Lui & Lei

La noia


di MissSerena
22.12.2024    |    118    |    0 8.0
"” mi ordinò spingendomi contro il bordo dell’isola, sulla quale mi appoggiai trovandola fredda..."
Colgo l'occasione per augurare a tutti gli iscritti a questo sito i migliori auguri di Buona Natale e felice anno nuovo, e ci rivediamo nel 2025.

Io non sono masochista, e questo dev’essere chiaro fin da subito.
Non mi farei mai picchiare da un uomo o una donna, per il puro gusto di provare dolore.
Non sono neanche una donna d’indole sottomessa, una di quelle che bacerebbe i piedi del proprio uomo per farlo sentire un vero dominante o cose del genere.
Sono invece una donna felicemente sposata, con uno splendido figlio di quasi dieci anni, e una noia dentro che rischiava d’uccidermi.
Una noia fatta da una routine che rende tutti i giorni uguali, i weekend pieni di speranze sempre uccise dal solito imprevisto, o da qualche “dovere” come andare al centro commerciale con la famiglia per stare tutti insieme.
Una noia fatta dal sesso non più come un piacere, ma quasi un dovere da consumarsi in fretta per non fare troppo rumore, con due posizioni fin troppo canoniche e altrettanti fazzolettini di carta per pulirsi.
Una noia che ti consuma giorno dopo giorno, sino a farti vedere rughe che in realtà non ci sono, o quell’abito che ti piace, ma che consideri non più adatto a una signora della tua età, per poi vedere passar cinquantenni con le gambe storte in minigonna.
Una noia, infine, che fa sì che rimani a guardare da sola l’allenamento di tuo figlio dalla tribuna della piscina, facendo finta di fare qualcosa d’importante con lo smartphone, mentre in realtà sei su un canale porno a vedere una giovane ragazza con due sue coetanei che la sbattano senza sosta, e sogni d’essere al suo posto anche se solo il pensiero di tradire tuo marito ti fa arrossire.
Ero in uno di quei momenti per me folli che arrivò lui, un uomo non certo bello o affascinante, anzi con un po’ di pancetta che non faceva nulla per nascondere, e la faccia di chi ha sempre vissuto alla giornata, senza dare alcuna importanza al domani. Nonostante ci sia spazio per non so quante persone, si venne a sedere vicino a me come se fosse la cosa più naturale del mondo, mentre io mettevo via lo smartphone in preda a non so quale paura e un evidente imbarazzo.
“Suo figlio è quella in vasca tre non è vero ?” mi domandò senza però guardarmi in faccia.
“Sì perché ?”
È bravo, deve solo lavorare di più sulla resistenza perché parte troppo forte per poi spegnersi a metà vasca di ritorno.”
“Mi scusi ma lei è un allenatore ? Perché non mi sembra d’averla mai vista.”
“No, sono il fratello di Cinzia, quella che segue suo figlio e che s’era dimenticata le chiavi di casa da me. Ora gliela faccio io una domanda, da quant’è che non scopa ? Intendo una scopata vera, con urla e tutto il resto, insomma sesso vero.”
Non ebbi la forza di tirargli uno schiaffo per punire simile sfacciataggine, ma quella per alzarmi e prendere la via degli spogliatoi sì, senza capire che era proprio quello che voleva. Una volta fuori da sguardi indiscreti lui mi raggiunse per poi spingermi contro il muro, e una volta immobilizzata con le mani, infilarmi la lingua in bocca.
Anche se dentro di me c’era una Nadia che voleva ribellarsi, un’altra ben più forte fece ben poco per divincolarsi, avendo capito che quella lingua stava uccidendo la noia. Dopo anni infatti risentivo quella passione che era andata in letargo col passare del tempo, ma che era in realtà una fiamma che non avevo mai spento. Quello sconosciuto mi stava regalando emozioni che mio marito non mi dava più, vittima anche lui della routine ma anche dell’ambizione che lo portava ad avere sempre da fare.
Lentamente mi lasciai andare e le sue mani passarono dal bloccarmi i polsi ad afferrarmi i fianchi, mentre le mie erano come morte vicino alle sue.
Credo che mi avrebbe preso li senza che io gli dicessi nulla, se non fossimo stati interrotti da alcuni schiamazzi, certamente fatti da ragazzi che stavano andando in piscina.
Lui non disse nulla, ma prese dalla mia borsa il mio smartphone per prendersi il numero, prima di lasciarmi ancora sconvolta in mezzo a quel piccolo tunnel.
“Ti chiamo domani per vederci da me domani a quest’ora.” mi disse prima di sparire dalla mia visuale.
Non so come ma riuscii a far finta di nulla per le seguenti ventiquattrore, come se non ci fosse mai stato quell’incontro e non aspettassi da un momento all’altro la sua telefonata, già sapendo che non gli avrei saputo dire di no. Così mandai mio figlio a far finta di studiare da una sua amica in modo d’avere il pomeriggio libero, e quando lui mi chiamò fu come una liberazione, nonostante tutto quello che mi disse fosse un indirizzo e un “mi raccomando niente mutandine.”
Non avendo il coraggio d’uscire completamente senza intimo, lasciai a casa il reggiseno del quale potevo fare a meno avendolo piccolo, sperando di potermi togliere gli slip mentre salivo da lui con l’ascensore, cosa che riuscii a fare nonostante l’emozione. Era la prima volta, infatti, che avrei tradito mio marito, uomo che dentro di me amavo profondamente, e senza il quale la mia vita avrebbe avuto come una figura di riferimento mia figlia. Sentivo che però quel passo era forse l’ultimo tentativo per me per tornare a sentirmi viva, sperando che non avrei pagato nessuna conseguenza per quella scappatella.
Lui mi aprì giusto qualche secondo dopo aver suonato il campanello, e mi resi conto che non sapevo neanche il suo nome.
“Se per te è così importante chiamami Luigi, adesso però andiamo in cucina.” mi disse prendendomi per mano.
La cucina era ampia, forse anche troppo, con una bella isola sopra la quale non c’era nulla, anzi a guardar bene era completamente spoglia tutta la stanza.
“Piegati in avanti che controllo se mi hai ubbidito.” mi ordinò spingendomi contro il bordo dell’isola, sulla quale mi appoggiai trovandola fredda.
Quella che invece era molto calda era la sua mano, che mi fece salire il vestito sino alla vita, per poi alternare carezze e piccoli schiaffi sulle chiappe nude.
“Ieri non mi hai risposto, quant’è che non scopi ?” mi domandò lasciando la mano al centro dei glutei
“Da sabato sera.” risposi con voce bassa.
“Intendo in modo serio.” ribatté facendomi sentire la mano sulla chiappa destra.
“Non saprei.”
“Non ho sentito.” mi disse colpendo con più forza la natica sinistra.
“Non lo so ma da tempo.”
Pronunciai quelle parole come una liberazione, non sapendo dove mi volesse realmente portare con quelle sue domande alle quali sapeva già la risposta.
“Se va bene sono anni, ma stai tranquilla che adesso ti rifarai del tempo perduto, anche perché vedo che hai il culo bello stretto, il che vuol dire che al cornuto non lo dai, ma a me sì e sia chiaro che ti farà male, tanto male.” mi disse sputando contro il mio buchetto per poi entrarci dentro con un dito “E lo sai perché devi soffrire ? Per punire la tua stupidità, ti sei lasciata morire dentro senza dire nulla, e il dolore sarà il pagamento per essere stata un’ipocrita.”
Lo sentii aprirsi i pantaloni e poggiare la cappella contro il mio ano, e a quel punto non mi rimase che afferrare il più saldamente l’isola e prepararmi al peggio.
Lui fu di parola e mi penetrò con violenza, facendo entrare la sua mazza con forza, e non dando alcuna importanza al dolore che mi stava procurando, anzi sembrava compiaciuto per quanto stessi soffrendo.
Non dissi però nulla, né lo pregai di rallentare o di smettere perché sapevo che non solo non sarebbe servito a nulla, ma che in fondo aveva ragione. Con quel dolore a tratti insopportabile stavo pagando anni di vita non vissuta, fatta di sorrisi di circostanza, senza mai uno spunto di qualcosa che fosse reale. La vita della perfetta signora per bene, a cui non mancava nulla se non un po’ di passione, o anche una piccola trasgressione alle regole.
Non provavo alcun piacere fisico, e del resto solo un’amante del dolore ci sarebbe riuscita, ma, nonostante ciò, non riuscivo a sottrarmi a quella mezza violenza che stavo subendo.
“Succhiami il cazzo così dopo t’inculo più forte.” mi disse sfilandosi da dietro di me e dandomi un attimo di tregua.
Così mi ritrovai in ginocchio davanti a lui e al suo grosso pene, che presi subito in bocca cercando di ricoprirlo il più possibile di saliva. Non amavo fare pompini, e quella mazza poi era la più grande che avessi mai visto, ma non persi un secondo in chissà quali ragionamenti, e cominciai a far scorrere le labbra e usare la lingua. Lui mise le mani sulla mia testa, ma più appoggiarsi a me per non cadere, che per spingermi la nerchia in bocca, senza dire una parola quasi volesse vedere fin dove ero in grado d’arrivare con la mia fantasia.
Fantasia che in realtà non avevo, o perlomeno non avevo mai messo in pratica, e quindi mi limitai a succhiarglielo in attesa di un suo nuovo ordine, che non fu altro che rimettermi nella stessa posizione di prima.
Con la mazza ricoperta dalla mia saliva, e anche col mio ano un pochino più dilatato, la penetrazione fu meno dolorosa, nonostante fosse decisamente più violenta.
Ad ogni suo affondo gemevo sommessamente per il dolore, ma allo stesso tempo uno strano calore avvolgeva il mio corpo, dandomi prima un piccolo sollievo e poi un piacere mai provato, intenso come il primo amore, ma allo stesso tempo perverso come un rapporto incestuoso.
Sentivo quell’uomo entrarmi dentro sempre più velocemente, non badando in alcun modo a ciò che stavo provando, che pensava solo al proprio godimento usandomi come una bambola gonfiabile, perché una puttana avrebbe di certo protestato, mentre io rimanevo lì in silenzio lasciandogli fare ciò che voleva.
Ciò nonostante, anch’io stavo godendo, forse perché felice d’aver ucciso la noia che stava uccidendo me, o forse perché in fondo mi piaceva quello che stavo subendo.
Alla fine, sentii il suo orgasmo riempirmi lo sfintere, e con lui gli ultimi affondi di quell’uomo che m’aveva posseduta come mai nessuno prima di lui.
“Puliscimi il cazzo e prendi questi per non sporcare il pavimento.” mi disse appoggiando la schiena all’altro lato dell’isola, e dandomi dei fazzolettini di carta presi da non so dove.
Gli leccai la mazza che pian piano s’afflosciava, sino a togliere ogni traccia dell’amplesso.
“Adesso vattene, ti chiamerò quando avrò voglia di scopare.”
Non che m’aspettassi chissà quale discorso, ma quelle parole mi fecero male, facendomi sentire peggio di una puttana, che almeno devi pagare.
In ogni caso rimisi il mio abito e senza dire nulla tornai a casa mia, convinta che m’avrebbe chiamata a giorni.
Invece i giorni passarono, ebbi il mio squallido rapporto del sabato sera con mio marito, e di fatto ripresi la mia routine aspettando sempre la sua chiamata.
Un giorno fermai Cinzia e le chiesi se in famiglia stavano tutti bene.
“Sì perché ? Anche se poi siamo io, mia madre e mio padre.”
“Scusa ma non hai un fratello ?” le chiesi cercando di celare il mio stupore.
“No sono figlia unica, perché ?”
“Ero convinta che ne avessi uno, ma si vede che ti sto confondendo con un’altra persona.”
Con una scusa lasciai mio figlio da una suo compagno di scuola e corsi in casa di quell’uomo di cui in realtà non sapevo nulla, trovandola chiusa con un cartello affittasi appeso alla porta.
“E’ per vedere l’appartamento ‘”mi domandò una vicina curiosa.
“Sì, mi scusi è tanto che è vuoto ?”
“Almeno un anno, la realtà è che vogliono troppo e non viene nessuno a vederlo. Peccato perché è bello, rifatto da poco e con una gran vista, ma le ripeto, li faccia scendere sul prezzo perché non vale quel che chiedono.”
Mentre tornavo a casa non sapevo più cosa pensare, forse avevo vissuto solo un sogno, o forse quell’uomo mi aveva ingannata fin da subito, magari era uno psicopatico che m’aveva seguita per mesi solo per portarmi a letto.
Quello che era certo è che lui aveva ucciso la noia, e che dovevo trovare un altro uomo che ripetesse quell’omicidio.

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