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UBBIDIENZA A DUE MASCHI (racconto con foto)


di RedTales
29.07.2022    |    13.762    |    18 8.1
"Che ora abbiamo fatto?” Fu allora che mi resi conto che ero ormai appeso lì da alcune ore e iniziai a provare anche un certo stimolo..."
UBBIDIENZA A DUE MASCHI (racconto con foto)

Questo racconto è il seguito di: “LUI MI HA VOLUTO LURIDO E PUZZOLENTE” e descrive il secondo incontro.
Premetto che è un racconto BDSM. Lo ho messo in questa categoria perché l’avventura si svolge tra maschi. Se questo tipo di esperienze non piace, consiglio di non leggerlo.
Preciso che per ubbidire agli ordini di chi ha “giocato” con me, come ben precisato nel primo racconto, ho dovuto presentarmi agli incontri con il corpo totalmente trascurato.
Poiché mi sono state scattate molte foto ho pensato di illustrare i diversi momenti dell’avventura con delle immagini che sono indicate con un numero tra parentesi: es. (FOTO 4) e che manderò con email ([email protected]) a tutti quelli che le chiederanno per condividere con loro questo “gioco”. Ricordo che sono foto esplicite e abbastanza crude e che possono non piacere… anche se riguardandole provo un’immensa voglia di rivivere ogni singolo momento...


Il Padrone mi ha chiamò di nuovo, proprio quando pensavo non mi volesse più.
Mercoledì sera arrivò un suo messaggio: “vieni domani mattina alle undici.”
Purtroppo avevo un impegno e glielo scrissi.
“Se non vieni non ti chiamo più.”
Non mi restò che rispondere: “vengo.”
Feci i classici salti mortali per liberarmi e arrivai puntuale e gli odori che emanavo erano davvero decisi, esattamente come voleva lui.
Anche gli slip erano sudici anche se avevo usato uno stratagemma per non andarmene in giro con la biancheria sporca: prima di uscire, mi mettevo un paio di mutande pulite che sostituivo con quelle sporche appena rientravo a casa…
Superai la prova “olfatto” e mi condusse nella soffitta. Sembrò meno calda dell’altra volta.
Un categorico “spogliati” mi fece mettere nudo. Come tolsi gli slip mi ordinò di darglieli: “bravo, bianchi. Devono essere bianchi, così si vede subito se sono luridi come te. Dammeli.”
Li osservò con attenzione per poi passarmi la mano sotto il cavallo e portarla al naso. Fece altrettanto con il culo e con le ascelle e, anche se la sua faccia restò imperscrutabile, ebbi l’impressione che fu soddisfatto: ero lurido al punto giusto.
Dopo avermi messo le polsiere mi indicò le sbarre di ferro alle quali mi legò (FOTO 0) e, a quel punto, mi infilò il cappuccio che questa volta aveva i fori per gli occhi.
Iniziò strizzandomi le “maniglie dell’amore” che erano decisamente presenti per poi dedicare molta attenzione ai capezzoli che accarezzò, palpeggiò, morsicò e strizzò a lungo, alternando rapide carezze all’inguine, alle spalle e al culo con improvvisi schiaffi che colpivano casualmente ovunque. Alla fine passò al pene e alle palle che tormentò con decisione, complimentandosi perché non raggiunsi mai una piena erezione.
Infatti, prima di andare da lui, mi ero fatto due seghe, con la seconda lunghissima e quasi al limite dello sfinimento, ma avevo raggiunto il risultato sperato: anche dopo tutte le sue attenzioni non mi si rizzò, nonostante il prolungato piacere che provai per quanto mi fece.
“Troia! Oggi ti voglia troia. Di quelle troie da porto. Quelle che si facevano gli scaricatori in un angolo.”
Mi ordinò quindi di alzare una gamba e mi infilò una calza autoreggente, facendo poi la stessa cosa con l’altra e quindi fece delle foto.
Poco dopo mi fece calzare delle scarpe con un alto tacco e scattò altre foto (FOTO 1 e 2).
Andò avanti così a lungo, mettendomi e togliendomi delle calze, quindi un reggicalze (FOTO 3) e infine delle gonne, alternando varie mise e continuando a fotografare ogni combinazione (FOTO 4).
Le uniche parole le usò per lamentarsi di quanto fossi sudato. Alcune volte scese al piano di sotto lasciandomi a lungo da solo. Le pause furono fastidiose per le scarpe che dovetti portare a lungo e, con quei tacchi, iniziarono ben presto a farmi male sia le dita dei piedi che i polpacci.
Quando tornò mi tolse tutto e quindi dopo avermi messo contro il naso le mie mutande: “le riconosci? Queste sono le tue”, me le infilò per poi metterci sopra un paio di pantaloni decisamente stretti, tanto che dovetti trattenere il respiro per fargli chiudere il bottone. Aggiunse anche una camicia e poi fece altre foto (FOTO 5) e se ne andò nuovamente.
Ritornò parecchio dopo con l’uomo dell’altra volta, lo riconobbi dalla voce. Lo guardai con attenzione. Era un po’ più alto di lui, sulla cinquantina, brizzolato. Non molto alto, sicuramente meno di me, forse sul metro e settanta. Era grosso e grasso. Così, a prima vista non mi piaceva. La faccia aveva una forma squadrata e la barba sembrava non tagliata da alcuni giorni.
“È quello dell’altra volta?”
“Sì! Oggi fa la troia.”
Risero. Il nuovo arrivato mi strizzò i capezzoli come saluto di benvenuto e quindi mi afferrò il pacco talmente forte che mi misi ad gridare piegandomi in avanti e sollevando una gamba.
“Ti piace?”
“Sì signore.”
“Bravo, così piace anche a me. Però non urlare.”
Quando lasciò la presa feci un lungo respiro anche se rimasi ancora piegato in avanti per il dolore.
“Usalo. Fai quello che vuoi. Magari faccio anche qualche foto. Oggi ti guardo.”
Mi rimase vicinissimo e trattenni il fiato, sazio del piacere che quella situazione di impotenza e di totale dipendenza dall’altro mi dava.
“Stretti questi jeans. Mi sa che bisogna strapparli per toglierli. E io devo toglierli. Lo sai che voglio il tuo culo. Lo sai vero che lo voglio?”
“Sì signore.”
“Sono così stretti che… che dovrò tagliarli per farli uscire…”
Restai immobile e quasi terrorizzato quando qualcosa di duro si appoggiò alla coscia.
Vedendomi teso e rigido mi passò davanti agli occhi un coltellaccio: “adesso li togliamo. Con questo. Se stai fermo è meglio, potrebbe scivolarmi la lama…”
Prima mi strappò con le mani la camicia (FOTO 6) aprendola completamente e dando degli schiaffetti sul petto e sulla pancia, poi passò ai pantaloni. Restai immobile, con tutti i muscoli tesi. Sentii il coltello farsi strada nel tessuto e poi le sue mani che lo lacerarono.
“Fermo, fermo così che gli faccio una foto.” Vidi Pierluigi avvicinarsi e fare degli scatti con il telefonino (FOTO 7). Poi si allontanò per gustarsi lo spettacolo.
Michelangelo tagliò anche l’altra gamba (FOTO 8) e quindi, facendomi sentire la fredda lama sull’inguine, squarciò anche gli slip (FOTO 9).
“Aspetta, aspetta. Altre foto. Spostati.”
Mi immortalò parecchie volte prima di farlo riprendere.
Lentamente tagliò o strappò tutto (FOTO 10), togliendo i vari pezzi per lasciarmi completamente nudo (FOTO 11).
A quel punto giocò con il mio corpo, riprendendo a toccare, accarezzare, pizzicare e schiaffeggiare. Anche se il cappuccio aveva i fori per gli occhi non potevo vedere bene e così, quando mi arrivava una pacca sulle palle che non mi aspettavo, mi contorcevo bruscamente come facevo anche quando mi sculacciava standosene di lato. Andò avanti tanto.
Michelangelo era davvero soddisfatto di quello che mi faceva ed io, a mia volta, continuavo a provare piacere per quel gioco che mi vedeva in completa balia delle sue voglie e dei suoi istinti più bassi. Godevo, ma davvero! E tanto. Una situazione che mi provocava intense sensazioni di appagamento e soddisfazione che, fortunatamente, nonostante il piacevole prurito che provavo nelle parti basse, non sfociava in un’erezione.
Finito di colpirmi si fece passare da Pierluigi un cestino e iniziò ad attaccarmi al corpo delle mollette da bucato. Provò a fissarle dappertutto ma si concentrò principalmente sulle palle, sul pene (FOTO 12) e sui capezzoli. Non facevano molto male e mi rilassai proprio quando l’uomo mi sollevò completamente il cappuccio e guardandomi negli occhi: “sei tranquillo, vero? Tanto non pizzicano… Adesso non pizzicano, vedrai come sarà tra un po’…”
A quel punto chiese all’altro di scendere a bere qualcosa: “sono un po’ stanco e ho sete. Che ora abbiamo fatto?”
Fu allora che mi resi conto che ero ormai appeso lì da alcune ore e iniziai a provare anche un certo stimolo. Mi stava venendo voglia di fare la pipì.
I due risalirono dopo tanto e alcune mollette ormai mi facevano davvero male, soprattutto quelle attaccate sullo scroto e sulla punta del pene (FOTO 13) e un’altra sistemata su un capezzolo. Inoltre avevo le braccia indolenzite ed anche la schiena mi procurava un deciso fastidio come pure le gambe.
Come li vidi decisi di fermare il gioco: “scusate, mi scappa di farla e poi mi fa male un po’ dappertutto. Mi potete slegare. Sono da ore attaccato...”
I due si guardarono e scoppiarono a ridere.
“Ti scappa? Tanto?”
“Sì!”
“Va bene, adesso ti vesto da troia, se ti comporti bene poi farai la tua pisciata.”
“Ma mi scappa?”
Uno forte sberlone sulle palle arrivò all’improvviso facendomi nuovamente gridare e inarcare in avanti e mi convinse a trattenere l’impellente necessità.
Pierluigi mi infilò dei pantaloncini (FOTO 14, 15) e, dopo aver commentato come mi stavano con il suo amico, scattò delle foto. La cosa mi intrigò e il solo pensare di essere sempre a “loro disposizione” mi faceva continuamente sentire un profondo piacere, anche se era in parte mitigato dallo sforzo che facevo per non pisciare. Mi fecero così indossare slip (FOTO 16), strani body (FOTO 17), gonne e calze di vari tipi (FOTO 18, 19, 20, 21, 22, 23) fin quando furono soddisfatti e a quel punto mi slegarono completamente, facendomi provare una strana e contraddittoria sensazione: ero contento di potermi muovere e di abbassare le braccia ma, al tempo stesso speravo che la pausa durasse poco per ritrovarmi in quella condizione di impotenza che mi eccitava tanto.
“Volevi pisciare? Ecco, falla qui” mi ordinò Pierluigi indicando un vecchio vaso da notte.
Non esitai un istante e lo presi ma, prima di potermi liberare dovetti mettermi accovacciato a gambe larghe sul vasetto e… a favore di fotocamera perché, mentre la feci, continuò a fare delle foto (FOTO 24).
Come ebbi finito mi sedetti per terra e ne fui contento mentre i due padroni mi offrirono anche dell’acqua da bere. La pausa durò poco e fui nuovamente legato a quella struttura di ferro anche se questa volta fui appeso con le mani unite sopra la testa (FOTO 25).
Pierluigi e Michelangelo, continuando a scherzare, a ridere e a fare apprezzamenti volgari, si misero ai miei fianchi e poco dopo iniziarono ad arrivare degli sculaccioni sul culo.
Me ne diedero diversi poi: “non mi viene bene da questa parte, tu non sei mancino? Vieni di qua”, dopo uno scambio di posizione, ripresero con più vigore.
Ben presto mi accorsi che se ad ogni colpo mi lamentavo a loro piaceva di più e così iniziai a gemere e gridare mentre gli schiocchi echeggiavano nella soffitta. Quel fitto martellare con i palmi delle mani sul sedere fu così intenso che oltre al bruciore provai nuovamente un’enorme eccitazione. L’essere al centro dell’attenzione di quei due che continuavano a dare soddisfazione ad ogni loro voglia sul mio corpo, legato ed impotente, mi stimolò tantissimo e, mi divenne duro, forse perché avevo il pene che si appoggiava e strusciava contro l’asta di ferro che era proprio lì davanti o semplicemente perché tutto quello mi piaceva proprio.
“È rosso come un pomodoro.”
“Sì, guarda, ci sono i segni delle dita.”
“Pensa se avesse la pelle più chiara, sarebbe perfetto.”
Ovviamente offese e oscenità si sprecarono anche in quell’occasione.
Alla fine furono soddisfatti del risultato e, dopo aver fatto diverse foto (FOTO 26), si fermarono: “birretta?”
“Certamente”.
Ma proprio mentre stavano per andarsene, sfortunatamente si accorsero della mia erezione:
“guarda guarda! Guarda la troia. Sta godendo...”
Ne seguì una fitta conversazione dove il termine più delicato che mi fu usato fu… no, non ci fu alcun termine delicato.
A quel punto mi fecero girare (FOTO 27) e mi colpirono con degli schiaffi proprio sul pene fin quando non... abbassò la testa.
Quindi mi slegarono e Pierluigi mi mise in posa per scattare altre foto, ovviamente sempre al culo rosso (FOTO 28) ma, mentre le faceva, a Michelangelo venne l’idea di mettermi piegato su dei cavalletti che aveva visto (FOTO 29) e, mentre ero così, giocherellò con le palle penzolanti dicendo anche a Pierluigi: “ma perché lo hai voluto così peloso e grasso?” Non era più divertente giocarci se era tutto depilato e magro come mi hai mostrato?”
“Sì, forse hai ragione, ma volevo provare. Me la immaginavo come una di quelle troie da quattro soldi, laide, grasse e sfondate. Quelle da usare solo in culo per poi sborrare in faccia perché neanche meritano di prendere la sborra in bocca” e rise.
“Sì, sì, però era meglio nelle foto depilato e senza pancia. Ma quanto ci ha messo a diventare così?”
“Ma? Quattro, cinque mesi…”
“Solo?”
“Quando ti ho ordinato di diventare proprio una vacca così?”
“Il diciannove dicembre…”
“Ah! Vedi, sei mesi, non quattro.”
“Brava la scrofona, ti sei meritata la sedia.”
Michelangelo mi fece spostare da quella scomoda pozione e mi diede una sedia dicendomi come dovevo sistemarmi.
Mi fecero altre foto (FOTO 30) e quindi decisero di andare a bere la birretta lasciandomi solo, dolorante ma slegato.
“Resta seduto lì.” fu l’ordine ma, come li vidi scendere, mi precipitai a bere dalla bottiglietta.
Il culo bruciava ma ero ugualmente eccitatissimo e rimasi ad aspettare con impazienza il loro ritorno.
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