Gay & Bisex
Affittacamere 4, Quarta settimana prima parte

14.04.2025 |
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"C’è un tavolo con quattro ragazzi dall’espressione impassibile..."
Quando tornai nel mio appartamento, dopo l’esperienza con Carlo, avevo una sensazione di leggerezza e confusione, come camminassi in un mondo parallelo.I miei coinquilini erano ancora fuori, così sono corso sotto la doccia.
La mia mano è andata automaticamente al buchetto martoriato. L’ho trovato chiuso come sempre. Mi aspettavo quasi di trovarlo ancora spalancato! Ci ho passato sopra un dito, piano piano, e, senza neanche accorgermene, ho ripetuto i movimenti circolari di Carlo. L'ho sentito un po’ strano, contratto, forse gonfio. Non ho resistito e l'ho saggiato delicatamente. La falange del dito è entrata con un po’ di fastidio. Il trattamento subito lo ha irritato. Eppure, come impossessato dalle voglie del mio padrone di casa, ho spinto un po' di più. L'ho mosso delicatamente. Poi sono tornato in me e ho sfilato il dito inorridito. “Che sto facendo?!”
Mi sono lavato, l’odore di Carlo mi era ancora addosso, come il sapore del suo sperma. Ho pulito il pisello e la pancia, sentendo i residui della mia sborra, secchi, che se ne andavano. Quanta ne avevo fatta? Con quelle dita nel sedere ho eruttato come un vulcano.
Uscito dalla doccia e mi sono avvolto nell’accappatoio. "E ora? - ho pensato -La prossima volta Carlo vorrà penetrarmi."
Pensando al suo cazzo maestoso, la mia mano è scivolata a sistemare il mio pisello duro. Un nuovo shock. Solo pensare a quella mazza mi ha fatto venire duro. "Questa cosa mi sta facendo male - mi son detto- Sto diventando frocio."
Son tornato in camera, ho acceso il pc, cercato un porno di quelli che mi piacciono. Mi sono concentrato sulla ragazza che gemeva col cazzo in culo. Son venuto in breve, anche se avevo sborrato da poco. Un sospiro di sollievo: "No, le donne mi piacciono ancora, per fortuna. Forse ha ragione Marco quando dice che un’esperienza non ti cambia l’orientamento sessuale, al più te lo amplia. Ma io voglio davvero ampliarlo?"
Gli ho mandato un messaggio “Vuoi gli aggiornamenti?”
La risposta è arrivata in breve: “Ti chiamo”
Mi sono steso sul letto, ancora con l’accappatoio. Marco era curioso, voleva sapere che abbiamo fatto.
Gli ho confessato che mi ha messo le dita dietro.
“Cazzo ti ha fatto uno dei suoi super ditalini alla prostata?” ha chiesto entusiasta; ho percepito quasi dell’invidia.
Abbiamo parlato un po’ dell’esperienza, mi aveva già detto che a lui è piaciuta, tanto che ora, alle ragazze più disinibite, chiede di mettergli un dito nel culo quando lo succhiano. Una che gli va particolarmente a genio glielo infila anche mentre la scopa alla missionaria.
Il cazzo mi si stava indurendo di nuovo.
“Sono preoccupato che ora voglia arrivare al dunque…”
Silenzio.
“Tu hai fatto tutto?” ho insistito.
Lui ha ridacchiato. Risposta evasiva, ma che pare un sì.
“Ti è piaciuto?”
“Ci stai pensando?”
Maledizione a Marco! Mai una risposta chiara.
“Non so, ho paura. Non ho mai voluto questo. E lui è grande!”
“Bhe adesso ci sei… e poi ci sa fare, hai visto.”
“Ma com’è?”
Un momento di silenzio, un sospiro, poi finalmente si è sbilanciato: “Credo che sia diverso per ognuno. C’è chi non si diverte, a chi piace l’esperienza, chi lo adora…! Non si può sapere se non provando.”
“Si, ma tu?”
Ancora silenzio. Se stavolta non mi avesse risposto, gli avrei ricordato con acidità che è colpa sua se sono finito qui, credo che una risposta me la debba! Ma forse lui ha intuito la mia irritazione e non serve incazzarmi: “Senti Lorenzo, a me è piaciuto da matti. Qualche volta qui a Milano vado in una sauna per soli uomini per farmi una bella scopata. Con gli uomini è semplice. Una botta e via tra sconosciuti, senza pare. Le donne sono più complicate.”
Son rimasto zitto. Il pisello era di nuovo duro all’idea del bel Marco che si infila in una sauna per soli uomini.
“Se ti piace magari quando ci rivediamo proviamo noi due” ha scherzato lui per sdrammatizzare.
Ho riso in risposta “Sei un cretino!”
“Allora lo farai!” ha esclamato.
Mi son reso conto solo in quel momento dell’implicita risposta che gli avevo dato, senza pensare. Davvero una parte di me pensava di prendere un cazzo in culo per pagare l’affitto? E poi?
“Non so. Ho una settimana davanti e ho trovato un lavoretto… farò due conti.”
Siamo passati a parlare del mio lavoro di babysitter e di altre cose, il cazzo mi si è ammosciato e tutto è tornato normale, una conversazione tra amici.. Quando abbiamo chiuso la chiamata, mi son ritrovato stremato e son crollato addormentato.
È martedì mattina che mi rendo conto che non posso continuare così. L’idea che Carlo voglia mettermelo dentro mi sconvolge, obnubila i miei pensieri, mi spaventa, mi distrae dalle mie cose.
Gli mando un messaggio dopo averci pensato un sacco, cambiandolo, riscrivendolo, cancellandolo. Alla fine mi decido e invio una domanda sintetica e chiara “Cosa prevederebbe il pagamento in natura per la prossima settimana?”
Passo un’agonia di quasi due ore, in cui mi perdo gran parte della lezione fissando il cellulare, in attesa di una risposta che non arriva. Rispondo distratto ad altri messaggi, cerco di seguire, scarabocchio sul quaderno.
Poi finalmente vedo il suo messaggio. Apro col cuore in gola: “Ciao cucciolo. Pagamento previsto per venerdì sera. Si richiede pulizia accurata come la volta scorsa e vestito a modo, che usciamo. Niente cazzo in culo ancora, a meno che non lo chieda tu. Ci vediamo alle 1900 da me, o coi soldi o con il sedere pulito. Ti ho lasciato un pensiero nella scrivania” solito smiley.
Pensavo che quel messaggio avrebbe risolto tutto. Se mi avesse scritto “ti inculo” avrei avuto un semplice dilemma. Invece riesce di nuovo a spiazzarmi. Cosa diavolo avrà in mente?
Vado a casa subito dopo il pranzo. Sono troppo curioso del regalo.
Entro in camera. Una parte di me si chiede quanto sia legittimo che il padrone di casa usi le sue chiavi per entrare quando non c’è nessuno. E intanto apro il solito cassetto. C’è un sacchetto di carta. Lo apro. Vedo un tessuto scuro e un biglietto. “Come promesso”
Svolgo il tessuto. Vedo la marca famosa. Dopo aver distrutto le mie mutande aveva promesso di regalarmele nuove. Deglutisco. È un perizoma.
Non resisto alla tentazione, sfilo pantaloni e mutande e lo indosso. È un indumento maschile, ben fatto, morbido, in tessuto nero con una fascia su cui campeggia la nota casa di moda che lo produce. Ma la sensazione addosso è strana. Il filo che percorre il solco delle chiappe sembra solleticare accuratamente la rosellina. Il pisello compresso nel morbido tessuto anteriore promette di non essere contenuto in caso di erezione. Non so se potrei indossare una roba del genere per uscire.
Lo sfilo subito e lo nascondo tra la mia biancheria.
A tarda sera, mentre sto per andare a dormire trovo un nuovo messaggio “Piaciuto il regalo? Naturalmente venerdì lo devi mettere…” questa volta mi manda un bacio.
Chiudo gli occhi e sospiro. Devo prendere una decisione o non porterò a casa la settimana.
Venerdì sera alle 19.00 sono fuori dalla porta. La tensione si agita in me, ma diversa dal solito.
Da un lato il perizoma sembra costringermi a dirigere l’attenzione sulle mie parti intime. Dall’altro il fatto di sapere che non mi inculerà, mi rasserena. Ma non sapere cos’ha in mente, che vuole uscire, mi agita.
Suono e lui apre sorridendo. Mi squadra per un momento e annuisce “Stai proprio bene!” sentenzia, facendomi entrare.
Arrossisco coi miei jeans neri e la mia maglia bianca sotto il cappotto. Ho scelto qualcosa di semplice e casual. Non so dove voglia portarmi.
Lui indossa jeans blu e una camicia bianco ghiaccio che mette in risalto il fisico scolpito e la carnagione scura.
Lo seguo in salotto, dove vedo due bicchieri con del prosecco.
“Facciamo un pre aperitivo.” mi dice schioccandomi un bacio in fronte.
Mi avvio al divano.
“Hai messo il mio regalo?” chiede.
Annuisco.
“Fammi vedere!”
Siede al centro del divano a gambe larghe. Vedo il bozzo del suo pacco notevole. Mi chiedo se sia già barzotto.
Faccio per slacciare i Jeans.
“Fallo in modo sensuale!” ordina.
Arrossisco, ma faccio del mio meglio, slaccio piano la patta, abbasso lentamente la cerniera.
Spunta il bianco della marca e il tessuto nero.
Mi volto e faccio scendere lentamente il bordo dei Jeans, scoprendo il sedere bianco e sodo incorniciato dal tessuto scuro, col filo che lo attraversa.
Lui sospira. “Levati i pantaloni e la maglia, facciamo l’aperitivo nudi!”
Obbedisco tremante e mi avvicino a lui, che mi fa segno di sedergli accanto.
“Spogliami!” I suoi ordini sono sempre perentori, ma fatti con voce calda.
Mi tremano le mani mentre comincio a sbottonargli la camicia. Sono impacciato, alzo lo sguardo, ma lui sorride.
Arrivo all’ultimo bottone, la apro, il suo corpo caldo emerge dal tessuto chiaro.
Mi mette una mano sulla nuca e mi attira a sé.
Gli cado addosso, la sua lingua mi entra in bocca. Il mio petto fresco e il suo bollente si toccano, la sua mano corre sulla schiena e mi afferra una natica, la impasta con decisione, ma senza farmi male. Gli bacio il collo e scendo ad un capezzolo, mentre lui mi accarezza la testa e contemporaneamente mi sfiora il buchetto sotto il tessuto. Sospiro.
Mi spinge gentilmente verso il basso.
Addominali, ombelico. Con le mani inizio a sbottonargli i jeans. Niente zip, solo bottoni.
Lascia il mio sedere e io ho il naso sulle sue mutande bianche. Inspiro con forza il suo odore.
Le mutande sono pulite, la sua pelle sa di bagnoschiuma, ma… Oddio il suo odore, l’odore del suo cazzo! Quell’odore muschiato, un po’ selvatico che ricorda il pesce, forse con una punta di acido. Delicato, ma presente. Potrei riconoscerlo fra mille e soprattutto mi arriva dritto al cervello.
La sua mano torna sul sedere, un dito punta dritto al buco. Lo sento bagnato, se lo deve essere insalivato.
Tiro i pantaloni per liberare il bacino. Lui mi aiuta.
Una goccia di presperma macchia le mutande dove il suo cazzo si sta velocemente allungando.
Mi tuffo ad annusare lì.
Il suo dito mi massaggia il buchetto, preme, si struscia.
Sollevo lo sguardo. I suoi occhi scuri sono piantati nei miei, con un ordine chiaro dipinto sul volto.
Infilo la mano nelle mutande ed estraggo il bastone.
Lo scappello del tutto e avvicino il naso alla cappella, annuso lì, dove la pelle del prepuzio ha custodito gli aromi più intensi. Bacio il frenulo. La mia testa è vuota. Non penso più, è come se fossi ipnotizzato da quella verga.
Do una leccata. Il suo dito scivola dentro di me.
Apro la bocca in un gemito e lui con una leggera spinta sulla testa mi infila il cazzo in bocca.
Lo sento bollente, scivoloso, salato, pulsante.
Sapere che sono io a renderlo così duro mi eccita.
Inizio a succhiare, mentre con una mano lo sego e con l’altra cerco di accarezzare le palle. Non potrò mai mettermelo tutto in gola, né mi interessa. Voglio succhiarlo, leccarlo, assaggiarlo, sentire le vene sotto la lingua.
Lui mi accarezza la testa, il dito scivola più a fondo, inizia a muoverlo. Mi strappa dei gemiti.
Lo toglie, mi alza il mento sfilandomi il cazzo di bocca. Mi fissa e mi porta indice e medio alla bocca. La schiudo docilmente e succhio quelle dita come fossero il suo imponente pisello.
Non so cos’ho oggi. Mi sono sciolto subito.
Quado mi sfila le dita dalle labbra mi rigetto sul suo pisello e inconsapevolmente sollevo il culo, come a offrirglielo. E lui lo prende.
Allunga la mano, massaggia, infila un dito e subito dopo il secondo.
Mi inarco, mi scappa un gemito con la punta del suo pisellone appoggiato alla bocca chiusa in una smorfia, mentre lo stringo come per aggrapparmi a lui.
Dura un secondo, poi le due dita affondano.
Io ansimo, alzo gli occhi e lui con un sorriso mi fa un cenno che per me è chiaro.
Mi rimetto il pisello in bocca e succhio. Come la scorsa volta si crea una sintonia. Lui mi guida. Spinge a fondo e io ingoio il cazzo, muove le dita e io frullo con la lingua attorno alla cappella, quasi le estrae e io sfilo il cazzo, riaffonda e io me lo rimetto in bocca…
Andiamo avanti così per un po', tra i suoi sospiri e i miei continui mugolii. Poi lui toglie le dita, mi fa alzare dal suo pisello coperto della mia saliva e mi attira a sé per un bacio. Mi accoccolo su di lui, gli sfioro il cazzo con la mano, le sue dita tornano al mio buchino.
Lui si allontana e mi porge un bicchiere: “Beviamolo ora, o si scalda”
Facciamo cin cin e io assaggio. È un ottimo prosecco: fresco, bollicinoso, secco, ma non troppo.
“Voltati e mettiti a quattro zampe”.
Obbedisco incerto dopo aver posato il bicchiere.
Lui mi divarica le chiappe osservando il mio buchetto pulsante, coperto solo dal filo del perizoma.
Lo scosta e mi posa un bacio sull’ano.
Sospiro. Poi sento qualcosa di fresco.
Sussulto mentre lui si tuffa tra i miei glutei a leccare il rivolo di prosecco. Prosegue sul perineo e mi solletica la cappella che spunta dal poco tessuto di quelle striminzite mutande. Sono duro come l’acciaio.
Gemo.
La sua lingua torna al buco e inizia il trattamento della volta scorsa, lingua dentro, saliva, succhiata.
Sento dei gemiti uscirmi dalla bocca, finché non spinge la lingua completamente dentro. Mi scappa un gridolino.
“Fermo lì!” intima e si distacca un momento.
Qualche secondo e sento di nuovo una sensazione di fresco, ma questa volta non è prosecco. Una sostanza unta scivola sulla rosellina, sento un dito che me la spalma sul buco e tutto attorno, altro gel e il dito entra.
Grido.
“Sssss, stai buono” intima.
Afferro un cuscino del divano.
Mi batte il cuore, sento di nuovo il gel, e poi un secondo dito.
Li infila a fondo.
“Piano ti prego!” mugolo.
“Zitta troia, che so che ti piace essere sditalinata!” Il tono è caldo, ma mi ha chiamato troia. Istintivamente mi contraggo e mi allontano, ma lui con un braccio mi afferra le due gambe, passandolo sotto la pancia e poi spinge le dita.
Mi inarco, allungo una mano per scacciarlo: “Fai la brava ho detto!” il tono è severo.
Ho paura, mentre la due dita iniziano a girare con forza e poi a spingere e di nuovo a girare e infine a muoversi alla ricerca della mia prostata.
All’inizio mi fa fastidio, protesto e gemo il mio disagio, ma, contrariamente al solito, lui sembra indifferente. Il mio cazzo duro struscia contro il braccio che mi immobilizza le gambe.
Lentamente smetto di oppormi, cerco di respirare.
“Oh, finalmente hai capito!” dichiara lui.
Effettivamente il culo si rilassa, così l’anello si smolla e il massaggio smette di essere fastidioso.
Dopo poco sto sospirando di nuovo e inconsciamente muovo il bacino incontro a quelle dita.
Finché non le toglie. Mi sento vuoto, sollevato e nel contempo spaesato.
Poi sento qualcosa premere sul buco.
Mi volto, lui mi sorride e non capisco cosa fa.
Qualcosa di duro e scivoloso forza il mio buco.
Dilato le pupille, sto per chiedere cosa stia facendo, ma, con un movimento fluido, spinge.
Sento una punta violarmi, un corpo estraneo scivolarle dietro.
Non è troppo grosso, meno delle due dita, ma va più a fondo. Poi finisce la sua corsa, sento come un tappo che copre il mio ano, con una protuberanza che scende sul perineo.
Lui mi bacia una natica: “Ottimo lavoro cucciolo”
Mi fa cenno di rialzarmi. Siedo a gambe larghe sul divano e cerco di capire cosa mi ha messo dentro.
“Niente di che, è uno come questo!” mi dice lui mostrandomi uno strano arnese.
Ride del mio smarrimento “Mai visto uno stimolatore prostatico?”
Scuoto il capo, con quella presenza ingombrante dentro di me, che effettivamente pare premere proprio su quel punto sensibile.
Lui me lo dà in mano: “Vedi, la lunghezza è perfetta: qui – e indica un punto un po' più ruvido – si appoggia alla tua prostata. La punta più grossa ti fa sentire pieno, qui si restringe, così l’ano non lo espelle e questa parte permette di stimolare la rosellina e il perineo!”
Osservo l’oggetto che mi pare incredibile stia dentro di me, ma Carlo prosegue: “Questo però è speciale…” lo guardo interrogativo smanettare col cellulare. Poi muove il dito e io mando un grido. L’oggetto che ho in mano da una vibrazione e così fa quello che ho dentro. Lo lascio cadere e mi porto le mani al sedere.
Carlo sorride divertito e inizia a muovere il dito.
L’oggetto dentro di me inizia a vibrare piano. Io mugolo.
Altro movimento sullo schermo del telefono e una vibrazione potente mi attraversa il culo facendomi sobbalzare “No!” gemo.
Lui sorride e la vibrazione aumenta ancora. “Basta, basta, ti prego!” gemo, portandomi le mani alla pancia, dove mi pare di sentire vibrare tutto. Lui mi accontenta, divarica le gambe, si impugna il bastone: “Guadagnatelo!” ghigna.
Mi getto sul suo randello. Succhio e, quando lui non è soddisfatto, aumenta la vibrazione. Io col culo in alto gemo, tremo, succhio più forte, con più lingua, con più saliva.
Ad un certo punto lui sorseggia il suo prosecco, mentre il vibratore che ho dentro esegue una serie di vibrazioni che paiono programmate. Io credo di impazzire.
Infine lo spegne.
“Ok, dai, vestiti che usciamo.” mi dice.
Faccio per togliere quella cosa, ma lui mi ferma gentilmente la mano e scuote la testa: “No, lui viene con noi”.
Resto imbambolato, ma lui mi prende il filo del perizoma, rimasto scostato fino ad ora, lo sistema al centro delle chiappe e poi con un gesto del dito sul telefono mi da una piccola vibrazione: “Avanti, non possiamo fare tardi!” esclama.
E io come un automa, temendo una nuova vibrata, mi precipito a indossare i jeans.
Stiamo camminando per strada nel freddo di fine ottobre.
Io mi sento come in una realtà parallela.
Un po’ sarà il prosecco bevuto a stomaco vuoto. Appena mi son rivestito lui mi ha guardato soddisfatto, poi mi ha preso per un fianco e mi ha baciato: “Finisci il prosecco, hai la bocca che sa di cazzo! A me piace, ma magari non è il caso di farlo sapere a tutti!” mi ha detto ridendo. Sono diventato color peperone e ho tracannato in un sorso il vino rimasto, sciacquandomelo pure in bocca per pulirmi l’alito.
Sarà quello, ma credo che sia soprattutto il vibratore che ho in culo, che mi fa camminare dritto e cauto e che mi fa credere che chiunque incrociamo per strada mi stia fissando, pensando che sono solo un povero pervertito che si espone a quelle porcate per soldi.
Non so dove mi porta ma cerco di essere disinvolto. Carlo inizia a chiedermi dell’università, del lavoro di babysitter. La cosa mi mette più a mio agio. La conversazione è piacevole. Lui cammina tranquillo, a volte mi mostra monumenti della città. Io mi rilasso nonostante la situazione e lui, con la mano in tasca, evidentemente smanetta col cellulare, perché parte una vibrazione di intensità media. Mi scappa un gemito.
Lui si ferma: “Tutto bene?” mi chiede preoccupato. Una coppia seduta su una panchina ci osserva.
Che gran bastardo! Annuisco e sorrido: “Un po’ di mal di schiena” rispondo.
Lui mi passa un braccio attorno alla vita: “Appoggiati a me allora!” e prosegue sotto lo sguardo sorridente dei due che staranno pensando a che buon amico è quel quarantenne che cinge il fianco al ragazzo col mal di schiena.
Lui riprende a parlare tranquillo ma a tratti una nuova vibrazione mi attraversa il culo. Il gioco mi è chiaro, devo riuscire a restare indifferente.
MI vergogno come un cane, soprattutto perché sento il cazzo spuntare dalle mutande per quanto è duro.
Ad un certo punto svolta in una strada secondaria, mi lascia e apre la porta di un locale semi nascosto.
Entriamo.
Il posto è buio, la musica alta, ma non troppo da non parlare. Ci sono tanti separé e tavolini. Direi che è un luogo intimo.
Lui dirige al bar: “Ciao Giacomo” saluta il ragazzo dietro il banco. Cerco di restare neutro, ma è difficile. Giacomo è alto quasi come Carlo, con un bel viso da modello, capelli sparati in aria, e un gilè addosso senza nulla sotto. Sembra un ragazzo immagine di qualche discoteca.
“Salve Carlo, ti ho riservato il solito tavolo!” risponde sorridendo sornione verso di me.
Una scossa nell’ano, sorrido teso.
“Ottimo, io prendo un negroni e tu?” mi chiede.
Sto per dire che prendo una coca, ma mi rendo conto che sembrerei ancora più un ragazzino e che forse una botta alcolica è quello che mi serve per sopravvivere, così chiedo lo stesso.
Carlo mi guida ad un tavolo in penombra, in un angolo da cui si vede tutta la stanza e viceversa.
Mi tolgo il cappotto e mi siedo con cautela. Lui prende posto vicino a me e mi appoggia una mano sul pacco facendomi sussultare: “Mmmm il mio porcellino eccitato” mi sussurra.
Naturalmente arrossisco, mentre lui continua a seguire la curva del mio cazzo sotto i jeans, soffermandosi sulla cappella.
Cerco di restare indifferente e mi guardo attorno.
Il locale non è ancora molto affollato, ma vedo solo uomini e ragazzi. MI folgora un’idea: “Ma è un bar gay?” chiedo spaventato. Se qualcuno mi vede qui…
Lui mi prende la mano e se la porto tra le gambe. Me lo aspettavo e non faccio resistenza, ma sussulto lo stesso. Non la appoggia sul jeans, ma sul cazzo bollente che si è già tirato fuori dai pantaloni.
Faccio per scostarmi.
“Prendimelo in mano e sii carino – mi sussurra- se no ti mando il vibratore al massimo finché non inizi a saltellare al centro del bar!” Lo dice al mio orecchio, sussurrando, con un tono dolce in palese contrasto col senso delle parole.
Afferro il membro duro e bollente, lo stringo, muovo piano la mano.
Lui sorride, sposta la sua mano e me la infila sotto la maglia, sulla schiena. Mi accarezza al ritmo della mia sega.
Si guarda attorno: “Si è un bar gay – mi risponde dolcemente – adesso è presto, ma poi si scalda. Guarda la coppia là sulla destra!”
Seguo il suo sguardo e intravedo nell’ombra due giovani apparentemente tranquilli. Ma anche loro ci stanno fissando. All’inizio non capisco perché ci sorridano: che ci stiano provando? Poi osservo meglio e vedo le loro braccia incrociate sotto il tavolo. È chiaro che si segano a vicenda e dunque si sentono complici con noi.
Istintivamente stacco la mano da Carlo e mi parte una vibrazione nel culo. Parte piano ma va crescendo. Mi irrigidisco, torno al suo membro, ma la vibrazione non cala.
Mi volto verso di lui con sguardo implorante: “Ti prego…” gemo.
La vibrazione cresce e diventa sussultoria.
“Baciami come si deve!” ordina.
La vibrazione aumenta ancora, mi protendo, sento le sue labbra, stringo il pisello per restare in equilibrio, la sua mano si infila nei pantaloni, scende, mi avvolge il culo e spinge il giocattolo più forte dentro di me mentre ci baciamo.
Sento il mio cazzo pulsare, mi spavento, per un momento sento lo stimolo di venire. Temo, incredulo, di potermi sborrare addosso senza toccarmi.
Lui mi lascia e riduce la vibrazione. Sono rosso e accaldato, per l’imbarazzo, per quella situazione.
Sono il suo giocattolo, esposto ai suoi voleri e a dare spettacolo a quegli sconosciuti.
La coppia ci sorride e uno dei due si scambia un occhiolino con Carlo, poi si volta e infila la lingua in bocca all’amico, le braccia si muovono più veloci.
Stanno ricambiando il favore.
Carlo mi abbraccia e io appoggio la testa sulla sua spalla in modo naturale, mentre la sua mano continua a toccarmi una natica e io a segargli il pisellone sotto il tavolo.
“Mi è caduto il tovagliolo!” mi sussurra.
Io sgrano gli occhi, l’ho visto gettare a terra un fazzoletto di carta. So cosa vuole ma mi pare troppo.
Il giochino inizia a vibrare. Contraggo il viso in una smorfia e mi chino. Afferro il tovagliolino col suo cazzo spalmato sulla faccia.
Faccio per rialzarmi e lui me lo spinge in bocca.
Non ci posso credere, sono in un locale gay e lo sto succhiando a Carlo in pubblico. Cerco di rialzarmi.
Scossa al culo. Succhio obbediente, finché non mi toglie la mano dalla testa, liberandomi.
Io mi rialzo e gli porgo il tovagliolo, mentre il cameriere inizia ad avanzare verso di noi col vassoio.
Oddio, ha sicuramente visto tutto!
Voglio morire.
Ma Giacomo arriva, posa il vassoio, ci passa i due drink, sorride, come nulla fosse. Forse in quel posto è davvero una cosa normale.
“C’è Gianni?” Chiede Carlo, facendo pulsare il cazzo, come a ricordarmi di segarlo.
Obbedisco lentamente. Il cameriere sorride ancora, annuisce, mi guarda. Io restituisco uno sguardo di sfida. A questo punto, almeno, sono io quello con quel maestoso cazzo in mano!
“Gli dici se fa un salto qui? Devo chiedergli una cosa.”
Il cameriere annuisce di nuovo, mi fissa passandosi la lingua sulle labbra e si allontana.
Carlo mi accarezza la schiena “Ti stai divertendo?” domanda.
Io non so cosa rispondere, ma veniamo interrotti da un ragazzo sui trentacinque che dirige verso di noi salutando Carlo. Si danno la mano sopra il tavolo. Si siede accanto a lui e mi fissa “Cazzo Carlo! Ma dove li trovi sti ninfetti!?!?” domanda.
Lui ride “ Gianni, Lorenzo, Lorenzo, Gianni” L’uomo mi porge la mano.
Io sbianco, lascio il pisello di Carlo, tendo la mano rosso in viso. L’uomo l’afferra senza esitare, poi a sorpresa la volta, ne accarezza il palmo dolcemente “Calda – sussurra e poi si china a baciarla – e profumata!” Io sono imbambolato e Carlo mi prende la mano e se la porta al cazzo con nonchalance.
Gianni non mi stacca gli occhi di dosso: “Quando è disponibile?” chiede.
Carlo scuote il capo e mi stringe a sé: “Lui per ora è solo mio. Il mio cucciolo!”
“Mmm peccato, mi pare molto devoto!”
Carlo ride di nuovo, sorseggia il suo drink. Io lo imito. Il liquore è forte, ne bevo un sorso generoso, sento scaldarmi la pancia, come se quell’arnese che ho dentro non bastasse.
Sento la testa alleggerirsi. La situazione è surreale. Gianni e Carlo si parlano, mentre io continuo a carezzare quel palo. Mi guardo attorno. C’è un tavolo con quattro ragazzi dall’espressione impassibile. Guardo meglio e vedo qualcuno accovacciato sotto che si sposta dall’uno all’altro. Deve essere una specie di gioco a capire chi sta succhiando.
La coppia che ci ha guardato prima si sta ancora baciando, uno con la mano infilata nella camicia dell’altro. Una coppia più anziana in un angolo pare l’unica a modo.
Al banco un uomo d’affari parla con un ragazzo che potrebbe essere mio coetaneo e gli tiene già una mano sula coscia.
Vedo un ragazzo di colore e un uomo più grande dirigersi verso il bagno sghignazzando.
Dove cavolo sono finito?
Una vibrazione intensa mi riporta alla realtà.
Stringo il pisello di Caro.
“Ti sei imbambolato? Gianni chiedeva di dove sei.”
Iniziamo una conversazione di cortesia sulla mia regione e la mia città. Potrei gestirla se Carlo non mi stesse sbottonando i pantaloni, abbassando la zip, liberando il mio cazzo che scoppiava nel morbido ed esiguo tessuto.
Ora ci masturbiamo a vicenda mentre Gianni si protende sul tavolo, apparentemente interessato al mio discorso, ma capisco con orrore che è per vedermi il cazzo. Evidentemente quello di Carlo lo conosce bene.
Faccio per spingermi più sotto il tavolo, Ma il giochino parte a vibrare come un forsennato. Carlo mi tira il pisello, mi ritrovo sulla panca con il pisello esposto allo sguardo del trentenne che sorride e fa una espressione di soddisfazione.
Carlo sorride, poi si inserisce nella conversazione, mentre col pollice spalma il mio presperma sulla cappella mandandomi ai pazzi.
Chiacchieriamo per mezzora. Il Negroni mi alleggerisce, una parte di me si rassegna alla situazione. Poi Gianni ci saluta. E Carlo mi scosta la mano dal cazzo “Dai, andiamo a casa, se non sborro esplodo!” mi dice sereno.
Mi riabbottono i calzoni, faticando a contenere la verga dura, mi metto il cappotto. Lui paga, Giacomo mi sorride sornione e ci riavviamo verso casa.
Lungo il tragitto il giochino viene di nuovo azionato e la vibrazione inizia un lento, lento crescendo. Non me ne accorgo subito, anche perché Carlo fa conversazione, ma quando lo capisco, sento il panico prendermi. Visto il tempo per tornare indietro, quando arriveremo a casa sarà al massimo. Mi chiedo se riuscirò a camminare!
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