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Lui & Lei

STELLA - seconda parte


di Membro VIP di Annunci69.it bingo26
20.02.2025    |    2.706    |    5 10.0
"C’è la tua essenza, il tuo intimo sapore assieme al mio”..."
“Non dovrà accadere più, potrei essere licenziata!” disse Stella entrando nella saletta server e chiudendosi la porta alle spalle. Gli altri impiegati erano rientrati dalla pausa pranzo.
Io ero intento a controllare il flusso dei dati e l’intensità del segnale della rete wi-fi. Alzai lo sguardo su di lei: era luminosa, la sua pelle ancora sfregolava ed era leggermente arrossata.
Ma erano i suoi occhi che parlavano per lei, mi facevano capire che dentro aveva un fuoco ancora non spento.
“Siamo stati discreti, non c’era nessuno” le risposi guardandola intensamente. Non rispose e andò via.
Dopo circa un’ora dissi di aver terminato e che mi sarei portato via i risultati diagnostici per analizzarli con più calma e con strumenti più idonei.
Feci un saluto generale ma Stella non rispose ma mi indirizzò uno sguardo carico di significati e aspettative.
Nei giorni seguenti la pensai intensamente, il suo profumo, il suo sapore, il suo corpo erano diventati una droga per me. Non riuscivo a concentrarmi se sapevo di dover tornare in studio e rivederla.
E così fu. La rividi due volte sempre in pausa pranzo scambiando poche parole su questioni tecniche riguardanti i computer.
Una sera mi recai nel suo ufficio verso le 18.30, orario di chiusura. Il Dott. Andrea mi disse che quella sera sarebbe rimasto circa un’ora in più per rivedere alcuni conteggi assieme a Stella. Io mi concentrai sul mio lavoro e verso le 19.20 uscirono dall’ufficio del commercialista e si preparavano a chiudere lo studio. Mi avviai anche io assieme a loro.
Il Dott. Andrea abitava a due isolati e quindi sarebbe rientrato a piedi a casa. Stella aveva l’auto nel parcheggio sotterraneo del palazzo dove erano situati gli uffici. Avevo parcheggiato anche io là sotto e perciò ci recammo assieme a ritirare le nostre auto.
“credo che quella laggiù sia la tua” dissi indicando la parete lontana da noi. C’erano solo le nostre vetture. Gli altri impiegati degli uffici del palazzo erano già andati via.
“si, è l’ultima proprio in fondo e accidenti questo posto è scarsamente illuminato, non si vede nulla!”. Diceva Stella mentre frugava nella borsa alla ricerca delle chiavi.
“ti accompagno, non mi piace qui…..troppa poca luce” risposi stando a due passi da lei mentre sorreggeva la sua grossa borsa (ma perché le donne devono usare delle valige al posto delle borse???).
Arrivammo alla sua auto ed io subito dietro di lei.
“Vieni qui” la sentì dire in un modo imperativo.
Il suo tono mi diceva che provaVA la stessa cosa che provavo io: un senso d’urgenza. Mi avvicinai lentamente, entrando nel flebile cono di luce proiettato da una semplice lampadina.
“Dimmi.”
“Cosa dovrei dirti?” rispose lei.
“Dimmi cosa vuoi”
All’inizio, il suo ordine mi aveva sbilanciato. Sono abituato a comandare sia fuori che dentro a letto, ma appena mi lascio andare il potere femminile mi riempie le vene. La mia certezza svanisce. So esattamente ciò che voglio.
Mi girò attorno, si appoggiò alla parete incrociando le braccia.
“Voglio che ti spogli” mi ordinò.
Sostenendo il suo sguardo con sicurezza posai le dita sul bottone dei jeans. Mi piace sempre iniziare da lì. Sorrise, ma il suo sorriso svanì all’istante appena iniziai ad abbassare lentamente i jeans lungo i fianchi e le gambe. Ero già pronto, duro.
Lei lo guardò a lungo e in modo penetrante, e non sembrava affatto preoccupata. Mi sfilai poi la polo. Il modo in cui restai immobile, col cazzo che sporgeva e i jeans abbassati alle caviglie era etereo, ma al contempo sconcio. Volevo che mi usasse così come ero, se non avessi paura di inciampare.
Senza interrompere il contatto visivo, mi sfilai le scarpe, poi mi liberai delle calze e dei jeans. Completamente nudo, mi voltai verso di lei e aspettai.
“Avvicinati” ancora un ordine da lei.
Mi avvicinai e mi fermai a brevissima distanza. Prendere ordini da lei stava diventando un inebriante cocktail di desiderio e potere che colpiva direttamente le mie parti intime. Molto eccitante.
“Più vicino” aggiunse.
Obbedì di nuovo, avanzando finché il mio cazzo le sfiorò il fianco.
“Bene” disse “Adesso inginocchiati e dedicati a me.”
Con gli occhi ancora fissi nei suoi, mi misi in ginocchio e afferrai l’orlo del suo abito, sollevando lentamente il tessuto sopra i fianchi. Mi aiutò sostenendo il vestito affinché potessi sfilarle il perizoma. Nel frattempo, mi guardava con grande concentrazione, come se non volesse perdersi nemmeno una sfumatura della mia espressione.
Quando le liberai i piedi dalla biancheria, divaricò le gambe per me. La mia lingua le accarezzò il clitoride, le mi labbra baciavano le pieghe gonfie.
“Oddio” la senti sussurrare.
Gemiti. Ansiti. Dolci respiri. È così bello. Mi si arricciarono le dita dei piedi. Non m’importava se stessi facendo rumore. Lasciavo che sentisse che reazione mi provocava mentre la incantavo con la lingua, aggiungendo le dita per portarla all’estasi.
Le sollevai una gamba sopra la mia spalla, facendola aprire maggiormente e toccandola più in profondità. Lei spinse la schiena contro il muro e si aggrappò alle mie spalle per tenere l’equilibrio.
I suoi occhi scuri mi stavano bruciando, tanto erano pieni di calore e desiderio. La sua voce vibrava contro la mia pelle mentre le mie labbra si muovevano sulla sua fica.
“Come vuoi che ti faccia venire? Dita o lingua? Scegli” le dissi.
Abbassò gli occhi su di me osservandomi. La stavo divorando con abbandono, leccando e affondando i denti nelle sue carni, gemendo mentre le aspiravo il clitoride in bocca. Era una scena goduriosa da vedere nella luce dei fari. Siamo sul nostro piccolo palco, sotto i riflettori. Sconcio, ma al contempo bellissimo. Le sue cosce tremavano mentre l’ondata di piacere si preparava a colpire.
Il suo tono fu roco e trafelato. “Infila le dita dentro di me”.
Affondai due dita nella sua fessura e le mossi come se fossero le lame di una forbice.
“Anche dietro!” ordinò lei.
Il suo sguardo si accese. Le pupille si dilatarono mentre abbandonai il clitoride e mi portai il pollice alla bocca. Lo succhiai finché fu bagnato. Chiuse gli occhi, sapendo cosa stava per succedere. Un piacere senza pari si abbatté su di me mentre riempivo ogni suo orifizio, ad eccezione della bocca. La mia lingua si dedicò nuovamente al clitoride, disegnando dei lenti cerchi.
Guardò verso il basso cercando il mio sguardo. Ciò che ci lessi fu eccitazione, ammirazione, approvazione.
Nonostante il piacere rischiava di farla afflosciare su sé stessa, la sua voce fu sicura. “Adesso, scopami!”
Lo feci. Mentre le mie dita si muovevano dentro di lei dalle due estremità, le mordicchiai il clitoride. È ciò che le servì per superare la vetta. La potenza del suo orgasmo fu elettrizzante. Digrignò i denti, lasciando che la corrente la colpisse e la portasse via.
Quando il suo orgasmo diminuì d’intensità, rallentò, permettendole di cavalcare le scosse d’assestamento finché non ne restarono altre. Rimasi in ginocchio con la sua gamba sulla mia spalla e la sua fica in faccia, aspettando che mi dicesse che cosa volesse che io le facessi.
“Alzati” mi intimò.
Posai un bacio riverente sull’interno della sua coscia, poi abbassai la sua gamba e mi alzai. Stava ansimando come me, la sua eccitazione non era inferiore alla mia.
Il mio sguardo si posò sul mio pene. “Accarezzati.”
Me lo presi in mano e mossi le dita su e giù un paio di volte. Piegai la testa all’indietro e il mio ruggito rimbalzò contro la parete.
Avevo bisogno di prenderla. Come se mi avesse letto nel pensiero si voltò e si piegò, sollevando il vestito, poi appoggiò i palmi contro il muro. La posizione metteva in mostra il suo fondoschiena e la sua fica.
Mi diede un’occhiata da sopra la spalla: “Sai che cosa voglio. Fallo!”.
Strinsi i pugni e dilatai le narici, fissandola. “Dillo!”
“Scopami col tuo cazzo!”
Non aspettavo altro che il suo ordine. Con la rapidità di un felino, la afferrai per i fianchi e affondai il membro nella sua fica. Non aspettai che si adeguasse all’intrusione. Il nostro desiderio era troppo urgente. Mi ritrassi finché solo la punta risultasse appoggiata al suo ingresso, poi affondai di nuovo. Il respiro mi fuoriuscì dai polmoni con rumorosi gemiti mentre spingevo, tenendo un ritmo duro ma delizioso nel suo corpo.
“Sì!” gemette. “Adesso sculacciami.”
Mi bloccai, interrompendo per un secondo il nostro ritmo sincronizzato di sfregamenti e spinte, ma lo recuperai subito, premendo nuovamente l’inguine contro il suo fondoschiena e trafiggendola con forza.
“Basta dirlo, tesoro.”
Il forte suono provocato dal mio palmo che colpì la sua natica riempì l’aria. La sua fica si serrò attorno al mio membro, tirandolo più in profondità. Le sensazioni erano travolgenti. Il calore viaggiava attraverso la sua pelle e raggiungeva i genitali. Una successione di colpi atterrò sul suo fondoschiena. Stava andando a fuoco, stava bruciando per me ed io per lei. Il suo corpo si contraeva e i suoi muscoli si bloccarono, imprigionandola e lasciandola indifesa, mentre l’orgasmo si preparava a esplodere. Mi afferrò la mano e la spostò davanti al suo corpo, tra le gambe.
“Qui” disse. “Schiaffeggiami qui.”
Non esitai. Il mio palmo bruciava a contatto col clitoride, proprio nel punto in cui le serviva. Era bagnatissima tanto che aveva l’interno delle cosce zuppe. Venne con un urlo. Il mio membro si contrasse e si gonfiò dentro di lei. Affondai ancora di più, poi mi lasciai andare con un ruggito. Le sue pareti interne si serrarono forte attorno a me. Borbottai una serie d’imprecazioni mentre la riempivo di sperma.
Scivolai in avanti, ma la sostenni appoggiando le braccia accanto alle sue sulla parete. Le coprì le spalle di baci. Quando riprendemmo più o meno fiato, posai un palmo sulla sua pancia e lei premette il suo sedere contro il mio inguine mentre fuoriuscivo da lei. Un rivolo di sperma caldo scivolò lungo le sue cosce. Restammo così per un momento, riluttanti a muoverci.
Fui io il primo a fare un passo indietro. Baciai la parte superiore della sua schiena attraverso il vestito, poi la parte esposta in basso, subito sopra la fenditura tra le natiche. Infine, le posai il palmo sui glutei.
“Cazzo, adoro vedere l’impronta della mia mano sulla tua pelle.”
Appoggiò la fronte contro la parete fresca, non sapendo forse se le gambe sarebbero riuscite a sostenerla se si fosse raddrizzata subito. Lei avvertì che qualcosa di morbido si muoveva tra le sue gambe. Controllò. La stavo pulendo con il suo perizoma. Quando ebbi finito, le abbassai il vestito lungo i fianchi e la feci voltare verso di me.
“Tu mi appartieni….sei mia” I suoi occhi trafissero i miei. “Lo dice la mia impronta sulla tua pelle. E anche il mio sperma nella tua fica.”
Chiuse le palpebre. Un’espressione dolce e tenera le apparve in viso.
Feci atterrare un dolce bacio sulle sue labbra. “Dobbiamo andare, se non vogliamo che il custode ci colga in flagrante con le dita sotto il tuo vestito. Nudo, per giunta”.
La mia affermazione le fece spalancare gli occhi. Stavo sogghignando. Controllai l’orologio. Merda, ci restavano solo dieci minuti prima che il custode chiudesse il parcheggio.
“Non preoccuparti.” Raccolsi i jeans da terra. “ce ne andiamo subito.”
Indossai i jeans, mi sistemai il membro semi-eretto, e chiusi la cerniera. Lei si chinò a raccogliere la mia polo. Quando fui completamente vestito, mi fermai di fronte a lei. Invece di baciarla, la accarezzai con lo sguardo, e i miei occhi sembravano dire mille parole mentre osservavano i tratti del suo viso: era arrossato, sorrideva e lo sguardo mandava lampi di luce.
Le nostre mani si sfiorarono. Presi qualcosa nel suo palmo. Il suo perizoma.
“questo è mio….c’è la tua essenza, il tuo intimo sapore assieme al mio”.
Il suo sorriso era sicuro pieno, soddisfatto, ma non mi sfuggì la scintilla di emozione nella sua espressione quando disse: “A domani”.
“A domani” ripetei, desiderando di più.
Continuai a ripetermelo nel cervello finché non riuscì a pensare ad altro. È tutto ciò che volevo. Lei, volevo lei. Le sue mani di sul mio corpo, nel mio animo, nel mio spirito.
Non ho mai desiderato qualcosa con maggiore intensità in vita mia.

CONTINUA….
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