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Riscoprirmi femmina, non più solo madre…


di geppettino2003
29.07.2023    |    45.763    |    18 9.4
"Senza controllo, allargo leggermente le gambe, la presa sulla sua mano va sempre più a scemare, e lascio che quelle dita superino il lecito iniziando, con..."


Scriviamo, oggi, un racconto che abbiamo chiesto di rivisitare. Tre episodi pubblicati (di cui non daremo il titolo, ai più, attenti, lettori sarà facile ricordarne i contenuti, e l’autore. Noi non la faremo. Abbiamo promesso discrezione.)
Lo abbiamo chiesto perché in quegli episodi (non più presenti sul sito), mancano i pensieri, le fantasie, le voglie, e i desideri di una madre, che l’hanno accompagnato nel suo voler rifiorire come donna.

Lo facciamo perché ci offriamo disponibili a scrivere, noi, il continuom del possibile quarto episodio. Della metamorfosi di una madre!
(Cosa che faremo solo se autorizzati!).

Il nostro intento riprendere i racconti di Giorgio (figlio) con le crescenti emozioni di Chiara (madre).

Raccontiamo ciò che Chiara ha vissuto, e ci ha chiesto di trasferire in un suo lungo racconto.
Il nostro intrigarla, unito alla eccitazione del suo attuale momento, l’hanno convinta al punto che si è resa disponibile (specialmente per le tante madri) a rendere comuni i suoi pensieri, le sue fantasie, i desideri e le voglie che l’hanno attanagliata, prima di una decisione difficile ripagata da un diverso sentimento di amore confluito in momenti di alta esaltazione sessuale.

Pur con la tanta paura di essere etichettata per ciò che non è, ci ha concesso l’opportunità di rendere concreto il suo momento con la nostra emozione.

Raccontiamo della fantasia di un figlio divenuta eccitante realtà….
Un lungo racconto che potrà stancare nella lettura, (c’è ne scusiamo per la ridondanza!) ma oggi il nostro intento è onorare Chiara ed intrigare le tante madri che, al contrario di Lei, non vivono appieno dell’amore di un figlio.

Chiara chapeau!

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Chiara, 62 anni, vedova da cinque anni, madre di due figli. La minore, sposata con un figlio, e Giorgio, 38 anni, cinque anni di fidanzamento rapporto interrotto poco prima della morte del padre. Le sue giornate divise tra lavoro e le sue passioni per il calcio, videogame e bicicletta.

Fisicamente piccolina, non arrivo a 160, magra, un po di pancetta, tette piccole e cadenti, una seconda coppa con capezzoli che, quando si induriscono per l'eccitazione, sembrano chiodi lunghi e a punta. Non avendo mai fatto sport il culo mi è rimasto piccolo, le chiappe un pochino flaccide ma che fanno, ancora, invidia a tante trentenni, la fica con una montagna di peli scuri ben tenuti, oggi rasata per trasgressiva scelta.

Per anni molto casta, riservata, mai un vestito sexy, mai concessami qualche libertà in casa, mai offertami nel mio, anonimo, intimo.
40 anni di vita vissuta sempre con lo stesso uomo. Un intimo rapporto che non è mai stato il massimo ma a me, non avendo provato altro, bastava. Non l’ho mai tradito, mai avuto, o cercato, altre esperienze.
Ma negli ultimi anni cercare quella femmina che volevo poter essere un vulcano, provare nuove posizioni, o esperienze, sempre negate, ed il suo essere autoritario inibire quel mio intimo desiderio di dare spettacolo a letto, eccitarlo e pretendere il suo sbattermi furioso.
I nostri rapporti condizionati dal suo venire molto presto, pochi colpi e via dati con un cazzo (scoperto a distanza di anni) molto piccolo per poi abbandonarsi nelle braccia di Morfeo, allungando le mie solitarie notti alla ricerca del mio di piacere.
Eppure il mio amore per lui era immenso, mai smesso di amarlo anche se ha represso quelle mie erotiche fantasie.

Gli ultimi cinque anni tristi e duri nel lungo trascorrere, una perdita che ha lasciato un grande vuoto in mio figlio, ed in me e, solo il reciproco conforto, le nostre sere sul divano, innocenti moine, ed interminabili silenzi, ci hanno dato la forza per superare il dolore, e non cadere in forte depressione.

Forse è questo che ha fatto scoccare la scintilla. Sarà stato il destino farmi tornare la voglia di vivere riscoprendo, il mio corpo e restituendomi la trasgressione delle mie fantasie.
Oggi vivo un rapporto forte, intenso, dove sesso e piacere sono diventati il leitmotiv di una nuova vita che mi ha portato a scoprire, piano piano, quella parte di me nascosta che, per anni, avrei voluto rendere concreta e che, per lungo tempo, è rimasta chiusa in pensieri che non mi è stato permesso di rendere concreta.

L’INIZIO
Nove lunghi mesi dalla sua dipartita, i miei solitari giorni divisi dalla gioia del mio essere nonna a tempo pieno, e dal mio ruolo di amorevole mamma per il figlio maschio che vive ancora con me.
Una normalissima mia giornata, presa dai pensieri di una casa da gestire, dalla statica quotidianità, da una scansione temporale di cose da fare, sempre le stesse, sempre con il solito ritmo, la mente vuota ed entrare, distratta, nella stanza di mio figlio.
Pochi secondi per rendermi conto del suo essere rapito dell’interesse di un film porno, di quelli amatoriali diffusamente presenti in rete.
Un attimo per capire che sullo schermo del suo pc vi era una donna, mia coetanea, che faceva sesso con un giovane stallone.
Come avessi ricevuto un violento ceffone, ferma ad ascoltare gemiti di cercato, e condiviso, piacere, e non riuscire a dire nulla.
Giorgio, particolarmente coinvolto dalle immagini, con il membro al massimo dell'erezione, la mano percorrerlo veloce con forte la voglia di arrivare al piacere, non accorgersi della mia presenza.
Ferma sulla porta, scioccata, occhi sgranati, incrociare il suo sguardo, quella sua mano abbandonare la presa, il duro membro reagire furioso ad una conquistata libertà, svettare potente, pulsare nervoso nell’invocare quel piacere improvvisamente interrotto.
Pochi secondi bastevoli per vedere un viso pervaso di lussuria di una madre, il corpo in fermento impreziosito da una accattivante lingerie, su alti tacchi a spillo, in piedi, china con le braccia tese sulla spalliera di un divano, incitare il proprio figlio a sbatterla con forte passione.
Nei lunghi secondi, che mi sono sembrati un eternità, seguire il riprendere di mio figlio le sue sporche carezze interrotte.

Confusa richiudere la porta scappare turbata, la vergogno impormi di isolarmi in camera per lunghissime ore. Mille pensieri, tante domande e molta paura sconvolgere il mio essere.
L’intera giornata trascorrere con quelle forti scene di sporco sesso, e l’immagine di quell’enorme
attributo, ben fatto, stretto nella mano del mio amato ragazzo.
Chiedermi del perché, a più di trent’anni, avere quelle particolari esigenze, perché di quel film.
Ancor di più chiedermi del come può essere possibile per una madre abbandonarsi, compiacevole, al piacere del cazzo del proprio figlio.
Scuotermi senza riuscire a darmi una valida risposta!

A sera la nostra cena trascorrere in un assordante silenzio, imperare l’imbarazzo di entrambi per l'accaduto ma non dire niente. Con forte l’esigenza di dovermi scusare per lo spiacevole accaduto, lasciargli intendere che quei suoi particolari, intimi, bisogni doveva soddisfarli in bagno, così da evitare il possibile ripetersi di spiacevoli, e imbarazzati, momenti.
Impacciato, rosso in viso, scusarsi con l’espressione del cane bastonato, poche parole sillabate, ma glissare sulle risposte.

Poi lunghe settimane di una apparente, normale, quotidianità, il mio ruolo di nonna assorbirmi, la casa distrarmi, gli impegni di mamma riempire le mie giornate.
Lui diviso tra i suoi impegni di lavoro, gli svaghi del suo tempo libero, e ritrovarci a sera in tranquille cene parlando del più e del meno, senza più alcun accenno su quello spiacevole accaduto.

Ma qualcosa era cambiato da quel giorno!

Le mie notti diventare difficili nel lento trascorrere, non riuscire ad oppormi a forti immagini bussare prepotentemente nella mia mente. Rivedere quella donna offrirsi disponibile al proprio figlio, l’espressione di un viso estasiato nel pretendere dal suo duro cazzo, senza alcun pudore, di portarla al piacere.
Non capire come l’esigenza di femmina potesse prevaricare l’amore di mamma!Contemporaneamente quel lungo membro del mio ragazzo svettare libero in mia presenza con continui palpiti di intensa eccitazione, senza alcun tentativo da parte sua di nascondermene gli effetti.
In testa quella mano scorrere, impertinente, davanti a me, su di un qualcosa di enorme, grosso, e duro.
Pensieri assurdi farsi strada in un corpo debole.
Aver sempre scopato con un cazzo piccolo, e che veniva presto, ed immaginare quale piacere poter vivere con un palo di almeno di 20 cm. di carne dura e potente che può raggiunge punti di una fica che non sono mai stati toccati.
Non riuscire ad immaginare quale emozione, quale il piacere.
Lottare con me stessa per scacciare pensieri sporchi ed assurdi e non riuscirci, dover prendere atto, contro ogni mio volere, che la visione di un cazzo così bello, stava risvegliando una parte del mio cervello spenta, ormai, da troppo tempo.
Un solo pensiero devastarmi: quel cazzo era del mio amato figlio!

Due settimane d’inferno, pensieri contrastanti confondermi, quelli negativi di una madre snaturata e puttana che cominciava a fantasticare, costantemente, sul bel cazzo del figlio, opporsi a quelli positivi di una donna desiderosa di poter vivere quel piacere ascoltato, vissuto, e visto, in momenti a me sconosciuti.
Allo stesso tempo chiedermi se si fosse vergognato di ciò che aveva fatto, e voler rifiutare la realtà del mio cominciare a non esserlo affatto. Anzi!

Quelle sporche immagini prepotentemente sfidare il mio essere e farsi strada il pensiero che se Giorgio cercava il piacere in quei video, assalirmi il dubbio che anche lui avesse sporchi pensieri su sua madre. Vedermi in quella donna ed immaginare se quell’intenso godere potesse mai appartenermi.
Non sapere come ma doverlo scoprire!

Giorni trascorrere, e seguire il suo diventato costante starmi accanto, aiutarmi in casa, voler cercare una sua reazione al mio cambiato look. Ritrovarmi nei miei dimenticati leggins, piuttosto aderenti, ed accentuare movenze plastiche e volutamente sensuali, alternarli con gonne fascianti più corte del normale, abbinarle con larghi maglioncini dagli ammiccanti décolleté, riprendere le mie chiare camicette per esaltare, in trasparenza, il disegno del delicato seno che stretto in anonimi reggiseni, favorivano l’accattivante solco di piccole mammelle lasciate libere di
muoversi con movenze quasi ipnotiche in una diventata provocante figura.

Seguire il suo interesse al mio diverso modo di propormi con forte l’impressione che nei suoi sguardi apprezzasse più quello che immagina avessi sotto che non come mi proponevo.
Io sorridergli, mascherando compiacimento, nell’incrociare il suo abbassare gli occhi, quasi vergognandosi di essere stato scoperto in “flagranza di reato”.
Ancora un pensiero scuotermi, il suo guardarmi farmi sentire ancora bella, e desiderabile, cosa che suo padre aveva scordato di fare.
La cosa intrigarmi!

Poi la notte rivedere nel suo scrutarmi, perdere l’innocenza dell’amore di un figlio per la sua mamma confondermi sino a spingermi ad andare oltre.

Il suo proporsi con corti boxer, il petto nudo quasi a voler sfidare il mio essere donna, ed io sfruttare ogni occasione per piegarmi sfacciata, con studiata lentezza, contrarre i glutei, stretti negli aderenti tessuti, ondeggiare plastica le chiappe con movimenti volutamente lenti e sinuosi, quasi pretendere il suo approfittare per rendermi palese il suo desiderio, ma lui limitarsi nei suoi abbracci a sfiorarmi il sedere, fanciulleschi tentativi di palparmi il seno, cercare occasioni per strusciarsi contro di me facendomi sentire il crescere della sua eccitazione contro il mio corpo.
Immaginare poi il suo solitario momento in camera sua nell’estenuate battaglia del cinque contro uno, e non avere il coraggio di accertarmene, rifiutare una pericolosa realtà, subentrare la paura, la vergogna.

Invece di oppormi, come giusto fosse, ho continuato a fare finta di nulla, lasciando che continuasse nelle sue provocazioni.

Ancora lunghe notti, lente nel trascorrere, e non riuscire a dare un giusto senso al mio restare sveglia. Con in testa quei suoi impacciati cercarmi cominciare a darmi le prime, assurde, risposte ai miei diventati assillanti dubbi. Pensieri che continuano a sfidarmi, indebolirmi. Infidi incidere sul mio ruolo reclamando il mio nascosto, vero, essere.
In mente costante quel suo momento, diventato pressante, assillante, incrociare il suo sguardo, quella madre godere, il suo potente cazzo stretto in una mano, incurante della mia presenza, restare turbata al suo lento scorrerlo su e giù, avanti e indietro, pronto ad esplodere di piacere davanti a me.
La penombra complice di inutili tentativi di oppormi a sporche fantasie, debole soccombere ad un assurdo desiderio, sola subire una involontaria eccitazione che, contro la mia volontà, sentivo crescere sempre più, spingendo il mio essere in favore del mio volere.
Lentamente prendere forma quel cazzo e non riuscire a scacciare sporche immagini materializzarsi e che mi vedevano pornoattrice di quelle erotiche scene con Giorgio. Salire incontrollabile il desiderio di voler essere io quella donna!
Così non controllare le mani spaziare su di un corpo in fermento, sfacciate le dita percorrere carnose labbra, la lingua richiamarle in bocca, solo un attimo leccarle e lente spostarsi sul delicato seno, stringerlo forte, giocare con capezzoli che, già gonfi, implorano di essere pizzicati.
Fremere nel farlo.
Stringere labbra rinsecchite al crescere di una emozione mai vissuta. Il corpo pretendere di più.
Le dita tra le gambe. È folto il ricciolo nero che adorna un delicato intimo. Sentirlo bagnato, caldo.
Gemere al piacere che vivo e liberare quella mia fantasia per anni offesa.
Labbra umide invocare, meglio pretendere, il mio perverso osare. Il respiro spezzarsi, salire di tono, diventare lungo, prolungato, quasi un sibilo di crescente eccitazione.
Tremare ai primi tocchi. Percepire il mio calore diffondersi tra le gambe. Cedere ad uno sporco desiderio.
Divaricare oscena le gambe, cercare il clitoride, violentarlo, scuotere nervosa il capo, la fica invocare un cazzo, desiderare un cazzo, volere il suo di cazzo. Strozzare un urlo nel possedermi, prima un dito, non mi basta, subito due, spingere, persa la vergogna frenetica scoparmi. Abbandonare il pudore e godere.
Dio venire!
Non fermarmi, le dita continuare nel morboso fare. Godere strozzando tra le labbra il suo nome!
Difficile il mio tornare normale, lunghi minuti per recuperare il respiro e con esso la ragione, prima di abbandonarmi alle braccia di Morfeo, con un sola riflessione accompagnarmi: quei divenuti costanti pensieri sconvolgermi nel poter condividere un possibile diverso sentimento di amore.


Sino ad un sabato di un caldissimo pomeriggio d’estate, nel suo costante essermi accanto, proporsi maschio, osservare il suo petto nudo, l’addome scolpito e, senza farmi beccare, guardare il tra le sue gambe ed immaginare quali sporche fantasie avesse su sua madre, quali pensieri perversi in risposta al mio torturarlo, istigare la sua reazione nel piegarmi sfacciata, sentire i suoi occhi risalire il mio morbido fondoschiena, e non riuscire ad andare oltre!

Al salire di diventate assillanti fantasie continuamente presenti, incessanti, unite ad un caldo afoso impormi di raffreddare i miei pensieri e cercare refrigerio sotto l’acqua fredda.
Minuti per avere, netta, la sensazione della sua presenza dietro la porta, Immaginarlo chino cercarmi attraverso il piccolo foro della serratura, le mani cercare un, diventato, potente cazzo.
Incontrollata salire la mia voglia, la mani cercarmi, spaziare su di un corpo che pretende la sua attenzione, indebolirmi il solo immaginare quel suo duro cazzo desiderarmi, volermi!

La mente offuscata da morbose fantasie, priva della ragione, immediato il mio determinarmi, ed osare.
Chiamarlo in bagno, non per spezzare il suo momento ma favorire il suo coraggio ed agire, secondi per presentarsi al mio cospetto, goffo il tentativo di nascondere il cazzo che palese gonfia lo stretto boxer, con voce roca, chiedergli di andare in camera a prendere l’anonimo reggiseno bianco che ho distrattamente lasciato sul letto. Pochi secondi ed invitarlo a lasciarlo sulla cesta dei panni.

Scioccato, fermo al di là della trasparenza del cristallo del box doccia, ammirarmi girata di schiena, lasciargli apprezzare un gran bel culo, quello di sua madre.
Resta inebetito, da quella visione.
Non smette di guardarmi, lo fa in maniera più sfrontata. Chiara l’intenzione di farmelo notare apertamente. Ed io quei suoi occhi me li sento addosso, come una seconda pelle, li sento scivolare lungo il mio corpo, risalirlo lentamente, accarezzarmi le cosce, soffermarsi sul culo, volerlo palpare, pizzicare.
Al mio fare i suoi boxer gonfiarsi ancor di più sulla patta, prendere forma, notare qualcosa di grosso pulsare sempre di più.

Ormai certa che non sono più gli sguardi innocenti di un figlio rivolti al mio voler essere troia e, per la prima volta, sentirmi avvampare!

La paura bloccarci, la vergogna inibirci, il pudore privarci di un perverso coraggio.
Pochi secondi per lasciarmi sola, ed io abbandonarmi alla fantasia dell’immaginarlo in camera sua, tirato fuori il durissimo cazzo e in pochi colpi dedicarmi il suo piacere con una grande sborrata con in testa la visione del mio culo.
Sconvolta non controllo le mani voler spaziare su di un corpo in fermento, stringere il nudo seno, schiacciare uno contro l’altro le morbide mammelle, pizzicare i duri capezzoli. I miei tremori privarmi della ragione nel chiedermi per quanto tempo posso ancora resistere, e rinunciare.

Solo pochi minuti e dietro la porta della mia camera socchiusa, vedere riflessa la sua figura allo specchio, ed avere più di una conferma del suo continuo cercarmi.
Alla mia di immagine riflessa offro un sorriso ambiguo lasciando che mi ammiri con la mia lingerie che, per quanto anonima, esalta una conturbante figura di femmina.
Il solo pensare che mi stia guardando provoca in me una forte, intensa, emozione pari a quella patta dei suoi boxer bella gonfia che ho modo di apprezzare prima che la vergogna di essere stato scoperto lo faccia scappare, ed ritrovarmi sola con i capezzoli di nuovo turgidi, gonfi e duri.

Con ferma l’intenzione di rifiorire, indosso un leggero scamiciato, con più bottoni sul davanti che, volutamente, non abbottono completamente così da favorire la visione di quel reggiseno e lasciare scoperte un abbondante porzione delle mie tornite cosce.
Grande il suo stupore nel vedermi,
inebetito non riuscire a capire il perché della mia metamorfosi e, soprattutto, quale il mio fine.
Persistere prepotente quella eccitazione mal celata, che resta bella e visibile.
Dio quanti è grosso! Chiaro è il disegno di una grossa cappella.
Non so se è così grosso più per causa che per merito mio!

Quel nostro rincorrerci, senza mai raggiungerci, quanto potrà durare ancora. Chi avrà il coraggio di abbandonare il rispetto dei ruoli alla ricerca del piacere del corpo.

L’intero pomeriggio trascorrere con in testa quel gran bel cazzo, ormai decisa a far soggiacere la madre e prevalere la femmina ma, ancora, non sapere come riuscire ad essere io a dare il segnale del mio voler cedere, l’alternativa continuare ad aspettare!

Venirmi, invece, incontro lui. A cena un fresco vinello bianco accompagnare la nostra libagione, ed avviare lui una strategia in in ambiguo gioco che mi vede, sicuramente, coinvolta. Il suo osare, senza sapere sino a che punto sarei stata capace di spingermi io.
La cena trascorrere con il suo continuo alludere al mio corpo, al fascino che solo noi donne mature sappiamo materializzare, alla sensualità che riusciamo ad esternare. Compiaciuto il mio lasciargli intendere che anche parte del suo corpo è da apprezzare.
Nel lungo chiacchierare indurlo a farmi dare quelle risposte negatemi due settimane prima. Il suo confessarmi di trovarmi una bellissima donna e di quanto sia fortunato ad avermi come mamma. Impacciato, al mio voluto insistere, non sapere come giustificare quel suo spontaneo provocante fare in mia presenza. Ammettere di sentirsi orgoglioso nello starmi accanto, e delle emozioni che riesco a trasmettergli, e fargli vivere che, nell’ultimo periodo, sono diventati costanti nel superare il lecito.
Frastornata arrossire alla spontanea, innocente, intrigante sua dichiarazione di amore.

Solo due bicchieri di vino privarmi delle ragione e lasciarmi percepire quale il suo fine.
I ricordi, senza il mio volere, tornare a quel pomeriggio, quel momento origine dei miei turbamenti.
Quella sua strategia sta per materializzarne gli effetti.

A fine cena chiedergli di restare a casa, non lasciarmi sola, farmi compagnia, accettare il mio invitarlo sul divano e concludere la nostra piacevole serata con un whisky.
Sedermi, ed il corto scamiciato alzarsi sino a scoprire le gambe oltre quel giusto limite imposto ad una irreprensibile madre. Nel ricevere i complimenti per le mie belle cosce, i primi rossori colorarmi le gote, alzarmi per tirare giù il vestito ma, nel farlo, apro troppo le gambe offrendogli l’opportunità di osare. Seguo il suo sguardo farsi interessante e perdere, definitivamente, l’innocenza dell’amorevole figlio.

Sorseggiando un ottimo torbato irlandese, il ghiaccio diluirne gli effetti e, seduta accanto a me, approfitta del mio dissociato stato, per mettere una mano sopra la gamba.
Lo lascio fare, resto immobile al suo accarezzarla delicatamente. Lo guardo sorpresa, l’alcol mi priva della razionale capacità di oppormi, in silenzio sorrido mentre, incrociando il mio di sguardo, inizia a muovere le dita sul ginocchio, disegnando dei piccoli cerchi concentrici.
Pochi secondi perché quella mano prenda coraggio lentamente, con molta calma, risalire le cosce superare, con piacevoli tocchi, l'interno coscia, l accarezzarla a fil di pelle.
Un tempo indefinito ed il mio respiro cominciare a spezzarsi, diventare succube del suo fare.

Prime certezze su quale vuole essere il suo obbiettivo: Ma mi vuole solo intrigare?

Scuoto la testa in un momento di lucida razionalità, per non cedere, blocco con la mia mano il suo polso. Nei miei occhi chiara l’espressione di paura al salire di una forte emozione, nei suoi l’implorazione a lasciarlo fare.

La schiena appoggiata al divano, lunghi sospiri, a bocca chiusa strozzo gemiti di un crescente piacere al suo sfacciato fare. Senza controllo, allargo leggermente le gambe, la presa sulla sua mano va sempre più a scemare, e lascio che quelle dita superino il lecito iniziando, con il medio, ad accarezzare la mia intimità da sopra il leggero intimo.

Nervoso il mio scuotere la testa, contemporaneo il mio stringere le gambe, sussurro un blando tentativo di oppormi a quelle dita aumentare la pressione sopra la mia fica. Sento le mutandine entrare leggermente dentro diventate umide labbra, il dito muoversi avanti e indietro, alternando movimenti rotatori a piccole, ma decise, pressioni.
Cazzo è maledettamente bravo!

Continua sino a quando, con mia sorpresa, la mia mano sopra la sua la accompagna nei movimenti a guidarla nel modo, e nei punti, che so mi danno più piacere.
Con la mia complicità sta masturbando sua madre!

Incrocio il suo sguardo e, senza smettere il suo intrigante fare, quel dito entra dentro di me esaltando la mia eccitazione.
L’intero mio corpo freme, non contengo un gemito sospirato di fortissimo piacere che si unisce ad un ultimo briciolo di razionalità, coprendomi il viso con le mani in una ultima barriera al pudore.

Una leggera brezza entrare dalla finestra scuotermi, risvegliare il mio essere, quell’amorevole ruolo, riportarmi ad una diversa realtà, alzarmi, barcollare, nessun appoggio, la forza abbandonarmi, e crollare a terra.
Pur frastornati, ed alticci, spaventato è il suo prodigarsi ad aiutarmi ad alzarmi. Nel farlo lo scamiciato scopre, ancora di più, il mio intimo. La posizione assunta facilita la visione della mia passera coperta solo da un anonimo indumento. Solo un attimo per accertarmi di uno sguardo colmo di desiderio sulla mia, diventata, umida fica. Incrocio quello sguardo, lo fisso, sfidandolo apertamente come voler dichiarare, senza alcuna remora, il desiderio che sta crescendo per lui.

Un attimo per ritrovarmi sopra di lui sdraiato sul divano. Una mano, senza neanche accorgermene, è sul mio culo, lo palpa, l’altra tira su il vestito fino al reggiseno, cerca subito il seno, che stringe da sopra lo scamiciato. Stranamente non reagire ad un dolore farsi incessante, quasi insopportabile.
Le nostre bocche vicinissime, l’effetto dell’alcol dargli coraggio, e baciarmi, la lingua cercare, inutilmente, la mia.
Subito lo colpisco con un secco ceffone, dato come reazione imposta dal mio ruolo di madre.
In quel ceffone, non voluto, la definitiva chiusura dell’innocente rapporto tra madre e figlio.

Ancora un residuo briciolo di pudore, pochi secondi per staccarmi da lui, alzarmi, e chiudere quella finestra con in testa il fermo convincimento del mio cedere, ma con la promessa fatta a me stessa che sarà solo per una volta, solo per questa notte da condividere protetti nella alcova delle nostre domestiche mura.

Al suo cospetto lascio che legga nei miei occhi una espressione che non ho mai visto. Quello di una donna vogliosa e, con un solo pensiero: come le provocazioni, con le quali mi sono proposta nei passati giorni vestita abbiano modificato il suo sentimento di amore verso di me e quali effetti potrà produrre esaltare il mio nell’offrirmi come quella grande troia che non mi mai stato permesso di esibire!

Lenta sbottono lo scamiciato, lo lascio cadere ai miei piedi, resto solo con l’intimo, così che apprezzi il corpo eccitato di una vogliosa femmina.
Senza nulla fare per nascondere a quegli occhi la mia intimità, il suo sguardo si ferma sul ricco ricciolo di peli scuri tra le gambe, soffermandosi sulla diffusa chiazza che ha già bagnato le mutande.

È potente la sua intrigante erezione!

Guardo quegli occhi insinuarsi tra tornite gambe, ne leggo forte il desiderio aspirare ad una fica che immagina slabbrata, il suo è uno sguardo da maschio libidinoso, desideroso di aprirmi le cosce, infilare il cazzo nella fica e fottermi furioso fino a gridare assieme il raggiungere del reciproco piacere.
Occhi capaci di sconfiggere il mio essere madre, e farmi sentire solo femmina desiderata. Uno sguardo che mi entra nel corpo, e accende il desiderio in me di una assurda voglia di essere chiavata, non semplicemente scopata!

Repentino il suo bloccarmi il volermi privare del reggiseno, le sue mani tese invocano il mio corpo, fermo il suo invitarmi a stendermi su di lui con, ancora, indosso il mio intimo.
Un attimo per sentire la sua potente forza, tra le intime labbra di una fica bagnata.
Una emozione diversa, mai vissuta, che mi porta ad ondulare, con fare naturale, su quel duro cazzo. Farlo con l’emozione crescere nel cancellare anni di rinunce, privazioni, sogni e fantasia.

Nei nostri occhi c’è solo lussuria, il silenzio imperare, non una parola e, abbandonato il pudore, riprendo quel bacio interrotto. Subito la lingua alla ricerca della sua, attimi e giocano insieme, si rincorrono si massaggiano, si intrecciano. Veemente il risucchiarla nella mia bocca.

Sconvolta prendo la sua mano e la porto sul seno mi lascio privare del reggiseno. Estasiato davanti a piccole ma bellissime tette con capezzoli turgidi, palpa il piccolo seno, lo schiaccia, pizzica durissimi capezzoli. Ascolto il salire del mio respiro, ed il mio gemere non è più di dolore.
L’eccitazione fortissima salire, i miei tremori si diffondono, con il cuore che batte all’impazzata, inarco il bacino per sentire meglio il palpitare veemente di un duro cazzo pronto a darmi piacere.
Le sue mani governano il mio corpo, con forza, lo spingono su quella potenza mazza, un fare per farmi sentire tra le labbra, di una diventata caldissima fica, quel suo diverso desiderio di amarmi.

Nulla più opporsi alla mia voglie di una sola notte di sesso. Quel piacere cercato per anni e sottrattomi per un subìto volere. Pochi secondi e, con un, non governato, urlo liberatorio, vivo un primo orgasmo, violento, intenso, bellissimo!
Grido il mio piacere liberando anni di patita sofferenza. Vengo bagnando quel cazzo coperto ancora dal boxer, godo con un lago diffondersi tra le gambe.

Quelle sensazioni mai avute, cercate per anni e mai concesse, ora mi spingono oltre, mi obbligano ad offrire il meglio di me stessa all’uomo che è stato capace di risvegliare emozioni perse, dimenticate, che mi fanno abbandonare la ragione per cercare il piacere.

In silenzio mi sollevo, le gambe cingono i suoi fianchi, lo privo del pantaloncino, la mia mano è sulla patta gonfia, lenta si pone su di un cazzo veramente potente, lo sfiora, piano, piano lo accarezza, le dita lo stringono da sopra le sue mutande, lo sento duro premerci contro. Un fremito intenso, mai vissuto, al suo pulsare violento tra le mie dita.
Fremo!
Nell’ascoltare i suoi gemiti salire di tono, chiudere gli occhi e volergli chiedere se in quel suo sicuro fantasticare su di me, ha goduto di sua madre, quante volte ha sperato che arrivasse questo momento, in quali suoi sogni mi ha immaginato attrice dei suoi amatoriali porno.
Non mi serve il riscontro, so solo che stringo più forte quel bellissimo cazzo, inizio un morboso lento su e giù. Avvio la mia prima sega fatta ad un uomo e liberare, finalmente, quella troia che per anni ho sognato essere e che non sono mai riuscita ad imporre, felice ora di far sentire così duro mio figlio. Voglio che la fica saggi la punta, la durezza, la lunghezza, il violento pulsare. Allargo le gambe, avvicino la fica, e lascio al corpo di ondulare su di un cazzo che è diventato potente.
Non più il dito masturbarmi ma, con la grossa cappella , stuzzicare labbra vogliose.

Al semplice contatto del cazzo sento la forza del suo piacere risalire il cazzo e inondarmi la fica. Tra le mie mutande bagnate il suo caldo seme si mischia al mio. Un lungo gemito di piacere accompagnare il suo copioso godere.
Tremo ad un piacere per anni voluto, per anni negatemi!
Sborra sopra la mia fica! Tra le nostre gambe c’è solo un perverso piacere!.

Non più madre, la paura abbandonarmi, lascio libero il cazzo di offrirsi il mio morboso fare. Tra le dita la splendida asta, stringo la grossa cappella, la premo tra l’indice ed il pollice, come la più esperta delle troie, alterno veloci scappellate a lente carezze, l’intero palmo stringe la circonferenza della grossa cappella per lasciare scorrere tra le dita le ultime gocce di un caldo seme.
Eccitata, guardandolo negli occhi, lentamente porto la mano tra le mie labbra, assaporo la sua essenza di maschio sporca della mia di femmina eccitata, un solo ancora forte pudore bloccare l’istinto di prendere quel cazzo in bocca.
Non ho mai fatto un pompino!

A cavallo sopra di lui, steso sul divano, afferro il membro tenendolo dritto, saggio, la durezza di un cazzo che non intende perdere vigore.
Morbosa pettino i peli di una ricca fica, la punta sulle grandi labbra, lenta comincio a fare entrare solo la cappella, liberando fantasie represse per lunghi anni
- Mmmh…che bel cazzo… Siiiii… -
Spezzo quella sua foga sui capezzoli per alzarmi, togliermi le mutande, accarezzarmi la fica pelosa fradicia, mordermi il labbro inferiore, un attimo per posizionarlo all'entrata della fica, e abbandonare il corpo sopra quel duro cazzo, farlo entrare pian piano, ed impazzire ad un ritrovato piacere.
Le braccia verso l’alto e offro alle sue dita i piccoli seni che hanno iniziato a sobbalzare lentamente, mi lascio cadere sul cazzo che sento entrare tutto dentro, sento la grossa cappella premere contro l’utero abbandonandomi ad un lungo sospiro di piacere
- Dio lo sento duro tutto dentro! -

Con la mani sul suo petto inizio a darmi la spinta, mi muovo lentamente su e giù, come una giumenta impazzita, cavalco selvaggia sopra quel duro cazzo, mi piace sentire la grossa asta che mi penetra ogni volta che mi abbandono per poi risalire sempre con molta lentezza.
Il corpo in avanti gli offro il delicato seno che ondeggia sul suo viso quanto basta da fargli riuscire a toccare i duri capezzoli con la punta della lingua per poi accoglierli in bocca succhiarli, li morde, prima uno poi l’altro.
Il dolore ai capezzoli farsi più incessante, quasi insopportabile, ma bellissimo!
Aumentare il ritmo iniziando letteralmente a saltare sul duro cazzo.
Senza nessun controllo. Sembra un sogno, non posso credere che stia succedendo davvero. Ma non è un sogno, sta succedendo davvero finalmente un cazzo che sento enorme, lungo, grosso e duro, dopo anni di sofferenza nel subire solo quello di suo padre.
E finalmente sentirmi troia!

La mente rivive quelle forti scene che ho visto quel giorno ed, adesso, sono io che pretendo da lui il mio piacere.
In testa fantasie, immagino parole che non ho mai avuto l’opportunità di dire. Le lascio libere di coinvolgermi completamente - Ahh cosi scopami ahhhh, si cosi scopa tua madre, fammi godere, fammi sentire troia, cosi bravo ahhhh -
Frasi non dette, pensieri rotti dall’eccitazione, brevi pause tra una fantasia e l’atra intervallate da intensi gemiti e lunghi sospiri.
Mi chino, cerco la sua bocca, per poi sollevarmi e ondeggiare il bacino sopra il suo membro duro, riprendo a cavalcare con decisione tra i miei e i suoi gemiti di piacere.
Dopo lunghi anni di privazioni ora materializzo quello che volevo, e sapevo, poter fare. Lo porto al limite dell’orgasmo per poi rallentare per abbassarmi su di lui, baciarlo e coccolarmi come solo una madre sa fare per figlio, per poi costringerlo ad una dolce, e piacevole, tortura. Cavalco con più decisione ancora, e ancora, fino a quando la grossa cappella non inizia a gonfiarsi pronta ad esplodere.
Al sentirlo tremare, inarco il busto, le gambe si stringono forte ai suoi fianchi, i suoi colpi secchi diventato spinte decise dal basso verso l’alto il corpo reagire.
Le sue mani stringere forte i miei fianchi, ed un colpo di bacino più violento venire, inondandomi la fica di schizzi di un potente piacere, schizzi ripetuti di un seme caldo che mi lascia gridare al mio secondo,sconvolgente, orgasmo ancora più appagante tremendamente eccitante. L’intero mio corpo freme dal piacere, mani impazzite dal mio seno al suo petto, sconvolta da un cazzo che ancora eccitato spinge sborrando nella fica. Decisa soffoco in un bacio il lungo gemito di piacere che l’uno ha donato all’altro.
Siamo due corpi uniti nell’oblio della perdizione!

In un corpo ancora eccitato, con il duro cazzo tutto dentro la fica ed in testa quel troione godere, mi appoggio sul suo petto. Lunghi minuti per riprendere entrambi un respiro normale, nel suo delicato accarezzarmi ancora alta la voglia di me!
La ragione impormi di lasciarlo esausto sul divano, con il bisogno di una doccia, allontanarmi da lui con un un solo pensiero accompagnarmi: ma la mia notte è ancora lunga nel suo trascorrere….
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