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Prime Esperienze

VECCHIE STORIE DI CASERMA


di RedTales
04.06.2017    |    28.298    |    7 9.5
"Ovviamente non è più un ragazzo e ha insistito perché la scrivessi, anche se non mi sembrava il tipo di storia giusta..."
Matteo, il Maresciallo, quel suo grado lo faceva pesare e, spesso, anche molto. Nessuno sapeva se lo faceva per frustrazione, smania di rivalsa, desiderio sessuale, insana perversione, sadismo o chissà per quale altro motivo, ma quando ordinava a qualcuno di seguirlo nella stanzetta era certa a tutti la conclusione. E, come in tutte le storie di caserma, su di lui erano fiorite molte “leggende”.
Era un uomo di mezz'età, sposato. Estremamente rigido e perfezionista alla follia. Anche in ciò che era perfetto riusciva a trovare qualcosa che non andava e, di conseguenza, urlava, minacciava, puniva. E, a volte, lo faceva di persona. Nell'unico modo che lui riteneva umiliante: sottomettendo sessualmente i malcapitati di turno. Parliamo dei primi anni ottanta, periodo in cui l'omertà e il nonnismo la facevano ancora da padroni in certi ambienti.
Questa storia me la ha raccontata uno dei ragazzi che è passato “per le sue mani” e che ho conosciuto tempo fa. Ovviamente non è più un ragazzo e ha insistito perché la scrivessi, anche se non mi sembrava il tipo di storia giusta...
“Ero arrivato da poco li, per me tutto era nuovo. Nel CAR avevo già capito l'aria che tirava, in particolare per chi, come me, era laureato ma non aveva voluto fare il corso ufficiali. Il nonnismo era forte e decisamente ben radicato. Evitai da subito di far sapere che avevo studiato, ma qualcuno aveva già informato i miei nuovi commilitoni, che mi accolsero in modo ancor più pesante del solito. Il fatto di avere cinque anni più di loro non aiutava, anzi. Fortunatamente due camerati si dimostrarono gentili e mi misero al corrente di tutto quello che bisognava sapere. Il vero problema per noi era il Maresciallo Matteo, una specie di pazzo. Mi informarono senza giri di parole che era solito incularsi i nuovi arrivati, ma non solo, perché si sfogava anche con alcuni che teneva di mira.
Alla mia incredulità, mi fecero raccontare direttamente la storia di uno. Mi sembrò proprio vera, anche se alcuni dubbi non sparirono completamente dalla testa.
Dopo alcuni giorni, una mattina, all'appello, proprio il Maresciallo Matteo se la prese con me per uno strappo sulla mimetica. Gridando come un pazzo mi apostrofò pesantemente e, alla fine, fatti andar via gli altri, mi fece restare li, sull'attenti per più di un'ora prima di ordinarmi di seguirlo nella stanzetta.
La raggiungemmo dopo un lungo percorso. Si trovava dietro dei magazzini che sembravano quasi abbandonati. Era particolarmente squallida con i muri scrostati e poco illuminata. Al centro una massiccia scrivania con due sedie e accostata alla parete una rete con sopra due grossi materassi.
Mi fece mettere sull'attenti e riprese a vomitarmi addosso tutte le offese che conosceva. Infine mi disse che non potevo indossare quella tuta strappata e dovevo togliermela. Non feci in tempo ad iniziare che mi ricoprì di altre grida dicendomi di levarmi prima gli anfibi. Lo feci. Poco dopo restai, sempre sull'attenti, in calzini, slip e maglietta. A quel punto iniziò a denigrare il mio fisico e mi obbligò prima a togliermi i calzini e poi la maglietta. Ormai ero in mutande e lui, continuando ad inveire, mi girava intorno, allungando, di tanto in tanto, un ceffone sulle spalle, sulle gambe o sul culo. Ero frastornato ed impotente.
“Scommetto che non hai neanche i coglioni!” ringhiò prima di infilarmi la mano dentro lo slip. Istintivamente mi piegai in dietro, facendolo sbraitare ancora di più perché non sapevo stare sull'attenti. Quindi mi strappò l'indumento e, continuando a girarmi attorno prese a dubitare della mia virilità. E, con un “riposo ragazzo! Riposo. Fammi vedere quanto sei uomo” mi invitò a masturbarmi per provocare un'erezione. Mi misi a farlo mentre lui mi fissava. Sarà stata l'emozione, la situazione, ma dopo diversi minuti non era successo un granché. E quindi, anticipando il suo gesto con un “serve una mano?”, si impossessò del mio cazzo e, dopo averlo stretto forte iniziò a lavorarlo. Anche se la presa era rude, era evidente che sapeva come tenere e muovere la mano, perché, in breve, mi fece raggiungere quello che mi aveva chiesto. Ma questo non gli bastò, continuò ad oltraggiarmi per le misure di pene e testicoli e per il poco pelo. Intanto si era spostato dietro di me e, continuando a masturbarmi, mi gridava nell'orecchio ogni cosa che gli passava per la testa. Poi il movimento da lento, divenne più rapido e, nonostante l'incredibile situazione, quella stimolazione manuale… raggiunse il risultato che lui evidentemente si aspettava: ebbi una copiosa eiaculazione che si interruppe bruscamente per la ferrea stretta che mi diede.
“Che cazzo hai fatto? Cosa sei una troia? Una cagna in calore? Chi cazzo ti ha detto di sporcare con quella merda che hai fatto uscire...” E queste furono le frasi più… gentili. Provai anche a lamentarmi perché la presa mi stava facendo male, ma ottenni solo una strizzata ancor più decisa.
Quando mi lasciò mi portò la mano davanti agli occhi. Era infuriato perché lo avevo bagnato. Mi costrinse a leccargli tutta la mano e quindi decise di darmi una lezione per quello che avevo fatto. “Una lezione che ti ricorderai per un pezzo, piccola merda...”
Capii che era arrivato il momento in cui mi avrebbe inculato. Non lo volevo, ma non potevo oppormi. Mi spinse e mi piegò la testa e il busto sul tavolo continuando a gridarmi di ubbidire e di stare fermo. Si mise al mio fianco e si tirò rapidamente fuori l'uccello. Era grosso, almeno più del mio, abbastanza lungo e con molte vene in rilievo che lo ricoprivano. Lo sbatté due o tre volte vicino alla mia faccia e quindi me lo spinse sulle labbra. “Apri, stronzo, così poi ti entra meglio!” Non fiatai e me lo lasciai spingere tutto dentro. Prima si puntò sulla guancia, poi scivolò verso la gola e infine dopo qualche altro assestamento, cominciò a scoparmi in bocca e mentre lo faceva mi schiacciò la testa contro il tavolo per farmi stare fermo. Era grosso e lungo, lo sentivo scorrere tra le labbra e scendere in fondo fin quasi a soffocarmi. Continuò per un poco, quindi si spostò dietro di me, mi prese per i polsi e mi bloccò le mani sulla schiena quindi si appoggiò sul buchetto e cominciò a spingere. Non ebbi quasi il tempo per realizzare cosa mi stava facendo che sprofondò per buona parte dentro e, un attimo dopo avevo la sua pancia contro il culo. Male. Decisamente male. Mi sembrò di essere strappato, rotto. Gridai, provai a liberarmi ma la sua presa era ferrea. Continuò a vomitarmi addosso frasi del tipo “gridi come una troietta. Vedrai che ti piacerà. Verrai a cercarmi. Adesso che hai il culo rotto sei un vero soldato. Piantala di fare la fighetta...” Improvvisamente, non so come ma riuscì a tenermi i polsi bloccati con una sola mano e con l'altra sferrò una serie di sculaccioni su una chiappa. Al male di quel cazzo in culo si aggiunse quello per gli sberloni. Quando smise di sculacciarmi si impossessò di nuovo dei polsi con entrambe le mani e, finalmente, cominciò a muoversi. Fino a quel momento era rimasto fermo, completamente conficcato dentro di me, ma in quel momento iniziò a scoparmi sul serio. Mi faceva male tutto ma per lui la cosa era irrilevante e continuò, continuò. Quando si ritenne appagato del mio culo si spostò, ritornò al mio fianco e, tornando a bloccarmi la testa con le mani mi spinse di nuovo il cazzo in bocca riprendendo a muoverlo dentro e fuori, poi gridò: “adesso ho voglia di sbrodolarti in culo, ma voglio vederti in faccia!” Mi afferrò per un braccio e mi trascinò sul materasso, facendomi stendere a pancia in su. Mi strinse le caviglie con le mani e mi costrinse a portare i piedi, incrociati tra loro, sopra la testa. Adesso lui era in piedi davanti a me, il cazzo rosso, umido, tremendamente duro e terribilmente vicino al mio culo che non riuscivo a vedere ma sapevo trovarsi li, a pochi centimetri da quella grossa cappella: “che cazzo guardi, stronzo! In faccia mi devi guardare, non i coglioni”. Spostai lo sguardo incrociando il suo che sembrava ironico e sbeffeggiante. Nuovamente centrò lo sfintere e si appoggiò sopra. Abbassai lo sguardo. Il suo cazzo era premuto contro di me. Sembrava ancora più lungo. Lo vidi scendere lentamente dentro di me e contemporaneamente provai nuovamente una fitta. Ancora quella sensazione di qualcosa che mi rompe, mi apre, mi fa male.
Provai a lamentarmi ma ricevetti solo insulti. Non potevo che guardare quel palo di carne che scendeva dentro di me sempre di più. Faceva male ma non potevo farci nulla. Alla fine sparì completamente dietro le mie palle. La sua pancia era nuovamente premuta contro di me. “Lo senti? Lo senti? E' tutto dentro? Lo vedi che ti ho sfondato di nuovo? Adesso sei la mia puttana. La mia puttana. Lo sai che sei la mia puttana? Lo sai che lo sarai fino all'ultimo giorno che starai qui? E ora ti scopo puttanella del cazzo...” Lui continuava a tenermi le gambe bloccate e io insistevo nell’abbassare la testa per guardare giù. Lui era sempre piantato tutto dentro, ma si muoveva di lato, come per sfondarmi di più, per allargarmi ancora. Stringevo i denti continuando a fissare la sua pancia pelosa quando iniziò ad allontanarsi e ricomparve l'asta. La sfilò assai piano, centimetro dopo centimetro e si fermò quando già potevo vedere il bordo grosso e violaceo del glande. Mi appariva ancora più grosso di prima. Si fermò un'istante e poi, con un solo colpo tornò completamente dentro. Gridai e lui, togliendo una mano da una caviglia iniziò a schiaffeggiarmi sulle guance di dritto e di rovescio. Smisi di lamentarmi ma lui continuò con gli schiaffi seguendo lo stesso ritmo con cui si era messo a scoparmi. Il cazzo entrava e usciva con estrema facilità. Lo osservavo mentre continuava a sparire e riapparire dal mio corpo finché non mi gridò di guardarlo. Adesso si era piegato in avanti e aveva avvicinato la sua testa alla mia. Le gambe si erano schiacciate sul petto in modo innaturale. Le nostre facce erano a pochi centimetri una dall'altra. Si abbassò ancora e appoggiò le sue ruvide labbra sulle mie, le forzò con la lingua, le aprì trovando i denti serrati. Con la mano mi strinse la mandibola tirandola verso il basso e aprendosi una breccia tra i denti. Smisi di digrignare i denti e la bocca si spalancò di colpo e mi ritrovai la sua lingua contro la mia. Con la bocca aperta lo lasciai fare. Mi leccò dappertutto, esplorando ogni centimetro del mio cavo orale. E, mentre lo faceva, insisteva con quella furibonda cavalcata che mi stava aprendo sempre di più. Mi sentivo come un burattino nelle mani del burattinaio. Facevo quello che voleva e gli avevo concesso l'uso più intimo del mio corpo.
Improvvisamente uno strano alone cominciò ad espandersi dal culo, dall'interno verso l'esterno. Una sensazione che non avevo mai provato, una specie di prolungatissimo e intenso solletico che mi faceva vibrare. Cominciò piano ma continuò a crescere sempre di più. Il dolore era sparito ed era stato sostituito da qualcosa che allora non sapevo cosa fosse. Diventava sempre più insopportabile e aveva raggiunto anche i genitali. Sembrava che qualcuno mi stesse masturbando, ma non era possibile visto che lui era proprio schiacciato sopra di me. Probabilmente avevo un'erezione e sentivo perfettamente l'onda di piacere che dalla punta scendeva sempre più giù per arrivare chissà dove. Si estendeva dentro, passando per il culo e risalendo nella pancia per poi ritornare al cazzo. Solo chi ha goduto in questo modo può capire bene cosa intendo dire, altrimenti può sembrare solo esagerato. Ma non è così. E' dieci volte più intenso di quanto si prova quando si viene dopo una scopata assai lunga o dopo una sega ritardata più e più volte. E' qualcosa di forte, di molto forte, che ti prende anche i polmoni. Ti sembra che manchi l'aria e di non riuscire a fare un respiro pieno. Sei li che vorresti che tutto finisse ma al tempo stesso speri che duri il più a lungo possibile e mentre pensi questo hai il fiato corto e respiri in fretta e con affanno. Ecco, era quello che provavo. Il tutto aggravato dal suo peso, dalla bocca completamente invasa dalla sua lingua e dalle gambe mal piegate tra i nostri due petti. Ma, come una bottiglia di spumante se troppo agitata esplode, così successe a me. Repentinamente tutte quelle sensazioni esplosero in un orgasmo mai provato in tutta la mia vita. Nonostante la bocca chiusa dalla sua mi misi a urlare e ad inarcarmi sui fianchi, tremando al tempo stesso. Forse si sorprese pure il Maresciallo che si sollevò di colpo da me stupito, prima di capire che stavo godendo alla grande.
Reagì con: “troia! Sei una grandissima troia! Sei venuto di culo come le troie. Sei una troia. Vacca di una troia! E' venuto di culo! Di culo è venuta la verginella! Tu sei nata per farti sfondare, vacca puttana!”
Istintivamente, anche se tremante per il piacere, abbassai lo sguardo. Il suo cazzo entrava ed usciva con una velocità incredibile. Ma non sentivo male, solo quell'onda di piacere che continuava a fluttuare dai polmoni in giù avviluppando tutto. Comunque era impressionante vedere quella ventina di centimetri di carne entrare e uscire da sotto le mie palle così rapidamente. Il mio cazzo era ancora duro e sulla pancia erano evidenti i segni di una sborrata. Tutto era ancora fantastico, meraviglioso, assolutamente irripetibile quando, dopo alcune spinte ancor più forti e ravvicinate seguite da un rantolo gutturale, Matteo si fermò di colpo, restando però completamente sprofondato dentro di me.
“Ti è piaciuto puttana? Ti è piaciuto vero? Rispondi, cazzo!”
“Si, si, si...”
“Lo sapevo che eri una vera troia.”
Rimase fermo per alcuni minuti, poi riprese a muoversi in un modo quasi rotatorio, senza uscire di un solo centimetro e, infine, si tirò fuori. La cappella era rosso fuoco, come tutto il resto, brillante di umori. Appoggiò il suo sesso sul mio, quasi per confrontarli. Erano quasi uno il doppio dell'altro. Mi accorsi che aveva lasciato, chissà da quanto, le caviglie, anche se continuavo a restare con le gambe spalancate. Mi prese una mani e me la portò sul buchetto. Era completamente bagnato. Mi prese l'indice con due dita e me lo fece scorrere sullo sfintere. Era caldo, ancora aperto e gocciolante. Mi spinse il dito tutto dentro: “senti come sei bella aperta? Le prossime volte sarà una passeggiata...”
Alzai gli occhi e lo guardai. Era fiero, soddisfatto, marziale. Si chiuse i pantaloni, si passò la mano tra i corti capelli come per riordinarli e mi ordinò di vestirmi. Raccattai i miei indumenti infilando in fretta le calze, lo slip stracciato, la maglietta ed accorgendomi che il culo mi bruciava, tanto. Mi bruciava dentro. Avevo voglia di grattarmelo o di… rinfrescarlo. Poco dopo ero pronto. Mi disse di seguirlo e mi riportò fuori comandandomi di restare consegnato in camerata per il resto della giornata, di cambiarmi tuta e di far aggiustare quella strappata. Mi accorsi che camminavo con la sensazione di avere le gambe un po' larghe, ma forse era solo un'impressione. Mi scortò fin davanti alla camerata e, prima di andarsene, aggiunse: “io la farei subito la doccia, fin che la camerata è vuota, se tornano i tuoi commilitoni forse il culo ti brucerà ancora di più… Perché quando c'è una troia in camerata se ne accorgono subito tutti e… sai com'è… nessuno vuole restare a bocca asciutta… Quelli mica aspettano l'invito per assaggiare quello che ha già mangiato il Maresciallo…”
Quella frase fu profetica. Quella notte stessa due vecchi mi portarono nelle docce e, a turno, mentre uno sorvegliava, l'altro, senza tanti complimenti, abusò di me. Quella credo fu l'unica volta, oltre naturalmente al momento in cui fui sverginato dal Maresciallo, che forse per il bruciore che c'era ancora o per la paura di essere scoperti, che non provai nemmeno il minimo piacere.
Ma da allora ho scopato davvero come una troia e, quando trovo il maschio giusto, mi sbrodolo come un riccio.
“E Matteo?”
“Ha continuato a servirsi di me per tutto il periodo della naia, sia in caserma che quando ero in libera uscita. Mi faceva morire ogni volta.”
“Ma… Gliel'hai fatta passare liscia?”
“Si! Cosa vuoi, in fondo ha fatto quello che forse inconsciamente sognavo da sempre ma che non avevo osato mai fare o nemmeno pensare. Se mi avessi chiesto appena mi aveva sverginato la stessa cosa ti avrei detto che lo odiavo, ma già mezz'ora dopo che mi aveva fatto godere in quel modo non ti avrei più detto la stessa cosa. Credo che con le sue maniere rudi mi abbia solo indicato la via. E se adesso siamo qui a scopare e anche grazie a lui...”
“Ma… in caserma lui se li scopava tutti?”
“No, no, solo alcuni. Aveva un fiuto particolare per trovare quelli che ci stavano. E non sbagliava mai...”
“Quindi hai scoperto che ti piace farti inculare in caserma...”
“Si, quasi quarant’anni fa… e mi piace tanto ancora. Senti, che ne dici, adesso che abbiamo parlato tanto di darmi un'altra botta? Vieni qui che te lo faccio tornare duro e poi mi riempi tutto ancora una volta. Me lo devi. E mi devi anche trasformare in racconto tutto quello che ti ho detto per Annunci69. E il minimo che mi devi è un'altra inculata, porcellino mio.”
E così dicendo si tuffò sul mio pisello che, reduce dalla precedente scopata, era ritornato piccino..
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