bdsm
IL PADRONE MI USA DI NUOVO: GODO! (racconto con foto)
di RedTales
15.11.2022 |
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"In seguito mi fece rialzare e stendere nuovamente sul tavolo..."
IL PADRONE MI USA DI NUOVO: GODO! (racconto con foto)Questo è davvero l’ultimo racconto della serie che descrive quanto vissuto con il Padrone. Si collega alle altre quattro storie che l’hanno preceduto (in tutto sono sei brani):
1) Lui mi ha voluto lurido e puzzolente,
2) Ubbidienza a due maschi,
3) Una lunga giornata, ancora ubbidienza a due maschi.
4) Ancora dal padrone
5) Dato in uso a quattro sconosciuti
6) Il Padrone mi usa di nuovo: godo.
Poiché mi sono state scattate molte foto ho pensato di illustrare anche questa volta i diversi momenti dell’avventura con delle immagini che sono indicate nel racconto con un numero tra parentesi: es. (FOTO 4) e che invierò con EMAIL a tutti quelli che le chiederanno per condividere con loro questo piacevole “gioco”.
PER RICEVERLE inviate una EMAIL a [email protected]
Vi risponderò allegando le foto.
Ricordo infine che è un racconto BDSM anche se l’avventura si svolge tra maschi. Se questo tipo di esperienze non piace, consiglio di non leggerlo.
IL PADRONE MI USA DI NUOVO: GODO!
Stavo tornando alla macchina dopo aver fatto la spesa quando ricevetti una videochiamata di Pierluigi, il Padrone, e mi sembrò incredibile perché non erano passati neanche due mesi dall’ultima volta che ero stato da lui e poi perché mi ero fatto l’idea che non mi avrebbe più chiamato...
Risposi immediatamente: “eccomi!”
“Sei dimagrito? Sei depilato?”
Ovviamente non disse nulla prima e mi colse di sorpresa: “un po’… sì, sì, depilato”
“Fammi vedere… Dove sei?”
Gli spiegai, forse con troppe parole, dove fossi e cosa stessi facendo e lui con voce ferma mi ordinò: “In macchina? Spogliati in macchina.”
Purtroppo, anche se ero in periferia, la cosa mi sembrò difficile.
Suggerì un bagno di qualche negozio, ma non sapevo proprio dove poter andare e mi venne in mente il camerino di un grande bazar gestito da cinesi che era proprio lì’ vicino.
Mi disse di richiamarlo appena fossi entrato nel camerino.
Arrivato nel negozio presi tre paia di pantaloni ed entrai nel box e lo chiamai. Purtroppo la cosa si rivelò più complessa da gestire, il telefono cadde e, poco dopo, inavvertitamente, chiusi anche la chiamata.
Rifeci il numero e rispose seccatissimo dicendo di lasciar perdere la videochiamata e di fare subito un video e di mandarglielo appena mi fossi spogliato.
Trovai il modo di appoggiare il telefonino vicino allo specchio e mi denudai in fretta (VIDEO).
Il tempo di allegarlo ad un messaggio e poco dopo mi arrivò la risposta: “domani alle 15. Ben pulito.”
Nel leggere quelle cinque parole mi sentii felice. Il Padrone mi voleva.
Mi organizzai per essere libero e mi presentai al meglio delle mie possibilità.
Aprì e mi fece entrare. Indossava una felpa, un paio di jeans consumati e le scarpe da ginnastica e, vista la bella giornata, pensai che forse mi avrebbe portato fuori.
Mi sbagliavo: andammo subito in soffitta.
“Nudo, voglio vederti nudo.”
Ci misi pochissimo e offrii il mio corpo senza alcun indumento ai suoi occhi accorgendomi quasi subito che la stanza non era molto calda, anzi sentivo un po’ freddo.
Mi guardò a lungo, quasi con distacco e poi fu lapidario: “qualche chilo lo hai perso ma si vede che sei vecchio. Forse si salva il culo.”
Detto questo mi ordinò di stendermi di schiena su un vecchio tavolo da sagra che trovai gelido e mi legò mani e piedi. Venne vicino alla testa e, abbassati i pantaloni della tuta, mi spinse con decisione il cazzo in bocca dopo avermi comandato di aprirla. Era molliccio ed entrò tutto facilmente.
Mi afferrò la testa con tutte e due le mani e, tenendola ben stretta, iniziò a muoverla avanti e indietro. Si mise ad usarmi per farsi una sega e continuò a lungo fin quando, non aggiunse la sua crema alla saliva che ormai sgocciolava copiosamente per quel trattamento deciso.
Che dire, un avvio brutale, senza un attimo di respiro, con il cazzo che, diventato presto un duro bastone, sprofondava ininterrottamente fino in gola per poi quasi uscire. Un mare di saliva colò dappertutto, principalmente sul collo e quel senso di soffocamento che mi procurò quando, con il cazzo completamente affondato in gola, mi schiacciava l’inguine contro le labbra pressandomi con forza il corpo contro il viso.
Una volta eiaculato tutto si fermò, ripresi a respirare e, un attimo dopo, assaporai anche il piacevole sapore del seme che mi aveva generosamente concesso di ricevere in bocca.
Bellissimo, una sensazione di totale sudditanza che mi fece vibrare per il piacere di trovarmi nuovamente nella situazione di offrire totalmente a lui il mio corpo, anche se non più giovane.
Mentre mi sentii gratificato, Pierluigi si pulì il pene su di me e quindi mi fece una foto (FOTO 1). Subito dopo mi afferrò con le mani i seni e, stringendoli così forte da farmi urlare, mi sollevò di peso fino a farmi sedere. Fu un dolore deciso, intenso ed improvviso perché, con le mani legate, dovetti solo aspettare di essere tirato su (FOTO 2). Mi mise seduto e il petto mi fece davvero male ma la soddisfazione nel vedere un sorriso di compiacimento del Padrone fu enorme. A quel punto iniziò ad accarezzarmi il torace, sfiorando ripetutamente i capezzoli che, ad ogni pressione, mi davano delle fitte e, vedendomi tremare ci dedicò parecchio tempo, continuando a toccarli, stringerli e strizzarli, anche con forza. Per tutto il tempo continuai a contorcermi con degli spasmi, tremando ogni volta che pollice ed indice si accanivano sulle punte dei capezzoli. Detto così può sembrare brutto ma vi assicuro che ad ogni singolo sussulto o sospiro fui avvolto da un piacere estremo ed irripetibile.
Quando si fermò, ormai senza fiato, rimasi immobile, con il petto in fiamme cercando di non far vedere l’espressione di assoluta soddisfazione ma solo delle lievi smorfie di sofferenza.
Come ebbe finito mi mise nuovamente sdraiato e, con attenzione e calma, mi legò le palle e anche il pene (FOTO 3.). Giro dopo giro la corda continuò a stringersi aumentando il fastidio ai testicoli e, quando si fermò li vidi gonfi, duri e rivolti verso l’alto. Alzando a fatica la testa fissai le mie intimità fin quando non mi appoggiò uno straccio sul viso e quindi riprese ad accarezzarmi, riprendendo a sfiorare il petto per poi passare sulla pancia e terminare la discesa sull’inguine. Tutte queste attenzioni mi procurarono ripetute contrazioni di tutto il corpo con un piacere sottile e profondo che si sublimava quando un’improvvisa sberla colpiva i testicoli facendomi urlare e sollevare la schiena dal tavolo. Ricevetti parecchi colpi, rendendomi conto che le palle, così strette e sollevate, erano ancor più esposte, amplificando le fitte delle percosse.
Mi colpì molte volte, alternando sapientemente tenere carezze ad inaspettate botte che prolungarono il supplizio per molto, miscelando in modo squisito piacere e dolore tanto che, piano piano, cominciò a colare dalla punta del cazzo quel liquidino vischioso, lucido e quasi trasparente che “perdo” quando sono al topo dell’eccitazione.
Alla fine mi scoprì il viso e vidi come le due sfere, forse ancor più gonfie di prima, fossero diventate di un colore rosso scuro, quasi violacee.
Pierluigi mi ordinò di aprire la bocca mettendo la sua proprio sopra la mia. Chissà perché, stupidamente, pensai che volesse baciarmi. Non era sua intenzione perché, aprendo le labbra, quasi a contatto con le mie, lasciò cadere un grosso fiotto di saliva che mi arrivò proprio in gola. Istintivamente chiusi la bocca ma uno sgarbato: “apri! Tieni la bocca aperta!” e un forte colpo all’inguine la fecero riaprire. Sputo parecchie volte, cercando di produrre quanta più saliva gli fosse possibile.
Fatto questo mi mostrò uno strano scovolino giallo che, dopo aver armeggiato, mi strinse sotto il glande bloccandolo. Mi accarezzò la punta facendola ingrossare e quindi prese un altro scovolino, questa volta rosso, che mi infilò nell’uretra (FOTO 4).
Sinceramente non provai alcuna sensazione fisica se non una certa curiosità per cosa sarebbe successo dopo ma, invece di proseguire, mi lasciò così e scese al piano di sotto.
Quando risalì mi slegò i piedi e mi fece appoggiare al tavolo (FOTO 5). Le palle, strizzate com’erano da tanto, mi fecero male solo per fare questo movimento e quando le accarezzò di nuovo tremai nell’attesa di essere colpito. Si limitò invece a sfiorarle con le dita su tutta la loro superficie prima di afferrare l’inizio della corda che cominciò a tirare con cattiveria per farla srotolare. Per una manciata di secondi pene e testicoli furono sbattuti da tutte le parti finché la fune non cadde per terra. Non avevo mai provato qualcosa di simile e crollai pesantemente in ginocchio per il dolore lancinante urlando.
Rimasi fermo in quella posizione, incapace di muovermi mentre il Padrone rise compiaciuto e mi sollevò il viso per guardarmi. Per qualche istante, prima di posare nuovamente lo sguardo a terra, incrocia con gli occhi pieni di lacrime il suo sguardo e fui contento, sentendomi completamente uno schiavo, il suo. Una sensazione, ripeto, difficile da spiegare e da far capire a chi non si mette nella condizione di volerla comprendere e provare. In quei momenti, almeno per me, master e slave si fondono diventando un unico spirito dove il piacere dell’uno si sublima nel dolore dell’altro che, a sua volta, si trasforma in puro ed assoluto godimento mentale. Nello slave il dolore del corpo si sposa e si fonde con il piacere della mente e il risultato è puro benessere.
In seguito mi fece rialzare e stendere nuovamente sul tavolo. Con attenzione mi legò ancora una volta i piedi e quindi, con un’altra corda, mi avvolse il pene, schiacciandolo contro la gamba destra. Con calma la girò parecchie volte attorno alla coscia e, quando ebbe finito, mi ritrovai con il cazzo completamente schiacciato dalla fune mentre le palle, compresse e sollevate verso l’alto, brillavano lucide, pronte per assecondare le sue voglie (FOTO 6 e 7). E le soddisfò. Infatti si sedette al mio fianco e si mise a giocare con quelle due palline strizzate dalla fune. Saranno stati i miei lamenti o la posizione ottimale o il mio corpo che si contorceva o semplicemente la sua voglia ma continuò a toccarmi, grattarmi, strizzarmi e... accarezzarmi infinite volte. Mi lasciò letteralmente senza fiato parecchie volte quando, colpendomi nei punti giusti, faceva salire il dolore dall’inguine fino alla testa. Di tanto in tanto si girava verso di me e, avvicinata la bocca, mi leccava le lacrime che colavano quasi incessantemente, senza che potessi trattenerle, lungo le guance. Credo gli piacesse il sapore. Lo so, mi ripeto, ma fu un piacere immenso anche se illogico e me lo gustai tutto, dall’inizio alla fine, bramando che non finisse mai.
Quando mi slegò provai una strana sensazione di libertà ma la pausa durò poco perché, dopo avermi legato i polsi dietro la schiena, prese una fune ancora più grossa e iniziò a farla passare intorno al pacco per poi stringerla dietro al collo. Dovetti stare con la schiena sollevata dal tavolo e, quando ebbe finito, mi resi conto che quando cercavo di abbassarmi la corda si tendeva strizzandomi le palle. Rimasi quindi fermo, leggermente sollevato e con la schiena che appoggiata sulle mani (FOTO 8), perché ogni movimento faceva sì che la corda mi tirasse le palle procurandomi del dolore. Dovendo restare con i muscoli tesi per mantenere la postura, ad un certo punto la posizione iniziò a diventare scomoda. Inoltre, ogni tanto, il Padrone mi dava degli schiaffi proprio sui turgidi testicoli, facendomi muovere per il dolore e così me ne procuravo dell’altro tirando la corda. Ricevetti anche diverse strizzate di capezzoli e, stranamente, lunghe carezze sulle cosce e sull’inguine.
Ad un certo punto iniziai a cedere, abbassandomi sempre di più verso il tavolo e, nonostante la sensazione di sentirmi strappare le palle aumentasse, ormai incapace di sostenermi, mi lascia andare fin quasi ad appoggiare la schiena sul tavolaccio (FOTO 9). Il dolore fu straziante e continuò ad aumentare. A nulla valsero i lamenti quasi sussurrati per non disturbare Pierluigi.
Credo che apprezzò la mia composta dignità nell’offrirmi completamente a lui perché poco dopo mi fece scendere dal tavolo e mi slegò. Con mia grande sorpresa, mettendosi dietro mi leccò il collo sfiorandolo anche con le labbra. Contemporaneamente prese ad accarezzarmi, facendo scivolare una mano dal petto al sesso e soffermandosi a sfiorare delicatamente i testicoli come per lenire il forte bruciore. Pur felice rimasi con tutti i muscoli tesi immaginando di essere percosso all’improvviso, ma non lo fece.
Decise invece di cambiare gioco, iniziando a dedicarsi al lato b.
Mi fece sedere sul tavolo e, cercandoli per la stanza, prese un po’ dappertutto degli oggetti che appoggiò su tavolino: un dildo, un tubo, una bomboletta spray, un manganello ed altre cose, facendomi capire che me li avrebbe infilati… dentro.
Infatti dovetti allargare le gambe e, dopo avermi legato le mani dietro la schiena, mi appoggiò il dildo davanti alle palle ordinandomi di: “fallo sparire nel culo. Lo ho già lubrificato.”
Incontrai un po’ di difficoltà ma ce la feci quasi subito, sentendolo sprofondare dentro di me con facilità. Dopo poco me lo tolse e mi appoggiò davanti un tubo. Non disse nulla ma era ovvio che dovevo ripetere la stessa operazione.
Detta così potrebbe sembrare facile ma, legato com’ero, non fu semplice sollevare il culo e centrarlo su quell’oggetto. Lo feci cadere alcune volte e venni sgridato e, vedendomi in difficoltà fu proprio il padrone a tenerlo in posizione fin che non mi ci sedetti sopra (FOTO 11).
A questo punto mi fece girare e sistemare nella classica posizione a pecora e iniziò ad infilarmi nel culo diversi oggetti che entrarono tutti con gran facilità. Nemmeno ricordo quanti furono perché la cosa mi piacque davvero. Le penetrazioni divennero più fastidiose quando, dopo aver spinto dentro una specie di barra di uno strano materiale plastico (FOTO 12) proseguì affiancandone altre due. La seconda la sentii entrare a fatica mentre la terza, incastrata tra le altre due, mi diede proprio la sensazione di essere… aperto in due.
Quello che mi fece male davvero fu un cilindro giallo con la punta arrotondata (FOTO 13). Era grosso e, nonostante il gel che spalmò dopo alcuni inutili tentativi, fu davvero difficile da “digerire”. Soprattutto perché il diametro costante mi fece rimanere con lo sfintere spalancato per tutto il tempo e mi misi proprio a gemere per il dolore. Comunque, anche se lentamente, me lo spinse quasi tutto dentro (FOTO 14) e, una volta inserito mi fece girare e rimanerci seduto sopra (FOTO 15). Inutile dire che mi sentivo aperto come un portone e mi dava anche l’impressione di non avere solo il culo pieno ma anche la pancia. Il dolore divenne fortissimo quando, dopo avermi afferrato per le spalle, mi tirò all’indietro, facendomi appoggiare la schiena sul tavolo. Temetti che quell’affare, pur abbastanza morbido ed elastico, mi squarciasse dal di dentro (FOTO 16) tanto che provai a spingere con forza nella speranza di farlo uscire ma… non si mosse. Me lo sfilò poco dopo il padrone tirandolo fuori mentre ero messo esattamente come nella foto (FOTO 16) e fece male.
Non mi lasciò il tempo di leccarmi le ferite che mi fece girare e mettere carponi e guardandomi si disse soddisfatto della dilatazione raggiunta dal mio culo e ci spinse improvvisamente dentro l’intera mano lasciando che lo sfintere si richiudesse sul polso. Mi violò con estrema facilità e senza alcuna sensazione spiacevole anche se mi arrivò una decisa fitta quando la estrasse di colpo. Ma fui così felice di aver ricevuto la sua mano nel mio intimo che avrei voluto masturbarmi per aggiungere piacere al piacere.
Purtroppo capisco bene, parlandone alcune volte con qualche amico, che tutto ciò è difficile da capire perché chi non lo ha provato in modo davvero intenso ed immersivo, non riesce a mettere a fuoco quanto possa essere sublime il mescolarsi della fantasia, del desiderio, del dolore fisico e del piacere. Ed è un qualcosa che ti porta a godere, se ben fatto, assai di più di un qualsiasi orgasmo in cui un abile maschio, scopandoti a lungo, di fa fremere e vibrare dall’interno. È superiore perché ciò che prova il corpo si fonde con ciò che sogna la mente.
Mi ritrovai nuovamente sul tavolo, carponi e boccheggiante per quanto provato con il Padrone che scattò altre foto alla fessura anale anche se si seccò e mi sculacciò più volte per la velocità con cui si era richiusa… (FOTO 17).
Mi slegò le mani e mi spinse dentro qualcos’altro: una coda (FOTO 18) con la quale mi fece andare avanti ed indietro sia camminando (FOTO 19) che gattonando sul pavimento. Quell’esibizione mi procurò un bel piacere perché mi ritrovai con le ginocchia “grattugiate” dal cemento sul quale dovetti trascinarle ma anche una delusione perché avrei preferito farla davanti a qualche spettatore…
Visto che non ero più legato mi passò un manganello giocattolo e, solo con un gesto, mi indicò di usarlo sempre nel culo. Fu facilissimo farne entrare una buona metà, anche se spingerlo quasi tutto dentro si dimostrò complicato, forse per la posizione o semplicemente perché lo dovetti far entrare per ben più di venti centimetri. Inoltre, anche se era così ben piantato, probabilmente per la forma, fu complicato non farlo uscire. Appena lo lasciavo tendeva a scappare fuori, tanto che per mettermi nelle pose volute per gli scatti ebbe sempre bisogno di essere… sorretto (FOTO 20, 21, 22, 23 e 24).
In seguito mi legò con una corda, imprigionando pene e testicoli tra le cosce. Terminato di avvolgermi si divertì nell’alternare delle carezze a dei pizzicotti, senza tralasciare delle frustate che mi procurarono un sottile piacere e un fugace tremore che appariva improvviso ed involontario dopo ogni colpo forte ricevuto (FOTO 25). Quando fu sazio di questo spinse nuovamente nell’uretra uno scovolino (FOTO 26) e poi una cannuccia ed infine una penna. Seguì una legatura del pene che poi si mise a percuotere con una lunga serie di schiaffi (FOTO 27) facendolo andare a sbattere dappertutto. Infine ancorò il pene ad un cavo e, come fossi un cagnolino, mi trascinò in giro per la mansarda. Impedito nei movimenti dalla corda che bloccava le gambe dovetti muovermi con dei passetti piccoli cercando di mantenere l’equilibrio e stringendo i denti per il dolore che gli strattoni mi procuravano. Improvvisamente persi l’equilibrio e quasi mi stesi sul pavimento, la corda si tese terribilmente ed il pene subì una esagerata tensione che mi procurò un grandissimo dolore. Le lacrime scesero copiose.
Alla fine della “passeggiata”, ormai con le gambe quasi libere (FOTO 28) mi fece stendere, con mia gran difficoltà, sul tavolo ricominciando ad accarezzarmi, pizzicarmi e schiaffeggiarmi (FOTO 29).
Il Padrone era contento, lo vedevo, ed io felice per riuscire a soddisfare tutti i suoi desideri. Continuai a capire che si stava divertendo e l’impegno con cui mi strizzava, toccava, infilava dita in bocca, sfiorava, colpiva... era evidente e lo faceva proprio con la voglia di farlo ed io ne ero proprio felice e… godevo per la sensazione profonda ed interiore che mi faceva tremare per essere lì, lasciando tutto il mio corpo a sua disposizione. E questa gioia diventava quasi estasi nei momenti in cui pensavo che stavo vivendo proprio ciò che sognavo di provare… Il pensiero che nonostante gli anni ero ancora desiderato ed appetibile per quell’uomo mi eccitava tantissimo e me lo faceva amare ancor di più...
Improvvisamente se ne andò e mi lasciò solo ma ritornò presto, mi slegò completamente e mi volle in piedi.
“Adesso cambiamo gioco, voglio il tuo cazzo tutto per me…”
Si sedette su una sedia davanti a me e iniziò a legarmelo stretto stretto con delle corde (FOTO 30, 31). Dopo il pene legò anche le palle, colpendole ogni tanto con una sberla (FOTO 32).
Proseguì, mettendoci tanto impegno, soprattutto quando mi chiuse il glande all’interno della pelle e lo legò (FOTO 33, 34).
Continuò a lungo, alternando corde, lacci, sberle e strizzate di palle e nemmeno ricordo esattamente cosa mi fece o quanto tempo durò ma è evidente dalle foto che fu un gioco assai diversificato, doloroso ma piacevole e sicuramente alquanto lungo. (FOTO 35, 36, 37, 38, 39, 40, 41, 42, 43).
Vissi con gioia questa ubbidienza, rimanendo immobile, benché non fossi legato, e sempre collaborativo e attento a soddisfare le richieste, specialmente quando mi ordinò di restare fermo in certe posizioni per poter scattare delle foto.
Quando fu sazio mi regalò un’insperata gioia. Manipolare così a lungo i miei genitali lo eccitò a tal punto da concedermi nuovamente di poter assaporare il suo pene e mi permise di fargli un pompino. Si sedette sul tavolo e, aperta la cerniera, liberò il suo meraviglioso uccello consentendomi di vederlo, accarezzarlo e succhiarlo. Ovviamente diresse ogni mio singolo movimento, guidandomi con precisione in modo da permettermi di realizzare il suo massimo godimento. Inutile dire che anche il mio piacere raggiunse le stelle potendo avvolgere tra le labbra il suo sesso e lasciandolo scorrere, dritto dritto, per tutta la sua lunghezza in gola. Fu paradisiaco il modo in cui condusse le mie mani per stringere le parti che più lo sollecitavano e, contemporaneamente, comandando il ritmo con cui la testa doveva muoversi. Trovò anche il tempo di immortalare quel momento (FOTO 44, 45, 46, 47).
Alla fine mi regalò una copiosa serie di caldi fiotti, che non immaginavo minimamente mi concedesse di ricevere direttamente in gola e ne fui felice.
A quel punto mi informò che per colpa mia aveva fatto tardi e, umilmente, gli proposi di punirmi ed accettò: “sì, è giusto così. Devi essere punito. Adesso però devo pensare a qualcosa.”
Poco dopo ebbe l’ispirazione e mi diede un secchio: “piscia! Pisciaci dentro.”
Lo presi e lo avvicinai ma mi sgridò: “non così. Così lo fanno gli uomini. Fallo come una puttana. Siediti. Siediti sopra.”
Esegui immediatamente e, dopo un’incertezza iniziale, la pipì uscì abbondante (FOTO 48).
Come ebbi finito mi fece spostare e pisciò anche lui nel secchio per poi versare tutto il contenuto in un catino.
“Metti dentro la testa e bevi.”
Senza esitare infilai il viso dentro quel caldo liquido e sorseggiai (FOTO 49, 50) ripetute volte fin quando non mi disse di smettere. Mi guardò con attenzione osservando i capelli bagnati che continuavano a sgocciolare dappertutto e con voce decisa mi intimò di rivestirmi e di andarmene: “vai via. Oggi non ti voglio più vedere.”
Anche se mi congedò con modi bruschi e sgarbati, vidi il Padrone soddisfatto e fui contento di averlo reso felice comportandomi come un bravo slave.
Questa è l’ultimo racconto del Padrone. Rileggendolo mi accorgo che non è molto diverso dai cinque che lo hanno preceduto e i giochi, anche se con diverse variabili si ripetono, come pure le sensazioni di puro piacere che cerco di narrare continuano a sovrapporsi a quelle già descritte in precedenza. Anche le immagini che ha voluto regalarmi sono abbastanza vicine a quelle che illustravano le altre storie. Ed è proprio questo ripetere quanto già vissuto che mi sembra assolutamente monotono, quindi… mi fermo. Ovviamente monotono da laggere ma favolosamente eccitante da vivere. Spero di incontrare altre volte Pierluigi, se avrà voglia di vedermi ancora, e di passare molti altri pomeriggi offrendomi per soddisfare le sue voglie ma… terrò questi momenti felici solo per me, senza condividerli con questi racconti.
Poiché mi sono state scattate molte foto ho pensato di illustrare anche questa volta i diversi momenti dell’avventura con delle immagini che sono indicate nel racconto con un numero tra parentesi: es. (FOTO 4) e che invierò con email a tutti quelli che le chiederanno per condividere con loro questo piacevole “gioco”.
PER RICEVERLE inviate una EMAIL a [email protected]
Vi risponderò allegando le foto.
Ricordo che i racconti con il Padrone sono:
1) Lui mi ha voluto lurido e puzzolente,
2) Ubbidienza a due maschi,
3) Una lunga giornata, ancora ubbidienza a due maschi.
4) Ancora dal padrone
5) Dato in uso a quattro sconosciuti
6) Il Padrone mi usa di nuovo: godo.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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