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Lui & Lei

Ode alla mano


di Membro VIP di Annunci69.it Ginocondor65
17.11.2024    |    47    |    0 8.0
"“Ne puoi star certo” mi risponde..."
La mano accarezza e stringe. Quelle tette devono essere mie.
Bacio, ma lo scambio di lingue non mi eccita. Non quanto massaggiare una zinna che spunta dal reggiseno tanto è abbondante. Ha la gonna, la porca. E il tacco 12, la troia. Sono infoiato.
La mano scivola a sfiorare il pizzo della calza, a sfiorare la pelle liscia.
Quello scalino, millimetrico, sfuma in un istante che sa di eternità.

Perché su quello scalino, su quel desiderio, mi sono segato da ragazzo fino a sbucciarmi l'uccello.
Pensando a Edwige che nei filmini soft erotici era la mia dea. Quando vedevo quella trasparenza, quel capezzolo, quel culo sborravo in un istante. Quando ero adulto e ho visto Stefania ne “La chiave”, mi sono tirato delle seghe da tornare adolescente. Puo' essere Monica in Malena. La mia donna dell'epoca era multiorgasmica ma si vergognava. Tutta casa e chiesa, pulita, regolare. Quella sera al cinema misi il cappotto piegato sulle gambe, le presi la mano e la misi sul pacco. Lei la tirò indietro, ma la presa non cedette. E iniziai a farmi segare, dettando il ritmo nel cinema, ultima fila, fino al fiotto caldo dedicato a Malena, a Monica, a Edwige a Stefania, ai pantaloni, alla camicia e alla giacca che si macchiarono tutti.
Non aveva tette, la mia ex. Era l'unica cosa che mi mancava. Faceva dei pompini da succhiarti via il cervello. Non beveva, solo il primo getto. E metteva le autoreggenti bianche, dimostrandosi troia dentro. Mentre la scopavo veniva due, tre, quattro volte. Finché venivo io.

Poi però tornava alla propria dimensione. E non mi dava il culo. Stronza. Quello no, per carità. Una volta, mi aveva detto, un suo ex aveva forzato e lei era svenuta per il dolore. Da allora no.
Ma perché se lui se l'è preso io non posso, le avevo chiesto rispettandola.
Perché tu mi ami. E per questo motivo lo prendo in culo io (metaforicamente?).
Due sere prima del matrimonio, mentre la stavo chiavando, le dissi che quello era il momento.
Mi ero fidanzato ufficialmente in casa. L'avevo scopata in auto. Nel garage dei suoi dove c'era un soppalco che ci teneva al riparo dalla vista dei vicini, ma non poteva contenere certo i gemiti. E la stavo portando all'altare.
Sapevo che aveva avuto un primo ragazzo che l'aveva sverginata, ma era durato poco.
Sapevo che aveva avuto una storia un po' più lunga, ma poi lei aveva deciso altro.
Sapevo di quello che, beato lui, le aveva sfondato il culo e lei lo aveva lasciato.
E poi ero arrivato io.
Solo che quella sera, nella nostra futura casa coniugale, lei parlò.
In realtà di uomini ne aveva avuti anche altri.
Ah.

Storie di poco conto. Una con uno della parrocchia, ma lui si faceva fare solo le seghe, disse.
Uno con un amico della sorella maggiore, che la scopava nel bagno di casa mentre c'erano le altre persone.
Uno che se la portava al cinema tutti i martedì e dopo il film, mentre tornavano verso casa, si appartava e la cavalcava come un ciuco, perché lo aveva grosso.
“Grosso quanto?” le chiesi.
“Sì, grossetto”.
“Grossetto quanto?” le chiesi. “Più o meno del mio?”.
“Un po' più grande. Ma poco”, si affrettò a dire.
Troia.
Mi stava rivelando di sé tutto quello che non aveva avuto il pudore di dire. E lo faceva a due passi dal matrimonio.
Tutta casa e chiesa. E cazzi.
Troia.
Ci siamo separati qualche anno dopo, perché quelle sue fantasie erano scemate. Perché la scopavo controvoglia e per farmelo venire duro dovevo mettere un film porno. Selen, Angelica Bella, se la serata lo consentiva anche la vecchia santa Moana.

Così stasera, mentre frugo tra le cosce di questa nuova troia, nella testa vorticano tutti questi pensieri.
Lei è una zoccola dentro. L'ho conosciuta a una cena, ma merita un racconto tutto suo.
No, adesso sono ancora su quello scalino tra la calza e la pelle e ricordo.
Le prime seghe sui giornaletti porno. Sui fumetti, su OV, persino sul Postal Market e sulle pagine delle Miss che messe una in fila all'altra sembrano le figurine dell'Album Panini, ma io mi strizzavo il cazzo che si faceva duro come il ferro, prima di sbrodare sul triste foglio di un quotidiano.
E poi quante sere a sbattermelo davanti alle immagini delle videocassette.
Perché la sega è tutto. Ti accompagna da quando sei ragazzo. E' l'amica delle sere impossibili. E talvolta anche la preparazione prima di una serata, per non venire subito se sei in astinenza da tre giorni e non vuoi che finisca subito.
E poi la mano delle fidanzatine. Quella nel campo d'inizio estate, da una ragazza più grande, che alla fine aveva ceduto alle mie insistenze, anche perché l'avevo beccata mentre se la scopava un amico e io conoscevo bene la sua mamma. Così alla fine lei mi aveva detto, “se non parli te lo sbatto”. E così aveva fatto. Limitandosi solo alla masturbazione, nonostante io provassi ad abbassarle la testa.
La mano di lei libera il sesso che si è ingrossato, sbottonandomi il jeans.
E' la stessa mano che per mille volte mi ha segato, con i volti differenti di cento donne che hanno svuotato il mio uccello negli anni. Perché la mano è solo una mano.
Io sfioro il baffetto che questa troia si è fatta ricamare da un'altra donna che depila le sorche di femmine in calore che si preparano a notti di fuoco e di passione. Vorrei essere lì mentre le lavano, le depilano. Vorrei sentire i loro discorsi, le loro confessioni. Vorrei segarmi mentre ascolto una troia in un confessionale che mi racconta come ha tradito il marito.
Ora la troia sfiora la capocchia. Io l'ho stimolata anche se mi sembrava che fosse già pronta. Ha una zinna fuori dal reggiseno, perché devo vedere. L'altra è coperta dalla maglia.

Ricordo la seghina della compagna di scuola, sul pullman della gita a Verona.
E la sega che mi aveva fatto un'amichetta nella cabina al mare.
La mano è questo. E molto più, penso.
E' quella di Caterina che ha appena vomitato perché ha bevuto troppo e vorrebbe baciarmi, ma direi proprio di no.
E' quella di Rossella che me lo svuota mentre sto guidando per riportarla a casa.
E' quella di Stefania che mi ha appena detto "non vedo la nostra relazione proiettata nel futuro" e io la osservo mentre mi sega, pensando a lei e a un mio collega col quale lei si è vista e lui ha fatto flop, mi dice.
E' quella di Laura che non vuole che si sappia, ma è con me in aereo e quello accanto si è addormentato.
E' quella di Cenerentola a una festa in maschera che non ce la fa a togliersi il costume e ha il volto mascherato, nella villa del marito ricco, mentre fuori tutti ballano e qualcuno ci ha visto entrare precipitosamente in cantina, dove i passi di altri ci obbligano a un orgasmo strozzato nella mano.
E' la mano che dai alla sposa del ricco industriale, immaginandoti che quella mano tra poco ti farà venire duro il manubrio.
E' la tua mano che tutto racchiude nei pensieri, parole, opere e omissioni.
E' la sua mano, adesso, in auto, che lo tira fuori e lui che fa? Schizza lo stronzo. Tanto è infoiato. Schizza e le copre la mano, il Rolex, l'anello di brillanti, la maglia. Schizza e strozza quel primo appuntamento mentre osservo le unghie dei piedi con lo smalto amaranto, che avrei voluto ciucciare mentre le piegavo le gambe schiacciandole sul suo torace.
“Tutto qui?” domanda mettendosi a ridere.
“No, scusa, sai”.
“Mai successa una cosa del genere”, mi schernisce.
“Scusa ma sei troppo bella”.
“Questa poi”, dice mentre cerca il fazzoletto di carta per pulirsi.
“No, ma”, rispondo goffamente. “Ti desidero. Lascia che almeno ti lecchi la passera, voglio vederti venire”.
“Lascia stare, lascia stare”. Adesso ride di gusto, la puttana che si reinfila la tetta nel reggiseno
“Ci rifaremo”, rilancio.
“Ne puoi star certo” mi risponde. “La mia amica mi ha detto che sei una potenza di cervello e di uccello. Ma stasera proprio non mi pare”.
“Scusa” ripeto mentre la riaccompagno a casa perché è già tardi e domattina lei deve alzarsi presto.
Mi fa ciao ciao con la mano, mentre entra nel giardino di casa. Il marito che l'aspetta e lei che dovrà dirgli della serata con le amiche. Le faccio ciao con la mano. Quella stessa mano che, una volta a casa, dopo la doccia, sguaina la nerchia che si è risvegliata, stronza, adesso che sono solo e sento ancora il suo profumo di troia. E io mi sego, perché sennò non riesco a dormire. Pezzo di merda, gli dico, mi hai fatto fare la figura del pivello. Lui ha già la capocchia rossa ed esplode.
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