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Prime Esperienze

PRIME ESPERIENZE DI UN GIOVANE PASSIVO


di RedTales
05.08.2016    |    25.602    |    5 9.6
"Per terra c'erano delle gocce che mi erano uscite mentre mi stava soddisfando..."
Ho ricevuto una mail. Mi si chiedeva di scrivere una storia. La storia di Luca, ovviamente un nome di fantasia. Ci siamo scritti e poi sentiti al telefono. Quanto mi ha detto mi ha incuriosito moltissimo e, poiché non abitavamo nemmeno troppo lontani, abbiamo deciso di incontrarci. Lo raggiungevo per farmi raccontare la sua storia che poi avrei scritto proprio per questo sito. Era quesato che voleva. Lo ho accontentato.
Redtales: Luca, diciamo che ti chiami Luca.
Luca: si, Luca va benissimo.
R: ma sei sicuro che la tua storia la devo scrivere come un'intervista?
L: si, così se ti sembra che ho dimenticato qualcosa me lo chiedi.
R: va bene. Comincia dall'inizio. Come è cominciato tutto.
L: si. Tutto è cominciato quando avevo compiuto da poco diciotto anni. Ferragosto era appena passato e i miei genitori mi dissero che si sarebbero presi alcuni giorni di vacanza. Se ne andarono lasciandomi a casa da solo. Per qualsiasi cosa c'era la signora Maria, la vicina di casa. Mi avrebbero telefonato…
R: in che anno siamo?
L: nel 1973. I primi giorni li passai facendo festa con gli amici. Avevo la casa tutta per me ed ero felice, ma dopo una settimana di totale silenzio cominciai a preoccuparmi e lo fece anche la signora Maria che non ricevette alcuna notizia dai miei genitori. Dopo altri sette giorni la vicina informò i Carabinieri della cosa e dopo un mese ricevetti la visita di un assistente sociale. Mi informò in modo spiccio e sbrigativo che i miei genitori non si trovavano, che la casa l'avevano venduta prima di partire e che me ne sarei dovuto andare subito con lei in un istituto per minori. In cinque minuti il mondo mi crollò addosso.
R: scusa, perché per minori? Avevi già compiuto diciotto anni.
L: si, ma nel 1973 la maggior età si raggiungeva a 21 anni, perciò anche se avevo diciotto anni, ero ancora minorenne per la legge di allora.
R: giusto, non me lo ricordavo. Ma non potevi andare da qualche parente?
L: purtroppo non ne avevo. Due ore dopo mi trovai in una comunità gestita da preti per ragazzi in situazioni simili alla mia. Era un grande casolare in periferia. C'erano sei stanze e ognuna ospitava sei ragazzi. Il sacerdote che mi accolse trattenne la mie valige dicendomi che me le avrebbe portate più tardi e mi affidò ad un educatore che mi condusse in una delle camere. Mi indicò il letto e mi presentò agli altri cinque ragazzi e se ne andò. Tutti indossavano un camicione e dei pantaloni di tela. Due di loro si piazzarono davanti alla porta mentre il più vecchio, che poi seppi essere quasi alla soglia dei ventun'anni, mi chiarì subito che li avrei dovuto fare tutto quello che loro volevano. Feci di si con la testa per fargli capire che volevo collaborare e slui mi disse subito di spogliarmi nudo, completamente. Poiché esitai, uno da dietro mi assestò un forte calcio nel culo. Feci per protestare ma un altro calcio mi raggiunse. Va bene, faccio ciò che volete. Pensai che era una specie di rituale riservato ai nuovi arrivati. Mi tolsi il maglioncino e poi la camicia quindi mi abbassai i pantaloni e, tolte le scarpe, rimasi in mutande e maglietta. Un urlo mi ripeté che dovevo togliere tutto e quindi mi sfilai le calze, la maglietta e… Esitai di nuovo e venni colpito ancora. Un attimo dopo ero completamente nudo davanti a loro. Tutti commentarono ad alta voce che ero strano. Erano sorpresi dalla mia carnagione bianchissima, dalla quasi assenza di peli sul mio corpo, dal pene molto piccolo e dall'assenza dei testicoli. Mi chiesero perché non avevo le palle. Risposi che non erano mai uscite e che si trovavano ancora dentro l'inguine. Franco, uno di loro, mi si avvicinò e cominciò a toccarmi dappertutto, soprattutto nelle parti intime, dicendomi di stare immobile. Improvvisamente mi ordinò di inginocchiarmi e, appena lo feci si abbassò i pantaloni e mi sbatté in faccia il cazzo imponendomi di cominciare a succhiarlo. Non lo feci subito, pensando che adesso che mi avevano messo alla prova si sarebbero fermati ma, sempre da dietro, mi sferrarono un altro calcio. Mi misi in bocca quel sesso e, lentamente, lo sentii crescere. Sempre di più. Provai a togliermelo ma lui mi afferrò la testa e prese a muoverla velocemente avanti e indietro con forza. Lo fece per un tempo che mi sembrò lunghissimo. Quando smise mi spinse e caddi seduto sul pavimento, accorgendomi che adesso anche gli altri quattro erano nudi. Non era uno scherzo durato troppo, quelli stvano facendo sul serio e ormai avevo capito quello che volevano da me e, poco dopo, lo ottennero. Mi tirarono sul letto e, uno alla volta mi incularono, incuranti delle mie suppliche e appena mi misi a gridare, mi tapparono la bocca con uno straccio. Tutto successe in cosìbreve tempo che quasi mi sembrò un orrendo sogno, ma non lo era. Quando ebbero finito mi dissero che ero stato bravo e che potevo andare a lavarmi alle docce. Uno di loro si rivestì e avvolgendomi un asciugamano attorno alla vita mi trascinò fino ai bagni. Non feci la doccia. Rimasi appoggiato al muro con il culo che mi faceva malissimo. Inutile dire che non lo avevo mai fatto prima o che non usarono lubrificanti o che non fecero piano perché mi incularono con forza e, sicuramente, quello sarebbe stato il mio… futuro!
R: ti hanno fatto tanto male?
L: si e no. Si perché subito ho sentito un dolore fortissimo che piano piano, mentre loro continuavao a divertirsi con me, è diminuito sempre di più fino a sparire del tutto. Finche mi hanno scopato non sentivo più quel dolore lancinante provato nei primi istanti, forse perché ero come stordito per quello che stava succedendo. Anche ora sono sicuro di ricordare che il dolore non fu prolungato… Il culo mi fece male dopo, delle fitte interne mi tormentarono per tutto la notte e anche la mattina successiva le sentivo ancora. Ritornato dal bagno mi buttai a letto e mi addormentai. Non cenai. Durante la notte mi svegliai alcune volte per delle fitte, ma mi riaddormentavo subito. Alla mattina l'educatore passò a svegliarci dicendo di scendere per la colazione. Ma non lo feci e restai a letto. Anche Sergio restò in camera. Mi disse subito che gli restavano cinque giorni prima di compiere ventun'anni e di andarsene da li e che in questi ultimi giorni voleva divertirsi il più possibile. Mi strappò di dosso il lenzuolo, mi allargò le gambe e, con quel palo dritto che si trovava in mezzo alle gambe, si tuffò dentro di me dandoci dentro come un disperato. Gli gridai che mi faceva ancora male ma non mi ascoltò nemmeno. Cominciai subito a sentirlo sbattere contro di me e poco dopo il suo sudore iniziò a colarmi addosso. Allora si che sentii un gran male ma non potei nemmeno fiatare perché mi aveva tappato la bocca con la sua infilandomi la lingua dappertutto. Oggi, con tutta l'esperienza che ho fatto in tanti anni, ricordo ancora la foga di quel ragazzo e, ti assicuro, rimpiango di non aver saputo apprezzarlo allora. Durò tantissimo e mi inondò il buco due volte perché non si fermò nemmeno dopo essere venuto la prima volta…
R: ma da come me lo racconti sembra che…
L: che mi piacesse? Si, dopo i primi minuti di dolore scattò qualcosa dentro. Comincia a sentire una strana sensazione che non era dolorosa anche se stranissima. Volevo gridargli di fermarsi ma non perché mi facesse male ma perché non riuscivo a sopportare quel qualcosa che poi capii era un lentissimo e lunghissimo orgasmo anale. Ovviamente con la sua lingua in bocca non pronunciai parola, restandomene immobile nella speranza che si fermasse. Ma non lo fece, non subito e quando si alzò mi trovai sfinito e quasi incapace di alzarmi. Madido del suo e del mio sudore. Più tardi, quando ce la feci a sedermi, mi accorsi che ero venuto pure io e avevo bagnato tutto il lenzuolo.
Ecco, quelle furono le mie prime dodici ore nell'istituto. Penso sia inutile continuare su quanto mi fecero successivamente. Puoi immaginarlo. Posso solo dirti che nelle settimane successive con i miei compagni di stanza provai tutto, ma proprio tutto, quello che si può fare tra maschi. Tutto, ricordatelo.
R: quindi hai cominciato così. Una brutta storia. Sei sicuro che vuoi che la scriva?
L: si perché anche se nei primi momenti non è iniziata come avevo sempre pensato potesse accadere…
R: cioè… vuoi dire che i maschi ti interessavano prima di entrare li?
L: si, ma era una di quelle idee che senti dentro e ti vergogni solo per averla pensata. Non ti dimenticare che eravamo nei primi anni settanta. Mi ero trovato a pensarci più di qualche volta ma poi era sempre restata solo fantasia.
R: mi spiace per quello che ti hanno fatto, però a sentirtelo raccontare… mi è diventato duro.
L: dai, facciamo una pausa. Spegni il registratore.
Ovviamente appena lo spensi Luca si dedicò al mio indurimento, questa volta usando solo la bocca, e che bocca. Ma vorrei lasciar stare questo aspetto della storia e riprendere dopo l'eccitante pausa che mi propose.
L: come ti dicevo l'idea di stare con un altro maschio mi era già balzata per la testa più o meno due o tre anni prima. Ero in prima superiore e alcuni miei compagni, nello spogliatoio della palestra, mi avevano fatto notare che ero tanto bianco e senza peli sulle gambe. La cosa mi sorprese e, a casa, mi guardai con attenzione. Era vero, gli altri ragazzi della mia età erano molto più pelosi di me e con una carnagione molto più scura. Fu in quel periodo che comincia a fantasticare di abbracciare un altro ragazzo, di toccarlo. Ma erano solo pensieri che, ogni tanto, mi frullavano in testa e ai quali cercavo di non pensare.
R: va bene, un pochino lo sognavi di incontare un altro maschietto… ma torniamo all'istituto. Come è proseguita la tua permanenza li.
L: cosa vuoi che ti dica. Ci sarebbe da scrivere un libro a luci rosse su tutto quello che mi hanno fatto. Ogni giorno dovevo soddisfare i miei compagni con la bocca o con le mani o con il culo. Qualche volta anche con i piedi… Mi hanno insegnato a farlo in tutte le posizioni e ad inghiottire tutto quello che mi versavano in bocca, anche pipì… In pochissimi giorni ero diventato un bevitore di sperma e il buchetto si era così aperto che… Ma la cosa che mi riusciva meglio era quando me lo spingevano in gola. Dopo le prime volte in cui sentivo venirmi un senso di nausea, quella sensazione sparì e potevo lasciarlo entrare, dritto dritto, fino in fondo alla gola. E potevano continuare per quanto volevano perché respiravo con il naso… E quando arrivavano al traguardo non sentivo nemmeno il gusto della crema perché scivolava direttamente giù. Ma di questo te ne sei accorto poco fa, vero…
E mi lanciò uno sguardo complice e malizioso che riuscì a scendere fino ai genitali tanto era forte. Ma volevo sentirlo raccontare ancora e non lasciai spazio a questa nuova voglia…
R: e per quanto sei rimasto in quella stanza.
L: quasi un mese. Ma la situazione cambiò due volte. La prima pochi giorni dopo perché Sergio se ne andò e, al suo posto arrivò Martino, vent'anni che, capita subito la situazione, anche perché quello era il quarto istituto in cui era passato, fu ben felice di soddisfare le sue voglie con me. La cosa strana fu che i cinque mi consideravano come di loro proprietà ed impedivano ad altri di… usarmi. Col tempo mi accorsi che la mia era la camera dei grandi e che nelle altre tre camere non succedeva quello che veniva tollerato qui. Anzi, succedeva ma molto, molto di meno. Ovviamente in un ambiente così ristretto nel giro di un giorno tutti sapevano chi ero e cosa mi facevano e, almeno all'inizio, la cosa mi mise in grande imbarazzo. Poi, col passare dei giorni, me ne feci una ragione e dopo alcune settimane ero addirittura fiero del soprannome che mi avevano dato: boccuccia.
R: perché boccuccia? Perché facevi bene i pompini?
Non mi rispose nemmeno e iniziando a giocare con i suoi capezzoli riprese il racconto.
L: il secondo cambiamento avvenne dopo un mese. Tutta la mia camera fu trasferita in un'altra perché iniziarono dei lavori di ristrutturazione. Ci trovammo stretti stretti con altri sei ragazzi e, per evitare possibili problemi per una tale convivenza, misero in camera con noi anche un educatore. Ci ritrovammo quindi in tredici nella stessa stanza. Ciò limitò molto l'attività sessuale e per tutto il tempo che restammo li, smisi quasi di avere rapporti con gli altri. Un giorno l'educatore fu sostituito con un altro, un giovane prete, Stefano. Aveva venticinque anni e notai subito quanto fosse… bello. Si dimostrò subito molto severo, facendoci rigare dritti a suon di schiaffoni e urla. Mi accorsi però che solitamente a me non diceva quasi mai nulla e… non mi colpì mai. Lo osservavo spesso, cercando di non farmi notare, perché mi piaceva proprio, ma il tutto si limitò a delle occhiate furtive. E fu così che mi accorsi che mi ero innamorato di quel sacerdote… Ovviamente non dissi a nessuno quello che sentivo e quello fu il più grande segreto della mia vita.
Intanto i lavori giunsero al termine e ci avvisarono che saremmo ritornati nelle nostre camere. Ma c'era una grossa novità. Tutte le stanze erano solo per due persone e persino con il bagno e, la prima era destinata ad un educatore che così poteva controllare l'intero piano.
Al termine del pranzo il direttore ci assegnò le stanze. Con mia grande meraviglia fui smistato nella prima camera, quella dell'educatore. Ma la meraviglia ben presto si trasformò in incredulità e poi in gioia quando seppi che dovevo dividere la camera con don Stefano. Mi sembrava impossibile quanto stava succedendo. Quando ci trovammo assieme in quela stanza, cercai di nascondere la mia gioia. Mi disse subito che mi aveva voluto con lui perché gli ero sembrato un bravo ragazzo e perché aveva sentito fin troppe strane voci sul mio conto… Per tutto il tempo che sistemò le sue cose continuai a guardarlo. Dio com'era bello avvolto in quella lunga tonaca nera stretta. Il resto della giornata passò normalmente. A cena alcuni dei miei precedenti compagni mi dissero che, appena potevo, dovevo andare a trovarli perché volevano ricominciare a… giocare con me. Feci di si col capo cercando di dissimulare che anche quanto mi stavano chiedendo mi stava facendo contento. Ormai la giornata volgeva al termine e ci ritirammo nelle nostre camere. Dopo cena era vietato uscire nei corridoi e don Stefano passeggiò per una mezz'oretta per accertarsi che quella prima notte nelle nuove stanze passasse in modo tranquillo. Quando entrò, stranamente, chiuse a chiave la porta. Mi disse subito che dovevo farmi la doccia perché a lui piacevano i ragazzi puliti e mi invitò a spogliarmi. Tolsi il camicione, la canottiera, i pantaloni e le mutande. Mi riprese dicendo che dovevo piegare gli indumenti prima di appoggiarli sul letto. Lo feci e quindi raggiunsi il bagno. Lui si fermò sulla porta e mi guardò per tutto il tempo con un'espressione compiaciuta. Quando ritornai in camera mi domandò come mai non avevo i testicoli e ascoltò attento quanto gli raccontai. Subito dopo si sedette sul letto e mi disse di avvicinarmi. Mi toccò a lungo l'inguine e il pene chiedendomi se lo avevo avuto sempre così piccolo. Infine cominciò a giocarci e, tenendolo tra pollice ed indice, prese a masturbarmi. Ero esterrefatto. Non mi capacitavo che stava succedendo a me. Lui, l'uomo che amavo segretamente era davanti a me e mi faceva l'amore… Inoltre nessuno mi aveva mai fatto questo. A tutti interessava solo la mia bocca e il mio culo… Mentre godevo per quanto stavo vivendo, lui continuava, lentamente e dolcemente e, poco dopo mi ritrovai con il pisellino duro duro, anche se non si era quasi per niente allungato. Insistendo ancora mi fece eiaculare dirigendo lo schizzetto sul palmo della sua mano. A quel punto sollevò lo sguardo che era sempre rimasto fisso sul mio sesso e si alzò dicendomi, come se non fosse successo niente, che in quella camera c'erano delle regole da rispettare. Ne elencò alcune: non dovevo mai rispondere se qualcuno bussava o chiamava, anzi, dovevo stare in silenzio. Inoltre avrei dovuto restare soltanto con il camicione addosso e senza altri indumenti, sempre, di giorno e di notte. Aggiunse solo che, se volevo, potevo toglierlo per dormire. Mi sarei messo i pantaloni solo per uscire dalla stanza. Concluse chiedendomi assoluta obbedienza e, mentre continuavo ad annuire con il capo, terminò facendomi promettere che non avrei più avuto alcun incontro… di quel tipo con gli altri ragazzi del centro. Promisi.
R: quindi ti voleva tutto per lui…
L: si ma per me questo era stupendo… Più lo guardavo e più mi sembrava bellissimo. Un dio!
R: si, ma sempre uno che si stava approfittando di te…
L: no, non la vedo così. A me piaceva e avrei pagato per poter stare con lui.
R: si, ma lui non lo sapeva…
L: no, lo sapeva. Non so come ma lo sapeva perché tra tutte le cose che mi disse aggiunse anche che non avrei mai dovuto far capire a qualcuno che mi piaceva e, soprattutto, non avrei dovuto mai, ma proprio mai, dirlo a nessuno. Avrei dovuto tacere su tutto quello che sarebbe successo tra di noi.
Poco dopo indossai la camicia e mi misi a letto. Lui si sbottonò la tonaca e la tolse. Sotto indossava solo degli slip e i calzini. Aveva un corpo da favola ed era praticamente coperto di una fitta peluria nera quasi dappertutto. Dandomi la schiena si tolse anche gli ultimi indumenti e, augurandomi la buona notte, si coricò. Ci lasciai gli occhi su quel perfetto culo che mi mostrò.
Io non presi sonno, aspettandomi che don Stefano venisse da me, ma non successe. Alle sei suonò la sua sveglia. Si alzò e mi disse di andare con lui in bagno. Lo feci immediatamente e, finalmente, potei osservare anche quanto portava tra le gambe. Li c'era una foresta dalla quale si staccava un gran bel cazzo che sovrastava due grosse palle scure. Mi disse che avrei dovuto fare tutti i giorni quanto mi avrebbe mostrato. Cominciò con fare la pipì mentre io, al suo fianco dovevo tenergli il pene ben indirizzato verso la tazza. Lui fece altrettanto con me. Poi ci lavammo i denti e di seguito ci facemmo la doccia, questa volta assieme. Prima lo insaponai e quindi lui lo fece a me. Anche il risciacquo seguì questa sequenza. Terminata la doccia lo asciugai con un grande asciugamano e poi fui asciugato. Ero assorto dal piacere per quello che stavo vivendo quando si fece serio e mi fece un lungo discorso che non compresi bene ma che potrei riassumere così: lui, alla mattina, aveva bisogno di scaricare i suoi istinti sessuali per poter essere un bravo prete e aveva scelto me per farlo. Dopo la doccia mi sarei dovuto appoggiare al lavandino e lui mi avrebbe penetrato e scopato fin che non si sarebbe sentito sereno e pronto per iniziare la giornata. Sembrava quasi che volesse avere la mia approvazione e io gliela diedi cercando di celare la gioia che quella proposta mi stava suscitando. Pure lui mi sembrò contento. Aggiunse che avremmo cominciato subito. Mi aiutò a mettermi nella posizione che voleva e mi raccomandò di memorizzarla, quindi iniziò a sbatacchiare il cazzo tra le mie chiappe. Lo fece per un po', evidentemente per preparalo e, appena smise, cominciai a sentirlo entrare. Lo fece lentamente, aspettando che mi dilatassi e mi aprissi da solo, senza forzare. Quando fu tutto dentro cominciò a muoversi: lo fece piano ma continuò per un tempo che mi sembrò infinito. Credo che mi scopò per almeno mezz'ora. Era grosso e lungo e lo sentivo bene, almeno all'inizio, perché dopo alcuni minuti cominciai letteralmente ad impazzire per il piacere che mi stava procurando. Volevo restare fermo ma non ci riuscivo proprio. Lui se ne accorse e mi invitò a trattenermi, a non manifestare così apertamente il mio piacere. In ogni caso, continuò senza fermarsi. Mi accorsi che stava per venire perché, pur non cambiando quell'incessante ritmo, cominciai a sentirgli il respiro pesante, quasi in affanno, anche se cercava di non farlo notare e poi smise proprio di respirare, trattenendo il fiato e bloccandosi con il pene completamente conficcato dentro di me. Rimase così alcuni minuti prima di uscire. Mi disse di asciugarmi con un asciugamano ma di non lavarmi e ritornò in camera per vestire l'abito talare. Fui contento che se ne andò mentre mi nettavo il suo sperma che mi colava lungo le cosce perché stavo impazzendo dal piacere e finalmente potei fare quei profondi respiri che avevo a lungo trattenuto. Mi sembrava di bollire dentro tanto mi era piaciuto. Ma non avevo goduto solo con il corpo ma anche con la mente. Per terra c'erano delle gocce che mi erano uscite mentre mi stava soddisfando. Asciugai anche quelle. Come entrai in camera lui rientrò nel bagno, con addosso solo le mutande, per farsi la barba. Quando uscì non disse nulla, si infilò e abbottonò la tonaca e se ne uscì lasciandomi ancora stordito. Erano già passate le sette.
R: la racconti divinamente. Sei bravissimo. Mi sembra di essere li con voi… guarda. Gli indicai nuovamente il mio sesso che era ritornato duro. Mi sorrise aggiungendo che bisognava fare qualcosa per lui… anche se ormai si era fatto tardi e sicuramente era quasi ora che rientrassi a casa, considerando le due orette di strada che avrei dovuto fare. Aggiunse che non poteva farmi andare via così e quindi si mise su un fianco, sollevò una gamba e mi invitò con un gesto palese a fotterlo. Mi accostai a lui, rapidamente gli scivolai dentro e cercando di imitare il prete della storia presi a muovermi. Appoggiai la bocca sul suo collo e comincia a baciarlo. Pensai che anche se non eravamo vicinissimi, avremmo dovuto vederci ancora sia per fare del buon sesso sia per farmi raccontare il resto di quella intrigantissima storia che riusciva ad eccitarmi tantissimo mentre la ascoltavo.
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