Lui & Lei

STELLA


di Membro VIP di Annunci69.it bingo26
13.02.2025    |    6.851    |    7 9.3
"Prolungai la dolce agonia il più a lungo possibile, e solo quando stetti per scoppiare abbassai lo sguardo al centro delle sue gambe..."
Un mio amico e collega mi chiese un favore: dare un’occhiata alla rete aziendale di uno studio di proprietà di un suo parente. Sono un ingegnere informatico e quindi pane per i miei denti visto che per lavoro mi interesso di architettura di reti e sistemi. Avendo poco tempo dissi che lo avrei potuto fare nei ritagli di tempo tipo pausa pranzo o subito dopo il lavoro. Ebbi il numero di questo studio e parlai direttamente con il titolare presentandomi e mettendo in chiaro le mie disponibilità. Il proprietario, un commercialista, mi disse che non vi erano problemi e che mi sarei potuto mettere d’accordo con una sua impiegata, una certa signora Stella.
Così durante una pausa pranzo in settimana mi recai presso lo studio e la segretaria, avvisata del mio arrivo, mi introdusse in un ufficio dove ad una scrivania intravidi una figura intenta a digitare sulla tastiera.
“Stella, ti presento Pietro. E’ colui che si interesserà dei problemi della rete. Ah, io vado in pausa assieme alle altre, torniamo tra un’ora, tu che fai? rimani qui?”
“Si, rimango in studio. Grazie, Anna. Buon pranzo” disse la signora alzando lo sguardo.
Rimasi fulminato: un paio di occhi scuri, intensi, incorniciati da occhiali dalla grande montatura nera e molto sexy, capelli fluenti con riflessi rossicci, un sorriso splendido.
Si alzò per tendermi la mano. Vestiva di un semplice abito dal fondo nero a disegni bianchi con una vertiginosa scollatura che metteva in risalto il suo magnifico seno.
“Sono Stella e la seguirò durante il suo lavoro secondo quanto mi ha detto il Dott. Andrea”.
“Piacere, Pietro. Cercherò di fare in fretta per capire i problemi della vostra rete. Anche se lo potrò fare nei miei ritagli di tempo, ma questo credo già lo sappia”.
“Si, il Dott. Andrea mi ha spiegato tutto e anzi la ringrazio per la sua cortese disponibilità”.
Mi guardò con quegli occhi che mi mettevano un desiderio addosso...tutta la sua elegante figura mi faceva ribollire dentro. Era splendida.
“Se le fa piacere, le posso offrire qualcosa, visto l’orario”.
“Grazie, molto volentieri” risposi mentre lei si avviava verso la porta e mi faceva cenno di seguirla. Appiccicai gli occhi sul suo sedere stretto nell’abito. I fianchi dondolavano naturalmente ma anche per via delle decolleté nere tacco 12 con cinturino alla caviglia borchiato. Che sexy che erano….
Il vestito evidenziava i fianchi fantastici e non si notava la forma dell’intimo quindi pensai ad un nude look…..interessante, molto interessante.
Entrammo in una saletta ristoro con una piccola cucina attrezzata, un tavolo e varie sedie.
“Prego, si accomodi….un caffè?”
“Volentieri ma non possiamo darci del tu visto che ci vedremo per qualche tempo?” azzardai io.
“Ma certo. Come lo prendi? Latte? Zucchero?”
“Con del latte, Stella, grazie”.
“Ecco a te. Io lo bevo amaro…sai meglio evitare gli zuccheri, vanno sempre dove non devono andare” disse mandandomi un sorriso carico di significati.
“Noto con piacere che invece vanno a disporsi nei posti giusti. Scusami ma ti faccio i miei complimenti: sei una bella donna e molto sexy”.
“Ti ringrazio” rispose lei abbassando un po’ lo sguardo ma guardandomi di sottecchi con un carico di sottintesi.
Lei si era appoggiata con il sedere al bordo del tavolo ed io in piedi a due passi da lei.
Alchè, non so cosa mi prese, mi avvicinai, sollevai una mano le presi la tazzina, la posai sul tavolo dietro di lei e premetti due dita sulle sue labbra.
Il sangue mi rimbombava nelle orecchie. Il battito del mio cuore ricordava quello di un pendolo. Le sensazioni che mi attraversavano erano assordanti. Notai che i suoi seni s’irrigidirono, i capezzoli s’indurirono e la parte bassa del suo corpo emanava un forte calore. Fei scivolare la mano dalla sua bocca al suo collo, accarezzandola col dorso delle dita. Quando si accorse dell’effetto fisico che le stavo provocando, un lieve gemito le vibrò nel petto. Dolcemente, voltò il suo viso verso di me. Ciò che lessi nei suoi occhi mi eccitò. C’era un desiderio del tipo che poteva far avverare le mie fantasie. Sapevo dove avrebbe portato tutto questo prima ancora di avvicinarmi ancora di più. Mi sporsi verso di lei, posai la fronte contro la sua e la bloccai tra le mie braccia. La mia erezione premeva contro il suo stomaco, il sangue mi rimbombava nelle orecchie. Le sensazioni che mi attraversavano erano intense.
Spinsi via le tazze del caffe e i relativi piattini che s’infransero a terra andando in mille pezzi e producendo un suono quasi doloroso.
Stella sussultò e mi guardò con gli occhi spalancati. Il suo petto si muoveva rapidamente, ma nessun suono - nemmeno un soffio d’aria - le sfuggì dalle labbra. Posò le mani sul tavolo dietro la sua schiena e le sue dita impreziosite da perfette unghie color rosso sangue diventarono bianche. Colori, suoni e profumi s’imprimevano nella mia mente. I miei sensi erano accentuati. Mi osservò fare un passo indietro, concedendomi lo spazio di cui avevo un disperato bisogno per cercare di controllarmi. Non ci stavamo più toccando, ma il calore impregnava la mia camicia e l’inguine coperto dai pantaloni, scottandomi. Lei aveva il collo sollevato e io la testa abbassata; quindi, i nostri sguardi erano fissi uno nell’altro. Era importante che io potessi osservare la sua reazione. Se non era quello che voleva, se nei suoi occhi avessi scorto solo un’ombra di dubbio, mi sarei fermato. Dovetti ricorrere a ogni briciola di autocontrollo che mi rimaneva, ma lo feci. Ero totalmente sintonizzato sul suo corpo che non mi servivano parole. Sentivo ogni briciola di tensione sessuale che si depositava nell’aria attorno a noi, ogni grammo di desiderio pulsante.
I miei palmi entrarono in contatto con lei per primi, due mani che si chiusero attorno alla sua vita. Aprì le dita e le sfiorai le costole attraverso il vestito. Sapevo cosa stavo facendo ed anche lei. La mia erezione spingeva contro le sue carni. Le sfiorai un capezzolo sentendolo durissimo al tatto. Il suo seno emanava un calore e sprigionava un afrore di donna eccitata e pronta.
Poi serrai la presa come unico avvertimento e la sollevai sul tavolo. I miei occhi non si staccavano mai dai suoi mentre abbassavo le mani sulle sue ginocchia, sollevando il vestito lentamente, centimetro dopo centimetro. Il suo respiro accelerò mentre i miei pollici sfioravano la parte interna delle sue cosce. Mi fermai prima di raggiungere la sua fica, per riprendere il controllo. Dannazione! Stavo per esplodere al solo pensiero della vista che mi aspettava. Strinsi il tessuto nei pugni e lo sollevai sopra i fianchi. Quando il vestito fu attorcigliato attorno alla sua vita, la stavo ancora guardando, non solo per comunicarle le mie intenzioni, ma anche per prolungare quel momento di solenne attesa. Volevo che durasse. Mi stava fissando come se stesse guardando uno spettacolo, come se i miei occhi comandassero e i suoi obbedissero. Prolungai la dolce agonia il più a lungo possibile, e solo quando stetti per scoppiare abbassai lo sguardo al centro delle sue gambe.
Indossava un minuscolo ed impalpabile perizoma nero di seta che aderiva alle sue parti intime, delineando la forma di ciò che si celava al di sotto. Infilai un dito nell’elastico e scostai lentamente il tessuto, come se stessi scartando un regalo a lungo atteso. Le sue grandi labbra arrossate e sporgenti non erano sufficienti a nascondere la piccola perla che sporgeva tra le sue pieghe. Ero felice che fosse depilata totalmente. Era rosa, matura e prontissima, le sue carni erano gonfie e lucide per l’eccitazione.
Tirai l’elastico. “Tieni.”
Obbedì all’istante, spostando di lato il tessuto per favorire il mio accesso e liberarmi le mani. Le sistemai i piedi sul bordo del tavolo, le divaricai le cosce il più possibile e abbassai la testa tra le sue gambe. Prima di prenderla in bocca, annusai e mi inebriai. Era perfetta, come sapevo che sarebbe stata. Non protestò mentre mi saziai della sua vista. Sarebbe bastato quello a farmi eiaculare. Quando le sue cosce iniziarono a tremare per la tensione provocata dalla posizione, le misi una mano sopra il monte di Venere strappandole un lieve gemito.
Solo a quel punto l’assaporai, facendo scorrere la lingua contro la parte inferiore della sua fica e sollevandola verso la fessura. Quando raggiunsi il clitoride iniziò a tremare, i suoi gemiti erano eleganti, sensuali. Oddio! Dava assuefazione. La leccai come se fosse una caramella, facendo su e giù con la lingua, in modo sempre più profondo, continuando a tenerla aperta. Urlò forte quando le mordicchiai il clitoride, bloccando dolcemente il nocciolo eretto tra i denti per poter far scivolare la lingua di lato sul fascio di nervi. Serrò le cosce attorno al mio viso. L’elastico del perizoma schioccò quando lo lasciai andare per cercare appoggio sul tavolo dietro di lei, su cui posò i gomiti. Il suo fondoschiena si sollevò dalla superficie quando iniziai a succhiare, poi le feci scorrere i denti sul clitoride. Strillava e si contorceva. Una serie di lievi imprecazioni le sfuggì dalle labbra, rendendo il momento sconcio nel migliore dei modi.
Mi tirai indietro per studiare il mio lavoro. La sua pelle era umida, rossa e pulsante, il clitoride era talmente gonfio che le sue dimensioni erano raddoppiate rispetto a prima. L’impulso di affondare il cazzo dentro di lei era talmente forte che la mia mano si abbassava da sola sulla cerniera dei pantaloni. Ma adesso non era quello l’importante. Volevo dare piacere a lei. Non era difficile rimettersi in carreggiata con lei lì, esposta sul tavolo della saletta, con le gambe e la fica spalancate, a mia disposizione affinché ci giocassi. Ed è proprio quello che feci. La stuzzicavo, succhiavo, mordevo e leccavo finché mi supplicò, finché si contorse e m’implorò, spingendosi maggiormente contro la mia bocca.
Volevo guardare; quindi, non mi sarebbe venuta in bocca. Le spalancai maggiormente la fica, posai due dita sul clitoride e massaggiai finché trovai il punto che le fece inarcare la schiena, che si sollevava dal tavolo, e sbattere insieme le ginocchia. Un forte gemito le fuoriuscì dal petto mentre la fica si contrasse e venne sotto le mie dita. Dall’esterno, la sentì serrarsi e cadere in preda agli spasmi. Potevo solo immaginare come sarebbe sentirla serrarsi attorno al mio cazzo dall’interno. Ero ipnotizzato. Non riuscivo a fermarmi, né a distogliere lo sguardo. Anche quando cercava di contrastarmi, continuai a toccarla, a stimolarla, finché nel suo corpo non restarono che le scosse d’assestamento.
Quando l’impatto dell’orgasmo fu terminato, mi raddrizzai tra le sue gambe. La vista era spettacolare. Era bellissima, una signora di classe in un momento di appassionata follia. Il suo viso era arrossato, ma il trucco era intatto. I suoi piedi e le unghie laccate di rosso sarebbero stare sulla copertina di una rivista di moda, soprattutto con indosso quei sandali col cinturino. Le due parti, il sopra e il sotto, formavano un netto contrasto con l’abito sgualcito e la fica che avevo appena divorato al centro. La pelle era chiazzata nel punto in cui le avevo tirato le labbra e mordicchiata. L’insieme formava un quadro perfetto. La mia perfetta, irraggiungibile ed eccitante signora.
Non chiuse le gambe per nascondersi alla vista e il guardone che era in me non ne aveva mai abbastanza. La parte fanatica in me avrebbe voluto far scivolare un dito in quella rigogliosa fessura. Avevo bisogno di sentire il suo teso calore per torturarmi con immagini di quanto forte avrebbe strinto il mio cazzo. Il maiale che c’è in me, invece, avrebbe preferito affondarle due dita nel culo, perché quel bastardo ossessionato di sesso avrebbe avuto bisogno di sentirla urlare. L’ottimista che c’è in me, infine, avrebbe voluto qualcosa di più profondo, qualcosa che andasse oltre una scopata. Ma è la parte realistica di me quella che reagì quando lei aprì gli occhi e mi guardò serenamente.
La sua espressione diceva tutto.
Afferrò il tessuto e iniziò ad abbassarsi l’abito sui fianchi. Chiusi le dita attorno ai suoi polsi e li bloccai accanto al suo viso, impedendole di ricoprirsi. Ero appoggiato contro le sue gambe divaricate e il mio cazzo premeva contro le pieghe umide e nude della sua fica.
I nostri visi erano vicinissimi quando le dissi: “Non osare. Non osare sentirti in colpa.”
Non cercò di contrastare la mia stretta. La sua sottomissione mi calmò leggermente, ma non abbastanza da lasciarla andare.
“Lo sapevi che sarebbe successo, Stella. Appena ci siamo visti, la conclusione è stata inevitabile.”
I suoi occhi si ridussero a fessure e le labbra a una riga sottile. “Perché credi che io sia una facile?”
“Se fosse così, adesso sarei dentro la tua fica e il mio sperma ti gocciolerebbe dal culo.”
Strinse le mani a pugno e le sue narici si dilatarono, ma non provò a liberarsi di me.
“È per questo che mi piaci, Stella. La cosa ti eccita.”
“Non ha nulla a che vedere con la tua linguaccia.”
“Ah no?” Feci scorrere il naso lungo la curva della sua mascella. “Pochi minuti fa non mi sembrava…”
Non rispose.
“Dimmi quanto è stato potente il tuo orgasmo, Stella.”
“Conosci la risposta.”
“Dimmelo lo stesso.”
Il suo sguardo era coraggioso, provocatorio, ma al contempo dolce. “Il più potente di sempre.”
La sua ammissione mi colse alla sprovvista e lasciai andare i suoi polsi. Le mie dita avevano lasciato dei segni bianchi sulla sua pelle. Avevo stretto troppo forte. E’ facile non pensare a stringere forte, soprattutto con qualcuno di così sensuale, di talmente eccitante da farmi dimenticare ogni altra cosa.
Presi tra le dita i suoi polsi delicati, uno alla volta, e baciai i segni, massaggiando la zona coi pollici per stimolare la circolazione. I suoi polsi lisci e bianchi tra le mie mani un po' screpolate e secche.
Restò in silenzio mentre procedevo, anche quando feci scivolare le mani lungo i suoi fianchi, afferrando l’elastico del perizoma e infilandolo nella fenditura tra le natiche per ammirare il suo fondoschiena bianco e perfetto.
Morivo dalla voglia di sculacciarla. Invece, attorcigliai il perizoma attorno all’indice, in modo che l’elastico aderisse maggiormente all’ano e al clitoride. Gemette, ma mi lasciò fare.
Tirai ancora, tendendo la stoffa fino al punto di rottura, poi iniziai a muovere l’elastico da sinistra a destra sul clitoride. Un suono acuto le fuoriuscì dalle labbra.
La mia mano destra si muoveva sotto le sue natiche e il mio dito disegnava dei cerchi attorno al suo ano, applicando pressione sufficiente ma senza entrare, mentre continuavo a muovere di qua e di là l’elastico del perizoma.
Si aggrappò alle mie spalle.
Premetti un po’ di più.
Le sue dita affondavano nei miei muscoli. “Oddio, Pietro….”
Le portai la mano alla bocca e le dischiusi le labbra col dito medio. “Succhia.”
Lo fece, accogliendo il mio dito fino in fondo e facendo ruotare la lingua calda attorno alla punta. I suoi denti mi sfiorarono le nocche, ma quando lo estrassi mi lasciò andare. Non era lubrificato a sufficienza, ma era la punizione perfetta per insegnarle quanto si sbaglia. Posai la mano sotto la sua fica, spostai di lato l’elastico e appoggiai la punta del dito sul suo buchino teso. S’irrigidisse.
“Pietro, per favore.”
Non le dissi di rilassarsi, o di respirare. Affondai la prima falange nel suo ano, mentre colpivo il clitoride con l’unghia. Forte. Urlò e spinse sulle mie spalle. Poi lo feci più piano, finché gemette e il suo fondoschiena si contrasse contro il mio dito.
“Non dirmi che è sbagliato” esclamai. “Non quando la tua fica è bagnata per essere stata a contatto con la mia lingua, e io sento ancora il tuo sapore in bocca. È tutt’altro che sbagliato. Ed è solo l’inizio. D’ora in poi, c’è solo una direzione in cui andare, cioè fino in fondo. Dita, lingua, vibratori e cazzo.”
Un altro colpetto sul clitoride e una spinta nella parte posteriore e venne di nuovo, selvaggiamente. I muscoli della sua pancia si bloccarono e il suo collo delicato si tese mentre gettava indietro la testa e gli occhi si rovesciavano nelle orbite. Quando fuoriuscì da lei, stava ansimando. Accarezzai la fenditura tra le natiche con un tocco leggero e feci scorrere dolcemente le unghie sulla sua fica.
Le sostenni la schiena e me la tirai contro il petto. Le sue gambe mi circondarono automaticamente la vita. Così la sua fica sfiorava il mio membro. Ero talmente eccitato che se si fosse strofinata contro di me non sarei riuscito più a resistere, ma credo che la sua fica ne aveva abbastanza. Tuttavia, se non finivo ciò che avevo cominciato, mi sarebbero venute le palle blu. Mi ritrassi quel tanto che bastò senza lasciare la morsa delle sue gambe e aprì la cerniera dei jeans, liberando il membro. Faceva quasi male toccarlo. Appoggiai una mano sul tavolo accanto alla sua coscia, chiusi le dita attorno alla base e strinsi forte. Aiutava a non venire troppo in fretta. Poi, trascinai il pugno fino alla punta, usando il liquido pre-eiaculatorio per lubrificarmi.
Mentre facevo su e giù, la guardavo negli occhi. La verità era scritta a chiare lettere. Era decisamente eccitata. Qualsiasi cosa si dica, non riusciva a distogliere lo sguardo, proprio come non ci riuscivo io. I miei pantaloni caddero attorno alle caviglie, permettendomi di allargare le gambe. Avevo bisogno di qualcosa in più; quindi, iniziai a masturbarmi sul serio. Le mie palle salirono più in alto, le carni sensibili formicolavano in attesa di trovare uno sfogo. Non mi vergognavo per i grugniti che mi sfuggivano di bocca, né per la mia ostentazione. Mi piaceva guardare, e volevo che lei avesse la libertà di fare lo stesso. A giudicare dal modo in cui il suo sguardo era incollato al mio inguine e da come il suo petto si sollevava sotto il vestito, le piaceva quel che vedeva.
Era come se migliaia di aghi mi forassero la base della spina dorsale. Il piacere era rovente, vicino, e talmente intenso che rasentava l’agonia. Avrei avuto un orgasmo potente, più potente che mai, e tutto a causa sua. Tutto perché stava guardando.
L’esplosione mi fece annebbiare la vista. Poco prima di eiaculare, tirai indietro con forza la pelle che circondava la punta del mio pene, permettendole di vedere chiaramente i getti di sperma che fuoriuscivano dalla fessura. Ce n’era moltissimo. Continuava e continuava, coprendole il perizoma e le cosce. Quando finì, ero senza fiato. Dovetti lasciare andare il cazzo e sostenere il mio peso sulle mani. Il pene rimase semi-eretto, le palle oscillavano pesantemente tra le gambe mentre posavo la fronte contro la sua. Non mi toccava e non parlava, ma andava bene così.
Dopo essermi chiuso la cerniera dei jeans incontrai nuovamente il suo sguardo. Era caldo e confuso, e carico di desiderio. Afferrai una manciata di tovagliolini di carta, le detti una ripulita e li gettai nell’immondizia. Poi l’aiutai a scendere afferrandola saldamente per la vita.
“Dove trovo una scopa?” chiedo.
Mi rivolse uno sguardo stupito. “Che cosa?”
Indicai i frammenti di porcellana sul pavimento. “Devo pulire questo disastro.”
“Posso farlo io.”
“Non voglio rischiare che tu ti tagli.”
Visto che non reagiva, mi aggirai per la saletta e aprì gli sportelli finché trovai gli utensili per la pulizia. Pochi minuti dopo, il tavolo e il pavimento erano in ordine e disinfettati.
Mi voltai e la trovai seduta al tavolo a guardarmi. Era perfetta. Bellissima.
“Vuoi qualcosa da bere, principessa? Una tazza di caffè magari?”
Mi avvicinai e le depositai un dolce bacio sulla testa. “Chiamami se hai bisogno di me, vado a dare un’occhiata alla rete”.
Non mi guardai indietro mentre uscivo dalla porta, altrimenti, temevo che avrei potuto cambiare idea e non concederle il tempo che le serviva prima di scopare ogni orifizio del suo corpo. Godere e farla godere. Adorarla e magnificarla…
Era semplicemente stupenda! Una dea era scesa in terra per me e mi aveva preso corpo, anima e mente.

......CONTINUA......
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