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Prime Esperienze

UNA BELLA PORCA.


di RedTales
22.02.2015    |    21.458    |    1 9.6
"Lucia era proprio arrivata al punto di scoppiare..."
Racconto che avevo già pubblicato su Annunci69 ma su un profilo che non esiste più.
Lo ripropongo per raccogliere nuovamente tutti i testi assieme.

Lucia era proprio arrivata al punto di scoppiare. Aveva 27 anni ed era ancora vergine. Non solo, si sentiva la classica donna sola. Era ormai decisa a scopare. Non importava più con chi o come. Voleva solo farlo. Ci pensava da troppo tempo. Ci aveva fantasticato e, per un motivo o per l'altro tutte le occasioni le aveva gettate via. Adesso bisognava farlo. E questa era l'occasione giusta. Questa settimana, in ufficio era sola. La sua collega era in ferie e il capo del suo settore, il classico maschio che si porta a letto tutte, o quasi, le segretarie, era proprio il tipo giusto.

Aveva deciso di vestirsi in modo insolito, per lei: gonna nera con bottoni sul lato, leggermente sopra il ginocchio. Per ora tutti chiusi. Calze autoreggenti a rete fitta, nere. Già comperarle era stato un po' imbarazzante. Almeno nella sua testa. Leggero top bianco con ampia scollatura, senza reggiseno, e camicetta nera. Tanga nero. Stivaletti neri morbidi. Questa combinazione Lucia l'aveva provata tante volte. Fantasticando su come muoversi per... farsi notare. La gonna, sbottonata sul lato le consentiva di far vedere le calze autoreggenti e, accavallando le gambe, lo spettacolo era proprio... giusto. Il top, una volta sbottonata la camicetta, evidenziava sfacciatamente le sue forme al punto da far risaltare i capezzoli e, se si piegava in avanti, faceva vedere proprio tutto. Di prove ne aveva fatte, immaginando come si sarebbero potute evolvere le situazioni. Nella pratica, però, non ci aveva mai provato. Tutto era sempre rimasto a livello onirico, anche se lucido e l'unico effetto sortito da tutto questo fantasticare erano state delle lunghe e intime carezze con le quali si procurava bellissimi orgasmi.
Ma oggi, lo sentiva, era la giornata giusta. Oggi avrebbe avuto un cazzo.
Era arrivata, come sempre, in perfetto orario e nessuno l'aveva notata. Raggiunto l'ufficio si era messa a svolgere le sue pratiche, eccitatissima dall'idea di quello che stava per fare. La mattinata era trascorsa normalmente. Qualche telefonata, pausa caffè. Tutto come sempre. Nel primo pomeriggio iniziò la trasformazione. Cominciò a sbottonarsi la gonna. Tre, quattro bottoni. Poi osservò l'effetto. Lo spacco arrivava a metà coscia. Ancora due bottoni. Ora l'apertura era a filo del bordo elastico delle calze. Provò a sedersi, a divaricare le gambe, a incrociarle. Decise di aprire anche l'ultimo bottone, come fatto tante volte a casa. Ora le autoreggenti facevano bella mostra nella loro interezza, lasciando scoperta anche una striscia di pelle bianchissima oltre il bordo. Si, poteva andare, pensò. Sbottonò la camicetta, lasciandola svolazzante. Osservò il top e il seno. Lo sistemò un po' per far si che la scollatura fosse ancora più ampia. Si abbassò. “Si, si vede tutto”, disse tra se.
Ora c'era la parte più difficile. Doveva mettere in pratica quanto ipotizzato. Telefonò a Federico, il dottor Vertrami: “scusi, sono la Lucia della contabilità, ho un problema con un saldo. Potrebbe venire a verificare?”
“Quale saldo”
“Quello della Serravalle”
“Ma esattamente?”
“Non riesco a verificare e a trovare un versamento di settantamila euro”
“Settantamila?”
“Si, per questo la ho chiamata”.
“Va bene, vengo tra poco”.
Era fatta. Il bello dell'agenzia stava per venire da lei. Sapeva benissimo chi era. Capitava spesso nel suo ufficio. Veniva per la sua collega. Lei si che era una ragazza senza problemi. Sapeva indossare le minigonne con una disinvoltura incredibile. Cosa che a Lucia non riusciva mai. Per questo non le portava proprio. Per non parlare delle camicette sbottonate... senza nient'altro sotto. Era pre questo che il dottor Vertrami veniva li, magari con una scusa, e le faceva tanti complimenti sul suo aspetto o sui suoi vestiti. A volte andavano a prendere un caffè e quando Marina tornava spettinata e con i vestiti un po'... correva in bagno a sistemarsi. Lei aveva capito benissimo cosa succedeva in quella pausa caffè e, questo, oggi, lo desiderava tanto. E oggi lei voleva con determinazione il cazzo di quell'uomo. Quel collega che sapeva, per chiacchiere tra donne, essere un vero dongiovanni. Ed ora stava per arrivare li.
Si sedette con attenzione, accavallò le gambe, si sistemò la gonna in modo da farla salire ancora un po' più su, si tirò il top, si sistemò i capelli e... la porta si aprì.
“Scusi direttore. Scusi tanto. La ho disturbata per niente. Il saldo è a posto. C'è stato un disguido con il collegamento. Ho appena verificato che è tutto regolare, sia il bonifico che il saldo”.
L'uomo era stato preso alla sprovvista. Sia nel vedere quella scialba impiegata trasformata in una splendida... modella sia nel sentirsi dire che non c'era più alcun problema.
“Ah... bene, bene. Meglio così”.
“Si”.
“Ma... Lucia, vero?”
“Si”.
“Ma che cambiamento. Di solito la vedo con i capelli raccolti in una coda, in pantaloni e maglioncini”
“Si”.
“Oggi è un fiore sbocciato”.
“Si”.
“Le ha fatto bene l'assenza della sua collega”.
“Si”.
“Oggi è lei che splende in quest'ufficio”.
Il seno, devo fargli vedere le tette, pensò e, improvvisamente, si abbassò a prendere la penna che aveva incastrato sotto la scrivania. Tutto calcolato...
Sicuramente la stava guardando, così cercò di allungare quel momento il più possibile. Quando , lentamente, si alzò, vide lo sguardo di lui perso dentro la scollatura.
Entrambi, incrociando gli sguardi sapevano cosa aveva appena finito di ammirare e lui, da vero “latino in caccia” continuò, ormai senza freni: “signorina, ma che spettacolo!”, alludendo in modo evidente alla scollatura.
Chiaramente una volta una frase così l'avrebbe ritenuta volgare e offensiva, ma adesso era proprio quello che voleva sentire e la risposta ne fu una logica conseguenza: “le piace?”
Parlando ancora più esplicito, rassicurato dalla sua complicità lui riprese: “sono bellissime. Non immaginavo che sotto quei maglioncini si nascondesse un così bel tesoro. Sa, credo di averla trascurata troppo in questi mesi”.
“Può sempre rimediare”.
Era contenta delle sue risposte. Sfacciate, dirette, provocanti. Non credeva neanche lei di poter dire queste cose. “Si, hai proprio ragione. Senti, cara, diamoci del tu. Ci conosciamo da tanto e...”
“Certo, va bene. Sono contenta che mi dai del tu”. E, velocemente accavallò le gambe, scoprendo forse anche più di quello che avrebbe voluto.
Lo sguardo dell'uomo si spostò immediatamente sulla coscia bianca che contrastava fortemente con le calze nere e, nuovamente, non seppe trattenersi dal commentare: “Ma sei proprio stupenda! Ma dove nascondevi tutte questo ben di Dio?” Lei sorrise.
Lui si mise al suo fianco e le accarezzò una guancia. Lei inclinò la testa, come per prendersi tutta la carezza e anche per dimostrargli la sua disponibilità. Sorrise anche lui mentre la mano scivolò sul collo e poi nella scollatura. Quindi sul seno sinistro che cominciò subito a palpeggiare. Lei strinse la sua mano su quella dell'uomo, come per incoraggiarlo. E lui, padrone della situazione, la guardò soddisfatto.
“Vuoi venire nel mio ufficio?”
La risposta fu rapida e decisa: “Si”.
Ancora più tronfio le sorrise e uscirono. “Ecco, vede, signorina, queste pratiche sono importanti per l'agenzia, quindi deve cercare di essere il più precisa possibile. Ora le farò vedere il protocollo...” Passando davanti ad altri uffici il dottor Vertrami parlava come se dovesse affidarle un incarico particolarmente complesso. “Sai, bisogna fare un po' di scena... per gli altri. Qui ti osservano tutti e le linguacce...” sussurrò a bassa voce a Lucia. “Signora, sono impegnato con la signorina, non ci disturbi per nessun motivo”: Disse alla segretaria particolare davanti al suo ufficio, continuando poi con Lucia: “venga, venga. Ho diverse notazioni da farle sul lavoro che ha fatto...”
Chiusa la porta: “scusa, ma... sai com'è. Qui bisogna sempre stare attenti. Vieni. Siediti”.
La fece accomodare su un morbido divano. La gonna salì mentre si sedeva e lo spaccò raggiunse il fianco, scoprendo anche il sottile filo del tanga. Lui, tolta al volo la giacca e allentata la cravatta, le si sedette al fianco. Cominciò a baciarla, ricambiato. Le mani risalirono dal ginocchio fino al pube e cominciarono ad accarezzarla. Le dita scivolarono sotto la mutandina con facilità e si insinuarono tra le grandi lebbra. “Ma sei già tutta bagnata?” “Mi ecciti”. Era vero. Sognava da fin troppo tempo un bel cazzo tutto per lei. E, questo, era li, a pochi centimetri da lei. Doveva assolutamente farlo suo. E la sua mente stava già fantasticando da un po' su come sarebbe stato quel momento. Le labbra si chiusero in un lungo bacio mentre le mani di lui continuavano a scorrere sulle parti intime. La testa scese sul collo, continuando a baciare e leccare ogni centimetro di quella pelle morbida. Con le mani fece scivolare giù la camicetta e quindi le spalline del top, scoprendo due seni perfettamente sodi ed abbondanti. Ci sprofondò in mezzo con il viso, continuando a leccare. Poi si scostò per ammirarli e toccarli. Lucia era entusiasta del trattamento che le riservava. Riprese a leccare le tette e mentre le mani cercarono di slacciare la gonna, senza riuscirci, lei lo aiutò e, in un attimo, si trovò nuda su quel divano.
Le dita continuavano a toccarla ovunque e anche la lingua scorreva dappertutto per poi arrestarsi sulla vagina. La sentì aprirsi e poi intuì che la sua bocca la succhiava avidamente. Aveva allargato le grandi labbra e ora si accaniva nella fessura pregna di umori che assaporava con soddisfazione e sulla clitoride. Cominciò pure lei ad accarezzarlo, ma per poco. Quei sapienti colpi di punta la stavano eccitando moltissimo. Si sentiva inzuppata mentre lui continuava bere eccitatissimo. Si lasciò andare a degli urletti godendo soddisfatta. Lui si accorse dell'orgasmo e rallentò, per poi fermarsi. Si alzò e, messosi in piedi davanti a lei, si abbassò velocemente pantaloni e slip.
Lo osservò attentamente: il cazzo era perfettamente in tiro con qualche gocciolina che brillava sulla punta. Il glande era grosso e violaceo tanto era turgido e il resto era solcato da venature che sembravano scoppiare per tutto il sangue che stavano facendo affluire li. Un fitto e scuro cespuglio di pelo riccio lo circondava alla base. Lo prese con decisione e cominciò a guardarlo, facendo correre le dita dalla punta alle palle. Tirò indietro la pelle che ricopriva la punta, scoprendo la cappella. Era la prima volta che ne maneggiava uno veramente e, mentre pensava a quanto lo voleva: “In bocca. Prendilo in bocca”. Non rispose ma appoggiò le labbra su quel caldo bastone di carne. Non voleva che si accorgesse che non lo aveva mai fatto. Cercava di essere naturale. Allargò le labbra e vi fece scivolare la punta dentro. Quando la cappella era sprofondata tutta all'interno, cominciò a farvi scorrere la lingua sopra. Lui spinse un po' per far scendere il cazzo più in dentro, riuscendoci. Lei ebbe un breve sussulto. Respirò forte con il naso. Non voleva sembrare una verginella anche se lo era. Ma le sensazioni erano troppo forti: odori, sapori, tutto quel pelo...
“Dai, fammi venire, ce l'ho già in punta. Dai pompa un po'”. Cominciò a muovere la testa avanti e indietro, facendo andare dentro e fuori quel duro bastone. Sempre con le labbra ben strette. Lo sentiva ingrossarsi ancora di più e fremere. Le sue mani la presero con decisione dietro la nuca e cominciarono a guidarla. Avrebbe voluto essere libera di spostarsi, magari di fare una pausa, ma lui la obbligava a quel movimento. E poi non voleva far capire la sua inesperienza. Mise le mani sulle chiappe dell'uomo, stringendole e lui aumentò il ritmo. Cominciava a preoccuparsi perché sentiva un fastidio in gola. Non voleva vomitare. Sentiva già un po' di difficoltà per quel grosso salsicciotto che stava succhiando. Strinse di più le mani e gli fece scorrere le unghie nella carne proprio mentre un forte e abbondante getto di sperma le inondò la bocca. Lui le fece fare ancora qualche movimento, poi la schiacciò contro di se. Faceva quasi fatica a respirare con il naso e la bocca era piena di sborra e cazzo. Furono dei momenti lunghissimi, poi lui si gettò sul divano, esausto ed imperlato di sudore. Lei si chinò in avanti per sputare e lo sentì ridere.
“Cazzo, sei fantastica. Sembri una ragazzina alle prime armi che lo fa con la voglia di scoprire tutto”.
“Si”.
“Ma dove ti avevo lasciata per tutto questo tempo? Ti è piaciuto?”
“Tanto”.
“Mi hai fatto fare una sborrata da fiume. Ti è piaciuta?”
“Tanto”.
“Certo che sei proprio una troia. Ti bagni come una vacca e succhi come una puttana navigata”.
“Si”.
“Porca”.
“Si”.
“Vuoi che ci facciamo una scopata fatta bene alla fine dell'orario?”
“Si”.
“Cazzo, ma sei proprio porca. Non ti basta avermi spompato così, vuoi anche la seconda parte?”
“Si”.
“Ok, dopo te lo faccio sentire davanti e dietro”.
“Si”.
“Ma sei proprio porca porca!”.
“Si, lo voglio tutto” aggiunse piegandosi sul suo cazzo e rimettendoselo tutto in bocca.
“Dio che porca”. La tirò su con le mani: “Dopo, adesso devo finire delle cose, Adesso sono quasi le quattro. Alle sei ci facciamo un altro giro” disse ridendo. Lei alzò gli occhi e lo guardò sorridendo.
“Vai in bagno a pulirti un po' e poi torna in ufficio. Se ti chiedono qualcosa di che era una pratica riservata che dovevo chiudere, senza aggiungere altro. Vai in bagno. Portati i vestiti”.
Si alzò e cominciò a sistemarsi pantaloni, camicia e cravatta. Lei scivolò in bagno. Era felice. Non era ancora riuscita nel suo intento ma ci era andata molto vicina. Aveva fatto tante di quelle cose che, finora, aveva solo sognato o visto in qualche filmino hard. E lui era rimasto entusiasta. E dopo, finalmente, avrebbe preso un cazzo vero. Pensò al “davanti e dietro” e restò qualche istante immobile. Non aveva pensato di dar via anche il culo tutto in una volta. Ma, adesso, era in gioco e doveva giocare. Se lui avesse voluto incularla lei lo avrebbe lasciato fare. Un ultimo pensiero: chissà se mi farà male come mi ha detto Federica. E un ultimo ritocco ai capelli, uno sguardo a gonna, stivaletti e camicetta ed era pronta per uscire dal bagno.
Lui era già dietro la scrivania con un'aria formale. “Ci vediamo dopo. Preparati che ti sfondo tutta”. “Sono già pronta. Patatina e buchino stanno aspettando quel bel salamone”. “Porca, sei una troia porca, porca, porca”. Lei gli inviò un bacio che lui ricambiò e uscì.
La signora che era al tavolo la guardò con l'aria di chi sa cosa aveva fatto li dentro, ma le sorrise e la salutò mentre se ne andava lungo il corridoio con la sua cartelletta tra le mani.
Appena arrivò nel suo ufficio, corse in bagno per lavarsi meglio. Si sentiva il sapore dello sperma dappertutto. Un sapore strano, che non aveva mai sentito. Era ancora nella bocca e pensò che chiunque potesse accorgersene se l'avesse avvicinata. Si chiuse dentro, si spogliò completamente e cominciò lavarsi, come poteva, sciacquandosi più volte la bocca. Appena uscita andò alla macchinetta del caffè. Era soddisfatta ma già pregustava il seguito della giornata.
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