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QUANDO TUTTO EBBE INIZIO 1: RINO


di RedTales
13.02.2021    |    13.990    |    8 9.8
"Di sicuro è che mi è piaciuto e, anche se dopo una lunga pausa di parecchi anni, ho voluto ritrovare quelle sensazioni giovanili e… ho cominciato a riviverle..."
QUANDO TUTTO EBBE INIZIO
PROLOGO
Un caro amico mi ha fatto notare che in diversi dei miei racconti c’è un riferimento a… quando tutto ebbe inizio. Si, c’è. Non so per voi, ma per me, anche a distanza di tanti anni, il momento della “prima volta” è rimasto impresso in modo indelebile nella memoria. Magari, con il passare del tempo, questo ricordo si è modificato ed ora lo vedo sotto un’altra prospettiva ma so che, se ci penso, lo rivivo con gli stessi odori, piaceri, sapori, emozioni, suoni, paure di allora.
Mi sono anche accorto che quasi tutte le persone che ho incontrato nella vita e con le quali sono riuscito ad instaurare un dialogo hanno quasi sempre condiviso con me la loro prima esperienza.
Alcune di queste sono state cercate e volute, altre dovute a situazioni un po’ forzate, qualcuna decisamente scabrosa. Per qualcuno di noi l’esperienza è subito risultata meravigliosa e piacevole, per altri, purtroppo, traumatizzante e dolorosa ma, in ogni caso, meritevole di essere confidata.
Sempre l’amico di poco sopra mi ha suggerito di iniziare una piccola serie di “prime volte”, magari prendendole da quanto già scritto ma approfondendolo, se possibile e aggiungendone altre delle quali sono venuto a conoscenza. E’ stato convincente e mi ha spinto a farlo anche se gli ho estorto la promessa di cominciare proprio con la sua. Però mi ha prontamente fatto promettere che il secondo racconto narrerà quanto successo a me. Dovrò essere sincero, a lui avevo già detto come era andata…

Ha accettato e quindi: “QUANDO TUTTO EBBE INIZIO” prende l’avvio con questo racconto.
Spero solo di non suscitare un vespaio con l’età dei protagonisti che, a volte, è davvero precoce. Ma… questa è la vita. Sicuramente tutti vorremmo che ogni cosa accadesse al momento giusto e nel modo migliore ma, purtroppo, non sempre è così. Potremmo ignorare la cosa e far finta che non sia mai accaduta o parlarne, come faccio in queste storie, cercando di capire perché è stato possibile e magari, nel limite delle nostre possibilità, impegnarci perché non succeda più. Questa seconda strada mi sembra quella più propositiva…

QUANDO TUTTO EBBE INIZIO 1: RINO
Oggi Rino è grande, ha passato i sessanta ma quando mi ha raccontato il suo battesimo del sesso aveva gli occhi che brillavano e lo sguardo assorto e sognante. A tratti la voce gli tremava.
“Non so proprio se lo volevo o se mi sono fatto trascinare. Di sicuro è che mi è piaciuto e, anche se dopo una lunga pausa di parecchi anni, ho voluto ritrovare quelle sensazioni giovanili e… ho cominciato a riviverle. Ma davvero vuoi saperlo?”
“Si, e mi sembra proprio un buon inizio. Mi sa che non cambierò nemmeno una parola di quanto hai detto.”
“Se lo dici tu...”
“Era appena finita la scuola e nel paesino in cui vivevo, alla fine degli anni sessanta, non c’era nulla e noi ragazzi ci divertivamo ad andare in giro in bicicletta, spesso per stradine sterrate tra i campi. Anche quel giorno, assieme a Giorgio, stavamo raggiungendo un fossato dove avevamo deciso di fare il bagno. Io avevo undici anni, lui dodici.
Raggiunta la nostra meta ci spogliammo in fretta, desiderosi di tuffarci. Io mi fermai alle mutande, Giorgio si tolse tutto e, per un attimo, prima che entrasse in acqua, fissai lo sguardo sul suo culo bianco. Poco dopo eravamo intenti a schizzarci, incuranti della temperatura non proprio ottimale, e felici di sguazzare in quella pozza.
Quando fummo sazi di quel gioco, usciti dall’acqua, ci stendemmo al sole sull’erba per asciugarci.
Poco dopo Giorgio mi disse che era meglio se mi fossi tolto le mutande perché si sarebbero asciugate più in fretta. Indugiai ma convenni con lui e, dopo avergli chiesto di non guardarmi lì, le sfilai.
“Ah! Ma ce l’hai proprio grosso.”
“Dai!”
“No, no, è vero, guarda il mio.”
Abbassai gli occhi ed effettivamente aveva ragione. Quel fagottino che avevo tra le gambe era quasi il doppio del suo. Mi sentii in imbarazzo e provai a cambiare discorso ma lui ritornò di nuovo lì: “ma ce l'hai anche lungo?”
Buttai un: “non lo so.”
Al quale rispose con uno spiazzante: “ma ti fai le seghe?”
Certo che non me le facevo. Anzi, avevo solo una vaga idea di cosa fossero e nemmeno tanto giusta ma di questo me ne accorsi troppo tardi, quando lui scoppiò a ridere e, con aria da maestro mi spiegò cos’erano.
Ci rimasi male ma mi sentii anche peggio quando mi disse che con altri suoi amici, sfogliando un catalogo de La Base, si masturbavano tutti assieme.
Chiesi chi fossero, perché in un piccolo paese ci conoscevamo quasi tutti, ma disse che doveva mantenere il segreto e, con aria di chi la sa lunga, mi confidò che anche sua madre faceva quella cosa lì a suo padre: “li ho visti. Lei lo prende proprio lì con la mano e poi va avanti per tanto fin quando lui le monta sopra come per fare i figli”. Mi disse proprio così. Risposi qualcosa che evidentemente gli sembrò così sbagliato da farlo alzare in piedi, prendersi il pene con la mano, e iniziare a masturbarsi: “vedi, si fa così. Adesso è piccolo ma piano piano cresce. Vedi che cresce.”
Si, questo lo sapevo, anche se non avevo capito come potesse succedere, perché, qualche volta anche il mio diventava più grande. Un giorno fu proprio la mamma a sgridarmi perché si accorse che avevo un’erezione… Ma non mi spiegò né il motivo della sua sfuriata né perrchè mi fosse diventato così.
Comunque Giorgio continuò, fermandosi ogni tanto, per farmi vedere come si trasformava. Alla fine, soddisfatto esclamò: “ecco, così è al massimo. Senti come è duro.”
Non avrei voluto farlo ma lui continuò ad insistere: “prendilo con la mano. Mica ti mangia. Non avrai paura?”
Punzecchiato in quel modo mi sentii obbligato a farlo e così allungai la mano e gli afferrai il cazzo. Non provai nulla di particolare mentre lo strinsi nel pugno: “sì, è proprio duro.”
“Hai visto come lo muovevo? Prova a farlo.”
Non ci vidi nulla di male e lo feci. La sensazione fu strana con tutta quella pelle che scorreva sopra altra pelle.
“Piano, piano, non fare forte che mi fai male. Non tirare troppo in giù.”
Seguii il consiglio: “sega! Mi stai facendo una sega. E’ questo fare una sega. Adesso hai capito?”
Feci di sì e tolsi la mano e, stupidamente, ritornai a quanto aveva detto prima: “ma tu con gli altri… Ma come vi fate le seghe?”
“Apriamo La Base sulle donne nude e ci mettiamo in piedi intorno e andiamo tutti di mano fino a che si schizza.”
“Si schizza?”
“Dai! Non sai neanche questo?”
Rimasi di merda e lui si sentì in dovere di “iniziarmi” in questo nuovo mondo.
“Si, schizzare. Adesso ti faccio vedere” e cominciò. Prima piano, poi più in fretta. La mano andava su e giù: “vedi?” Continuò per alcuni minuti mentre i miei occhi erano come ipnotizzati dalla punta del pene che scivolava fuori dal pugno ritmicamente.
“Manca poco. Ti accorgi che manca poco perché ti viene come un solletico forte dentro il pipino.”
Andò avanti ancora un po’ e quindi, quasi trionfante esclamò: “ecco! Ecco sto per schizzare!”
Improvvisamente alcuni fiotti di un liquido bianco uscirono, prima uno, poi un altro infine un terzo che gli sporcò la mano.
“Ho schizzato! Lo fai anche tu? Ormai sei pronto, ce l’hai duro.”
Rimasi sorpreso e spostai lo sguardo dal suo pene al mio. Aveva ragione. Non me ne ero accorto ma era duro e dritto.
“Cazzo se ce l’hai grosso!”
Effettivamente era ben più grosso del suo che, a vista d’occhio, si stava ridimensionando…
“La sai la canzoncina, vero? Chi non si fa una sega in compagnia...”
Rise e mi afferrò proprio lì cominciando a farlo scorrere nel òpugno: “cazzo se è grosso. Non riesco nemmeno a chiudere la mano. Vuoi che te la faccio io la sega o vai avanti tu?”
Gli spostai la mano mettendoci sopra la mia e afferrando il mio coso cominciai a masturbarmi. Ancora oggi non so dire perché lo feci.
Ricordo benissimo che ci misi pochissimo e senza quasi provare alcunché schizzai copiosamente qualcosa di molto più liquido e quasi incolore. Quando mi accorsi che una parte era finita sulla mano, quasi schifato, smisi e mi pulii sull’erba.
Giorgio si mise a ridere commentando scherzosamente. Poco dopo ci rivestimmo. Da allora comincia a masturbarmi segretamente, provando sempre maggior piacere nel farlo. Anche le passeggiate in bicicletta con Giorgio divennero quasi quotidiane e, giorno dopo giorno, cominciammo a scoprire sempre cose nuove…”
“E Giorgio lo vedi ancora?”
“No, ci siamo persi da quando si è sposato. Saranno ben più di trent’anni...”
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