Gay & Bisex
COME SE FOSSE LA PRIMA VOLTA

24.02.2025 |
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"Senti che si apre?”
“No, sono sempre bloccato..."
Gino aveva invitato Lorenzo a casa sua con la scusa di fargli sentire della musica dall’impianto stereo di suo padre. Lo sapevano bene entrambi che quello era solo un pretesto. Infatti, dopo qualche brano i due ragazzi si erano spogliati con la certezza che quel pomeriggio non sarebbe rientrato a casa nessuno fino a sera. Avevano diverse ore tutte per loro e, dopo tante carezze ed infiniti baci, il pene di Gino si era appoggiato sull’ano di Lorenzo e provava ad entrare.“Piano. Fai piano.”
“Sì, sì.”
“Mi fa male.”
“Anche a me.”
“È troppo asciutto.”
“Sì, non entra.”
“Metti un po’ di saliva?”
“Provo.”
Gino bagnò con le dita il contorno dell’apertura e poi la punta del suo pene.
“Se vuoi ho del gel.”
“Forse è meglio.”
Lorenzo si allungò verso il cassetto del comodino e prese un tubetto.
“Aspetta. Eccolo.”
Spalmò la crema fredda nei punti giusti e si rimise dietro nella classica posizione in cui si trovava poco prima.
“Meglio?”
“Sì.”
“Adesso provo ad entrare.”
“Dai, ho voglia di sentirlo tutto dentro. No, non lì, un po’ più su.”
“Ecco, così?”
“Sì, ci sei. Ah! Piano.”
“Sei stretto.”
“Insomma… Ma le altre volte entravano senza difficoltà”
“Ma nei hai già presi?”
“Sì. Sei tu che sei grosso.”
“Beh! Dovrebbe andarti bene grosso.”
“Sì, sì. Ma fai piano. Aspetta. Fermati. Adesso mi apro un po’.”
Si afferrò le chiappe con le mani e provò ad allargarle.
“Ecco, fermati così. Meglio, no? Aspetta. Mettilo bene. Sì, così è giusto.”
“Così va bene? Resto appoggiato ma non spingo.”
“Sì, sì, benissimo. Adesso mi apro di più.”
“Provo?”
“Piano però.”
“Vado.”
La punta varcò per pochi millimetri quella stretta fessura.
“Ah! Mi fa male.”
“Cazzo! Ma perché non entra?”
“Non so. Magari prova con un dito, così mi abituo.”
Gino tornò a spostarsi e si sedette appoggiando l’indice sul forellino.
“Va bene? Così va bene?”
“Sì, sì, lo sento, spingilo dentro.”
Una leggera pressione, una minima resistenza e la prima falange sparì.
“Sì, entra. Ecco, è dentro. Lo senti.”
“Dio! Sì, sì che lo sento. È tutto dentro?”
“No, la punta. Vado avanti?”
“Sì, mettilo tutto dentro.”Tutto.”
Gino spinse ancora e, vinta un’ulteriore resistenza, lo infilò completamente.
“Vedi che è entrato. Adesso muovilo. Muovilo un po’”
“Così?”
L’indice iniziò ad entrare ed uscire lentamente.
“Sì, va bene, è bellissimo. Lo sento tutto.”
“Sì, sei strettissimo. Vuoi che provi con due?”
“Sì, sì, prova. Piano però.”
L’indice uscì completamente e il medio lo affiancò e, premendo su quel tenero buchino, provarono a farsi strada.
“Ahi! Piano.”
“Ma allora sei proprio stretto. Ma davvero ne hai già presi?”
“Sì, ma è tanto che non lo faccio.”
“Quanto?”
“Dai! Adesso non mi ricordo.”
Continuando a far pressione, le prime due falangi vinsero la resistenza dello sfintere che si aprì di colpo facendole entrare mentre Gino sottolineò il superamento di quello step.
“Ahi! Visto? Ti dicevo di aver pazienza. Adesso sei dentro. Ma fai piano, mi fa male.”
Le dita iniziarono a scorrere con un po’ più di facilità, entrando ed uscendo per alcuni centimetri.
“Faccio piano, va bene?”
“Sì, sì, benissimo. Le sento, sai?”
Lentamente, guadagnando qualche millimetro alla volta, continuò l’ingresso finché, come aveva già fatto prima con l’indice, tutte e due le dita sparirono, penetrando completamente in quel candido culetto.
“Sono tutte dentro.”
“Sì, sì, le sento. È bello, sei bravo.”
Iniziò così una lenta sequenza di movimenti, prima solo dritti, poi con qualche rotazione, come per provare ad allargarlo ulteriormente.
“Ahi!”
“Fa male così?”
“Un po’. Ma continua. Mi abituo.”
Con calma e pazienza Gino continuò ad allargarlo e, nonostante i continui lamenti di Lorenzo, le dita non smisero di entrare e ruotare, preparando la strada per un possibile passo successivo.
“Ormai è largo. Sei aperto. Proviamo con il cazzo?”
“Sì, ma fai ancora un po’ così. È bellissimo. Mi piace tanto.”
Proseguì ancora fin quando non le sfilò del tutto per poi introdurle nuovamente un attimo dopo. Incontrò una debole resistenza che superò di slancio.
“Ahi!”
Questa volta fu proprio un urlo.
Gino rimase interdetto e si fermò con le dita completamente piantate dentro. Ma non le mosse di un millimetro.
“Mi ha fatto malissimo. Come se mi si rompesse tutto dentro.”
Seguì una manciata di secondi di silenzio, quindi Gino tirò fuori le dita.
“È meglio che lasciamo perdere. Non ce la fai. Per me sei vergine.”
“No, no! Non è vero. Ma è da tanto che non lo faccio.” Aspetta. Riproviamo. Dai! Metti ancora le dita.”
“Ma sei sicuro?”
“Sì, sì, ho voglia. Ti prego.”
Gino fece una faccia strana, spalmò ancora un po’ di lubrificante e, con gran attenzione, mise ancora dentro le due dita.
Anche questa volta Lorenzo provò una decisa fitta ma strinse i denti e non emise alcun suono anche se ebbe una decisa e incontrollata contrazione del culo .
Le dita erano tutte dentro ma Gino si fermò ancora.
“Sicuro? Sicuro che va bene? Non ti fa male?”
“No, no, va bene. Sì, va bene. Dai, muovile.”
Riprese a fare scorrere come aveva fatto prima mentre Lorenzo, come per rassicurarlo, continuò a ripetere che era bellissimo e che gli piaceva tanto.
“Proviamo col cazzo?”
“Sì, sono tutto aperto adesso. Sì, mettimelo.”
Tolse la mano, guardò il buco che si era serrato immediatamente diventando nuovamente piccolissimo. Pensò di mettere altro gel ma notò che ce n’era già davvero tanto e così gli si mise sopra.
“Allarga le gambe, così ti apri meglio.”
Lo fece.
Si appoggiò scivolando troppo in basso e, dopo tre tentativi, decise di guidare il cazzo con la mano.
“Sì, è lì. Sei proprio sopra.”
“Entro?”
“Sì!”
Sollevò il bacino e spinse con delicatezza sentendo la punta penetrare leggermente. Caricò il peso per farla scendere ma dopo qualche centimetro si fermò.
“Non entra.”
“Ma sei già dentro. Sta entrando.”
“Sì, ma non scende di più.”
Provò ad esercitare più pressione ma il culetto sembrava opporre una strenua resistenza. Lo sfintere era serrato ed il varco quasi inaccessibile.
“Resta fermo così. Vedrai che tra poco si apre.”
“Va bene. Faccio piano.”
“Sì.”
Rimase puntato continuando a premere ma era bloccato.
“Non entra. Sei chiuso.”
“No, adesso entra. Aspetta, ti aiuto.”
Lorenzo provò a spingere con quanta forza avesse, come se fosse seduto sulla tazza.
“Si apre. Senti che si apre?”
“No, sono sempre bloccato.”
Continuarono ancora ad insistere fin quando, vinto da quelle due forze opposte, il culo cedette di schianto.
Gino che non se l’aspettava si trovò tutto d’un colpo senza l’ostacolo che lo respingeva e, praticamente senza rendersene conto, sprofondò dentro con l’intera grossa cappella mentre Lorenzo sentì una specie di strappo ed una fitta terribile.
Urlò, colto anche lui all’improvviso da quel brusco movimento. Inarcò la schiena come per mitigare il dolore e poi affondò la testa sul lenzuolo sopraffatto dal male che provò.
Gino rimase immobile, quasi spaventato da quella reazione. Cercò di tenere fermo il bacino per mantenere la posizione accorgendosi che il culo lo aveva imprigionato. Il retto gli aveva come avviluppato il pene, stringendolo in una morsa. Sentiva che glielo stringeva e, vista la disperazione dell’altro, non sapeva davvero cosa fare.
Per alcune decine di secondi rimasero immobili con Gino che si mise a singhiozzare cercando di trattenere le urla di dolore.
“Mi hai rotto il culo. Me lo hai rotto. Basta, basta. Mi fa troppo male. Esci.”
Provò ma gli sembrò di essere trattenuto.
“Non esce.”
“Dio! Fa male.”
In quel momento Gino ebbe un altro forte tremore e inarcò ancora di più il fondo schiena e, senza volerlo, schiacciandosi contro Lorenzo, spinse il cazzo completamente dentro.
Urlò ancora lasciandosi andare, quasi inerte, sul letto.
Lorenzo gli restò appiccicato con i due corpi schiacciati uno sopra l’altro.
“Stai fermo, aspetta. Vedrai che tra poco lo tiro fuori.”
Continuò a piangere.
“Che situazione di merda! Ti avevo detto che non riuscivo ad entrare.”
“Ti prego, stai fermo.”
Rimasero immobili per diversi minuti finché Gino decise di provare a sollevarsi. Il cazzo uscì per alcuni centimetri ma poi la cappella si bloccò. Come se non riuscisse a superare l’anello anale. Provò a tirare ma non successe niente e quindi scese nuovamente dentro.
Lorenzo ebbe altri due spasimi sottolineati da gemiti.
Altro tentativo e altri gemiti.
“Ma ti fa male se tiro?”
“Sì, ma è strano. Non so. Fa male ma è una cosa strana.”
Altri quattro movimenti e altri gemiti.
“Ma… ma mi stai scopando?”
“No, provo ad uscire. Perché?”
“Perché è strano, non so.”
“Come strano?”
“Non so” rispose quasi seccato: “mi fa male ma come ti muovi… meno male. È strano.”
Tirò su con il naso. Aveva smesso di piangere.
Gino continuò a muoversi facendo scorrere il pene di pochi centimetri in su e in giù. Si fermava quando sentiva una certa resistenza e si riaffondava.
“Sì, così va bene. Ma fai piano.”
Non rispose andando avanti con quella delicata scopata accorgendosi che più si muoveva e più diventava facile. Ad un certo punto anche quella specie di impedimento sparì e fu completamente libero di muoversi.
Lorenzo aveva smesso di lamentarsi ma aveva il respiro accelerato e, di tanto in tanto, sembrava quasi guaire ma non per il dolore.
“Adesso sì. Ti sto scopando. Senti?”
“Sì, è bellissimo” rispose tirando ancora su con il naso e ripetendo dei gemiti come per sottolineare che gli piaceva.
Durò ancora per un po’ fin quando Gino, ormai eccitato e soddisfatto cominciò a sentire il calore dell’orgasmo crescere. Il cazzo diventò ancora più duro e grosso e dopo poche altre spinte si lasciò andare raccogliendo tutto il piacere.
“Ah!” ripeté più volte mentre liberava nell’intimità di Lorenzo tutto il suo liquido.
“Sì, sì, sì, ti sento. Sì” lo incoraggiò Gino.
Poi tutto si fermò e, piano e con una certa cautela si allontanò dal corpo del suo amante e senza alcuna difficoltà ne uscì. Il pene era ancora grosso e umido. Ricoperto di gel, umori e sperma.
Dal culo di Gino uscì un fiotto di crema densa che gli colò sulle palle ed infine sgocciolò sul lenzuolo.
Il ragazzo fece alcuni profondi respiri, come per riprendere fiato: “certo che ce l’hai proprio stretto.”
“Sì, ma perché è da tanto che non lo facevo” continuò: “ma adesso potremmo vederci, anche spesso se vuoi… i miei sono via sempre tutti i pomeriggi.”
“Ti è piaciuto? A me tantissimo. Hai un culetto che sembra un guanto. Ho sborrato alla grande.”
“Sì! Prima un male dell’anima ma poi è stato bellissimo. Mi fa ancora un po’ male, sai.”
Per tutta risposta Gino si piegò su di lui e gli diede due sonori bacioni, uno sulla chiappa destra, l’altro su quella sinistra.
Gino rise.
“Si è chiuso di nuovo.”
“Si?”
“Sì. Completamente chiuso. Adesso è di nuovo una piccola fessura stretta stretta. Però perdi.”
“Perdo? Cosa perdo?” Sangue?”
“Ma va! Stai ancora sgocciolando il brodo. Devo averne fatto tanto.”
Gino rise ancora e, finalmente si sollevò sui gomiti e guardò con dolcezza Lorenzo che si piegò verso di lui e le loro bocche si unirono in un lunghissimo bacio mentre la sua mano afferrò il membro teso allo spasimo e iniziò a masturbarlo.
“Adesso ti faccio venire.”
“Sì. Domani torni?”
“Sì.”
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