di sfuggita Carla che è stata la mia più stretta collaboratrice quando avevo raggiunto il vertice della mia carriera. Lavora senza tanta soddisfazione in una piccola azienda ma la vicinanza a casa le è indispensabile.
Ero un "capo" donna di un ufficio di 30 persone, avevo allora 45 anni e raccoglievo i frutti di anni di impegno.
Cercavo di essere equa, corretta, professionale con tutti e richiedevo lo stesso.
Non era facile perché tanti maschietti ambiziosi si erano visti scavalcare dalla mia promozione e sapevo benissimo che il malumore serpeggiava.
Io facevo spallucce, tra me e me, e lavoravo sodo, dando per prima l'esempio, togliendo ore di vita al privato per dedicarmi al lavoro.
Ivo era fiero di me e credo un po' eccitato da questo mio ruolo di comando.
Pian pian mi ero guadagnata il rispetto di molti ma col passare del tempo individuai il mio nemico.
Andreas era un analista finanziario di origini croate e la sua mente brillante lo aveva fatto emergere nel gruppo di lavoro creato dal mio predecessore.
Era un bel ragazzo sui 40 anni, niente da dire, alto e con un bel fisico, ma il suo atteggiamento da duro me lo faceva, sinceramente, odiare.
Era sempre sottilmente polemico nei miei confronti, pur portando spesso buoni spunti per la soluzione dei problemi.
Sapevo che spararlava alle mie spalle, il bastardo, ma per sfortuna sua il mio team mi era fedele.
Iniziai a pensare come potermi liberare di lui, magari convincendo il top management della necessità di farlo crescere professionalmente in altri settori.
Invece, lo stronzo, si rovino' con le sue stesse mani.
La società metteva a disposizione dei dirigenti un piccolo appartamento in un palazzo del quartiere, un bilocale ben arredato ma non lussuoso. Era comunque un piccolo nido accogliente e Carla lo aveva curato per me portando qualche tocco femminile.
Avevo iniziato ad utilizzarlo quell'inverno quando le scadenze di lavoro mi trattenevano in città fino a tardi e la nebbia padana mi faceva paura, pur dovendo percorrere pochi chilometri per arrivare a casa.
Quel pomeriggio ero in ufficio e mi ero concessa cinque minuti di sana evasione.
Stavo programmando l'incontro serale con il mio compagno di giochi di turno.
Immagino che il dialogo potesse essere più o meno di questo tenore :"Sì, sono già bagnata, Sì, ho gli slippini di pizzo che mi hai comprato, te li restituirò stasera come ricordo. Sì, ti prometto, niente ditalini in bagno, mi tengo tutta per te."
Mi immagino però che durante la telefonata non ero riuscita a trattenermi dal toccarmi guardandomi riflessa nella parete vetrata del mio ufficio, girate le spalle alla porta d'ingresso.
E il vetro sicuramente mi aveva rimandato l'immagine di una donna non proprio "composta", la gonna più corta del solito e le autoreggenti al posto dei collant. Un pieno assetto da battaglia insomma.
Lo choc fu quando riportai la poltroncina verso la scrivania: Andreas era fermo in piedi davanti alla porta e forse aveva sentito tutto.
Anzi, ne ero certa, perché il suo sorriso era quello di Mefistofele, del diavolo in persona.
Cavoli, realizzai tra me, Carla oggi pomeriggio non è presente a farmi da filtro e tutti sanno che possono entrare nel mio ufficio liberamente. Di sicuro il maledetto non ha però nemmeno bussato e vistami impegnata non si è degnato di uscire.
Sicuramente il mio volto andò in fiamme, palesemente, visto che non portavo alcun trucco né fondotinta.
"Straordinari allora, stasera, Loretta" mi sibilo' arrogante, "se vuoi mi posso fermare anch'io, non ho fretta di tornare a casa"
Ebbi la capacità di riflettere e un'idea mi nacque, improvvisa.
"Certo, Andreas, potresti essermi utile, un mano in più non guasta mai" gli dissi, fissandolo negli occhi, "però mi porto il lavoro nella foresteria. Lì ragiono meglio, mi basta il Pc e una pen-drive di salvataggio. Ci vediamo dopo, passa alle 20 e usciamo insieme"
Lui mi guardo' ancora, sfrontato e se ne andò.
Cercai di raccogliere le idee per adattarmi alla situazione imprevista e riuscii a calmare l'ansia che mi era salita.
Non avevo mai assolutamente mescolato lavoro e gioco, stavolta dovevo farlo, il ragazzo era pericoloso e poteva mettere in pericolo la mia immagine di donna perbene all'interno dell'azienda.
Le mosse da fare nell'ora scarsa che mancava alla mia uscita dall'ufficio sarebbero state decisive.
Alle 20 precise lui busso' al mio ufficio, gli dissi di entrare e lo guardai, piantato davanti alla scrivania, gambe larghe e sguardo sfrontato.
"Sono pronto, andiamo, non farmi aspettare" mi ordinò.
Chiaramente i ruoli si erano invertiti.
Un veloce passaggio in bagno e scendemmo.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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