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LA SVELTINA N.11 – GANGBANG QUARTA E ULTIMA PARTE - COSI’ DIVERSI MA COSI’ SIMILI – RACCONTO BREVE


di RedTales
04.01.2020    |    4.776    |    9 9.5
"” “Se li mettono in rete si denunciano da soli..."
PROLOGO AI QUATTRO RACCONTI.
Quattro racconti brevi legati tra loro ma avvincenti anche se letti singolarmente. La storia di un tranquillo cinquantenne che si intreccia a quella di una band e del suo oggetto di piacere e la complicità ricca di piacere e carnalità che si instaura tra il gruppo e l’uomo e la passionale e delicata storia che si crea con la giovane “preda” consenziente del branco.
La PRIMA PARTE (LA SVELTINA N.8 – GANGBANG PRIMA PARTE - UNA GIOVANE BANDA – RACCONTO BREVE) descrive l’incontro casuale tra il gruppo ed il voglioso cinquantenne che assiste, in uno dei luoghi appartati che era solito frequentare, come spettatore allo spettacolo offerto da quell’abbondanza di ragazzi intenti a sfogare i loro istinti sessuali con il loro voglioso complice.
La SECONDA (LA SVELTINA N.9 – GANGBANG SECONDA PARTE – SOLO IN BOCCA – RACCONTO BREVE) narrazione fa incontrare nuovamente la gaudente compagnia sempre alla prese con un loro coetaneo e il sempre più voglioso signore e getta le basi per un loro futuro incontro facendo nascere una sincera amicizia tra il ragazzo al centro delle attenzioni di tutti e l’adulto che cerca di aiutarlo.
La TERZA PARTE (LA SVELTINA N.10 – GANGBANG TERZA PARTE – POTREBBERO ESSERE MIEI FIGLI – RACCONTO BREVE) presenta l’intenso momento di sesso tra il mucchio dei ragazzotti e l’uomo mentre
l’ULTIMA (LA SVELTINA N.11 – GANGBANG QUARTA E ULTIMA PARTE - COSI’ DIVERSI MA COSI’ SIMILI – RACCONTO BREVE) prevede un’attenta descrizione di come il ragazzo iniziò a trovarsi in quella situazione e l’innocente intimità che si trasforma in dolce amicizia che si viene a creare tra i due.
Buona lettura.

Quando vidi il numero di Sebastiano rimase stupefatto, mai mi sarei aspettato di ricevere una chiamata da lui e risposi facendo finta di non sapere chi fosse.
“Eccomi!”
“Ciao. Sono Sebastiano, non so se ti ricordi di…”
“Ciao Sebastiano! Certo che mi ricordo. Come va? Fai sempre quelle… cosette con tanti?” dissi scherzando con una voce allegra ma sentii subito dall’altra parte una vocina triste: “si, devo...”
Di colpo cambiai tono e mi feci serio
“Qualcosa non va?”
“Tutto.”
“Vuoi parlarne?”
“Si… no... non so… ma non al telefono. Ho bisogno di… ho bisogno di vedere qualcuno… ho pensato a te. Sei sempre stato così gentile...”
“Vuoi che venga a prenderti? Dimmi dove e arrivo.”
Meno di mezz’ora dopo, il tempo di fare in fretta la strada e parcheggiai dove mi aveva indicato. Era lì, in piedi sul marciapiede, ad aspettarmi e salì.
“Vuoi venire da me?”
“Si, grazie.”
Raggiunsero la casa dell’uomo e si accomodarono, seduti vicini, sul divano.
“E’ successo qualcosa?”
Il ragazzo mi guardò, gli occhi diventarono lucidi, tirò su con il naso, aprì la bocca per parlare ma scoppiò in un pianto dirotto. Istintivamente lo abbracciai e lo strinsi a me lasciandolo sciogliere in un lunghissimo pianto e mi misi ad accarezzargli i capelli.
Quando smise si confidò, raccontandomi cosa era successo il giorno prima. Il gruppo si era spinto troppo oltre, al di là di ogni limite del buonsenso e quando aveva chiesto “per favore, no” non lo avevano nemmeno ascoltato, continuando ad usarlo come se fosse un oggetto nelle loro mani.
Alla fine lo avevano letteralmente cacciato dalla casa dove si erano ritrovati buttandolo in strada ancora mezzo nudo e ridendo e gridando mentre lo osservavano in quella situazione imbarazzante dalle finestre.
“Non voglio più vederli!. All’inizio lo facevo solo Giuliano, poi anche con un suo amico, poi in tre e poi… Ho detto sempre si, ho fatto e mi sono lasciato fare di tutto anche se mi vergognavo da morire ma adesso non ce la faccio più. E loro vogliono sempre di più. Guarda...”
Prese il telefonino e mi fece vedere delle foto di enormi cazzi di tre ragazzi neri. Il messaggio subito sotto era inequivocabile: “oggi alle tre da Francesco. Questi tre cazzoni te li prenderai dappertutto e faremo anche il video.”
Scoppiò di nuovo a piangere balbettando: “dopo quello che mi hanno fatto ieri mi fa male. Mi fa malissimo il culo. Mi fa male. Mi fa male. Mi brucia tanto. E mi fa male anche la gola. Oggi non posso...”
“Mi fai vedere la gola?”
Aprì la bocca ed effettivamente tutto il cavo faringeo era molto rosso.
“Vuoi una pastiglietta per il mal di gola, attenuerà il bruciore?”
Si mise a succhiarla continuando a guardarmi con gli occhi rossi di pianto balbettando che oggi non poteva farlo di nuovo perché gli faceva troppo male e allora mi decisi a chiederglielo: “vuoi farmi vedere quanto sei irritato dietro?”
Quasi con indifferenza, ma forse più con la rassegnazione di chi è abituato a fare qualsiasi perché gli è stata ordinata anche se non vorrebbe, si alzò, si abbassò jeans e slip e si piegò in avanti. Tutto attorno al buchetto c’era un alone di parecchi centimetri molto rosso ed anche all’interno, dopo aver allargato lo sfintere con due dita, la situazione appariva identica.
“Sei molto irritato. Serve un lenitivo.”
Mi guardò non capendo la parola: “una crema per togliere l’infiammazione. Sei tutto rosso. Ovvio che ti brucia. Se vuoi ho proprio la crema giusta. Ne ho sempre un tubetto, sai qualche volta capita di andare con uno che lo ha troppo grosso o che ti sbatte per tanto e… Ma quanto ti hanno scopato ieri?” L’ultima frase mi uscì senza volere e mi pentii subito di averla detta ma mi accorsi che non ci fece caso e dopo essersi lasciato mettere la pomata mi volle raccontare cosa era successo.
“Ieri Michael mi ha voluto a casa sua. Erano in sette. Sapevo cosa dovevo fare. Mi hanno portato come sempre in taverna. Sul tavolo c’erano diversi cazzi di gomma, grossi, tanto grossi, uno enorme. Mi hanno fatto mettere con la schiena sul tavolone e mi hanno legato caviglie e polsi tutti assieme e mi hanno messo un cuscino sotto per farmi restare con il culo ben in alto e poi hanno cominciato a infilarmi quei cazzi. Ha cominciato a farmi male subito perché non entrava e allora hanno sputato e finalmente sono riusciti a spingerlo dentro. Mi hanno scopato per un po’ con quello poi hanno provato con uno più grosso. Premevano con forza, senza aspettare che mi allargassi ma alla fine è entrato. Poi hanno voluto provare uno ancora più grosso. Mi ha fatto malissimo ma lo hanno spinto dentro anche se sentivo delle forti fitte e mi sono messo a piangere. Gli ho chiesto di smettere ma continuavano, ridendo e dicendomi di tutto. Era bruttissimo sentire cosa mi gridavano. Alla fine hanno voluto provare con quello enorme. Probabilmente è entrato per un po’ ma mi sono messo a gridare per il dolore e gridavo così forte che hanno smesso. A quel punto mi hanno schiacciato dentro un altro affare di gomma molto grosso e lo hanno lasciato li. Mi hanno slegato ma lasciato sempre in quella posizione ma questa volta con la testa penzoloni fuori dal tavolo. Mi hanno legato di nuovo i posi facendo passare la corda sotto il tavolo e hanno cominciato a scoparmi in bocca. Ero all’altezza giusta per farmeli mettere proprio bene dentro. Lo hanno fatto tutti in fretta, poi hanno ricominciato e questa volta sono andati avanti fin che non sono venuti e quando stavano per sbrodolare mi spingevano il cazzo fino in fonda alla gola e sborravano così. Lo hanno fatto tutti. Più volte mi sono sentito soffocare e messo a tossire. Gli ho detto di smettere ma hanno continuato senza mai smettere di dirmi cose orribili.”
Ascoltai sconcertato per la violenza che quel branco lo aveva costretto a subire pensando a quanto fossero stati schifosi e che sicuramente non li avrei mai più incontrati. Proprio mentre provai a dire qualche frase per consolarlo, dopo una breve pausa ricominciò.
“Ma non era ancora finita perché dopo avermi slegato mi hanno portato nel bagno dove mi hanno legato di nuovo. Questa volta ho cercato di ribellarmi ma loro erano in sette e mi hanno immobilizzato bloccandomi ancora mani e piedi e poi mi hanno messo accucciato dentro la doccia e hanno cominciato a pisciarmi in faccia. Ho provato a tenere occhi e bocca chiusa ma quando ho preso fiato mi sono trovato quel liquido caldo in bocca, nel naso e ho nuovamente iniziato a tossire e sputare. Ad un certo punto è entrato uno che mi ha ribaltato con il culo in su e dopo avermi tolto quell’affare che avevo ancora piantato dentro gli altri si sono messi a pisciarmi nel culo che evidentemente era rimasto dilatato. Quando hanno finito hanno aperto l’acqua fredda e se ne sono andati dicendo di vestirmi e di sparire.”
“Che bastardi!”
“Si. Adesso lo penso anch’io. Non voglio più vederli.”
“Non devi più vederli, sono dei mostri. Il sesso è bello, a me piace tantissimo, ma bisogna volerlo fare insieme.”
“Si”
“E bisogna anche saper dire di no.”
“Ma quelli sono dei bulli. Non mi lasciano stare. Mi vogliono, sempre.”
“Beh! Da adesso gli dici basta. Altrimenti… altrimenti sono guai.”
“Ma hanno foto e video miei… se li mettono in rete...”
“Se li mettono in rete si denunciano da soli. Sai che faccio? Adesso chiamo il numero che mi hanno lasciato e chiarisco bene le cose. Vuoi?”
“No, quel numero è di Giuliano. E’ lui il capo.”
“Meglio, così capirà che deve imparare a stare al suo posto.”
Mi chiese di non farlo, era spaventato. Parlammo a lungo e alla fine lo convinsi che poteva fidarsi e che era la cosa migliore da fare.
Chiamai Giuliano e dopo qualche battuta ironica e sprezzante, quando cominciai ad elencargli tutti i reati commessi, tutte le prove che potevano essere trovate nei loro telefonini, la testimonianza di Sebastiano, i referti medici che finsi di avergli fatto fare, il coinvolgimento di tutte le loro famiglie e delle scuole e via dicendo cambiò di colpo tono, sembrando spaventato e assai preoccupato. In fondo, anche se stronzi, erano pur sempre dei ragazzi. Alla fine della telefonata promise di parlare con gli altri, di cancellare tutto il materiale che avevano e di non farsi mai più sentire con Sebastiano.
Quando chiusi la chiamata l’espressione del ragazzo fu la soddisfazione più bella che potessi ricevere: sprizzava gioia dal sorriso e dagli occhi e l’intero viso era come illuminato.
E la cosa funzionò. Perché nessuno del gruppo lo cercò più e non venne mai a sapere di qualche sua immagine presente in rete. Con quel dolce ragazzo nacque una bella amicizia. Iniziammo a vederci spesso e a frequentarci, quasi come un padre e un figlio. Non volli mai farmi coinvolgere sessualmente con lui e gli spiegai anche il perché e lo accettò ma fummo veramente intimi. Andammo parecchie volte a prendere il sole in angolini riservati e, se capitava, ci appartavamo, ognuno per proprio conto, con qualcuno che ci aveva “ingolosito”. A volte lui guardava quello che facevo io, altre volte il guardone ero io. La nostra frequentazione fu costante e continua per quasi tre anni poi lui trovò l’amore della sua vita e si mise a convivere. Da allora continuiamo a vederci, di tanto in tanto mi invita a cena dal suo uomo, una gran brava persona, un po’ più grande di lui e tanto cortese. Qualche volta andiamo a vedere un film… di quelli normali o a fare una passeggiata.
Ancora adesso, e sono passati più di dieci anni da quel giorno sul fiume, ci frequentiamo con grande amicizia, quella con la A maiuscola.

A conclusione dei racconti una breve nota di cronaca: Tiberio ormai ha passato i sessanta ma continua con le sue scorribande in cerca di pisellini e piselloni, mai sazio di farsi una bella scopata mentre Sebastiano, quasi trentenne, ha messo davvero una pietra sopra al suo passato e nonostante la totale mancanza di attenzione alla sicurezza per sua salute avuta quando era diciottenne, fortunatamente, non ha avuto alcuna conseguenza negativa e continua a vivere felice il suo sogno d’amore… rigorosamente monogamo
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