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Lui & Lei

HAI MAI AVUTO UN ORGASMO CON IL CUNNILINGUS?


di Membro VIP di Annunci69.it bingo26
31.03.2025    |    3.297    |    5 9.4
"” Ci furono dei momenti di silenzio assoluto e quel silenzio assomigliava a un urlo che sentivo solo io, dentro di me..."
Ci siamo incontrati un freddo giorno di gennaio. Il 22 per l’esattezza, alle 15 e 30. Eravamo in ferie perché in città c’era la festa del patrono. Chattavamo da un bel po’, ma non ci eravamo mai mandati foto del viso per cui l’incontro è stato un salto nel buio per entrambi. Eravamo di due città diverse, seppur vicine. L’avevo contattata su un social. Non cercava nulla in particolare ma se, fosse capitato, avrebbe gradito un uomo maturo con fisico atletico, non particolarmente peloso, non grasso. Era la mia descrizione sputata. Lei era una bella donna matura, come piace a me e dalle forme morbide, curvy come si usa dire adesso con capelli rossicci fluenti e occhiali neri che le davano un’aria molto sexy. Purtroppo, lei non mi aveva mai risposto. Allora le scrissi una barzelletta. Diversi studi mostrano che il senso dell'umorismo è sessualmente attraente, specie per le donne, così mi chiesi: “Perché non provarci?” Niente. Le scrissi una seconda barzelletta. Nulla. Poi una terza. Finalmente mi arrivò un suo messaggio.
“Questa non è male.”
Avevo aperto una breccia nelle sue difese. Adesso dovevo stare attento a quello che scrivevo. Una mossa sbagliata e l’avrei persa. Ci pensai con criterio cosa scriverle ma non mi veniva in mente nulla di intelligente o quantomeno molto divertente. Per fortuna mi venne in soccorso scrivendo ancora una barzelletta: “Due cacciatori sono nel bosco quando uno dei due cade a terra svenuto. Non sembra respirare. L’altro cacciatore chiama subito i soccorsi al telefono e grida. «Il mio amico è morto! Che posso fare?». «L’aiuto io - gli risponde l’operatore – ma si calmi. Prima di tutto si assicuri che il suo amico sia realmente morto». Un attimo di silenzio, poi si sente un colpo di fucile. «OK. È morto. E adesso?».
Le mandai la faccina che sorride con lacrime di gioia. Lei ricambiò. Da quel momento il ghiaccio si sciolse. Iniziammo, così, a scriverci. Prima del più e del meno, delle nostre vite, dei nostri gusti, idee qua e là su diversi argomenti e poi...di sesso. Si arrivò a menzionare il cunnilingus in particolare. Mi disse che era la sua fissa.
Questa è stata l’ultima nostra chat prima dell’incontro:
“Sono pochi quelli che sanno leccarla” – scriveva. – “Non è un gelato che stai leccando e non è qualcosa che devi succhiare con la bocca. Leccare la fica dipende da molta sensibilità.”
“Che intendi con sensibilità?”
“Bisogna fare sempre attenzione alla reazione della donna mentre le stai leccando la fica. Sii sempre attento per non perdere ciò che le piace. Capire quali sono i punti giusti da toccare. Insomma, devi avere una lingua intelligente, non meccanica.”
“Ti dà fastidio se si usano le dita?
“No. Ma non devi frugare come se stessi cercando un mazzo di chiavi in una borsa. Voglio sentire piacere non dolore. Per non parlare poi del clitoride…”
“No, no, parliamone! “
“Se qualcuno dovesse morderti le palle, suppongo che non saresti contento. È lo stesso per il clitoride di una donna. È molto sensibile. Non strofinare con la lingua come se non ci fosse un domani, non succhiare troppo forte e non mordere. Gioca delicatamente intorno alla piccola perla con la lingua e lei ti ringrazierà per questo.”
“Hai mai avuto un orgasmo con il cunnilingus?”
“Un paio di volte soltanto, ma non per colpa mia. Io non ho pudori, vergogne, sensi di colpa e non ho avuto un’educazione rigida. Se non vengo è perché quello che mi sta sotto non sa leccare.”
“Sotto?”
“Sì, preferisco stare in piedi e lui in ginocchio tra le mie cosce”
“Ero già eccitato ma quest’ultima frase mi ha dato il colpo di grazia”
“Sono contenta. L’hai mai leccata in ginocchio?”
“No, sempre sul letto. Lei sdraiata con le cosce aperte o seduta sul mio viso.”
“Ti sei perso la posizione migliore.”
“Voglio recuperare.”
“Hai mai fatto venire una donna con la lingua?”
“Sì.”
“Sì?”
“Così mi è stato detto e a me è sembrato. E io credo nella buona fede delle persone.”
“Niente leccate come se stessi scartavetrando, niente succhiate come se stessi bevendo una coca con la cannuccia e soprattutto niente morsi”
“Ho una lingua intelligente.”
“Vedo che cogli subito”
“Sei stata molto chiara.”
Ci furono dei momenti di silenzio assoluto e quel silenzio assomigliava a un urlo che sentivo solo io, dentro di me. Temevo un suo rifiuto. Per un attimo pensai che non avrebbe più scritto. Poi, vidi quei segnetti in movimento che mostrano che l’altra parte sta scrivendo.
“Né in una casa, né in un albergo, né in un B&B.” - scrisse.
Non so quante volte lessi quella breve frase. E allora dove? – pensavo tra me e me. Non credevo volesse farlo in macchina. E poi come facevo a stare in ginocchio dentro un’auto?
“Dove vorresti farlo?” – scrissi.
“Fuori. La mia fantasia è in qualche casolare abbandonato...forse ne conosco uno”
Avrei potuto scriverle che la comodità di un letto non ha paragoni, che l’intimità di quattro mura è molto più sicura ma era chiaro che lei cercava qualcosa fuori dal comune, una scarica di adrenalina che le arrivasse dritta nelle vene e nel cervello. E cosa c’è di più adrenalinico nel farlo in un posto senza porte e finestre e col rischio di essere visti? La mia sensazione era duplice. Da un lato il rischio di essere visti da qualcuno mi atterriva; dall’altro mi eccitava.
“Mi affido a te.” – scrissi.
“Un’altra cosa. Tu leccherai la mia fica esattamente come ti ho detto e non ci sarà altro.”
Com’è possibile che quel limite che lei poneva, anziché scoraggiarmi, mi eccitò ancora di più? Il sesso davvero non si può recintare. Sfugge ad ogni controllo della ragione.
“Come tu desideri.”
“Un’ultima cosa. Se per qualche ragione, quando ci vedremo, io non intendo andare avanti, tu l’accetterai senza proferire parola. Su questo non transigo.”
“E’ più che giusto.” – scrissi.
“Domani, ore 10:30. Nella mia città. In via xxxx c’è un grosso piazzale. Tu stai fuori dall’auto così posso vederti. Se mi vai bene mi fermo e sali. Se non mi vai bene, vado via. Ok?”
“Ok.”
“Che macchina hai?”
“Una Mercedes di colore grigio.”
“A domani.”
“Non vedo l’ora che arrivi.” – scrissi.
Il giorno dopo, fresco di doccia e di rasatura, arrivai sul luogo dell’appuntamento dieci minuti prima. Il cuore mi martellava nel petto e la salivazione era azzerata. Alle 10 e 30 esatte scesi dalla macchina e mi misi ad aspettare davanti la mia auto. Respiravo come se fossi salito di corsa per tre rampe di scale. Ad un tratto una macchina entrò nel piazzale e si diresse verso di me. Cercai di apparire più naturale possibile anche se la tensione mi stava consumando. La macchina rallentò ancora di più, poi si fermò davanti a me dal lato passeggero. Il finestrino si abbassò.
“Sali” – disse lei.
Salito in macchina ci presentando stringendoci la mano, poi lei ingranò la marcia ed uscì dal piazzale per immettersi sulla strada.
Era una bella donna, credo sui 50 avanzati, dai capelli rossi e mossi, con occhi castani e labbra morbide. Aveva una carnagione chiara e forme generose. Indossava un cappotto nero, lungo, che le copriva gli stivali neri. Guidava con sicurezza e sapeva dove andare.
“E pensare che io sono qui con te per una barzelletta” – dissi.
Lei sorrise.
“Era una buona barzelletta. Mi ha fatto ridere.”
“Ho puntato su quello, infatti. O la va o la spacca. E per fortuna è andata bene e, dopo averti visto, posso dire che è andata benissimo.”
“Grazie. Sei gentile.”
“Sai, quella tua fantasia mi ha stupito. È la prima volta che mi succede una cosa del genere…” - dissi
Lei girò il viso verso di me e con uno sguardo malizioso mi disse:
“Spero che non sia la prima volta che lecchi una fica!”
“No...no, non intendevo questo” – dissi mentre sentivo le mie guance infiammarsi.
“So cosa intendevi, stavo scherzando. Siamo arrivati.”
Era un vecchio casolare fatiscente e incustodito lasciato alla mercé degli eventi atmosferici. Tutto intorno, il terreno che forse un tempo era anche stato coltivato, ora si presentava arido e malmesso, con ciuffi di erbe che spuntavano a caso qui e lì. Il casolare non aveva porte, né finestre e neanche il tetto. Accanto una stradina sterrata che lasciava immaginare che potesse passare qualche trattore.
Lei parcheggiò e mi invitò a scendere. Entrammo. Ci guardammo attorno. Tutto era immobile. Lei diede un’ultima occhiata alla stradina per assicurarsi che non ci fosse nessuno, dopo di che si posizionò al centro della stanza e iniziò lentamente a slacciare i bottoni del cappotto. Sotto era nuda. Aveva addosso solo una collana, autoreggenti e gli stivali neri.
“Sai quello che devi fare.”
Era totalmente depilata. Mi inginocchiai davanti a lei e le accarezzai i fianchi morbidi prima di infilare la faccia tra le sue gambe. Lei le aprì un po’ di più e il suo sesso si schiuse davanti ai miei occhi come una rosa in procinto di sbocciare. L’annusai profondamente. Il suo odore era delizioso. Baciai il suo clitoride. Lei ansimò ed allargò ancora di più le gambe. Immersi la mia lingua dentro di lei. Era calda, umida e accogliente. Succhiai le sue piccole labbra assaporando i suoi umori. Poi tirai fuori la lingua. Volevo prendermi tutto il tempo necessario. Nessuna fretta. A lei però questo non piacque e mentre posò una mano sulla mia spalla per tenersi in equilibrio, con l’altra afferrò i miei capelli tirandoli tanto forte verso la sua figa da farmi male e disse:
“Leccala fino a farmi venire. Se ci riesci.” - disse con provocazione e iniziò a strizzarsi i capezzoli con le dita, ansimando compiaciuta. I muscoli del suo ventre si contrassero e così anche le sue gambe. Le leccai piano il clitoride e allo stesso tempo le infilai un dito dentro. Avevo un’erezione forte, dura, nel sentire i suoi piccoli ansiti e il suo sapore sulla mia lingua. Le infilai un secondo dito e li mossi entrambi dentro di lei alla ricerca del suo massimo piacere. Lei si irrigidì violentemente ed emise un grido strozzato. Di nuovo la sua mano afferrò i miei capelli provocandomi un dolcissimo dolore. Continuai così, leccandole delicatamente il clitoride e scopandola con le dita finché venne. La sua fica si strinse attorno alle mie dita con notevole forza, poi le rilasciò. Mi guardò e io leccai le dita che erano state dentro di lei. Sorrise e mi diede un buffetto sulla guancia. Indietreggiò di un passo e riallacciò i bottoni mentre ci guardavamo. Io ero ancora in ginocchio davanti a lei.
“Alzati” – disse. “Fino adesso siamo stati fortunati ma non abusiamo della fortuna. Andiamo.”
Mi alzai, spolverai i pantaloni all’altezza delle ginocchia e risalimmo in auto. Avevo una voglia matta di baciarla, di accarezzarle i seni e tutto il corpo, ma lei era stata chiara e io non volevo deluderla. Arrivammo al piazzale dove avevo posteggiato l’auto. Ci guardammo.
“È stato stupendo – dissi – non ho parole per dire quanto è stato bello”
È stato bello anche per me” – disse. – “Sei stato bravo”
“Posso sperare di rifarlo?” – dissi.
“Mai dire mai” – disse lei – “Non mi piacciono le relazioni però una seconda volta non è una relazione.”
Sorrise. Le diedi la mano e ci salutammo con un casto bacio. Scesi e mi infilai nella mia macchina. Lei lentamente andò via. Rimasi per un po’ fermo dentro il piazzale. Lei mi aveva lasciato dentro il terribile bisogno di sentire di nuovo il suo odore e le sue grida strozzate mentre la leccavo. Accesi la macchina e banalmente mi venne in mente la frase finale di “Via col vento”:
“Troverò un modo per riconquistarla. Dopotutto, domani è un altro giorno”.
E difatti fu così. L’inizio di un rapporto/amicizia senza eguali. Dove i nostri sensi si inebriavano dei nostri odori, sapori, conditi di baci profondi quasi a volersi strappare le proprie anime da dentro…
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