tradimenti
Sili, la dea del sesso
di Ginocondor65
22.11.2024 |
206 |
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"Se sei una collezionista di cazzi e di avventure..."
Se penso a Sili, se, immagino un banco di fiori. O meglio la immagino circondata di Ratchapruek o calendule gialle, da orchidee e frangipani, profumata di Dok Mali, essenza di loto che nella sua terra d’origine ha un significato tutto particolare, perché ricorda a tutti noi quale meraviglia possa nascere anche in un pantano. Non la conosco ma l’ho vista muoversi con la grazia di una danzatrice sacra, come una divinità all’Erawan Shrine, mentre motorini e portatori sudati si agitavano nella strada trafficata e umida, ignorando le casette degli spiriti che proteggono ogni costruzione.
È una thai girl e subito pensiamo al peggio, al turismo sessuale. Non la conosco e non conosco la sua vita, ma non è difficile immaginare il coraggio di questa tigre del Siam che ha attraversato mari e continenti, lei o chi l’ha generata, per venire a regalarci il suo amore.
Sili si è risentita quando le ho lasciato su A69 un commento sulle sue grazie, sul seno generoso un po’ cadente. Quando hai cinquanta anni o ti siliconi o ti accontenti, ha scritto. Ho capito, solo allora, che il mio apprezzamento aveva infastidito la sua anima di donna fiera e ribelle, votata ai riti dell’eros e ai colpi del sesso. Le ho chiesto scusa in privato, pur non conoscendola. Le ho detto che avrei riparato con un testo dedicato solo a lei, per la gioia di tutti, perché lei dona la gioia quando dona il suo corpo. Quando lo dona al suo sessantacinquenne non più così attivo, ma comunque attivo, e a tutti i maiali come me che scorrono immagini, video e messaggi per cercare quello che più asseconda i propri istinti e le proprie mire. Sono etero, amo le femmine, adoro vederle mentre si muovono con naturalezza, mentre ammiccano, mentre ti mandano segnali, mentre si lasciano penetrare il cervello perché la scintilla nasce lì, non nella vulva o nei meandri di una carnalità comunque sublime, sia essa tesa o carnosa. Sili è dolce, lo sento. Lo sento mentre scruto i suoi orizzonti e vorrei esserle accanto. Vorrei respirarle sul collo, mentre dorme. Vorrei carezzare il suo culo sodo, le cosce. Vorrei osservarle i piedi e il ventre, glabro, rasato di fresco, profumato di unguenti come solo il Thailandia sanno fare.
Amo la Thailandia perché è un Paese del sorriso nel quale la dignità delle persone umili è un insegnamento costante per gli occidentali che sanno solo pretendere. Sono stato al tempio, al Wat Arun. Ho visto i bassorilievi sotto il loggiato, quelli che insegnano l’arte del massaggio che parte dal piede. Mi sono fatto massaggiare i piedi da una donna di età indefinita che mi diceva, in un inglese imperfetto, dove avevo bisogno di cure e di cuore. Ho contemplato il Buddha in paranirvana, accendendo una candela d’incenso e acquistando un pugno di riso da consegnare al monaco che al mattino successivo avrebbe fatto il giro dei villaggi, a piedi, per portarlo a chi ne aveva bisogno. E a sera non mi sono opposto all’amico di Bangkok che mi invitava nel regno delle meraviglie. La cena, il sigaro e il whisky, il karaoke con quelle bellezze che scivolano come gatte mentre ti servono un waterwhisky e tu bevi, bevi e bevi ancora. E quando rientri in albergo sei così gonfio che non ti si rizza l’uccello e sprofondi tra le braccia di queste dee che restano lì a farti compagnia come una nenia materna dopo una dura giornata di lavoro.
Non conosco Sili, ma conosco di cosa è capace. Me lo ha scritto lei: la qualità orale non le ha mai fatto difetto. Anche da ragazza, mi ha scritto, quando un adulto un po’ con gli anni aveva qualche difficoltà con l’erezione ma lei di bocca ci sapeva fare e quello era felice come un bambino.
Osservo Sili e vorrei sondarne la cavità carnale, per farla godere. Con un gioco di dita, con la lingua, perché immagino quanti uomini lei abbia soddisfatto e quanto poco noi maschi siamo riusciti a farla stare bene. Attenzione, non sono un buon samaritano, non sono quello che s’innamora e vuol salvarti dal mondo, sono molto più pragmatico perché le ferite della vita t’insegnano ad andare avanti.
Ma vorrei respirarne gli umori. Vorrei carezzarla dolcemente per accompagnare il suo risveglio e vedere i suoi occhi che si illuminano al calore di una fiammella profumata, accanto a un talamo.
E lì perderei i miei freni inibitori. Lì mi trasformerei nel più crudo degli amanti. Prima di tutto il seno. Quel seno che ho vezzeggiato facendola incazzare. Stringerei quei due meloni e ciuccerei i capezzoli come un poppante affamato, non di latte ma di sesso. Il cazzo non avrebbe bisogno di particolari stimoli perché se non ti si rizza con una come Sili puoi stare a casa a prenderti il Levitra per farti le seghe. Sili ci sa fare, lo sento.
Me la immagino abile con la mano di una Thailandese abituata a svezzare cazzi sin da tenera età. A me non piace il concetto di turismo sessuale dove paghi per una sveltina e poi torni a casa dagli amici raccontando di esser stato con le donne più belle del mondo. A me piace pensare al massaggio thailandese che finisce in una vasca e anche quando non chiedi amore, finisce con il ritmo sincopato di una dolce masturbazione perché devi rilassarti bello, prima di tornare alla vita quotidiana.
Vorrei che Sili mi raccontasse le sue esperienze. Quelle sentimentali e quelle robuste. Vorrei che mi spiegasse cosa le piace veramente. Quale è stato il cazzo più grande che l’ha presa. Quello più veloce che ha gettato sperma sul suo corpo. Se quando dona il culo (non è mai l’uomo che lo prende, è la donna che lo dona ed è solo allora che hai vinto) le fa male, dopo tutte le volte che lo ha preso, che li ha presi. Vorrei sapere quante volte lo ha fatto in un giorno con più amanti, se lo fa per divertirsi o per necessità. Non per giudicarla, ma perché la mente umana apre meandri che neppure immaginiamo.
Vorrei che mi prendesse l’uccello in bocca e glielo chiederò un giorno, come pegno d’amore di chi si nasconde dietro i nickname per incontrare certe affinità elettive. Se lei vorrà potrà bere il mio seme. Sì, lei lo potrà rispetto ad altre. Se lei vorrà chiedermi regali o pagamenti (non facciamo finta di non sapere che molti, qui dentro, lo fanno per questo anche se non si può – ma come puoi proibire qualcosa in un sito che vive del proibito…) le dirò no grazie, ma continuerò ad amarla come merita questo fiore.
Vorrei che tu Sili adesso ti toccassi leggendo queste righe. Da sola. Nel silenzio che ti circonda quando sai tu, dove sai tu. O in mezzo alla gente, in un ufficio, in un negozio, in un bagno pubblico dove c’è il rischio che qualcuno apra d’improvviso la porta e ti trovi a fare pipì, argomentando scusi, mi dispiace, devo aver sbagliato e ammirandoti così già seduta, con le rotondità che straripano, non potrebbe far altro che estrarre il membro e sborrarti in faccia. Perdonalo.
Vorrei che tu riuscissi a portarti piacere da sola, pensando al mio cazzo che non tengo più nelle mutande mentre scrivo queste righe in ufficio col rischio di esser scoperto dai colleghi ed essere cacciato dal capo. Vorrei che tu pensassi di essere comoda, in un letto, a succhiarmi la nerchia perché sai che questo è il mio piacere sublime. E se ti intriga la mia mente, la gola devi darmi. Non solo. Vorrei ancora, cara Sili, che ti girassi un attimo, aprendo il culo al mio sguardo, per farmi entrare nella cavità proibita per farmi stantuffare quel tanto che basta per raggiungere l’orgasmo. E vorrei averlo sempre ritto per non interrompere la magia.
Vorrei che un altro, senza volto, prendesse il tuo culo mentre tu gemi, guardandomi pietosa come a chiedermi aiuto. Come a tendermi la mano non per fermarlo, ma per trasmettermi la tua foga. Fingendo che ti dispiace essere penetrata con questa foga, mentre la mente si libera nell'aria.
Sei troia. Di una troiaggine che è estasi sublime, che è preghiera elevata al cielo, di gratitudine a Madre Natura per aver riempito il mondo di oneste maiale come te. E come me.
Non vorrei farlo in tre. Perché so che alla fine sarei geloso di questo momento tutto nostro. E non vorrei il cuck accanto a guardarti mentre continui a succhiare e pompare. Vorrei che tu capissi che queste parole sgorgano dalla mente come lacrime di sperma che lasceranni oresto, per sempre, il mio glande, dove è custodito l'elisir d’amore per una sconosciuta che ha saputo colpirmi con la sua semplicità.
Raccontami Sili cosa ti piace. Dimmi se preferisci essere presa o prendere. Se urli quando godi, ma quando godi veramente. Leccami il cazzo con la gioia di quando eri una ragazza che mangiava il gelato al gusto che preferivi. Succhiami la capocchia come si fa quando aspiri con l’anima, il cuore e la testa, non solo con la bocca. Pensa, mentre me lo pompi, che stai facendo felice un uomo che si è innamorato della tua ombra, ma non ha pretese perché la vita l’ha reso duro, più del suo cazzo che si sollazza mentre la tua lingua vortica attorno alle papule perlacee sotto la punta dell’uccello, ruvide al tatto ma non alla bocca esperta che ti sei costruita pulendo uccelli come se non ci fosse un domani.
Pensa cara Sili a quando, tra poco, il mio spruzzo ti ingolferà la trachea. E se riesci spingi la testa più più, inghiotti la mia carne che pulsa, tienila in gola fino alle palle che sono in tiro, fino a diventare paonazza per procurarmi piacere. Non ho pretese che non siano quelle innocue di un uomo che ama farselo succhiare dalle donne e dalle donne solamente. Ogni tuo colpo di bocca è un richiamo ai tuoi uomini, anzi, agli uomini della tua vita.
Il primo per il primo amante innocente, il secondo per l’uomo che ti ha fatto sentire donna orgogliosa, il terzo per l’attore che ha fatto palpitare il tuo corpo, il quarto per tuo marito, il quinto per il vecchio che ti faceva succhiare il seme amaro della sua età mentre tu giovinetta eri un fiori che doveva ancora sbocciare. Sbocciami il cazzo mentre stringo le tette e parlando con loro chiedo scusa se non sono stato tenero come quelle mammelle meritano.
E poi scegli tu. Io vorrei riempirti la bocca e veder scendere la sborra lungo le tue labbra carnose, fino ai seni, non schiumando ma ancora biancastra sborra che deterge l’epidermide e tonifica come una crema lenitiva. Vorrei anche sborrarti sulle zinne per dir loro, amori miei belli eccomi tutto per voi.
Questa è la moneta unica con la quale ti pago, Sili. Con la quale pago l’amplesso.
La mia sborra, il mio seme, il mio succo. E se vorrai, Sili, se vorrai la lascerò grondare nell’anfratto anale, mentre il cazzo esplode al massimo della trazione e della sua larghezza soffocata. Mentre soffri, magari solo un po’ perché ormai hai svuotato un battaglione di uomini che ancora sono lì’ a segarsi - li vedi? - al solo ricordo di un frammento di estasi che hai donato a ciascuno di loro.
Sei una dea incarnata. Sei una donna fascinosa. Sei una femmina calda.
Se sei una semplice birichina in cerca di attenzioni.
Se sei una puttana che deve solo far quadrare i conti. Se sei una moglie infedele. Se sei una collezionista di cazzi e di avventure.
Chiunque tu sia Sili, non fermarti.
Vai avanti in questo gioco d’amore che regala la felicità di chi osserva le tue foto, i tuoi video, i tuoi pensieri scritti in poche parole perché tu non hai bisogno di parole.
Sili vengo, senti che vengo. Esplodo. Sili non fermarti. Sili succhia. Sili pompa. Sili strizzami il cazzo con quelle mani candide che hanno afferrato gli uccelli di uomini che sono diventati felici anche quando non lo meritavano. Sili tira. Tira ancora. Succhia. Succhia. Sbatti. Succhia, dolce Sili. Tira. Tira. Pompa Sili, pompa. Pompa. Pompami troia. Pompa, pompa e pompa ancora.
Sili non so se questo è solo un sogno idealizzato, un desiderio inespresso, ma è l’estasi, l’orizzonte del condor che vola più alto, perché solo dalla sommità vedi il creato.
E quello che vedo è il tuo corpo. Quello che vedo è il tuo volto. Quello che vedo sono le tue tette, scusatemi ancora. Quello che vedo è il mio volto arrossato riflesso nello specchio mentre tu sei prona tra le mie gambe e bevi, bevi, bevi dolce Sili. Bevi e pulisci. Puliscimi tutto con la tua lingua. E non baciarmi. Tienilo tutto per te il mio seme. Fallo entrare nel tuo corpo, per sempre. Sborra che si unisce alla saliva, che entra nelle viscere e rimarrà per sempre dentro te. Parte millesimale delle tante gocce dei tanti uccelli che hai svuotato per arrivare al picco del piacere e della lussuria. Mi hai svuotato la testa, perché il cazzo, quello, lo sanno svuotare tutte. Ma la testa no.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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