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Prime Esperienze

Iniziata al piacere


di Membro VIP di Annunci69.it Ginocondor65
22.03.2025    |    6.987    |    4 9.4
"Mi domando però perché cerchi un uomo, se ha due amiche del cuore..."
Separarsi fa sempre male. Anche se hai ragione da vendere. Lei lo sa.
Ha pianto per questo. Si è confidata con le amiche, che poi quelle vere sono due.
Si è confidata con me.
Lo ha lasciato lei, per mettere subito le cose in chiaro.
Lo ha lasciato quando ha capito che la fiammella si era spenta.
Forse si erano conosciuti troppo giovani, ha sussurrato tra un singhiozzo e l'altro. Forse hanno fatto le cose troppo di fretta, considerato che lei si è ritrovata incinta a 18 anni e ha difeso con orgoglio la propria maternità. La piccola frutto del loro amore li ha obbligati al matrimonio, laico. La convivenza forzata ha tagliato via la fantasia e il desiderio, precipitandoli negli obblighi.
Non c'è stato tradimento. Non da parte sua. E, giura, neppure da parte di lui.
Solo che la storia non funzionava. Lui aveva altri interessi, preferiva il padel a una passeggiata. Lei voleva vedere le mostre mentre lui se ne stava a guardare il calcio in tv.
Amici? Pochi se si escludono quelli del lavoro.
"E' finita" mi dice.
Cerco di farla riflettere. "Non essere così drastica, aspetta un momento".
"Ho aspettato anche troppo" ribatte e scende dall'auto che ho parcheggiato sotto casa sua.
Quando mi richiama, l'indomani, si scusa quasi. Ha bisogno di confrontarsi con un uomo. Per carità, nessun problema ribatto.
Mi domando però perché cerchi un uomo, se ha due amiche del cuore.
Lo capisco subito e non è quello che immaginate.
Le due amiche, sussurra, si sono rivelate due stronze.
"Perché?" chiedo incuriosito.
"Sai la storia del chiodo scaccia chiodo?".
"Beh..." mi fermo. Non posso pensare che una donna, diventata donna troppo presto, sia scivolata in un gioco puerile di sostituzione del fallo. Non ha senso.
E invece...
E invece viene fuori una storia che non ti aspetti.
La prima amica, Sandra, le ha suggerito di allentare la tensione. Le ha fissato un massaggio rigenerante, in palestra.
"Quello..." accenna.
"Quello?".
"Quello ci sa fare" ammette. Mi racconta che il massaggio l'ha fatto sfilandosi il top. Dice che lui ha usato un unguento caldo che l'ha fatta rilassare, con la musica in sottofondo che ricordava quella tibetana. Dice che all'inizio era tesa come una corda di violino. Mai un uomo, mai, l'aveva carezzata con quelle mani ferme. Lei si è distratta un attimo. Lui le ha steso bene la pelle sotto i seni. Lei forse ha reagito, inconsapevolmente i capezzoli si sono svegliati.
Ha sentito calore tra le cosce. Aveva la mutandina di carta e lui non l'aveva ancora sfiorata laggiù. Ma lei si stava bagnando...
Così quando è arrivato al'inguine, prima ha fatto un passaggio più alto. Poi è sceso. Poi è sceso ancora.
"Per fartela breve ha sfiorato i peli".
"I peli?".
"Porto il baffetto" ha detto lei. "Tanto sei un amico e con te non farei mai niente".
Il solito fortunello.
"E quindi?" chiedo incuriosito.
"E quindi, ricordo la mano nell'interno coscia. Lui che spinge con quelle dita ferme. E io... mi bagno. Intensamente".
Vabbè, penso. Può capitare.
"Ho goduto" dice. "Ho goduto e mi sono vergognata".
"E di cosa?".
"Di essergli venuta sulla mano".
"Capirai... Tutto qui?".
Lei abbassa lo sguardo. Mi dice che non è tutto. Mi dice che alla fine del massaggio lei si è quasi scusata e lui, con fare professionale, ha ignorato quelle parole e le ha chiesto solo se voleva fissare per un altro massaggio la settimana successiva. E fissa oggi, fissa domani, sì insomma, c'è uscita.
Finisco di bere il mio Negroni, ma so già che ne servirà un altro.
Sì, insomma. Sono usciti. Lei tutta tremante, lui sicuro. L'ha portata sul suo Porsche. Già prima di andare a cena l'ha abbracciata, l'ha baciata sul collo, sulle labbra, sui seni.
"Per fartela breve, mi ha invitato a salire in casa sua. E ho accettato. Sapevo a cosa stavo andando incontro, ma ero come ipnotizzata. Il primo uomo, dopo mio marito".
Dice che lui le ha fatto trovare la tavola apparecchiata per due. Le candele rosse. Un piatto di pasta con i gamberi. Non hanno neppure finito di assaggiarla che lui già assaggiava ben altro.
"Mi ha messo sul tavolo, capisci? Mi ha allargato le cosce e...".
"E?". La storia inizia ad eccitarmi. Lei non vorrebbe andare oltre, ma la porto sulla fine del racconto.
Le ha leccato la fica per minuti interminabili. Le ha stretto le tette mentre con la lingua sondava la sua caverna. Ha voluto bere la sua fica bagnata. Solo allora si è alzato. Solo allora ha tirato fuori l'arnese. Un discreto cazzo, ha detto. Un po' storto, magari. L'ha infilato come un palo teso e ha iniziato a penetrarla. Lei, come una pazza, si è bagnata di nuovo e i loro umori si sono uniti. Mentre lui continuava a sbatterla e a chiamarla troia, maiala, puttana.
Lei c'è rimasta male. Che senso avevano quelle parole? Perché poi?
Ma lui se ne è fottuto. "Prendi la mia sborra, troia. Lo so come sei fatta. Una verginella...ma se ti piace così tanto il cazzo che neppure sai trattenere l'orgasmo. Sei una maiala. Una fottutissima maiala. Sei una troia" ha urlato quasi prima di esplodere la sua sborra nel corpo della donna, senza neppure chiederle se poteva andare a dritto o se doveva venire fuori.
Giura di non averlo visto più. Né lui l'ha più cercata.
Il barista porta il secondo giro di bevuta.
"E l'altra?" chiedo quasi senza voglia.
"L'altra chi? Rita?".
"Non so come si chiami".
Roberta, questo il nome della separata, è un fiume in piena. Il suo secondo Mojito sta facendo allargare i suoi pensieri. E inizio a giocare con qualche pensiero impuro o, forse, anche troppo puro. Lei intanto si sbottona un po' la camicia di seta. La temperatura corporea si alza.
"Rita è stata una stronza".
Lo dice mentre inizia a raccontarmi che dopo l'esperienza col massaggiatore, mentre già faceva vita da separata in casa, ha raccontato tutto a Rita. La situazione era molto tesa, mi ha riferito. E io, da vero maiale, al solo sentir pronunciare "tesa" ho iniziato a fantasticare...
Ha raccontato tutto a Rita, ha sottolineato perdendosi con lo sguardo nel drink.
Non capisco cosa possa scatenare l'assioma Rita-stronza, ma in certe occasioni restare in silenzio è la scelta migliore.
Infatti Roberta diventa irresistibile. Il drink le ha dato leggerezza. E adesso riprende il proprio racconto in assoluta libertà. Senza limiti.
Rita, mi dice, l'ha invitata a casa a cena. Una serata tranquilla tra amiche, tanto che il marito le ha salutate uscendo per andare a mangiarsi una pizza con gli amici. Le due donne sono rimaste sole e i loro racconti si sono fatti piccanti. Rita che incalza, Sandra che racconta. Racconta del massaggiatore. Racconta del marito, anzi dell'ex. Rita la stuzzica, le chiede di fare un paragone tra i due, per sorridere e allentare la tensione. E Sandra ci casca, come una pera cotta mi dice.
Certo il marito l'aveva conquistata da ragazza. Certo non aveva conosciuto altro uccello all'infuori del suo. Certo aveva fantasticato mentre col marito, pardon con l'ex, una sera si erano messi a guardare un dvd porno e lui era in tiro come non mai mentre una pornostar succhiava avidamente l'asta dell'attore. Ma se lui, l'ex, era in tiro, lei si era bagnata assistendo alla decisione con la quale il pornoattore aveva piegato quella donna. L'abilità con la quale la stava prendendo, la fermezza con la quale l'aveva inculata. Ed era stato in quel momento che Rita le aveva chiesto se a Sandra piacesse prenderlo lì.
Sandra aveva bevuto un sorso di quel Vermentino fresco. E poi un secondo sorso. E prima che la pasta fosse in tavola erano già volati due bicchieri. E insomma, la temperatura era salita. Insomma, alla fine aveva confidato a Rita che lei lo aveva preso nel culo solo un paio di volte, forse tre, anche se il suo ex...
Rita l'aveva affrontata come una gatta. L'aveva stretta al tavolo mentre iniziavano a sparecchiare. Le aveva afferrato le guance e le aveva spinto la lingua in gola. E mentre Sandra cercava di capire cosa stesse succedendo, le aveva infilato una mano nella mutandina palpeggiandole la passera.
Colta alla sprovvista, Sandra aveva ceduto per un istante. Quel tanto che era servito a Rita per allargare le gambe e far vedere che non indossava le mutandine.
"Mi piaci" aveva detto. Sandra aveva resistito, ma Rita non si fermava e dalle labbra al collo era stato un attimo. E dal collo alla tetta destra un attimo ancora.
E mentre Sandra cercava di trovare le parole, quella stronza di Rita le aveva infilato la lingua su per le cosce e fino alla fica e a quel punto non c'era stato niente che la potesse fermare. Era stata dolce, Rita. L'aveva leccata con maestria. L'aveva messa a proprio agio, spalancandole le cosce. Il palmo della mano sinistra sul ventre, l'indice della destra a sfiorare il culo e la lingua. Ah quella lingua... Mai, mai, mai il suo ex l'aveva leccata con quella intensità. Mai, mai, mai lei aveva goduto come tra le labbra di Rita.
Solo che...
Solo che, avevo chiesto perché la nerchia si era già fatta barzotta.
"Solo che... quella stronza".
Non capivo. E nel non capire l'avevo lasciata proseguire in quella sua memoria sofferta.
"Solo che quella era d'accordo".
"D'accordo con chi?" le avevo chiesto.
"D'accordo con suo marito. Rita, voglio dire, con suo marito che era rientrato in casa".
O, forse, a pensarci bene, non se n'era mai andato.
Così Sandra era rimasta a cosce larghe, in estasi, quei pochi secondi che l'avevano fatta finalmente rilassare. Non si era accorta che dietro di lei si era palesato il marito di Rita. Con un cazzo enorme, come mai Sandra ne aveva visti prima. Una melanzana, per capirsi.
Lei aveva fatto per rialzarsi, ma Rita l'aveva tenuta ferma sulle cosce, mentre il marito le aveva sbattuto il cazzo sulle labbra. Non capendoci più niente Sandra aveva cercato di alzarsi, ma lui l'aveva tenuta giù e le aveva versato sulle labbra alcune gocce di quel vino traditore.
L'uccello che pulsava, le gocce del vino, la situazione... Sandra aveva ceduto, aprendo la bocca. E mentre il marito di Rita le infilava il glande che a malapena la sua boccuccia riusciva a contenere, tanto era largo, l'amica aveva preso a massaggiarla con la fica che ancora gocciolava. Il resto era facilmente comprensibile.
Il marito di Rita aveva girato Sandra, le aveva infilato la punta di quell'uccello mostruoso nella fica e aveva lasciato che quelle labbra si allargassero dolcemente prima di iniziare a pomparla. L'aveva pompata, non troppo per la verità, mentre Rita teneva l'asta in mano perché era così grossa che tutta dentro non entrava.
Un misto tra una sega e una scopata, per assecondare quel mostro di marito che si divertiva, adesso, a leccare la moglie e poi a piegarsi sulla schiena di Sandra. Fino a sborrarle nella fica, senza chiedere permesso, senza domandarsi se lei prendesse la pillola o chissà cosa...
Sandra si era ricomposta. Si era rivestita ed era uscita senza dir niente. Non aveva più visto Rita né desiderato il membro del marito.
E adesso era qui, accanto a me, un po' su di giri. Ma io sono un galantuomo. Pur avendo il cazzo adesso ai massimi, non me l'ero sentita di approfittarmi della situazione. L'avevo anzi accompagnata a casa, sincerandomi che rincasasse senza rischio alcuno.

L'indomani Sandra mi aveva chiamato, allarmata. Si scusava per quello che aveva detto. Si sincerava che non ci fossi rimasto male. Si raccomandava di non farne parola con alcuno. Certo, le avevo risposto. E avevo fissato per un aperitivo quel giorno stesso.
Quella sua confessione mi aveva intrigato troppo e la notte precedente avevo tardato a prendere sonno.
Così al tavolino di un bar elegante, in centro, avevamo ripreso esattamente da dove ci eravamo salutati.
Io le avevo detto di non preoccuparsi, anzi ero onorato delle sue confidenze.
Lei era apparsa rasserenata: "Se un amico, peccato solo per questo...".
"In che senso?".
"In quel senso. Se uno è un amico, non può essere altro. E io certo non cerco trombamici".
Lo pensi tu, avevo rimuginato. La conversazione aveva cercato altre sponde. Si era trasformata in un apericena e questo aveva portato a triplicare le bevute.
Fu in quel preciso istante che scoprii un lato del mio carattere che non conoscevo.
"Credo sia giusto che tu rifletta" le dissi.
"Su cosa?".
"Tu sei stata una fidanzatina, una moglie e una donna sempre fedele".
"Certo, finché la storia lo ha consentito".
"E poi ti sei come sciolta col massaggiatore".
"Un episodio".
"E poi ti sei lasciata andare con Rita".
"La stronza", mi interruppe.
"...e con suo marito".
Sandra rimase in silenzio. Io incalzai.
"Cosa ti dice questo?".
"Cosa dovrebbe dirmi" rispose stizzita.
"Secondo me...".
"Secondo te?".
"Secondo me... vuol dire chi in fondo in fondo...".
"Ma sei cretino?".
"Tutt'altro. Credo anzi che tu debba lasciarti andare un po'. Essere meno rigida".
Sandra non capiva. E io, in tutta onestà, stavo improvvisando come facciamo sempre nella vita.
La invitai a seguirmi in auto, premettendo che non ci avrei provato.
Raggiungemmo uno slargo che sapevo frequentato da voyeur, vicino all'ingresso dell'autostrada. In realtà non c'era nessuno. Spensi l'auto, con le sicure ben chiuse e lasciai accesa un po' di musica in sottofondo per coprire il silenzio imbarazzato di lei.
"Adesso fammi vedere le tette" le dissi.
"Ma sei impazzito?" mi rispose.
"No. Voglio solo dimostrarti una cosa e giuro che non farò niente, fosse l'ultima cosa che farei al mondo. Mi piaci, non fraintendere, ma non sono qui per questo".
Lei non apprezzò. Ma io insistetti. E alla fine, pur controvoglia, lei si sbottonò un po' la camicetta.
"Credi che non abbia visto un capezzolo in vita mia?" la provocai.
Lei lasciò che la mia mano abbassasse la coppa del reggiseno fino a far spuntare un cicciolo di un paio di centimetri che sormontava una seconda abbondante.
La lasciai con entrambe le tette in vista per qualche istante.
Lei mi guardava a metà tra l'incazzato e il sorpreso.
"Adesso togliti le mutandine" intimai.
Lei obbedì, sfilandosele sotto la gonna ampia. quel tanto che mi consentì di vedere le cosce, ma non la tana dei desideri.
Così le abbassai la gonna quel tanto che serviva per far emergere i peli di un baffetto rasato di fresco.
Confesso che a quel punto avrei voluto tirarmelo fuori, ma mi trattenni. Troppo alta la posta in palio.
Fu allora che vidi un'ombra vicino al finestrino lato passeggero. Non vedevo il volto, ma vedevo una camicia di jeans alzata, un ombelico e un cazzo che spuntava dal finestrino rigorosamente chiuso. Lei reagì quasi inorridita.
"Guardalo. Il cazzo. Guardalo e stai zitta".
Lei obbedì mentre lo sconosciuto aveva iniziato a menarselo e con l'altra mano chiedeva di abbassare il finestrino.
Lei si voltò verso di me. Il mio sguardo la tranquillizzò, non avrei abbassato il finestrino per niente al mondo. Ma le intimai: "Adesso massaggiati le tette".
La accompagnai con le frasi della circostanza. Le chiesi di strizzarsi un capezzolo, di far scivolare lentamente la mano fino all'inguine, di sfregarsi la passera senza penetrarla. L'eccitazione era ai massimi quando uno spruzzo biancastro invase il vetro del passeggero. L'uomo si rivestì frettolosamente e se ne andò esattamente com'era arrivato.
"Ti è piaciuto" le dissi.
Lei era tutta arrossata.
"Allora dimmi...".
"Beh, ad essere sincera...".
Ad essere sincera non solo le era piaciuto, ma mi aveva lasciato una pozza sul sedile.
Quando la salutai, sotto casa, non ci dicemmo niente.

Trascorsi un paio di giorni, senza che lei si fosse fatta sentire, decisi di andare a trovarla sul luogo di lavoro, all'uscita per la pausa pranzo.
"Sono passato di qui apposta" le dissi.
Lei rimase ferma sui propri passi.
"Sono felice che tu abbia capito" forzai.
"Capito cosa?".
"Capito la tua indole".
Il passaggio dei suoi colleghi la intimidiva, a tal punto da spingermi a invitarla a prenderci un gelato lì vicino.
All'inizio mangiammo soltanto e non pensai alla sua lingua, se è quello che vi aspettate.
Poi affrontai la questione direttamente.
"L'altra sera ho voluto metterti alla prova". Proseguii il mio ragionamento, spiegandole che quella sosta con il guardone doveva aiutarla a capire la propria indole.
"Quella non è la mia indole" replicò.
"Ma se mi hai lasciato una pozza grande così sul sedile" sussurrai.
Il suo volto si fece rosso, come un peperone.
Raggiungemmo una tregua, rinviando ogni considerazione alla sera seguente, per una cena "senza sorprese" come mi disse lei.
Così fu.
Le raccontai allora di un amico che l'aveva notata. Che si era invaghito. E che avrebbe dato un occhio della testa per poterla invitare a cena.
"Del resto sei tornata single" le dissi, ricordandole che in qualità di amico, non osavo oltre.
Le prospettai anche un invito galante da parte di questo sconosciuto. Una cena in un ristorante stellato, una macchina con autista, senza andare oltre la conoscenza. Lei mi osservò dubbiosa. Le proposi di provare, in fin dei conti non avrebbe avuto niente da perdere...
Lui era un gran bell'uomo, fascinoso. La serata andò bene, come avevo immaginato quando l'avevo ingaggiato come gigolò, alla di lei insaputa.
Tra auto con conducente e cena, spesi oltre 1.200 euro, ma ne valse la pena. Perché lei uscì da quell'esperienza rianimata e più sicura di sé. Lui, come da programma. la rivide e mi confidò di averla portata nel proprio attico dove, dopo rapidi preliminari, lei aveva apprezzato, diciamo così.
Facendo finta di non sapere, le telefonai, chiedendo come fosse poi andata.
Non mi disse dell'epilogo, ma commentò che quell'uomo era davvero elegante, che insomma con la signore ci sapeva fare senza essere troppo invadente.
Sorrisi. La strada era aperta. In un pugno di giorni l'aveva data a più persone che in tutta una vita.
Quando l'affrontai le rivelai la verità. Sapevo. Tutto. A nulla sarebbero valse le sue motivazioni. Rimase interdetta.
"Adesso so più cose io di te, che te stessa" la rimbrottai. Fu l'inizio di un rapporto che prosegue anche oggi.
Lei è diventata la mia slave. Con scadenza fissa la porto a feste private per lo scambio di coppia. La vedo sempre con quegli occhi di cerbiatta mentre entra in una dark room. So cosa farà. So come la spoglieranno, come la sfioreranno. So che si concederà con la foga di una donna finalmente libera.
Da quel giorno non ho più contato gli appuntamenti che le ho procurato. So, dai racconti di amici, che è una puledra in calore.
Le piace essere presa frontalmente. Messa al centro di un gioco con due, tre uomini al massimo. Selezionati. C'è sempre un giovane con la canna in tiro per soddisfare la prestanza fisica, un uomo maturo per guidare il gioco e un outsider per aprire nuovi percorsi. So che succhia il cazzo come nessun altra del mio giro. Le piace leccarlo roteando la lingua attorno al glande. Ciucciando la cappella e tirando in su l'asta fino a farlo indurire. So che può continuare ad andare avanti e indietro per lunghi minuti. So che beve. Tutto. E che dopo aver bevuto vuole baciare il fortunato in bocca, per restituirgli parte dello sperma.
Sull'anale è imbattibile. Adesso quello che ama di più è il DP. Due nerchie nell'ano. E lì devi saperci fare, perché non è facile.
Vuole essere bagnata ovunque. Vuole godere e urlare di piacere, con la sua tutina nera. Si è rifatta il seno, glielo ho pagato io.
Calza il tacco 12, mette la mascherina per non farsi riconoscere. In realtà la conoscono in molti, la desiderano tutti.
Solo io non l'ho mai scopata. Perché volevo trasformarla come una crisalide. Farla uscire dal bozzolo per farla volare libera. Di uccello in uccello.
Le amiche di un tempo non le vede più. Le nuove non fanno domande, impegnate come sono a godere per il proprio piacere mentre si lasciano andare a giochi saffici. Una sera lei è venuta in camera mia, si è spogliata, meravigliosa.
"Abbiamo un conto in sospeso" mi ha detto.
"Nessun conto e nessun sospeso" le ho risposto.
E allora cosa facciamo, mi ha detto.
Vederti godere, sentirti venire, saperti nelle mani di estranei è la più grande forma di piacere per uno come me, le ho detto.
Le ho sfiorato la bocca con un dito, me lo ha succhiato cercando di stuzzicare la mia fantasia mentre mi guardava negli occhi.
Mi ha fatto tenerezza, davvero. Il mio dito tra le sue labbra... Il primo giorno che mi parlò mi aveva fatto tenerezza. Era una pura.
Averla convertita ai giochi è una soddisfazione.
Non le ho mai fatto ciucciare il mio uccello e questo la fa impazzire. Così come non averla mai scopata, neppure nel culo. Non capisce.
Ed è questo l'aspetto che più mi piace. Saperla sempre in tensione, pronta a eseguire ogni mio desiderio. Nella speranza di scoparmi.
Ma le voglio un gran bene. Sincero. Profondo. Anche quando la faccio sdraiare, pancia sul lettino, a pecorina col culo che esce da una parete di legno, per farla prendere dagli sconosciuti. Proprio ieri sera ho realizzato il capolavoro.
Lei si è messa docile in attesa di essere penetrata. Io mi sono seduto accanto a lei, le ho preso la mano, l'ho accarezzata sui capelli.
Un ignoto è entrato nella stanza, ligio alla regola.
Deve averle massaggiato la passera, perché lei mi ha sorriso.
Deve averle leccato la fica, perché lei ha iniziato ad ansimare.
E mentre la osservavo, ripensavo al nostro primo aperitivo. Quanta strada hai fatto piccola, ho pensato. Quanta strada hanno percorso i membri di carne che si sono alternati gonfi nei tuoi orifizi. Sei diventata una dea del sesso, ho pensato.
Deve averle leccato il culo, perché ho visto che ha allargato appena lo sguardo.
Deve averle preso il culo, perché ho visto un senso di piacere misto alla tensione in quei suoi occhi da cerbiatta.
Deve averla pompata bene, perché lei ha iniziato a emettere un suono gutturale, fino allo spasmo.
Poi è tornata la quiete.
Lei si è rilassata, docile come una puledra.
Lui deve essersi rilassato, perché è uscito così com'era entrato.
Lei non sa.
Lui non sa.
Un giorno si erano incontrati, alcuni anni fa. Erano giovani, troppo giovani. Forse.



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