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Gay & Bisex

Affittacamere, quarta settimana seconda parte


di xsea3
15.04.2025    |    2.058    |    8 9.6
"“Aspetta è troppo grande!” protesto portando le mani al buchetto, come per proteggerlo..."
Quando siamo vicini a casa, il giochino vibra talmente forte che se ne sente il rumore. Mi aggrappo al braccio di Caro e lo imploro in un bisbiglio di smetterla. Sembro uno che se la sta per fare sotto, camminando a gambe strette con la faccia sofferente.
Lui sorride bonario e cala la vibrazione. Mi raddrizzo, respiro con calma. Sento il sedere bagnato. Sono sconvolto da quell’aperitivo. Da tutta l’esperienza. Mi chiedo cosa mi aspetti ancora.
Finalmente arriviamo al portone di casa. Carlo apre e mi fa strada verso l’ascensore, per fortuna.
Appena le porte si chiudono mi avvolge nel suo abbraccio, mi stringe a sé, preme l’erezione possente sulla mia, mi bacia. Io quasi non respiro, mi sento debole tra le sue braccia forti, travolto.
Quando l’ascensore si ferma si ricompone.
Usciamo sul pianerottolo e apre la porta di casa.
Poi diventa una furia. La porta non è ancora chiusa che mi è di nuovo addosso: mi bacia, mi stringe si preme su di me schiacciandomi contro il muro, un ginocchio infilato tra le mie gambe.
Quasi mi strappa il cappotto, mi sfila la maglia in un colpo, si getta sul mio collo, sui miei capezzoli. Ne succhia forte uno mentre pizzica l’altro.
Scende, mi lecca la pancia, mi apre i jeans, abbassa la cerniera, me li tira alle caviglie.
Io sono quasi inerte sotto quell’attacco. Il mio pisello spunta dal perizoma duro e lustro.
Lui si getta sulla cappella, me la succhia, si infila il cazzo in gola e con le mani mi separa le chiappe e preme il giochino a fondo dentro di me. Inizio a mugolare senza controllo finché non smette.
Si sfila la giacca, quasi strappa la camicia lasciandola li con le mie cose e si apre i pantaloni: “In camera!” ordina perentorio.
Io mi sollevo i pantaloni e corro nella stanza, ho quasi paura.
Lui mi segue. Arrivati dentro mi dà una spinta e io finisco sul letto, mi afferra le scarpe e i calzini e me li leva, poi i pantaloni.
Lui è già nudo, con quel cazzo enorme turgido e teso come non l’ho mai visto prima.
Salta sul letto, si siede al centro con la schiena poggiata sulla testiera e impugna la verga.
Non deve dire nulla. Gattono verso quella, la imbocco e comincio il mio solito venerante pompino, gustando il calore, il sapore l’odore.
Poi lui mi spinge la testa sulle palle e io lecco anche lì, assaporo l’odore più intenso dell’inguine.
E lui mi sorprende, solleva le gambe espone il perineo e mi spinge lì e poi ancora più giù.
Tira indietro le cosce, solleva il bacino dimostrando una certa elasticità e io mi trovo faccia a faccia con la sua rosellina.
Non mi do il tempo di pensare, vado a leccare lì, con le mani cerco di divaricare ancora le chiappe, per arrivare meglio. La lecco tutta attorno, arrivo al centro, provo a forzarla con la lingua. Evidentemente quel buco è più allenato del mio, perché non fatico ad entrare, ad assaporare quel posto proibito, dal sapore di pulito, forse un po’ metallico per le mucose. Lui mugola soddisfatto e poi ingiunge “Un dito, cucciolo, fammi un ditalino!” esito un attimo, poi porto l’indice alla bocca, lo lecco e saggio l’entrata. Come con la lingua non c’è grande resistenza. Il mio dito affonda. Lui mugola ancora, soddisfatto. Mi fermo, temendo di avergli fatto male, ma lui mi ordina spazientito di continuare. Ci metto un po’, ma prendo un ritmo, con la lingua lecco la rosellina, il perineo, le palle e col dito vado avanti e indietro, a volte lo torco, a volte lo muovo. Il culo accogliente mi lascia fare tutto ciò che voglio.
“Anche il medio! Hai le dita di un bambino!” protesta lui. E io eseguo. Estraggo l’indice, punto le due dita, spingo, affondo. Questa volta sento i muscoli anali fare un po’ di resistenza. Lui contrae l’anello un paio di volte stringendomi le dita, ma piano piano ricomincio a muovermi, a spingere, a ruotare, sempre leccando.
Ad un tratto mi ferma. Alzo la testa per guardarlo. Lui sorride e mi passa l’aggeggio uguale a quello che ho in culo, deve averlo recuperato in salotto prima di entrare in camera: “Infilamelo!”
Prendo il vibratore prostatico, lo punto all’ano e faccio come lui, cerco di dare una spinta fluida. L’arnese scivola senza problemi e poi l’ano sembra volerlo ingoiare.
Carlo da un mugolio, poi mi afferra il mento e mi tira a sé “Lesbichiamo un po’, troietta!” mi sussurra baciandomi.
Lesbichiamo? Ma che cazzo dice? Mi chiedo.
Ma presto mi diventa chiaro: mi bacia voluttuoso, come una troia, struscia il corpo sul mio, cazzo duro contro cazzo duro, mi accarezza dovunque, mi bacia dovunque. E io vengo travolto di nuovo, ricambio, mi struscio, lecco, spingo, abbraccio, tocco, sfioro.
Ad un tratto lui si ferma un secondo, armeggia col telefono e dopo breve i nostri giocattoli gemelli iniziano a vibrare. Lascia il cellulare, deve aver impostato un programma perché il giochino vibra a intermittenza, con diverse intensità. Comincio a gemere e lui mi sorprende, gemendo con me, mentre ricomincia a strusciare, leccare, baciare. A volte mi prende le chiappe e spinge più a fondo il gioco nel mio culo e io faccio lo stesso e tutti e due mugoliamo. Una parte del mio cervello recepisce che visti da fuori probabilmente dobbiamo sembrare proprio due troiette in calore, anche se così diverse: lui alto e muscoloso, con la pelle scura e la mazza enorme, io bassino, ben fatto, con un cazzo normale e la pelle chiara.
Andiamo avanti per un po’, ma lentamente la carica erotica ci abbandona, stanchi per la tensione di tutta quella serata.
Finalmente Carlo riprende il telefono e ferma la vibrazione.
“Mettiti sulla schiena!” mi ordina. E io obbedisco.
“Apri le gambe, mostrami il culetto!” Eseguo.
Lui passa la mano sul giochino, lo colpisce una, due, tre volte, facendomi inarcare, poi inizia a tirare. Quando sta per uscire lo molla e quello riaffonda dentro di me. Lo fa un paio di volte, mentre io sbatto la testa a sinistra e a destra gemendo. Alla fine tira di più e il coso esce, coperto di umori anali e del gel.
“Sei bagnato come una fica! Potrei sbattertelo dentro in un colpo!” dice, e io sbianco. Ma lui sorride: “Una promessa è una promessa” sentenzia e con un gesto fluido si sfila lo stimolatore prostatico che finisce accanto al mio, poi apre un cassetto del comodino e io gelo. Ha tirato fuori un dildo enorme, sarà lungo 40 cm se non di più.
Afferra un tubetto di lubrificante e increma il mostro.
Io lo guardo terrorizzato e capisco che in realtà è un dildo doppio, con la cappella su tutte e due le parti.
Carlo avvicina una estremità al mio culo. Quella roba lunga è sicuramente più grossa del giocattolo di prima, anche se non come il suo cazzo.
“Aspetta è troppo grande!” protesto portando le mani al buchetto, come per proteggerlo.
Lui si impugna il cazzo: “Preferisci questo? Tutto dentro fino alla radice? Non devi far altro che chiederlo!” è eccitato come un animale, mi fa quasi paura. Scosto le mani, sento la cappella di gomma puntare il mio buco ed entrare.
Sospiro. Niente dolore. Evidentemente, tra il lubrificante e tutto quel trattamento, il mio ano non ha problemi con quel coso.
Carlo spinge, spalanco gli occhi sentendo quella roba affondare dentro di me, apro la bocca in un gemito. Lui si ferma. Non so quanto me ne ha messo dentro, poi mi afferra sotto le ginocchia e mi spinge le gambe quasi fino accanto alla testa.
Vedo quella roba lunga e rosa che spunta dal mio culo come una coda.
Lui impugna l’altra estremità, avanza, la punta all’ano, spinge.
Il dildo affonda e affonda, ma ci saranno ancora dieci, quindici centimetri tra me e lui.
Lascia l’arnese e impugna il cazzo: “Pronto?”
Per cosa? Vorrei chiedere, ma lui scende. Il doppio dildo affonda nel suo culo e nel mio, grido più di sorpresa che di dolore, ma quella roba affonda ancora dentro di me finché le nostre chiappe si toccano.
Lui sorride, poi mi afferra il cazzo e lo struscia sul suo.
“Prendili e segali come hai imparato!” ordina.
Allungo le mani, la posizione è scomoda, circondo i due membri, il suo caldo e pulsante, il mio più piccolo ma di acciaio, li avvolgo con entrambe le mani e inizio un su e giù impacciato.
E lui inizia a muoversi. Saltella sul dildo e sul mio culo, facendomi muovere il bacino e facendo muovere quel coso dentro di me.
“Forza puttanella, veniamo insieme! Segami il cazzo, senti com’è duro, immagina che sia lui a sfondarti e non sto pezzo di plastica! Godi! Godi che sei troia!” Carlo pare indemoniato, si muove più veloce e io sento il cervello spegnersi, gli stimoli sono troppi: il cazzo di gomma che si muove, le sue chiappe che sbattono sulle mie, la tensione della schiena in quella assurda posizione, il calore dei nostri due cazzi.
“Dai che sborro!” grida. E come l’altra volta, sentire il suo cazzo pulsare è il colpo di grazia. Anche il mio vibra, accelero la sega, stringo di più e vengo coperto di sperma. I suoi e miei schizzi si mescolano, i primi arrivano in faccia, nella bocca che avevo aperta in un gemito, sul collo, nei capelli, sul petto, sulla pancia.
Mungo i nostri cazzi quasi in trance, finché l’ultima goccia esce.
Poi Carlo si alza. Il cazzo esce dal suo culo.
Si stende su di me, passandomi una mano su pancia e petto, mi infila le dita in bocca coperte del nostro seme, me le passa sulla faccia, spalmando il resto, e mi bacia.
Io mi accorgo di tremare, travolto da quelle sensazioni. Il mio culo si contrae ancora per l’orgasmo e lentamente espelle parte del dildo.
Carlo lo afferra, ancora limonandomi e lo estrae con un colpo non troppo delicato, strappandomi l’ennesimo gemito.
E continua a baciarmi col cazzo che va lentamente ammosciandosi.
“Ah che scopata! Un gran aperitivo!” sentenzia.
Io mi sento morto, stremato, violato, svuotato.
Mi accarezza piano il petto: “Hey cucciolo, la prossima volta voglio il culo. TI farò morire di piacere!”
Mi volto verso di lui confuso e quello si alza e mi tende una mano. L’afferro: “Dai, facciamo una doccia, non puoi tornare a casa così, sei immerso nello sperma!”
Mi lascio condurre come un automa in bagno.
Lui apre l’acqua calda e quando è pronta mi spinge nella doccia e mi segue. Mi volta dolcemente e mi fa appoggiare al muro, poi scende e mi divarica le natiche. Gemo, sono stanco.
Lui ammira il mio buco, si rialza e mi posa il cazzo di nuovo duro tra le chiappe. Sussulto e lui lo struscia piano. Lo sento sull’ano, nell’ano, perché è ancora aperto per la scopata di poco fa.
Sento che punta la cappella, mi volto spaventato. Lui sorride: “Guarda, la punta è già dentro senza fare nulla!” mi dice. E io contraggo l’ano, sentendolo respingere quell’intruso.
Mi volta e mi bacia piano, poi mi insapona velocemente e mi sciacqua. Esce dalla doccia e mi da un buffetto sul culo: “Asciugati e rivestiti, che se resti qui così, non posso promettere di riuscire a trattenermi.
Corro in camera, mi asciugo e recupero scarpe, calze e pantaloni. Lui mi raggiunge, col perizoma in mano “Dimentichi nulla?”
Lo afferro e vado in salotto. Mi metto la maglia, il cappotto non serve. Lui mi viene incontro: “Tieni nel caso tu voglia allenarti” mi dice dandomi un sacchetto.
Guardo dentro, c’è un dildo di medie dimensioni. Arrossisco e lo nascondo nel cappotto.
Carlo avanza, mi prende il viso tra le mani e mi bacia dolcemente: “Alla prossima cucciolo” mi dice.
E io esco con l’impressione del suo cazzo ancora duro che preme sulla mia pancia. MI chiedo se la mia vita potrà mai più tornare come prima, dopo questa esperienza
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