lesbo
Anastasia, il brutto anatroccolo
di MissSerena
15.08.2022 |
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"“Non vorrai mica metterti a gridare..."
"Non sarebbe neanche messa male come corpo, ma ha una faccia !”Questo è il commento che mi porto dietro da quando sono nata, o perlomeno è il primo che ricordi da che ho memoria. Il primo nomignolo è invece “Anastasia il brutto anatroccolo”, che fa riferimento tanto per cambiare ai lineamenti del mio viso, che non saranno il massimo della femminilità, ma che non per questo sono orrendi.
Eppure tanto basta nella piccola provincia italiana, per far sì che mi ritrovi a qualche giorno dall’orale della maturità, ancora vergine e fra l’altro senza nessun vero amore, se non quello platonico verso mio cugino Giovanni.
I miei mi lasciarono proprio dai genitori di Giovanni nella loro villa in campagna, un posto che non ho mai amato, e dov’era presente anche zia Sabrina, la classica donna di mezz’età con un buon lavoro e fin troppi pettegolezzi sulla sua vita privata.
A differenza di me zia Sabrina non ha solo un fisico di tutto rispetto, e poco importa se ci sia lo zampino di qualche chirurgo estetico, ma un viso da donna vera che lei ha sempre saputo far risaltare con dei bellissimi trucchi.
Ero intenta a fare l’ennesimo ripasso, quando le vedo affacciarsi alla porta della mia stanza, con indosso un costume fatto apposta per esaltarne la bellezza.
“Anastasia lascia stare Leopardi e vieni un po’ in piscina, almeno ti presenti agli scritti che non si bianca come un cadavere.”
“Zia ma io devo studiare !” le rispondo ben sapendo che alla fine vincerà lei, ma del resto è una donna forte, proprio il contrario di ciò che sono io.
“See studiare, tanto prendi cento lo stesso, neanche non ti conoscessi.”
Effettivamente ero ben più di una mezza secchiona, ma del resto avevo riversato nello studio tutte le frustrazioni che la vita mi ha riservato. Ero anche diventata una professionista della masturbazione, anche se cercavo di non infilarmi le dita troppo in profondità per un’illogica paura di perdere così la verginità.
Indossai così un due pezzi coll’unico intento di cercare di farmi guardare da mio cugino Giovanni, che però a parte un mezzo saluto quando mi vide, non mi degnò di uno sguardo o di una parola. Mi sembrò invece che ogni tanto zia Sabrina poggiasse gli occhi su di me, ma poi pensai che fossi completamente scema, dato che lei era tutto tranne che una lesbica.
Continuai a prendere il sole ascoltando musica in streaming, sino a quando zia Luisella non disse che mancava poco alla cena, così presi il cellulare e me tornai nella mia stanza, per poi andare a fare la doccia.
Essendo abituata a vivere sola con mia madre non chiusi la porta del bagno a chiave, ma mi stupii quando la vidi aperta appena uscita dalla doccia, e ancor di più quando fece capolino la testa di zia Sabrina già pronta per la cena.
“Anastasia è inutile che passi tutto il tempo in bagno, tanto sei già bella come sei.” mi disse facendomi arrossire.
“Magari, già sarei felice ad avere metà della tua bellezza.” le risposi abbassando gli occhi.
“Facciamo così adesso andiamo a mangiare e dopo ci facciamo una bella chiacchierata come due buone amiche.”
Non so perché ma le sue parole mi misero di buon umore, infatti mangiai con appetito non vedendo l’ora di potermi confidare con lei.
Dopo cena confessai a mia zia tutte le mie disavventure, iniziando da quelle amorose che in realtà non c’erano mai stata, e lei m’ascoltò rimanendo quasi sempre in silenzio, cercando di tirarmi su con qualche battuta ogni tanto.
Passammo così diverse ore, e finito il mio sfogo mi sentivo non dico più leggera, ma certamente con meno peso sullo stomaco.
“Che ne dici d’andare a dormire ?” mi disse visto che s’era fatto tardi “Anche se con questo caldo una suda anche se è nuda ! Certo che quei due tirchi potevano metterla l’aria condizionata in ogni stanza !”
Effettivamente la zia aveva ragione, e con quel caldo anche il pensiero di mettere una camicia da notte, per quanto leggera potesse essere, faceva già sudare.
Così me ne tornai nella mia stanza per spogliarmi e buttarmi sul letto, tenendo solo le mutandine che però feci volare dopo una decina di minuti perché si erano inzuppate di sudore.
Quasi non m’accorsi della porta che s’aprì, ma rimasi immobile quando sentii una persona sdraiarsi al mio fianco, pregando solo che non fosse mio zio, ma suo figlio che in un momento di follia aveva deciso di prestarmi qualche attenzione.
Quelle mani sconosciute però erano troppo abili per essere di un ragazzo, ma allo stesso tempo troppo delicate per appartenere a mio zio, che le aveva fra l’altro molto grandi. Nonostante i miei dubbi non mossi un muscolo, neanche quando chi era intrufolato nel mio letto iniziò a baciarmi sul collo, e le sue mani erano ormai stabilmente fra le mie gambe.
Alla fine non seppi più resistere alla curiosità, così aprii gli occhi per poi girare la testa, ma non ebbi il tempo di dire nulla che zia Sabrina mi chiusa la bocca con una mano.
“Non vorrai mica metterti a gridare.” mi sussurrò all’orecchio “Anche perché hai la fica che è un lago, e se me ne vado sarai costretta a farti un ditalino sola soletta.”
La sua mano prese a massaggiarmi la passera con sempre maggior vigore, mentre la bocca s’impadroniva di un mio capezzolo che s’indurì tanto, che mi sembrò che dovesse scoppiare da un momento all’altro.
Le spostai la mano che mi aveva messo davanti alla bocca, ma solo per prendere fiato e poter emettere un primo gemito di piacere, e di pronunciare il suo nome.
“Zia Sabrina io…. Non sono lesbica ma mi piace quello che fai.” le dissi senza quasi rendermene conto.
“Lascia stare le lesbiche e pensa solo a godere perché tu hai bisogno di un gran bell’orgasmo.”
Vidi la sua testa scivolarmi lentamente verso l’interno delle cosce, per poi infilarmi la lingua in ogni angolo della mia passera, e mandarmi così in un’altra orbita.
Godevo per la prima volta non da sola, e pur cercando di non fare troppo rumore, mi sembrava di sentire solo il mio respiro sempre più affannoso, unito a frasi senza senso che m’uscivano senza che me ne rendessi conto dalla bocca. Quando poi alla lingua unì un paio di dita si spense del tutto il lume della ragione, ed inizia a contorcermi in preda ad un piacere mai provato.
Mia zia sembrava non volermi dare tregua, continuando a leccarmi la passera e a masturbarmi senza sosta, non fermandosi neppure quando ebbi un primo violento orgasmo, ma andando avanti sino a quando non ne ebbi un altro ancora più intenso.
Compresi in quei momenti come le mie toccatine solitarie fossero state quasi un insulto al piacere, e di come tutte le mie paure fossero volate via rendendomi più libera.
“Allora vuoi sempre metterti e gridare e mandarmi via ?” mi chiese mia zia scivolando lungo il mio corpo sino ad arrivare con la testa davanti alla mia.
“No però mi dispiace di non poterti fare quello che tu hai fatto a me.” le risposi un po’ imbarazzata.
“C’è sempre tempo per imparare.” mi disse prima di darmi un lungo bacio sulla bocca “Poi fai quello che vuoi, di certo non potrai farmi male.”
Lei mi afferrò con forza per poi farmi girare sino a trovarmi sopra di lei, e non ci fu bisogno di dirmi nulla, in quanto già sapevo quello che volevo fare.
Iniziai col darle tanti piccoli baci sul collo, per poi scendere lentamente sino al suo maestoso seno, al cui confronto la mia pur decorosa seconda scompariva dalla vergogna. Zia Sabrina mi lasciò giocare coi suoi capezzoli, e non disse nulla quando sempre coi miei tempi scesi con la lingua lungo il suo corpo, fermandomi un po’ sul suo ombelico, per bloccarmi davanti al suo monte di Venere. Non sapendo bene cosa fare cercai di replicare quello che lei aveva fatto a me, ma ben presto capii che dovevo solo lasciarmi andare, e usare lingua e dita come meglio credevo, lasciando quasi che queste si muovessero come prese da una vita propria, e gustandomi il piacere che riuscivo a donarle. Leccai avidamente ogni umore che le uscì dalla passera come se fosse un raro nettare, cercando al contempo di infilarle dentro oltre la lingua anche un paio di dita, per far sì che quella preziosa fonte non si prosciugasse mai.
Compresi che provavo ben più d’un sottile piacere nel vedere lei godere, sapendo che ero io a farla mugolare.
“Adesso mettiti sopra, voglio di nuovo sentire il sapore della tua fica.” mi disse quando credevo d’averla portata ad un passo dall’orgasmo.
Ubbidì muovendomi con la grazia e la velocità di un felino, per ritrovarmi nel primo sessantanove della mia vita. Mentre io dimenavo lingua e dita come un’ossessa, il suo muoversi era molto più lento, ma non per questo non godevo almeno quanto lei. Quello di mia zia era infatti un lento dipingere sulla tela del piacere un ghirigori infinito, e ci riusciva alla perfezione nonostante fosse evidente che non era insensibile a ciò che stavo facendo.
La situazione non cambiò di una virgola neanche quando fu lei a mettersi sopra di me, e solo il suo orgasmo, seguito a ruota dal mio, mise fine a quella complicità che sembrava esserci da sempre.
“Domani devo tornare a casa.” mi disse rompendo il silenzio mentre eravamo sdraiate una vicina all’altra “Però possiamo sempre vederci quando hai finito gli esami, anzi se vuoi vengo a prenderti all’uscita della scuola.”
Rimasi delusa dalle sue parole perché dentro di ve volevo che non andasse via, ma in fondo mancavano due giorni al mio orale, e senza di lei avrei certamente studiato meglio e di più.
“Va bene io finisco a mezzogiorno, e se vuoi possiamo festeggiare insieme, ma solo se lo vuoi realmente.”
Lei mi diede un casto bacio sulla bocca prima di rimettersi la vestaglia e uscire non solo dalla stanza, ma anche se pur momentaneamente dalla mia vita.
Finto l’orale compresi subito che avrei preso il massimo dei voti, e del resto tutto il mio esame era stato perfetto così come i cinque anni di studi che l’avevano preceduto.
Zia Sabrina si fece trovare puntale come un orologio svizzero all’uscita della scuola, per portarmi subito in un ristorante per pranzare.
“Mi hanno chiamato i tuoi e si scusano per non essere venuti, ma come sai hanno un lavoro che gli prende molto tempo, quindi se vuoi festeggiare ti devi accontentare di me, però puoi ordinare ciò che vuoi e prendilo come il mio regalo per la tua maturità.”
Accettai il pranzo anche se non vedevo l’ora di andare a casa sua per fare ben altro, ma in ogni caso mangiai di gusto anche per sfogare l’adrenalina dell’esame appena passato.
Finito il pasto andammo finalmente a casa sua, finendo quasi subito sul divano a bere del vino bianco e parlare dei miei progetti per l’università, quando mia zia lasciò il bicchiere sul tavolino per darmi un lungo bacio che mi sciolse come neve al sole.
Non so perché ma nonostante non aspettassi altro dal nostro primo incontro, m’alzai di scatto come per scappare via, ma Sabrina mi bloccò contro il muro per baciarmi nuovamente, e questa volta non solo non scappai, ma aprii la bocca per accogliere la sua lingua.
Non riuscii a dire nulla che mia zia iniziò a spogliarmi, sfilandomi prima la gonna e subito dopo facendo volare camicetta e reggiseno, per poi scendere con la sua calda bocca sul collo che ricoprì di piccoli baci, ed arrivare quindi all’elastico delle mutandine che finirono presto per terra.
Mi ritrovai così in piedi nuda, con la sorella di mio padre che sembrava quasi volesse mangiarmi la passera tanto la leccava voracemente, e feci non poca fatica a non cadere per terra tanto ero sconquassata dal piacere.
Gemevo senza più alcun freno inibitore, ben sapendo che non si sarebbe fermata se non dopo avermi portato all’orgasmo, che arrivò nonostante cercassi di prolungare quel piacere il più possibile. Durante i due giorni che lei mi aveva lasciata sola coi miei zii non avevo voluto toccarmi in alcun modo, arrivando però così a quel giorno carica come non mai, col risultato di venire in pochi minuti.
Lei però non disse nulla, ma s’alzò lentamente sino a ritrovare la mia bocca con la sua, per poi portarmi nella sua camera, dove si tolse l’abito e facendomi rimanere di sasso. Lei infatti portava solo un bel reggiseno, ma non aveva indossato alcun tipo di mutandine, e compreso il mio stupore si tolse anche quell’unico capo d’intimo per farmi sdraiare sul letto e mettersi subito sopra di me.
“Zia perché non lasci fare anche un po’ a me ?” le chiesi con una certa curiosità.
“Perchè oggi la festeggiata sei tu, quindi zitta e pensa solo a godere.” mi rispose prima di infilarmi la lingua in bocca per poi giocare con la mia.
Come aveva fatto poco prima le sue attenzioni scesero pian piano sino all’interno delle mie gambe, e com’era ovvio e prevedibile ripresi a contorcermi per il piacere, dicendo frasi senza senso e quasi schiacciandole la testa contro la mia passera, fosse solo per sentirla più mia, e non certo per paura che andasse via.
Stavo quasi per avere il mio secondo orgasmo della giornata, quando lei mi fece girare per mettermi carponi, e riprendere il suo dolce lavoro fatto di languide leccate alla passera e penetrazioni con due dita se non usava la lingua per scoparmi.
Quello che cambiò è che iniziai a sentire le sue attenzioni sul mio buchetto, che inutile a dirlo, era ancor più vergine della passera, avendo provato solo una volta a metterci un dito dentro, smettendo subito per il dolore provato. Zia Sabrina senza mai smettere di masturbarmi la passera, prese a passare la lingua intorno alla porta del peccato, per farci capolino dentro ogni tanto, facendomi eccitare a tal punto da non desiderare altro che l’orgasmo. Quando però arrivai al picco del piacere la pregai di continuare, non volendo smettere di provare quelle sensazioni così travolgenti, che mi era del tutto nuove.
“Sei diventata proprio un maialina.” mi disse ridacchiando “Ma come ti ho già detto oggi è il tuo giorno e puoi chiedermi ciò che vuoi.”
Al principio non diedi alcuna importanza alle sue parole, e del resto stavo godendo come una pazza, con lei ben felice di farmi sua, ma pian piano mi entrarono sempre più dentro la testa, come la punta di un trapano che fora un muro, e così arrivai a chiederle quello che per me era ancora un tabù.
“Zia com’è il cazzo ?” le domandai scivolando un po’ in avanti.
“In che senso ? A me piace anche se come vedi amo anche la fica.” mi rispose sorpresa dalla mia domanda.
“Quello lo so è che un po’ ho paura dei ragazzi, sai com’è dicono tutte che la prima volta fa solo male, sempre che trovi qualcuno che mi vuole scopare.”
“Io ti voglio sverginare.” mi disse questa volta cogliendo me di sorpresa “Lo so posso solo usare un cazzo finto, ma è sempre meglio di niente.”
Non riuscivo a capire cos'aveva in mente, sino a quando non prese un piccolo strap-on e mi chiese se davvero volessi che lo usasse con me.
“Sì, però non è piccolo ?” le chiesi senza più alcun pudore “Va bene che per iniziare non sia grande come quello di Siffredi, ma questo è grosso come il mio pollice, solo un po’ più lungo.”
“Lascia perdere le dimensioni, e poi ti fidi di me ? Quindi pensa solo a rilassarti e se ti faccio troppo male dimmelo.”
Non riuscivo a capire come potesse farmi male con quel piccolo fallo, così come darmi del vero piacere, ma in fondo non stavo rischiando nulla, e quindi mi sdraiai sul letto mentre lei si fissava lo strap-on usando quattro cinghiette di pelle nera.
“Prima te la lecco un po’ e dopo lo ungo per bene.” mi disse accucciandosi fra le mie gambe “E ricorda se ti faccio male fermami.”
Mi bastò sentire nuovamente la sua lingua dentro la passera per dimenticarmi tutto ciò che mi aveva detto, e riprendere a godere come prima. Dimenticai anche che aveva uno strap-on legato ai fianchi, almeno sino a quando non si mise in ginocchio e lo unse con del gel, per poi sdraiarsi sopra di me e chiudermi la bocca con la sua. Sentii chiaramente la punta sferica del fallo poggiarsi sulla mia passera, per poi entrarci dentro senza che sentissi alcun dolore, ma solo un brivido freddo che m’arrivò dritto al cervello.
Zia Sabrina iniziò a muoversi come un uomo, scopandomi lentamente quasi avesse troppa paura di farmi male, mentre io volevo provare sensazioni ben più forti e violente. In compenso quel suo modo di fare mi diede il tempo di abituarmi a quella presenza dentro di me, e fu una conoscenza che mi segnò profondamente, tanto che alla fine non seppi più resistere, e le urlai ciò che volevo.
“Ti prego scopami più forte ! Non sono una bambina e lo voglio sentire tutto dentro !”
“Allora fai da sola.” mi rispose quasi prendendomi in giro e sdraiandosi al mio fianco.
Compresi cosa voleva dirmi e non persi un attimo nel salire sopra di lei ed infilarmi quel piccolo fallo dentro la passera.
“Brava la mia nipotina.” mi disse quasi sbattendo le sue mani sulle mie chiappe “Ora fammi vedere quanto ti piace il mio cazzo finto.”
Cercai di muovermi con un certo ardore, ma l’unico risultato che ottenni è che spendevo più tempo a rimettermi il fallo dentro, che a cavalcare mia zia. Compresi che dovevo usare il cervello e rallentare i miei movimenti, ma così facendo era esattamente come prima, quando ero io a stare sotto di lei.
“Adesso basta !” mi disse fingendosi arrabbiata mentre era chiaramente divertita “Mettiti a pecora altrimenti qui facciamo notte.”
Così mi sistemai carponi e lei si mise subito dietro di me, per afferrarmi saldamente per i fianchi prima d’infilarmi il fallo dentro la passera, questa volta con una certa violenza che però non fu affatto spiacevole.
“Ora non solo ti scopo ma voglio sentirti urlare, e anche tanto.”
Ed io urlai, oh sì se urlai, ma solo di piacere e non per qualche minuto.
Mia zia mi sbatté per un tempo che mi parve lunghissimo, portandomi più volte alla soglia dell’orgasmo per poi fermarsi un attimo prima che venissi, per poi riprendere a fottermi allungando così il mio godimento a dismisura.
Alla fine ebbi un orgasmo di tale intensità che mi lasciò sdraiata sul letto senza forze per diversi minuti, ma felice d’essermi sentita per la prima volta donna anche se non con un uomo.
Lei mi coccolò a lungo, poi sentii suonare il mio cellulare e andai a rispondere. Erano i miei che volevano sapere com’era andato il mio esame, e cosa stavo facendo.
“Niente di che, sono con Zia Sabrina a sfogliare giornali di moda.” risposi loro mentre mia zia scoppiava a ridere “Però non preoccupatevi di me, fra un po’ prendo l’autobus e torno a casa.”
“Davvero vuoi tornare a casa ?” mi chiese mia zia dopo che finii di parlare coi miei genitori.
“Devo, ma ora te la faccio una domanda, cosa fai domani perché io sono libera ...”
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(quelli volgari saranno subito cestinati)
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