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Essere mamma…


di geppettino2003
28.05.2021    |    28.584    |    4 9.0
"Nell’aspettare l’alba, combattere con me stessa, dare una ragione ad avergli concesso il mio corpo..."
Può una mamma, in un attimo di pura, lucida, follia, cedere a quel, sicuro, piacere di un morboso desiderio del proprio figlio?
Una mamma, si sa, far di tutto per il bene di un figlio. Arriva ad abbandonare il suo materno ruolo per diventare amica, complice e, se è necessario, lasciarsi, anche, apprezzare donna, ben consapevole dei ricaduti effetti.

Nei nostri lunghi anni trascorsi in casa ho ritenuto, dovuto, contribuire al suo crescere con il mio amorevole fare senza, minimamente, immaginare che quel mio accudirlo, coccolarlo in atteggiamenti, anche un po’ disinibiti, avrebbe potuto incentivare sue, piccanti, fantasie.

Pur con il dubbio che ciò potesse accadere, ho lasciato ai suoi sguardi gioire del mio pudico, sensuale propormi, alle veloci affettuose suoi effusioni, sorridere maliziosa condividendo il crescere dell’imbarazzo delle sue emozioni, con forte la speranza che, nel passare tempo, prevalesse il mio essergli madre.

Per questo non ho reagito con la determinazione della educatrice all’osare nei suoi attacchi, ho ascoltato le sue ambigue riflessioni, non mi sono opposta al crescere delle sue crescenti provocazioni.

Ricercando in me colpe, che non credo di avere, vivo, oggi, la sua angoscia, e chiedermi se esiste una barriera all’amore di una madre.
È un dilemma che da un bel po’ mi strugge. E il suo, diventato, sfrontato fare, certo, non mi aiuta!

Trovarmi spiazzata, impreparata, nel prendere atto che il tempo non ha inciso sulla sua ossessione, e accorgermi di non avere la giusta forza nel dovermi imporre per non cedere ai suoi continui, costanti, diventati intriganti, attacchi.
Quel suo volere di più, lasciarmi, chiaramente, interpretare sue fantasie, e i miei pensieri resuscitare emozioni vissute e mai realmente sopite.
Sono pur sempre una donna con un passato di femmina calda ed esigente!

Certa della sua, assurda, voglia di godere di, e con, me crescere, infida, la preoccupazione al prevalere di un bisogno di femmina, e gli occhi, mio malgrado, cercare sempre più spesso su quel suo duro, ed invitante, pacco, consapevole di non riuscire a resistere alla tentazione, di trasformare il mio essere, il mio amore, il mio ruolo, e condividere quel suo intenso, e perverso, desiderio nel mio spaziare tra paradiso e inferno.

Fino ad oggi mi ha inibito dal farlo la paura delle possibili, inevitabili, conseguenze, ma lentamente sopraggiungere la paura di non essere più capace di aspettare che sia lui a decidere di prendermi, possedermi, scoparmi, farmi godere come so vorrebbe fare, come sa saprei fare!

Allora che si decida, colga quell’attimo, e mi faccia volare, io sono pronta!…

La mia storia:
Maria Anna, Anna solo per mio figlio!
Un unico figlio, Franco, un vero tesoro che adoro, come d'altronde ogni mamma ama il proprio figlio.
Ho superato, da un bel po’ gli anta ma, a detta di tanti, sono una donna che, ancora, merita nel suo essere piacente. Alta il giusto per una bella femmina, fisico asciutto, terza di seno, diventato un po’ cadente (!) ma che, nel complesso, rimane pieno, il sedere ancora sodo, un po’ a pera merito/colpa dei miei, diventati, morbidi fianchi. Una intrigante somiglianza alla Pellegrini (Federica) i suoi stessi occhi, color marrone, come lei lunghi capelli biondi (i miei non naturali).
Amo propormi in nero, gonne o pantaloni, sfilano una esile figura, esaltando quel mio essere, piacevolmente, sexy. Anche quando nascondo le mie procaci forme, in caste camice, prive di scollature, larghi e morbidi maglioni, o anonime gonne, resto sempre una interessante, matura, gnocca!
Pur potendomi permettere una tranquilla pensione, continuo a lavorare, sono manager di un’importante società. Nel mio pubblico essere mi si definisce una donna solare, sociale, divertente, ma con il pugno duro.
Non consento ad alcuno di travalicare, oltre, il dovuto rispetto!

Vedova da ormai anni, tanti, e nei mie bisogni di femmina non cerco più rapporti duraturi, voglio solo momenti di travolgenti, caldi, appassionanti amplessi.
Ne so godere!
Nel mio segreto intimo ho sempre cercato il gioco, l’intrigo, la trasgressione, amavo farlo, e lo amo tutt’ora. Vivo i miei erotici presenti, abbandonando il mio essere manager, vedova e mamma, per assumere quello di femmina, amante ed esigente, troia.
Quando scopo non mi tiro mai indietro. Voglio essere padrona del mio piacere!

Vivo con il mio Franco, anche con lui sono stata, allo stesso tempo, dolce e severa. Mi bastava un semplice sguardo per fargli capire quali erano le mie regole in casa, quali i suoi obblighi, quali i giusti doveri.

Poi quell’episodio, di tanti anni fa, e non è stato più così!
Quella sua, innocente, confessione e prendere atto del suo aver violentato quel mio intimo essere, nascosto nel mio armadio.
Scoprire, a 15 anni, che la sua bella mammina vive la sua indole di esuberante femmina senza pudori, avrebbe dovuto farmi arrabbiare. Invece ho sorriso a quelle sue espressioni di sorpresa, rispondendo alle sue curiose (interessate) domande con l’intento di fargli capire che una madre è anche donna con i suoi bisogni, e le sue esigenze.

Da amorevole, e comprensiva, madre ho permesso che continuasse a gioire delle mie cassette porno, piacevoli ricordi dei miei trasgressivi momenti.
Nel consentirgli l’opportunità anche delle mie riviste hot, in alcune delle patinare pagine, più di un volto vagamente somigliarmi, ho ritenuto più giusto rimandare ad altro tempo le più giuste riflessioni di mamma!

Non credo di aver commesso errori, ogni madre sa quale è il suo ruolo nel difficile il momento del passaggio dall’età puberale a quella dove gli ormoni cominciano a galoppare, spingendo l’immaginazione a perniciosi pensieri.

Senza una ragione precisa, non un fine, nessuno scopo, solo le ragioni nell’affetto di mamma, ho inteso affrontare quel suo particolare tempo, con il giusto equilibrio, la dovuta attenzione, l’aggiunta di qualche momento di misurata complicità, qualche concessione limitata, comunque, al lecito, possibile, fare.
Ho lasciato prevalesse l’essere la sua sensuale mamma, convinta che il suo essere il mio amato figlio potesse non preoccuparmi!
Senza dover fare grandi sforzi, mi sono concessa in quel piccante gioco del vedo non vedo, offrendomi nel mio domestico fare, con un vestire più morbido, larghi camicioni le cui, profonde, scollature lasciavano ampio spazi alla sua fantasia. Incrociare i suoi occhi perdersi e, con velato imbarazzo, vederlo gioire al dondolare del mio nudo seno. Con gonne più corte, e strette,osare in qualche atteggiamento lasciandogli, volutamente, ammirare china il bel disegno di un accattivante fondoschiena impreziosito dai sottili bordi dei miei perizomi. Qualche sera sul divano, le gambe raccolte e seguire i suoi occhioni risalire le mie tornite cosce, al bacio della buonanotte lasciargli, con misurata malizia, l’opportunità di immaginarmi sensuale con indosso quella mia preziosa lingerie (che amavo, e amo ancora , indossare) esaltare i lineamenti di un bel corpo dalla trasparenza dei miei baby-doll.
E poi, al buio, lasciarlo al suo sognare!

Poi giorni, settimane, mesi e, lentamente, chiaro il modificarsi del suo approccio a me. I primi segnali nei miei, segreti cassetti sempre più spesso in disordine.
E da affettuosa mamma non reagire!
Nè ho inteso modificare il mio essere, condividendo i suoi velati commenti di apprezzamento sulla mia figura sempre più certa delle sue intense emozioni nei diventati, lunghi solitari momenti a me dedicati

Lento uno spontaneo crescere di reciproche provocazioni, inizialmente innocenti, poi intriganti emozioni diventare, piano piano, piacevoli trasgressioni ed accorgermi, forse di aver esagerato negli evidenti effetti, diventati tangibili, nel chiaro modellarsi della patta dei suoi boxer.
Quella sua impacciata reazione al mio amorevole fare darmi l’implicita conferma che il suo amore filiale stava per trasformarsi in un assurdo desiderio, e dovermi, quindi, determinare.
Poche le parole, nel mio guardarlo un tacito accordo, io aiutarlo a crescere senza mai andare oltre, e in cambio la sua promessa di non trasformare un piacevole gioco in peccato. Continuare si a giocare ma imporci un reciproco limite convinta, allora, di sapere, e poter, gestire le tentazioni di un giovane puledro, con forte la certezza (speranza) che il trascorre del tempo affievolisse i suoi, sicuri, diventati zozzi desideri.

Non mi sono opposta quando, con la fregola del diciottenne, ha cominciato a prendersi qualche eccessiva, trasgressiva, libertà. I suoi abbracci diventare costanti attacchi al mio corpo, il suo stringersi a me, percepire il salire del suo respiro morirmi sul collo, le sue mani azzardare, lente risalire dai fianchi, sfiorare il seno, timide dita cercare i capezzoli, trovarli, per un attimo, stringerli e in poco il suo corpo tremare avvinghiato al mio.
Ed io, consapevole dell’amore (sacrificio) di una madre, subire lasciandolo fare!

Nè mostrarmi indignata con tra le dita quei miei succinti perizoma pervasi di calda, e assurda, passione a me dedicata. La certezza in quelle riviste aperte sulle mie accattivanti immagini.
Arrabbiarmi, sgridarlo, mortificarlo, sarebbe stato inutile, in fondo gli avevo concesso di apprezzarmi con la mia intima biancheria, gli avevo lasciato io l’opportunità di immaginarmi in quelle foto donna senza pudori, femmina porca, splendida troia!
Con il cuore in gola chiedermi quali i suoi pensieri in quel momento, quali le sue fantasie a me dedicate, inevitabilmente subire l’essenza dell’esuberante stallone e ritrovarmi sola, assalita da mille pensieri, tremare nell'intimità della mia camera!

Ho così cominciato con le mie prime riflessioni e, pur con deboli tentennamenti, ho saputo gestire l’esuberanza del giovane marpione. Mi bastava uno sguardo perché ponesse fine al suo, diventato, intrigante fare. Ma il subire l’odore del maschio, diffondersi in casa, cominciare ad indebolirmi.

Gli anni passare, lo studio, l’università, i primi amori, la compagna, la sua vita, il suo lavoro. Sempre in giro, costantemente fuori.
Il tutto a darmi conferma che quel suo adolescenziale desiderio si fosse affievolito, credendo, sbagliando, fosse prevalso il dovuto suo, giusto, rispetto nei confronti della matura mamma.

Franco oggi, ha poco più della metà dei miei anni, divide il suo tempo tra la sua casa, la compagna, e le mie quattro mura. Vive in un bilocale a fianco a casa mia, l’ingresso è in comune, con le porte dei rispettivi appartamenti sempre aperte.
Il lavoro della sua compagna gli offre, da un po’, l’opportunità della costante sua presenza in casa da me. Nel suo ripreso fare, sempre con garbato rispetto, accorgermi che l’essere diventato uomo ha solo modificato il suo ruolo di figlio assumendo quello di appassionato corteggiatore. Un cacciatore in cerca delle sua preda.

Sorrido oggi, per come ho sorriso allora, al riprendere delle sue piccanti allusioni, ai suoi delicati tentativi di approccio. Rivedo quei suoi sguardi, rivivo quei suoi atteggiamenti e, nei suoi continui abbracci, diventarmi palese il suo voler far venire meno quel nostro tacito accordo!
Una donna sa leggere negli sguardi, e negli atteggiamenti, il desiderio di un uomo, e quel suo sguardo ne materializza uno impossibile!
Nei miei di pensieri però ammettere, che per una femmina in età matura, capace di materializzare ancora un discreto fascino, la piacevole, forma di adulazione di un giovane uomo non può che coinvolgere e intrigare.

Da fine stratega riprendere lui quel mio discorso interrotto anni fa ancor prima di cominciare.
Sorprendermi il suo coraggio nel confessarmi che il tempo non ha inciso sul suo altissimo desiderio. Al mio flebile reagire rimarcare il suo vedermi come una bellissima donna che, ancora, scatena quei suoi tormenti di ragazzino. Accennare al perché del mio voler vivere di ricordi. Nelle sue parole, chiaro la conferma di un sentimento diverso per una femmina da amare con l’intensità di uomo e l’ardore dell’amante.
Con forte la speranza di voler essere più uomo che figlio, lasciarmi chiaramente intendere di voler condividere una morbosa, e perversa, diversa realtà.

Frastornata, non sconvolta, avere conferma delle sue voglie, delle sue fantasie, ascoltarlo e obbligarmi a dare il più giusto senso a quelle sue provocazioni. Al suo dire ho risposto all’uomo non al figlio, con la preoccupazione di mamma nel prendere atto che in tutti questi anni quel mio amorevole fare ha favorito il suo morboso desiderio di volermi donna, e nelle sue parole il convincimento, più la certezza, di essere ancora presente nei suoi solitari, intimi, momenti, immaginandomi sensuale femmina e, spudorata, troia!
Tornare indietro negli anni e dovermi convincere che il suo ardore non è mai cessato e, dover, riconoscere che, per quelle sue sofferenze, sono mie le colpe, ma non riuscire a condannarmi.
Perché farlo!

Poi un lungo periodo a dover sfuggire al suo ostentare l’essere maschio e, lentamente, subire il prevalere dell’istinto di donna, quella particolare emozione che porta la femmina a sfidare la mamma.
Così i tormenti assalirmi, il suo cercarmi, il mio farmi trovare, ed accorgermi di una mia minore forza, e il salire della mia debolezza, ben consapevole che il reciproco fare suscita intense emozioni.

Così, complice, lascio a quel suo, diventato, sfacciato strusciare una dura verga contro l’invitante mio bel culo, chiaro percepire l’eccitazione salire nel suo respirarmi addosso, aspettare che le sue mani superino il lecito, condividere il suo frenetico pulsare, unire i suoi tremori ai miei, e non privarlo del piacere!

Lentamente scoprire di non essere più, assoluta, padrona degli eventi, capace di governarne gli effetti!

Non riuscire a redarguirlo, né oppormi quando, senza preavviso alcuno, ricevo qualche sfacciata pacca al mio intrigante fondoschiena, non chiedermi del perché lascio alle sue mani di palparlo sfrontato.
Quei sorrisi diventare paura alla, consapevole, certezza che il suo fare voglia portarmi al più assurdo dei piaceri.
L'affetto di figlio è diventato desiderio di uomo!

Incrociarmi nello stretto corridoio, uscito dalla doccia e, sfrontato, offrirmi un nudo corpo, lasciarmi apprezzare un uccello duro come il marmo, dritto come un fuso, che prepotente punta verso l'alto. Quasi barcollare davanti a quella bella sberla, di quelle che piacciono a me, e che è tanto che mi manca!
Attimi e le mani, sfacciate, lisciare il possente cazzo che merita, veramente, il giusto rispetto, e la dovuta attenzione.
Nel suo fare quasi Implorarmi sia io a cedere.
Volerlo ma non riuscire a farlo!

Il tutto incidere su di un corpo diventato sempre più debole e lottare con i miei pensieri. Sempre più difficile controllare il mio istinto di femmina, sempre più complicato oppormi agli effetti della sua eccitazione.

Così le mie notti diventare sempre più lunghe, sola, al buio, tendere le braccia, cercare qualcuno, qualcosa, non oppormi ad intriganti dita scorrere su di un nudo, caldo, disponibile corpo.
Mille pensieri, al salire della voglia di ricucirmi momenti di solitario piacere.
Sono pur sempre una donna con le sue voglie, le sue fantasie, alto il desiderio e forte i bisogni. Con il corpo che invoca piacere, non governo l’infido salire del mio gemere.

Poi ancora giorni di suoi attacchi, salire i patemi, le difficoltà, sconvolgermi i pensieri, le fantasie indebolirmi e sentirmi sempre più donna desiderata, nell’aspettare la mia notte.

In una di quelle, scuotermi nel percepire la sua presenza, dover interrompere il mio fare proprio sul più bello. È brutto essere interrotti proprio quando stai per godere! Ti rimane una voglia dentro che non controlli, dissoci il tuo essere dal tuo fare, saresti disposta a fare qualsiasi cosa pur di soddisfarla.
Attimi per decidere e non privarlo della mia, alta, eccitazione.
Fingendo di dormire concedergli la possibilità di vivere una erotica emozione.

Nella penombra sale il mio respiro, i battiti del cuore accelerare, il corpo tremare. Sdraiata su di un lato, il prezioso baby-doll, risalito in vita, lascia scoperto il bel culo reso prezioso da un accattivante perizoma, un seno fuoriuscito, il capezzolo gonfio, duro.

Lunghi secondi di un suo assurdo silenzio, mentre ammira i lineamenti l che esaltano la mia conturbante matura figura. Timide le sue mani approfittare della ghiotta occasione, cominciano ad accarezzarmi a fil di pelle il culo, un dito perdersi nel profondo spacco, muoversi, ascoltare il suo respiro allungarsi. La mano risalire, sfiorare il nudo seno, il sensibile capezzolo al tocco reagire, il mio di respiro strozzare un primo gemito.
La mia mano a conchiglia tra le cosce, oltre l’esile bordo, le dita riprendere, piano piano, quell’intrigante mio interrotto fare. Non controllo il mio corpo, quasi invocare l’osare del suo fare, girarmi, offrirmi alle sue carezze, lasciargli far scorrere sulle gambe il perizoma, scostare la mia mano e gioire del frivolo rettangolo di un pelo ben curato. Subito le dita sfiorare l’umido ricciolo, sostano tra le grandi labbra, tentano l’assurdo. Un mio diffuso sussulto, figlio di un brivido intenso, lo blocca.

Un attimo e davanti al mio viso è imponente la sua eccitazione, ed è come se il buio della notte amplificasse i suoi pensieri
- Guardami, mamma, guardami - mentre fa scorrere lentamente la mano su di uno splendido palo di carne lucida e dura.
- Guarda come me lo fai diventare duro -

Sempre più coinvolta dal suo aggiungere un altro momento ai suoi morbosi attacchi, schiudo gli occhi con la voglia di fare e l’intenzione di cedere, con forte il desiderio che goda su di me.
Fargli vivere il piacere di un bel cazzo tra le mie gambe.

Tira con sempre più passione, sempre più forte. La mano libera spazia ancora sul mio corpo, scopre le morbide mammelle, gioca con gonfi capezzoli, corre sulle mie cosce, si bea del ricco pelo.
Ancora i suoi sporchi pensieri:
- Mamma, guarda come mi sego -
È magnifico quell’uccello farsi sempre più duro, più grosso.
È devastante la sua eccitazione, e cresce la mia!

Nel pieno del suo piacere, quelle sue dita farsi ardite tra le mie gambe ed io non oppormi, non riuscire ad impedirglielo.
Dovrei farlo?
No!
Allargo le gambe lascio, che le sue dita si bagnìno della mia cresciuta eccitazione. Gemo, accompagnandomi ai suoi lunghi respiri.
Due le dita osare nella mia femminilità, spingere, entrare, veloci muoversi, oscena le gambe cedere, schiudersi e fradicia di umori, aspettare la sua calda bava bianca.
Interpreto, ancora, i suoi pensieri
- Mamma che splendida troia sei ti voglio sbattere, scopare, farti urlare di piacere -

È imminente il suo piacere. Dio sta per godere!

- Mamma fammi godere. Voglio sborrare. Dio come mi piacerebbe venirti in bocca. -

Cosa avrei potuto fare come madre in una simile circostanza? Sottrarmi alle sue carezze e lasciarlo frustrato e insoddisfatto?
No!
Una madre che ama soggiace, consapevole e disponibile, all’assurdo amore del proprio figlio.
Allora perché non incitarlo, spronarlo, incalzarlo io con i miei di pensieri
- Sborra, figlio mio, sborra, sborra più che puoi. Fai vedere a mamma
una bella sborrata, una sborrata calda, una sborrata che mi sporchi tutta. Voglio godere dei tuoi lunghii, potenti schizzi. Voglio che il tuo cazzo mi sporchi di piacere, voglio annusarne l'essenza, si voglio godere del tuo sapore in bocca . Voglio gridarti il mio amore! -

E lui, perso quel rispetto, accontentarmi
- Sto sborrando, mamma, sto sborrando, aahhh.... aahhh, siii,sii sto sborrando, puttana guarda come sborro. -

Con l’orgoglio del suo essere maschio sborra! È una poderosa sborrata. Che impeto! Una sborrata interminabile, schizzi potenti che ho seguito con forte il desiderio che mi colpissero. Avrei voluto intercettare il suo piacere al crescere del mio. Farmi sporcare il viso, la bocca il seno. Forte la voglia di prenderlo in bocca, succhiarlo, appropriarmi del suo palpitare, avere i suoi schizzi in gola, ingoiare tutto il suo godere.
Con la voglia di farlo aspettare il suo decidersi, che il suo coraggio spezzi l’esile barriera tra amore e rispetto.

Il trascorrere di lunghi secondi, il suo respiro tornare normale, subire il suo vigliacco fermarsi. Forse la paura di una mia reazione far prevalere quella tacita promessa, imporsi di non andare oltre, decidere di privarsi delle mia cresciuta voglia.
Lasciarmi sola!

Pochi secondi, e la femmina cercare il caldo suo piacere, raccoglierne il corposo seme, portarlo alla bocca, lasciare alla lingua la gioia di un onirico pompino, e riprendere quanto interrotto.
Mani tremanti risalire con voglia lungo i fianchi, intriganti sul seno nudo, strizzo i gonfi capezzoli, pochi attimi per stringere entrambe le mammelle e sospirare con particolare trasporto Solo attimi, salire il mio respiro, le dita scivolare sul folto ciuffo di peli neri pervasi di caldi umori, tremare. Con una fare che risveglia il mio intimo essere una consumata troia, morbosamente eccitata godo. e, non pienamente appagata, farlo ancora come lo splendido puttanone dei suoi sogni.

Nell’aspettare l’alba, combattere con me stessa, dare una ragione ad avergli concesso il mio corpo. Tentare di convincermi che l’ho permesso solo perché era tanto che desiderava il mio essere femmina e non me la sono sentita di negarglielo.
È il dopo che mi attanaglia, ormai certa del cosa vuole, non so solo il come immagina farlo, ne il quando!

Al mattino, sfidarlo, a mia richiesta negarmi la spudorata realtà, ed io cercare un senso al suo privarmi della gioia del suo essere virile maschio!
Essere sul punto di chiedere del perché non mi ha sborrato sul viso, del perché non mi ha infilato il cazzo in bocca, confessargli del forte desiderio della sua lingua avida sul mio morbido seno, baciarlo, ciucciarlo, poi tra le mie intime labbra, leccarle, la punta picchiettare sul duro clitoride, confessargli dell’altissimo desiderio che quel dito mi penetrasse, quel cazzo mi possedesse, sfrontato mi inculasse.
Chiedergli del perché non l’ho ha fatto, perché mi ha privato del suo piacere sul mio corpo, e noi trovare il coraggio di farlo.
Non sa che avrei ceduto!

Subito scuotermi e, succube del mio materno ruolo, tornare cosciente, ma assalirmi i dubbi nel venire meno della forza di resistere. Assalirmi la paura di sbagliare dovessi assecondarlo!
Ma, nel contempo, desiderare che non trattenga quel suo forte eccitato impeto e goda sporcandomi tutta. Chiedermi come poter fargli capire che la cosa non può farmi altro che piacere.
Non può certo pretendere che sia io a scoparlo! È forte la voglia di farlo ma è il mio ruolo che mi frena, che incide sulla mia volontà.
Allora che si svegli!

Ancora giorni, settimane e riprendere quel mio malizioso giocare (che mi ha divertito allora è che ancora mi diverte) di ammiccanti sguardi, l’accattivante propormi, offrire la mia provocante femminilità, aggiungere la sottile malizia delle femmina esperta nel mio accentuare le provocazioni.
Il fine è sfidare il suo coraggio!
Propormi con la mia più preziosa lingerie che, ancora oggi, rende sexy la mia figura esaltata in reggiseni a balconcino che lasciano scoperto abbondanti porzione del morbido seno, dai miei accentuati décolleté, corti baby-doll in seta e pizzo, succinti perizomi, auto reggenti con frivoli laccetti, calze a rete, o in delicata seta con il sottile righino dietro.
Manifesto il mio vero essere: la sua magnifica troia!

Accetto la sua costante presenza in camera, il farmi guardare mi fa letteralmente impazzire. Evidentemente attizzato dai miei atteggiamenti mi ripaga lasciandomi ammirare il crescere del suo magnifico cazzo duro, ostenta il suo gradire lisciandolo, sfacciato, davanti a me.
Il suo chiaro intento scatenare la mia di eccitazione, far salire il mio desiderio di farmi sporcare del suo caldo seme .

Cosa aspetta?
Chiedermi del perché non tira fuori l’uccello, perché le sue forti mani sui mie fianchi non impormi il suo essere uomo, perché non lasciarmi tramare con il duro cazzo che spinge sul culo, perché quei gonfi testicoli non sbattono pieni sulle mie invitanti chiappe.
Dio come mi piacerebbe essere artefice dei suo svuotarli!

Il trascorrere dei giorni ed aggiungere un ulteriore tassello a quella sua strategia. Confessarmi di quella notte, quel suo altissimo momento, la sua emozione, l’eccitazione vissuta, il desiderio, l’alto piacere per la più bella sborrata della sua vita!
Avermi cercato nelle successive notti, non trovarmi.
Apprendere del suo godere con intriganti milf, ed immaginare che sono miei i tremori, che è mio il godere, che sono mie le urla di piacere!
Nelle sue parole percepire, chiaro, l’invito che sia io ad osare di più, nel mio silenzio forte il desiderio che, invece, sia lui a farlo!
Poi il mio ambiguo reagire per giorni, settimane mesi, cercarlo io e non trovarlo, chiamarlo e non avere risposte. Il mio essere femmina cercare le occasioni, e poi quando l’esile barriera che ci divide è pronta a spezzarsi, tornare mamma, con i limiti che mi sono imposta.

Sembra, ma poi non scatta la scintilla che ci fa lasciare andare del tutto, pronti a peccare!

Poi il destino offrirmi una possibile occasione a quel mio privarmi dall’osare.
Un suo banale problema far salire la preoccupazione di mamma, trasformandola in occasione e incidere sulla mia determinazione.
Una fastidiosa irritazione da sfregamento, vicino alle parte intime, offrirmi l’opportunità di imporgli di spogliarsi, farlo sdraiare a letto, denudarlo. Nessun iniziale fine, non rendermi conto della sua sorpresa, impacciato, inutile il suo tentativo di coprirsi l’intimo. Amorevole obbligarlo a divaricare le gambe, avvicinarmi, scuotermi, attimi per ritrovarmi femmina e, sempre, meno mamma.
Non bado al suo forte imbarazzo, al suo scusarsi, attratta per come seno da un gran bel cazzo.
Sconvolgermi la voglia di toccare. Le dita sfiorano già gonfi testicoli, cercano oltre, fargli togliere le mani, voler apprezzare un pisello che lentamente cresce, prende forma, si gonfia, diventa duro.

“... Mamma ti prego.......”

Nel suo chiamarmi chiaro il salire di una speranza, chiedermi di osare, di andare oltre, il crescere della sua potente eccitazione voler provocare la mia reazione, incidere sui miei pensieri, spezzare il mio respiro, sfidare un corpo sempre più debole.

Attimi e lasciare ad esperte mani il fare di intriganti carezze, tocchi a fil di pelle, poi d’istinto una mano rapita dal mio fare, stringe un cazzo nodoso diventato furioso nel suo palpitare. Un cazzo potente imperioso nel suo sfidare la mia mano, intrigare le dita, scuotere i miei pensieri, e un lungo caldo sospiro morire su di una rossa cappella diventare più larga, violacea, e coi bordi sempre più spessi.

“... Anna siiiiiiii.......”

Nell’espressione del mio viso deve essergli tangibile lo stupore, non imbarazzo, ma una pura eccitazione, scatenata dal vedere prime gocce di piacere inumidire le mie dita, la sua essenza di maschio esaltarmi mentre le spargo sulla rossa cappella.

Mi sarebbe bastato pochissimo per far sì che reagisse alla mia provocazioni, e il suo essere uomo farmi cedere, con forte la certezza del suo desiderio di scaricarmi addosso una sborrata colossale.
Ed invece rinunciare anch’io vigliacca, ancora una volta prevalere il ruolo all’essere, rinunciare al desiderio di volere.

Privarmi/privarlo, e scappare in bagno, con il corpo che arde, con la fredda acqua non riuscire a placare una immensa eccitazione.
Stravolta al pensiero di un focoso amplesso appena rifiutato, sconvolta da una diffusa libidine, in piedi, il corpo appoggiato alla parete, mi abbandono ad una intrigante fantasia.

In quel sussurrare il mio nome, tutto il suo amore, nell’invocare il mio essere cercare il peccato, volere quel di più.
Chiedermi il perché non riusciamo a far prevalere l’emozione alla ragione, il piacere al rispetto. Sconfitti dalle rispettive paure!

Chiedermi quali pensieri, quali fantasie, che desideri, che voglie.
Come mi immagina.

Se solo quello sua mano avesse preso la mia, se l’avesse accompagnata a stringere, se mi avesse aiutato a spezzare quell’ultima barriera Si ho sperato che accompagnasse all’idillio, che materializzasse la fantasia di quel momento, che si appropriasse del mio di desiderio.
Perché non mi ha denudato, perdere l’occasione di restare estasiato dalla mia conturbante figura, perché non si è dedicato al mio corpo, perché non impormi la forza della sua eccitazione, perché non obbligarmi a mettermi alla pecorina, la lingua spaziare tra culo e figa.
Io gemere all’ardore del suo morboso fare.

Lascio alla fantasia di viaggiare, con la certezza di essermi privata di quella potente abbondante sborrata che, so, sta ora per dedicarmi dietro la porta del bagno .

Desiderare che mi montasse, farmi apprezzare quel suo duro cazzo premere contro il mio buchetto, non avrei protestato, non mi sarei opposta!
Avrei gradito la potenza di un esuberante cavallo imbizzarrito. Gli avrei gridato la mia voglia. Avrei preteso lo sbattere di quello splendido cazzo nel mio bel culo, lasciarlo entrare fino ai testicoli, poi uscire e pomparmi con l’irruenza del focoso amante, la fica. In un delirio di sconvolgente piacere, urlargli il mio altissimo piacere, lasciargli ascoltare le grida della mia eccitazione.
Aspettare i suoi potenti schizzi sporcarmi il viso, il seno, le mani impazzire raccoglierne il caldo seme, portarlo alla bocca, modellare le guance, la lingua leccare avida. Farlo godere come la vera porca che sa, so essere!

Fantasie che accompagnano una mano su di un corpo in fermento, stringere, alternativamente, duri capezzoli, l’altra indugia sul caldo pelo nero, solo un attimo, poi subito il medio sparisce per tutta la sua lunghezza dentro una calda fica.

Il grande specchio restituisce la mia porca espressione in preda ad una indescrivibile lussuria che, ormai, mi ha rapita.
Strette lebbra strozzano sospiri che invocano il mio voler godere.
Ho voglia di cazzo che le sole dita non riescono a soddisfare, a placarne gli effetti. Ho bisogno di un palo duro, lungo, tosto, negli occhi prende forma quell’onirico cazzo.
Scuoto nervosa il capo, gli occhi cercano ciò che non ho, e ritrovo in mano il manico di una spazzola.

Lasciva, il duro palo in tutta la sua lunghezza, accarezza il seno, intriganti tocchi sulle morbide mammelle, la punta sfida i gonfi capezzoli. È morboso il mio fare, il palo risale sul collo, attimi sulle guance, sfiora labbra che tramano, avida la bocca pretende. La nervosa lingua, languida, ne saggia la dura punta. Attimi per averlo nella famelica bocca. Essermi complici lunghi, e profondi gemiti, intensi, ripetuti. Chiudo gli occhi ed è il suo potente uccello che succhio. È il suo cazzo che spompino!
Vedesse ora che splendida troia sa essere sua madre!

Priva di controllo, lentamente, lascio scivolare la punta sulla fica.
Strozzo un gemito mordendomi le carnose labbra, mentre spingo l’intero manico sparire protetto dal caldo pelo della fregna. Con veemenza l’illusorio fallo entra ed esce dalla pelosa fica, il corpo vibra alle contrazioni di una devastante eccitazione. Nel mio essere sono il puttanone che gode del suo uccello.

Respiri intensi, profondi, ripetuti voglio che sappia che sua madre nel suo intimo sa essere una grande troia. Una grande maiala!

Pochi secondi e, in preda ad una libidine indescrivibile, è violento l’orgasmo scuotermi selvaggiamente il corpo. Godo come un ossessa, godo con immensa la voglia di farmi sbattere da quel possente uccello unico modo per lenire, attenuandola la voglia, di cazzo che diventa forte nei miei pensieri.

Sconvolta dal piacere porta ancora la dura punta, intrisa di caldi umori, in bocca. Succhio il mio piacere. Erano anni che non godevo così tanto, ma resto con l’eccitazione in corpo!

So che è dietro la porta, perché non entra. Perché non si decide di soddisfare quella mia determinata voglio di far volare la fantasia lungo il filo del desiderio….
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