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Prime Esperienze

Da piccola troia a puttana di lusso. cap. 2


di Clelia_Rocco_coppia
01.12.2024    |    3.738    |    8 9.9
"A quei pensieri proibiti le mie mani, quasi automaticamente, si insinuarono tra le mie cosce, indugiando sulla fessura già fradicia, facendomi desiderare..."
Quando la sera, alla chiusura del negozio ci salutammo, nella tasca del mio giubbino trovai 4 banconote da cinquanta euro. Ritenevo che Tonio avesse voluto ringraziarmi per la mia performance del pomeriggio e, col senno di poi, quella era la seconda volta che mi trattava da puttana. Forse sarà stata la mia ingenuità, forse la mia giovane età, ma quella sorta di strenna natalizia, in fondo, mi gratificava; ricevere quello che io ritenevo un gesto di generosità, ma soprattutto quel denaro, mi avevano reso euforica e felice perché lo ritenevo una sorta di premio per essermi dimostrata una abile amante.
A casa, chiusa in bagno, ripensai a quello che era accaduto nella toilette del negozio e mi rividi con quel gran cazzo in mano, ma soprattutto rividi la mano di padrone Tonio che mi masturbava con grande maestria, portandomi a un godimento che non avevo mai provato. Seduta sul water, con le spalle appoggiate alla parete, allargai oscenamente le cosce, rivivendo quegli istanti; quella cappella grossa e lucida che spariva e riappariva dentro il mio pugno, la mia trovata da gran troia navigata di far scivolare tanta saliva sulla cappella e il desiderio incontrollato di volerne saggiare il gusto, di averla in bocca, leccarla, succhiarla come avevo visto fare in tanti video porno, suggeritimi dalla troia di mia cugina. A quei pensieri proibiti le mie mani, quasi automaticamente, si insinuarono tra le mie cosce, indugiando sulla fessura già fradicia, facendomi desiderare di godere ancora. Come aveva fatto Tonio, inserì il mio dito medio in vagina, superando quella sorta di forche caudine che era la mia verginità, quanto mai inutile in quel frangente. E per aumentare il mio piacere, con l’altra mano, torturai il clitoride in maniera convulsa. Dopo qualche minuto, il mio dito iniziò a muoversi con grande padronanza, facendomi raggiungere in brevissimo tempo un orgasmo devastante, facendomi urlare il nome di padrone Tonio, insultandomi in modo così volgare e così forte da rischiare di essere sentita da qualcuno dei miei fratelli.
La settimana trascorse tra le mattinate a scuola e due pomeriggi la settimana nel negozio di Tonio, essendo riuscita a convincere mia madre che potevo continuare a lavorare da suo cugino, impegnandomi a fare i compiti prima di andarci. In fondo i soldi mi facevano comodo e quel sabato, con quelli già guadagnati, rinnovai un po’ del mio guardaroba, non potendo più indossare i miei capi da adolescente ormai fuori misura. Eravamo ancora in settembre e dalle nostre parti al sud faceva ancora caldo. Il lunedì pomeriggio andai all’emporio del mio padrone, indossando un leggings attillato (senza intimo) che mi fasciava cosce e culo come un guanto, una t-shirt corta che metteva in evidenza i miei seni (e i miei capezzoli, visto che non indossavo reggiseno) e lasciava scoperto il ventre con un accenno di tartaruga (avevo iniziato a fare un po’ di atletica leggera, dedicandomi al lancio del giavellotto, disciplina prescelta dal mio coach per via della mia stazza fisica.
Quando Tonio mi vide rimase con la bocca aperta e gli occhi fuori dalle orbite.
-“Mamma mia Maddalena, ma hai deciso di non farmi lavorare oggi? Come faccio a non guardarti tette e culo o, meglio, come faccio a guardare senza toccarteli e strizzarteli?”
Quella esclamazione mi fece scoppiare a ridere di gusto e, per rassicurarlo, in modo sfacciato, risposi:
-“E chi vi ha detto che non potete padrone Tonio?”
Constatai che quello scambio mi aveva messo un fremito in tutto il corpo perché provocare Tonio mi era sempre piaciuto e adesso mi eccitava, pure. Approfittando di un cliente appena entrato, lo lasciai a sistemare della merce nello scaffale e andai dietro al bancone per servire il papà di una mia compagna di classe. Prima che mi dicesse di cosa avesse bisogno, dovette completare la radiografia che fece al mio corpo, partendo dalla bacca, passando per i capezzoli già duri per via dello scambio di battuta con Tonio e finire tra le mie cosce, dove i leggings disegnavano appena la forma della mia fica, insinuandosi nella piega della fessura. Anche la reazione del padre della mia compagna mi fece un certo effetto; dovetti ammettere che provocare uomini maturi, era di gran lunga più soddisfacente e più eccitante che istigare dei coetanei o maschi di qualche anno più grandi.
Ormai era acclarato; ero una troia e non solo mi piaceva, ma esserlo mi eccitava sempre di più. Avevo imboccato quella strada che poi mi ha portato ad essere quella che sono diventata: una puttana di lusso!
In quei giorni alternavo ai leggings, gonne corte o abiti con corpetto che modellavano seni e busto ma che si svasavano dalla vita in giù, sempre rimanendo abbastanza corti. Praticamente, considerata la mia altezza, quando mi piegavo per prendere qualcosa negli scaffali in basso, la gonna o il vestito si alzavano paurosamente, lasciandomi le natiche quasi del tutto scoperte e se si trattava dei pantacollant, il solco tra le natiche si faceva più pronunciato, allungandosi fino a disegnare la fessura della fica, evidenziandone il taglio. Dopo ogni movimento guardavo padrone Tonio, per godermi le sue espressioni di falso rimprovero per averlo provocato così sfacciatamente.
Una di queste mie uscite da puttanella provocatrice mi fu fatale.
Stavo servendo Marta, una settantenne che, almeno una volta al giorno, veniva all’emporio a comprare qualcosa e stavo facendo vedere delle zip per un vestito della nipote; Tonio si avvicinò e, affiancandosi a me, aderiva e quasi mi sovrastava con tutto il corpo. La cosa non sfuggì a Marta che guardandoci con occhi amorevoli esclamò:
-“Che belli che siete; sembrate padre e figlia. State veramente bene insieme.”
-“Grazie Marta, ma sono solo lo zio di questa splendida e innocente fanciulla.”
Rispose Tonio, non limitandosi solo a questo. Infatti, incollandosi con fare paterno ancora di più al mio corpo, da dietro, sollevandomi appena il vestito, inserì una mano tra le cosce, impossessandosi della mia fica con tutto il palmo, e massaggiandola sfacciatamente. Un leggero singulto di eccitazione sfuggì dalle mie labbra che trasformai subito in un colpetto di tosse. Il bastardo del mio padrone, mentre intratteneva una discussione sul colore della zip, spostò le mutandine e iniziò a ravanarmi la fica con le dita. Prese a torturare dapprima il mio clitoride, poi inserì il suo grosso dito medio nella fica, superando la fastidiosa ristrettezza del mio imene e cominciando a stimolarmi le pareti della vagina. Il mio godimento era totale, non mi mossi per tutto il tempo e quel dito infilato in fica insieme al pollice che mi stuzzicava il buco del culo sudato, mi facevano letteralmente impazzire di piacere. Al pollice, il mio meraviglioso porco maturo, sostituì l’indice e nel giro di qualche secondo mi ritrovai ad aver scopato fica e culo con le sue grassocce e straordinarie dita, ottimi surrogati di due cazzi. Fu la mia prima doppia penetrazione. Marta non sembrava volersene andare e Tonio, peraltro, gradiva molto quella perversa copertura. Quando l’anziana donna chiese se mi piacesse il colore che aveva scelto per quella benedettissima zip, il mio fu un Sì, prolungato espresso proprio nel momento in cui l’orgasmo mi travolse, le gambe mi tremarono e se non mi fossi appoggiata al bancone, sarei crollata a terra per l’intenso piacere. Rimasi in quella posizione di abbandono fino a quando padrone Tonio, non accompagnò Marta fuori dal negozio ed essendo l’ora della chiusura, tirò giù la saracinesca. Quando mi raggiunse dietro il bancone, mi guardò intensamente e dopo avermi dato una sonora sculacciata mi ordinò:
-“Visto che da tutto il pomeriggio che fai la troia, provocandomi e facendomi venire il cazzo duro, e dopo aver goduto come una cagna in calore, adesso dai tregua alla mia minchia come dico io.”
Mi prese per i capelli e mi costrinse ad inginocchiarmi di fronte a lui col viso a un palmo del suo cazzo.
-“Tiralo fuori e prendilo in bocca. Lo avrai spompinato qualche cazzo durante le vacanze, no?”
Senza replicare, dopo aver tirato giù la zip, strinsi quella nerchia dura e nerboruta tra le mani, feci scivolare tanta saliva e iniziai a segarlo, memore dei tanti video porno guardati la sera a letto. La cappella rossa, lucida, grossa era un invito osceno e lussurioso. Con la punta sfiorai le mie guance, il collo, le labbra; lo annusai, riempiendomi le narici poi tirai fuori la lingua e cominciai a leccare. Tonio rantolava per il piacere e mi mise una mano sulla testa, imprimendo una leggera pressione perché glielo prendessi in bocca. Lo feci subito con grande coinvolgimento, volevo soddisfarlo e appagarlo. Ingoiai quel gran cazzo, meravigliandomi di me stessa perché riuscii a farlo sparire tutto in bocca. il mio padrone gemette forte e questa volta mi prese la testa con entrambe le mani, fottendomi letteralmente la bocca. Ero fiera di me stessa, ma soprattutto molto eccitata; sentivo i mei umori colare in maniera copiosa dalla fica e inzuppare le mutandine.
Segavo e spompinavo quella minchia meravigliosa, la rimiravo mentre lo facevo e la consideravo veramente bella, oltre che da succhiare e leccare, anche da guardare.
Tonio mi soprese proprio mentre l’ammiravo e mi disse:
-“Ti piace la mia verga, vero puttana? Vedo che ti eccita proprio averla in bocca e leccarla e lapparla proprio come una cagna. Voglio che ti sditalini la fica mentre mi sbocchini il cazzo, so che lo desideri puttanella!”
Quegli insulti mi eccitarono enormemente ed eseguendo i suoi ordini, mi infilai un dito in fica, mentre il pollice devastava il clitoride. Non durammo molto nessuno dei due, eravamo troppo eccitati da tutto il pomeriggio e dopo qualche minuto lo sentii urlare e insultarmi in tutti i modi, riversandomi in bocca tanta sborra calda, che non riuscii a trattenere perché un altro meraviglioso orgasmo mi devastò la fica di piacere. Non potendo urlare, dalla mia gola uscirono solo dei rantoli e ancora in preda agli spasmi del godimento, tutta tremante, leccai e succhiai quel cazzo e quella cappella, ripulendola di ogni minima stilla di sperma e recuperando con le dita quella che era colata agli angoli della mia bocca, leccandola e succhiando. Per tutto il tempo in cui avevo goduto di quella minchia in bocca, il mio sguardo non aveva abbandonato quello del mio padrone. E ancora dopo aver goduto, non smisi di fissarlo e leccargli il cazzo, accennando a un leggero sorriso che sottolineava la mia gratitudine nei suoi confronti per l'appagamento che mi aveva regalato in quegli ultimi istanti . Era un modo per rassicurarlo che ero diventata la sua troia, la sua cagna e la sua puttana. Tonio, comprese e, accarezzandomi i capelli, mi disse:
-“Vai a darti una sistemata in bagno e non sciacquarti la bocca perché se stasera devi baciare qualcuno voglio che senta l’odore e il sapore del mio cazzo sulle tue labbra.
Risi di gusto, ma feci proprio quello che mi aveva ordinato.
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