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La nuova vicina(Storie di donne-2)


di Membro VIP di Annunci69.it Cpcuriosa60
24.09.2024    |    8.151    |    12 9.9
"Non dire di no, ti sarebbe piaciuto, dici sempre che vorresti, finalmente, vedermi all’opera mentre gusto una passera o me la faccio leccare..."
La prima volta che la vide fu attraverso le persiane socchiuse.
Era uscita a sbattere lo straccetto della polvere sul terrazzino e si accorse di un movimento nella stanza di fronte.
Si fermò stupita a guardare poiché sapeva che la povera Signora Bianchi era ormai ricoverata da tempo in un istituto per anziani.
Si chiese se magari uno dei figli fosse passato ad arieggiare i locali.
Invece, tornata al sicuro nella penombra del suo salotto, intravide, sforzando un po’ gli occhi una scena piccante, davvero.
Pensando di non essere vista, una coppia stava facendo sesso, così, impunemente, lei accovacciata sui talloni, sicuramente scomoda sulle scarpe dai tacchi altissimi.
Lui invece era in piedi, di fronte alla donna, vestito ma con il “coso” che usciva dalla cerniera ma entrava ed usciva, ed entrava, ancora, nella bocca di lei.
A suo marito, lei, Tiziana, raramente faceva quello che, lo sapeva, gli uomini chiamano pompino.
Gianni, il suo consorte, era più un uomo da scopate sul letto, cinque minuti d’orologio tra l’inizio e la fine.
Era così da sempre, ossia da trent’anni ormai.
Quella mattina lei si fermò a guardare, affascinata dallo spettacolo che intravvedeva, l’uomo appoggiato con la schiena e le mani al bordo del tavolo dietro di lui, la testa lievemente all’indietro, la bocca semiaperta, forse mormorava qualche parola di apprezzamento.
E la donna, con il “coso” in bocca, lo faceva entrare ed uscire, senza toccarlo con le sue mani, non serviva, era sicuramente bello rigido.
Lo succhiava con evidente piacere ed ogni tanto si interrompeva per dire qualcosa, guardando l’uomo diritto in faccia.
Lui ad un certo punto staccò le mani dal tavolo e le mise sulla nuca di lei, la guidò nei movimenti, dandole il ritmo, ma, le sembrò di capire, senza forzare.
Le parve, ma forse era impossibile, di sentire il grido di lui quando venne nella bocca della sua amica che addirittura ingoiò tutto, perché lui si ricompose mettendo via l’arnese nei pantaloni, niente sciacqui prolungati come faceva, invece, il suo Gianni.
“Maiali,- pensò- ambedue, sporcaccioni della specie peggiore.”
Uscì di nuovo, ma rientrò in fretta, con lo straccetto in mano, quando le parve che, chiudendo le imposte (alla buon’ora!) la donna avesse alzato lo sguardo verso di lei.
Per tutto il giorno rimase turbata, pensando ai tacchi, al pisello, alla bocca, ma soprattutto al viso in estasi dell’uomo.
Perché l’espressione della faccia di Gianni mentre veniva non l’aveva mai vista, lei voleva il buio quando facevano l’amore.
Pensò a quei due fino a sera e fu improvvisamente felice nel rendersi conto che era martedì, il giorno di chiusura della pizzeria che suo marito gestiva insieme al loro figlio maggiore.
E martedì sera, da sempre, voleva dire fare l’amore.
Si ritrovò ad attendere quasi con ansia l’ora di andare a letto ma prima di coricarsi cercò in fondo al cassetto della cucina la lucetta rossa che fino a qualche anno prima illuminava la stanzetta del loro bambino.
Fece una prova nella camera da letto e vide che bastava quella lampadina e creare un piacevole effetto vedo e non vedo, giusto per non essere, come al solito, completamente al buio.
Si preparò con cura speciale, facendosi la doccia con un bagnoschiuma ai profumi di bosco, rimasto sempre sul mobiletto del bagno da quando suo cognata gliel’aveva regalato per il compleanno di tre anni prima.
Si mise a letto e attese, con una certa ansia, ed il suo Gianni la raggiunse, già bello in tiro, come al suo solito.
Le piacque vederlo, perché era ancora un bell’uomo, come era stato, del resto, un bel ragazzo.
Ancor di più si gustò la visione del suo uccello che anche dopo tutti quegli anni le dava piacere, veloce, ma certo.
Lui l’accontentava sempre, come deve fare un bravo marito e lei si scioglieva per quei cinque bellissimi minuti, prima di tornare la donna seria che si conviene.
E quella sera, nella luce soffusa, lo guardò per la prima volta dopo tanti anni e le piacque quello che vide, ossia la voglia ma anche l’amore.
Lui si accorse del cambiamento mentre le era sopra.

- Oh, Tiziana! Che novità, hai acceso la lucetta, avevi paura di me?

Rideva con tenerezza e la guardava, con evidente piacere.
E non furono cinque minuti, quella sera, ma sicuramente almeno il doppio.

La mattina dopo, svegliatasi di buon umore, iniziò le indagini.
Con la scusa di una macchia di umidità nelle cantine, chiamò l’amministratore del condominio.

- Mi scusi, Geometra, già che siamo al telefono, le chiedo, ma l’appartamento della povera Signora Bianchi è stato venduto?
Ah, no, solo affittato, capisco.
E posso sapere da chi, giusto perché, sa, di questi tempi…
Capisco, la nuova Direttrice della Banca, quella in piazza, bene, mi fa piacere.
No, no, non siamo clienti, era solo per sapere, vede, perché ieri c’era una Signora di là in casa, l’ho intravista…

Una Signora, beh, insomma, forse non proprio.
Bella però, elegante, abituata ai tacchi alti per stare in equilibrio così, mentre si dava da fare con lui.
Ma questo Tiziana lo pensò, solo, tra sé e sé.
E nei giorni successivi, andò spesso sul balconcino, così giusto per annaffiare i suoi fiori, guardando furtiva verso l’appartamento di fronte.
Le persiane rimasero chiuse, solo di sera le parve che filtrasse una luce.

Sabato però la vide di nuovo, ma in pizzeria da Gianni, dove lei dava una mano alla cassa nel fine settimana.
La “Signora” entrò, accompagnata dallo stesso uomo, non c’era dubbio, ed il cameriere l’accompagnò al tavolino in fondo alla sala, scomodo per esser servito ma appartato.

- Scusa, Nicola, ma la tipa che è entrata, mi pare di conoscerla.
Cosa ti ha detto?
- Ha chiesto un tavolo tranquillo, se possibile, le dà fastidio la Tv accesa per la partita.
E’ già venuta nei giorni scorsi, da sola, mi ha detto che ancora non ha la cucina attrezzata per prepararsi pranzo e cena.
Si chiama Carla, bella donna, eh?
Lavora in Banca, deve essere quella che comanda in tutta la Sede.

Nicola, il cameriere, sapeva, in pratica, già tutto.
Lo vide sorridere, chissà che pensieri si era fatto.
“Beh – pensò tra sé – ti stupiresti, ragazzo, di sapere che lei, in fondo, è una zoccola!”
Dalla cassa, mettendosi un po’ di fianco, riusciva a vederli.
Eccome, se vide!
Anche perché, dato che nessuno ancora avrebbe chiesto il conto, indosso' gli occhiali da vista nuovi, che di solito metteva per guidare (e qualche volta per far piacere al suo Gianni perché “ti danno un’aria da porca…”)
I due ridevano mentre assaggiavano il vino bianco che Nicola aveva servito.
Niente pizza, per loro, ma il famoso “scoglio” di Gianni.
Forse non si vedevano da martedì, perché lei parlava molto (forse il vino le faceva effetto) e lui ascoltava, interessato.
E magari i discorsi erano “spinti” perché ad un certo punto vide benissimo la mano di lui sotto il tavolo, non coperta dal bordo della tovaglia.
Risaliva lenta ma decisa la coscia di lei, al di sotto del vestito elegante dallo spacco vertiginoso, valicando il bordo di una calza autoreggente dal bellissimo pizzo.
E la “Signora” socchiuse le gambe, mostrando, ne fu sicura, l’intimità non coperta da slip e nemmeno, perdinci, da un solo pelo.
Tiziana sussultò e si guardò intorno.
Quello che vedeva lei, seppur da quell’angolo particolare della cassa, l’avrebbe potuto vedere chiunque.
Gianni, o suo figlio o Nicola!
Ma forse no, tutti gli uomini erano abbastanza presi dai loro impegni (cucina, ordinazioni, piatti da portare e togliere) ma soprattutto dalle immagini del derby in Tv.
Lei no, invece, abbassando un po’ la testa, riusciva, a sbirciare quei due porci senza che nessuno lo notasse.
La mano di lui continuò lenta il suo lavoro, sotto il tavolo.
Lei ora taceva, ma sorrideva in modo quasi lascivo, passandosi ogni tanto la lingua sulle labbra.
Lo guardava diritto negli occhi ed ascoltava, adesso, anche se ogni tanto chissà che parole le uscivano da quella bocca rosso acceso.
E la vide sospirare, socchiudendo gli occhi, era venuta, ne era sicura, lì sulla sedia, davanti a chiunque volesse vedere.
Tiziana sentì le mutandine bagnarsi e per un attimo la testa le girò e le mancò l’aria.
Guardare la passera di quella donna le aveva risvegliato certi ricordi.

…………………………………………………….

- Guardala, ma senza farti notare!
Ci fissa dalla cassa, ti ho detto che ho studiato l’angolatura perfetta.
Adesso, allunga la mano sotto il tavolo, mettila sulla mia gamba, sì così, bravo…
E basta farmi bere, lo sai che non reggo mezzo bicchiere.
Mmm, mi fai venire i brividi, sei proprio un maiale.
Ma anche lei non scherza.
L’ho intravista martedì, mentre ti facevo quel pompino di benvenuto.
Era lì, nel balcone di fronte, con lo straccetto in mano, un po’ spettinata ma bella, nel suo vestito da casa…
Ti succhiavo e pensavo che l’avrei voluta, lì con noi.
Una leccatina io ed una lei o magari, stenderla lì sul tavolo e leccarla noi due.
Non dire di no, ti sarebbe piaciuto, dici sempre che vorresti, finalmente, vedermi all’opera mentre gusto una passera o me la faccio leccare.
Scommetto che le è rimasto il vizietto, dicono che è come andare in bicicletta, impari e poi non dimentichi.
L’ho guardata nei giorni seguenti al nostro incontro attraverso le persiane chiuse, non mi vedeva, ne sono sicura.
Come sono sicura che è “la Tiziana” amica di mia cugina, al paese.
Hanno quattro anni meno di me, lei credo non mi abbia riconosciuto.
Ma so benissimo cosa combinavano quelle due, mia cugina ha la lingua lunga quando beve.
Beh, diciamo che ha la lingua lunga, non so se mi spiego…
Si sono sposate, ambedue, ma da ragazze ventenni uscivano con i morosi ma ad una certa ora si incontravano tra loro.
Dicono alcuni che fosse per farsi passare i bollori che da brave signorine non potevano sfogare coi maschi.
Ecco così, continua, io sto zitta, parlami tu, dimmi cosa ne pensi.
E se ti impegni, potrei anche godere per bene.
Un piccolo antipasto per la nostra serata al privè…

Si alzarono, finito di mangiare, di bere e farsi guardare da lei.
Andarono insieme verso la cassa, Tiziana li aspettava, con gli occhi un po’ lucidi.
Si fissarono a lungo, finchè si presentarono

- Piacere, sono Carla.
Credo che noi ci conosciamo di già.
Sono la cugina di Patrizia, non so se te la ricordi, ma credo che abbiate frequentato le medie insieme al paese.
Ed il mondo è piccolo, mi pare che tu adesso abiti di fronte a me, che coincidenza.
Appena mi sistemo, ti aspetto per un caffè.
Magari dopocena, se vuoi, nei giorni feriali sono sempre sola...
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