Lui & Lei
La fine dell'influenza

24.03.2025 |
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"Il mio unico sforzo fu quello di non urlare troppo forte, ma per il resto pensai solo al piacere che mi stavo dando da sola, con la mano che sembrava quasi..."
Era stato il peggior weekend della mia vita.Perché non potrei definire in modo diverso un fine settimana chiusa in casa da sola con l’influenza, dopo aver programmato di passarlo in una spa con Adelmo, un “caro amico” che non solo aveva pagato l’anticipo con l’idea di saldare il conto finale, ma che non vedeva l’ora di scoparmi per due giorni fra un massaggio e un trattamento di bellezza.
Invece appena tornata a casa giovedì sera dopo il lavoro, avevo capito che non stavo bene, ed era bastato misurare la febbre per capire che quell’anno l’influenza mi aveva presa in pieno, Per fortuna quell’anno non era particolarmente forte, ma tre giorni in casa passati a tè, biscotti e aspirina non me li avrebbe tolti nessuno.
Avevo così trascorso le giornate nel mio piccolo appartamento, dove la temperatura era man mano diventata a dir poco estiva, fra lunghe telefonate con le amiche, serie inguardabili su Netflix e tanto sonno, col picco del malessere venerdì, e una veloce ripresa nei due giorni seguenti, tanto che domenica sera avevo deciso di farmi un bel bagno, per poter tornare lunedì al lavoro fresca come una rosa.
Ovviamente essendo un periodo non proprio fortunato anche il bagno iniziò male, col bagnoschiuma che non voleva uscire dalla confezione, per poi finire dentro l’acqua una quantità industriale di prodotto. Mi misi a ridere per non piangere, ma poi fui felice nel vedere tutta quella schiuma, tanta che forse non si vedeva neanche nelle pubblicità.
Quando mi spogliai fu come togliersi l’ultimo strato di malattia, anche se era illogico il solo pensare che l’influenza fosse dentro i miei vestiti.
L’acqua calda mi tolse però ogni pensiero, fu come un abbandonarsi al relax più completo, un lasciare tutti i cattivi pensieri fuori dalla vasca. Ringraziai il cielo che durante la ristrutturazione dell’appartamento, avevo scelto una vasca che manteneva la temperatura dell’acqua in modo che questa non diventasse mai fredda, e quindi rimasi diversi minuti a godermi quel tepore a occhi chiusi senza muovere un muscolo.
Quando però il cervello tornò a funzionare, il pensiero fu subito a quello che sarebbe successo con Adelmo, soprattutto al sesso che non c’era stato per colpa dell’influenza.
Lo sguardo scese sul seno, una più che dignitosa seconda che almeno non aveva ceduto all’avanzare degli anni, e quaranta non sono pochi, coi capezzoli che quasi non si distinguevano per quanto fossero chiari. Non so perché ma ebbi la voglia di toccarli, e quelli subito diventarono turgidi, quasi non aspettassero altro che sentirsi coccolati. Iniziai a girarci intorno coi polpastrelli, per poi fargli sentire delicatamente le unghie, ma erano ben altre le zone del mio corpo che reclamavano delle attenzioni. Quasi senza rendermene conto le mani scivolarono lentamente verso il basso, fermandosi solo quando arrivarono all’interno delle cosce sfiorandone l’interno. Non so perché mi misi a ridere, forse cercando di ripensare all’ultima volta che mi ero masturbata, ma non mi tornava nulla in mente. I miei pensieri andarono invece all’ultimo rapporto con Adelmo a casa sua, quando avevamo fatto per un paio d’ore fermandoci solo dopo i suoi orgasmi per riprendere fiato e bere qualcosa, ma erano state soste molto brevi quasi irrilevanti.
Lui sì che m’avrebbe fatto sentire donna, ma allo stesso anche puttana, facendomi però godere come pochi altri sapevano fare, miscelando in modo sapiente il suo essere maschio alfa ad attenzioni da uomo d’altri tempo.
Il mio fantasticare fu interrotto dalla solita collega che voleva sapere se sarei rientrata il giorno seguente, fingendosi d’interessarsi alla mia salute, mentre in realtà voleva esser sicura che non si sarebbe dovuta sobbarcare anche le mie pratiche.
Non so perché misi lo smartphone in modalità aerea, per tornare a sognare nell’acqua sempre alla giusta temperatura, quasi facendomi avvolgere da quel calore.
Ripresi poco dopo a toccarmi, ma questa volta senza farmene un problema, quasi come se fosse un doveroso ripiego a quel piacere che l’influenza m’aveva tolto.
Con decisione m’aprii le grandi labbra con una mano, per poter giocare con il clito con l’altra, ritrovandomi ben presto con altre voglie d’accontentare. Le dita che erano sul clitoride finirono direttamente dentro la passera, per iniziare un dentro e fuori di rara intensità, quasi cercassi subito un orgasmo liberatorio. Ma più le dita si muovevano in fretta, più saliva la voglia di sentirmi piena di qualcosa di ben più sostanzioso, quasi sapessi che quello non poteva esser altro che un piacevole antipasto a una portata ben più godereccia.
Quasi di scatto m’alzai per mettermi in tutta fretta l’accappatoio, e senza dare alcuna importanza alla scia d’acqua che lasciavo dietro di me, andai dritta in camera dove presi da un cassetto un vibratore “punto-G” che avevo preso da poco, ma che era diventato subito il mio giocattolo preferito.
Aprii l’accappatoio per stare più comoda, quindi senza alcuna esitazione accesi il dildo che dopo neanche un secondo finì dentro la mia passera, dandomi subito quelle sensazioni piacevoli che ben conoscevo.
All’inizio più che spingerlo dentro e fuori, lo facevo roteare in modo che la punta quasi esplorasse l’interno del mio sesso, mentre con l’altra mano mi stimolavo il clitoride per aumentare la sensazione di piacere. Quasi inevitabilmente la mia mente corse ad Adelmo, a quando mi prese per scommessa nei bagni di un ristorante, in una sorta di sveltina-preludio a quello che sarebbe poi successo a casa mia. In quell’occasione mi aveva chiuso a modo suo le bocca con le mie stesse mutandine, prima di scoparmi sul lavandino e venirmi dentro, lasciando che poi il suo seme colasse sulle mie gambe facendomi sentire una grandissima troia.
Pensando al suo membro presi a scoparmi con sempre più veemenza, sino a quando il vibratore quasi iniziò a sguazzare dentro la mia passera sempre più simile a un lago. Volli assaporare i miei stessi umori, così mi portai il dildo alla bocca per leccarlo trovandolo oltremodo gustoso, ma fu solo una piccola pausa perché oramai volevo solo avere un orgasmo.
Così mi tolsi del tutto l’accappatoio e mi sistemai carponi sul letto, poi con una mano mi spalancai la passera e subito dopo il vibratore c’entrò dentro lasciando il minimo indispensabile fuori.
Il mio unico sforzo fu quello di non urlare troppo forte, ma per il resto pensai solo al piacere che mi stavo dando da sola, con la mano che sembrava quasi impazzita per quanto faceva scorrere velocemente il dildo messo alla massima vibrazione.
L’orgasmo fu un lampo di luce, seguito da momenti di puro godimento, che continuarono anche quando mi sdraiai stanca sul letto, col mio giocattolo ancora dentro la passera. Mi piacque non poco sentirlo vibrare ancora, anche se facendo uno sforzo misi la velocità quasi al minimo, come se fosse un modo per non far finire mai il piacere dell’orgasmo.
Quello che non mi piacque fu dover cambiare le lenzuola perché le avevo bagnate in modo osceno, così come asciugare il pavimento dal bagno alla camera, ma certamente ne era valsa la pena.
E domani avrei chiamato Adelmo per vederlo il prima possibile, perché un vibratore può far godere, ma un uomo è un’altra cosa.
O almeno spesso è così.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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