Lui & Lei
La generosa,atto !! la vera storia


08.01.2025 |
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"Col dentista era finita perché lui trapanava anche le altre..."
(segue)Il silenzio avvolge i calici di champagne che alziamo al cielo. L’atmosfera è calda in tutti i sensi. La fusione dei nostri corpi nata da un incrocio di passione rende insaziabile il mio appetito del suo sesso. E viceversa, direi, viste le sue emozioni.
"Mi ero rotta di fare la ragazzina perbene. Così, per reazione, ho deciso di divertirmi".
La situazione si fa intrigante. Il racconto di quando ha scoperto di esser stata tradita le sta sciogliendo la lingua. Non in quel senso, si’ insomma avete capito. Io ascolto, molto interessato, perché quando una donna parla e’ bello starsene ad ascoltarla e osservarne le forme, lo sguardo, il gioco delle mani.
"Come prima vittima ho scelto un ristoratore, sposato. Uno che mi faceva la corte da tempo, mi mandava sempre una bottiglia di pregio in omaggio al tavolo quando andavo lì. Cioè spesso. La moglie la conoscevo bene, eravamo amiche più o meno. Ma io volevo vendicarmi del tradimento subito con un altro tradimento. E così ho fatto".
"Spiegami" la incitò, incuriosito.
"Un giorno sono arrivata al ristorante... saranno state le 14.30 e ho chiesto se potevo mangiare. Ero cliente abituale, non mi hanno respinta. La moglie si stava mettendo il cappotto perché a quell'ora generalmente va a riprendere i figli all'asilo. Lui tutto gongolante mi ha fatto accomodare nella saletta più riparata, c'erano alcuni commensali e io ho iniziato a ordinare: antipasto, primo e contorno. Quando si sono fatte le 15, il locale era praticamente vuoto, Certo rimanevano il cameriere e un cuoco, ma lui ne ha approfittato per portarmi un passito e attaccar briga".
"E tu?".
"Ho preso il piccolo bicchiere e, mentre parlavamo, ho fatto finta di bere e mi sono lasciata cascare un po' di liquore sulla camicetta... Lui si è emozionato. Ha preso un tovagliolo e avrebbe voluto pulirmi subito".
Sento già il membro farsi robusto. La lascio proseguire perchè quella lingua che batte sul palato mi stuzzica.
"Gli ho dovuto prender la mano, tremante e mettermela tra le tette per sbloccarlo... Lui ha dato una tastata come fanno i ragazzini. Era arrapato - dice mentre scoprire maliziosa - Io gli ho afferrato l'arnese fuori dai pantaloni che si erano gonfiati proprio lì. E lui ha detto al cameriere qualcosa, bofonchiando, doveva fare una consegna urgente e se n'era dimenticato e insomma quello doveva andarsene. Tornando indietro ha chiuso la porta a chiave ed è riapparso rosso in volto. Non gli ho dato tregua. Ho allargato le gambe e gli ho fatto vedere, alzando lentamente la gonna, che ero senza mutandine. Secondo te?".
"Secondo me?". Il mio uccello sarebbe già pronto per il bis, ma decido di attendere perché voglio capire quanto può essere porca una donna che racconta le proprie avventure in libertà.
"Ha iniziato a leccarmela con quei baffoni che aveva... Mi faceva pure il solletico. Alle sue spalle è apparso il cuoco, un nordafricano, che si è come paralizzato. Lui l'ha mandato via, ma quello non si muoveva. Lascialo stare, gli ho detto infilandogli di nuovo la testa tra le mie cosce. Può stare a guardare, solo guardare, ho detto facendogli l'occhiolino".
"Cosa è successo?".
"E' successo che lui mi ha fatta alzare, mi ha sdraiata sul tavolino sbaraccando tutto. ha estratto il suo membro storto e lo ha infilato nella mia fica".
"Così?".
"E come sennò..."
La osservo con un’evidente voglia di averla.
"Pochi colpi, rapidi. Mi ha guardato negli occhi come a chieder qualcosa. Gli ho detto: vai libero... Mi ha riempito di sborra, ma l'aspetto divertente è stato vedere il cuoco con l'uccello nero in mano che si puliva col tovagliolo. Si era fatto una sega, capisci?".
Lei sorride, ma io capisco quel poveruomo. E intanto il mio amico inizia a pulsare di nuovo.
"E cos'altro?" oso, perché adesso l’obiettivo è capire se è una vera troia nell’anima.
"Mah, potrei dirti del costruttore che si è affiancato col Porsche al semaforo. Io ero sulla mia Mini, non l’avevo mai visto. Lui mi ha fatto un complimento, ha iniziato a seguirmi per i viali e alla fine ci siamo fermati a prendere un drink. Ci siamo scambiati i numeri del cellulare, perché era simpatico, ha offerto lui... Ha iniziato a mandarmi messaggini divertenti e io ho accettato un invito a cena. Era rozzo. in realtà, si puliva le labbra col dorso delle mani. Non era certo il mio cavaliere, anzi a metà cena ho avuto un ripensamento. Ma ormai la partita era iniziata. Così ho deciso di chiuderla lì. Mentre tornavamo verso la mia casa sul suo bolide, gli ho detto: fermati. Sono scesa dalla vettura e da quanto olio mi ero spalmata sulle cosce ho visto che avevo persino lasciato il segno. Mi sono sdraiata sul cofano della macchina e l'ho lasciato scopare, senza metterci passione...".
"Ti sento bella aperta..." le dico mentre avrei una gran voglia di iniziare a masturbarmi davanti al suo volto.
"Ma se devo dirla tutta, c'è un giorno in particolare che non dimenticherò mai" dice lei ormai come un torrente in piena.
"Quale?".
"Il matrimonio della mia migliore amica”. Il silenzio ci coglie impreparati. Lei riprende: “Aspetta, non correre a facili conclusioni. Niente di quel che pensi".
"Io non penso" rispondo mentre inizio a carezzarle il seno, facendo sbocciare i capezzoli. Starei ore a contemplarli.
"Quella mattina venne a trovarmi a casa uno col quale me la intendevo, per divertimento. Era il marito di una che mi stava così antipatica che me lo scopavo solo per farle un dispetto. Siamo stati a letto, facendo sesso. Stava andando in ufficio e aveva detto alla moglie che sarebbe passato, prima, dal meccanico per far rivedere l'auto. Invece mi ha lubrificata tutta, mi ha massaggiato dolcemente la passerina, mi sono fatta leccare ben bene e glielo ho preso in mano e poi in bocca come piace a lui, finché mi ha penetrata ma ormai era un po’ tardi per la sua resistenza ed è venuto in maniera copiosa. Quando è uscito andava davvero di fretta perché aveva fatto tardi, ma aveva il sorriso di un maiale. Io ho fatto la doccia e sono andata in ufficio anche io. Lì, ad attendermi, c'era un grosso cliente della società. Uno con i capelli rossi e il cazzo più grosso che abbia mai preso. Scusa se sono franca, ma non ho peli sulla lingua".
"Con tutto quello che hai bevuto..." replico, pentendomi quasi della risposta.
"Era uno che mi piaceva per il modo di fare, diretto. Mi aveva mandato i fiori, mi aveva corteggiato. E poi io ero libera, no?! Mi aveva portato in un hotel di Lerici, sul mare. Mi aveva conquistata con la sua seduzione. Aveva un bel fisico, palestrato. Quando si era tolto le mutande però ero rimasta interdetta. Mai vista una nerchia così grande. Non stava in questo cerchio tra pollice e indice in larghezza. Per tirarla su ho faticato un po' anche perché, in bocca, non entrava. Un mostro... Ricordo che quando me lo infilò in fica la prima volta gli chiesi di far piano, di lasciarla adattare. Figurati quando me lo mise in culo, girandomi, col volto soffocato in un cuscino. Le urla le hanno sentite fino in Corsica...".
Resto muto. Questa donna ha una carica erotica esplosiva di natura, ma quando racconta queste storie mi eccita da morire.
"Insomma, per farla breve, andiamo nell'archivio dove tengo i documenti e quello cosa fa? Lo tira fuori. Sarà stata la situazione, il rischio o solo il pensiero che appena un’ora prima avevo uno che mi montava nel letto e le mie gambe erano spalancate… Io mi inginocchio quasi fosse un riflesso naturale. Mi rendo conto che la fica ancora è tiepida dopo esser stata massaggiata dal mio amante fisso. Lui mi sbatte contro le scaffalature. Sonda la vulva sentendola già umida, chissà cos'avrà pensato... Poi me lo sbatte nel deretano, sbam, un dolore atroce, che passa davanti al piacere assoluto. Ricordo che la sua sborra mi cadde sulle mutandine che erano rimaste al polpaccio. Lui non fece discorsi, le volle prendere per sè" sorride la troia. "Ma quando la giornata ancora non era finita, passai dal benzinaio per fare il pieno e lavare la macchina".
"Mi sembra normale" oso. La punta della cappella si sta strappando, ma non voglio interrompere le sue memorie.
"Se non fosse che mentre la moglie del benzinaio era alla cassa, lui mi afferrò per i fianchi, mi portò nel gabbiotto, lontano da occhi indiscreti e volle possedermi lì. Scopavamo come trombamici da qualche settimana, quando andavamo a ballare alla Bullona e, sulla strada del ritorno, si scopava dove capitava. In auto, sotto una loggia, nel suo ufficio, dentro l'autolavaggio. Quel giorno però lui si deve essere accorto di qualcosa"-
"Perché lo dici?".
"Perché ha trovato i due canali belli aperti e si è divertito. Forse aveva preso la pillolina, perché non la finiva più. Tanto che mi ero quasi stancata, capirai, le gambe tremavano. Ll'ho fatto venire, io non avrei potuto farlo, non in quelle condizioni".
"Che giornatina", penso, mentre inizio a sgrillettarla.
"La sera, al matrimonio, avevo le gambe che continuavano a grondare. E sai com'è, una bevuta, un inno, un ballo, alla fine non mi capita il neo-marito della mia amica tra le frasche col cazzo di fuori".
"Noooo".
"Era mezzo ubriaco e su di giri… Io venivo da una giornata a intensa, ma ero eccitata e ancora perdevo il seme degli altri maschi. Alla fine… Gliel'ho succhiato svelta svelta, perché l'idea mi faceva impazzire, ma mi sono pentita. Un torto così, lei non lo meritava".
"E io adesso cosa mi merito secondo te?". Ho pazientato fin troppo, adesso merito la mia parte.
"Quello che adori". L'accappatoio scivola in terra, lei si piega sulla poltroncina rialzata dell'angolo bar, vicino alla piscina e io non posso che prenderla da dietro, con dolcezza all'inizio, con colpi più lunghi, consapevole che dopo le travi che l’anno posseduta, niente può farle male. Le sondo il culo con perizia e lascio che anche l’ultima goccia del mio seme le scivoli profonda nell’ano. Ci immergiamo nella piscina per pulirci, prima di fare una doccia e riposare sul lettino.
Siamo sposati da cinque anni e ancora penso, ogni sera, a quanto possa essere porca una donna.
Me lo sbatto mentre lei dorme, osservandone il corpo nudo nel letto. Il cane ormai è abituato e se ne va nell'altra stanza.
Io la giro delicatamente, le bagno le labbra della passera con una leccata leggera, per mantenerla nel dormiveglia e inizio a scoparla, tutte le volte, senza bisogno di eccitanti. Perché mi eccita il suo corpo, ma soprattutto la sua anima da troia come non ne esiste un'altra al mondo. Lei si sveglia che è già bagnata, mi dice “porco, anche mentre dormo” e io continuo a spingerlo fino in fondo, pensando sempre alle sue storie.
Reagire al primo tradimento, per lei, era stato il via a un momento diversivo che l’aveva trascinata verso nuove emozioni.
Mi raccontò, mesi dopo il matrimonio, altre vicende.
Io credevo in tutta onestà che lo facesse per eccitarmi. Poi invece capii che questa era una storia vera.
Non esagerata, non inventata. Autentica. Ne ho trovato riscontro nel tempo, parlando con qualche sua amica del cuore, di quelle che fanno finta di farsi i fatti propri e appena possono sparlano alle spalle.
Un'amica, la più intima, mi ha detto ad esempio di quando lei, mia moglie, era andata “prima di conoscermi, ma molto prima” a trovare un amico del suocero, un piccolo imprenditore, che poteva avere gli anni di suo padre. Lui le aveva mostrato nuovi progetti, aveva fatto sfoggio di doti da seduttore d’altri tempi. Le aveva pure paventato di poter collaborare insieme. E nel farlo le aveva sfiorato la mano, poi il fianco. Lei era seduta su una poltrona di pelle e in breve lui aveva iniziato a baciarle la coscia. A lei quell’essere sedotta piaceva.
Solo che quando lui si era spinto più su, quando aveva sfiorato le mutandine scostandole la gonna, lei si era ritirata adducendo banali motivi. Per lei, mi disse l'amica del cuore, era servito solo a dimostrare a se stessa di avere un ricco tra le cosce.
Stentavo a crederci all'inizio. Certo aveva avuto pure storie di un certo peso. Tra il detto e il non detto me le aveva ventilate.
Non era solo assatanata di sesso, aveva pure dei bei sentimenti…
Una storia, che mi rivelò alla notte del primo anniversario, fu quella con un giardiniere che faceva un bel po' di soldi, ovviamente a nero, lavorando nelle ville vicino Milano. Non passavano mai più di due giorni tra una chiavata e l’altra.
Adorava quel suo culo scolpito, giocava con la fica infilandole ogni cosa gli passasse per mano. Mentre me ne parlava, il mio uccello si induriva e io la lasciavo libera di ricordare, pregustando il mio turno.
Una volta lui aveva deciso di pestarle dentro la passera gli acini d’uva e si era messo a spremerli, con il suo arnese di notevoli dimensioni. Un’altra volta si erano spostati in camper e si erano fermati sul mare, vicino ad altri camperisti. A metà sera lui aveva sentito che qualcuno, tra i vicini, aveva iniziato a darci dentro e si era così eccitato da ideare una soluzione per la sera successiva. Una cena a quattro, con l’altra coppia già ben disposta, visto che nel pomeriggio avevano parlottato un po’.
Il lui dell’altra coppia aveva un fisico da urlo, la tartaruga sull’addome, a sentire la sua compagna anche un attrezzo di notevoli dimensioni. Lei era una brunetta niente male, terza di reggiseno, costume un po’ troppo attillato. E sai come vanno certe cose. L’aperitivo con lo spritz al Campari, un buon vinello bianco a cena, un paio di Cuba libre mentre ascoltavano musica. Lei amava bere, lasciarsi andare. E quella sera si erano ritrovati in quattro a giocare a carte dentro la roulotte, mentre lui sfiorava il braccio dell’altra e lei osservava come immobilizzata l’altro che le metteva le mani tra le cosce. Non era pronta allo scambio di coppia e manifestò la propria indignazione quando quello le mise le mani a coppa sulle tette. Lasciò il suo compagno per questo.
Tornati dal viaggio dell’anniversario restai confuso ma eccitato da quei racconti. E iniziai a tormentarla esigendo la verità.
Lei alla fine cedette.
Per ripartire, dopo la fine della seconda storia importante, si era lasciata andare tra le braccia di un dentista.
Lei non voleva ammetterlo, ma in quel suo saltare da un uccello all’altro, si era scoperta mignotta dentro. Non solo maiala, perché quello in fin dei conti lo era sempre stata. Le piacevano le attenzioni del nuovo amore. La passione per la barca. Il fisso mensile da 3.000 euro per le spese di casa. Per questo si faceva trapanare fica e culo anche quando ne aveva meno voglia. Essere mantenuta era per lei una soddisfazione. Forse pari a quella che aveva provato sua madre, pensai, quando era rimasta incinta di lei, all’insaputa del marito. Era successo in banca, dove la madre della generosa lavorava come segretaria particolare del direttore generale. È servizievolmente ogni pomeriggio, verso fine turno, si metteva a disposizione dell’uomo. Tutto era nato un pomeriggio d’estate, il clima rovente, tensione erotica nell’aria. Un gesto, un sorriso e quella che era una madre felicemente sposata si era ritrovata in ginocchio a spompinare il capo, nascosta sotto la scrivania di mogano a scanso di ogni equivoco.
Ci doveva saper fare quella bagascia se, col passare del tempo, gli aveva dedicato uno strip tease rimanendo in sottoveste, mentre la sposa del capo lo aspettava fuori in auto. E quella volta gli aveva lasciato lo sfintere dilatato, perché a quello piaceva prendersi tra le mele un piccolo vibratore. Per questo in uno dei loro amplessi la gittata dello sprema era rimasta inghiottita nel ventre della donna ed era nata lei, la generosa, fingendo che suo padre, quello legale, fosse l’altro.
Insomma, aveva scolpito nel proprio DNA la troiaggine che adesso stava impadronendosi di me.
Col dentista era finita perché lui trapanava anche le altre. Gli piaceva la carne fresca, mentre lei tagliava i quaranta.
E alla fine il chiodo col quale aveva scacciato quel chiodo era stato il cliente dell’azienda, quello col cazzo enorme. Che la portava sempre nell’hotel a sfioro del mare, dove inevitabilmente piantava quella trave che madre natura gli aveva fornito, in quel culo bello tornito. E se la cappella faticava un po’ a sondare le cavità, lei sussurrava “fai piano, senti, si allarga…”.
In quel momento aveva preso a frequentare il benzinaio, col quale andava a ballare insieme agli amici e poi finiva per farsi chiavate in quello che un tempo era stato il talamo nuziale. Scopata mentre il figlio di lei, perché aveva pure avuto un figlio dal primo marito, dormiva dalla parte opposta della casa. Lei chiedeva implorante al benzinaio di farle il pieno... ma piano. E quello le diceva di sì, ma alla fine sempre nel culo piantava il cazzo e la pompava fino a farla stramazzare, le urla soffocate nel cuscino, prima di tornarmene dalla mogliettina adorata. Per lui quella zoccola che adesso è mia moglie era un trofeo di cui parlare con gli amici al bar, ammiccando ogni volta che la vedeva e quelli, gli amici, finivano con segarsi o con il fottere le proprie mogli e pensando a quanto profondamente zoccola potesse essere quella benestante che spompinava l’uomo delle pompe.
Lei era una mantide religiosa. Per dimostrare a se stessa di essere amata e desiderata da tutti.
Io me ne sono accorto forse tardi. Ma lei aveva rotto gli argini. Non c'era settimana che non mi raccontasse un altro ex.
Ero basito. Maiala così non me la sarei immaginata. E invece mi diceva di un amico che aveva una ditta d'insaccati, una sera, di ritorno da una cena tra amici, si era accostato per farsi montare dalla giumenta in calore, proprio così, mentre lei aveva deciso di precedere l’atto con un gioco erotico, sfiorando la passera gonfia di umori sul cambio del Mercedes.
Come posso credere a una così? La domanda mi ronza in testa da tempo.
Alla fine se ci pensi sono sempre le stesse azioni. Una leccata di fica, le dita che entrano ovunque, un pompino, una scopata a pecorina o a candela, il culo. Eppure ogni volta e’ diverso, l’alchimia prende il sopravvento.
Tante storie, pure troppe da non sembrar vere. E invece questa è la storia. Quella vera.
Del resto era successo con quello che l’aveva conosciuta a un semaforo, quello che si puliva le dita leccandole al ristorante. E che alla fine l’aveva sbattuta sul cofano dell’auto svuotandosì i coglioni senza neppure badare troppo a lei, tanto era il desiderio di aprirle la fica come una pesca. O ancora una sera mentre il padre di un compagno di scuola del figlio, l’aveva portata a un concerto e dopo, a un party ordinario dove si pagava per bere, le aveva servito un paio di fette di cocomero pur di non pagare da bere. Ma sempre nella fica sì era ritrovato perché così prevedeva il copione.
C’e’ poi un particolare che mi mandava nei pazzi. Lei godeva intensamente anche al solo pensiero di scopare.
Al telefono bastavano pochi istanti per sentirla bagnata, senza dover utilizzare le dita o chissà cos’altro.
Godeva come una porca, sibilando quasi il suo "siiii" al cellulare mentre cercava di non farsene accorgere dai collaboratori.
Che sapevano e a turno se la sbattevano.
L’ultima confessione che mi ha fatto, la notte di Natale, mi ha lasciato muto, col cazzo duro, ad attendere che lei sorridesse e iniziasse a succhiarmelo per farsi perdonare di quelle verità taciute per troppo tempo.
Le ho parlato di A69. Le ho detto che mi piacerebbe convincerla a uno scambio di coppia, all’ingresso di una femmina tra le sue cosce mentre mi inculo la nuova venuta. Ma lei niente. Da quando ci siamo allontanati, da quando sono tornato singolo anche se non abbiamo divorziato, penso sempre a queste storie.
Non stiamo più insieme come prima. Ciascuno a casa propria. Perché una così non la vuoi perdere neppure se continui a coltivare il dubbio sulla sua fedeltà. Neppure se tu scopi liberamente con chi vuoi.
Una volta era caduta nel tranello, mia ha detto mentre rimettevamo a posto.
Uno dei due che la aiutano in ufficio aveva notato che il magazziniere, un omino alto e secco secco, l’aveva sbattuta col ventre schiacciato sulla scrivania e aveva iniziato a leccarla. Così il collaboratore era entrato nella stanza. Lei si era ricomposta, il magazziniere era uscito a gambe levate.
Il collaboratore che sapeva tutto, l’aveva convinta con un paio di gesti a sdraiarsi sulla scrivania e aveva iniziato a praticarle un cunnilingus. Solo che aveva lasciato, casualmente, la porta socchiusa. E l’altro collaboratore, camminando quasi sulle punte dei piedi, si era presentato a cazzo ritto vicino al volto di lei, mentre quello la leccava.
Lei si era scossa. Ma dava del tu a entrambi i cazzi in quel periodo. “Ragazzi no” aveva detto.
Il primo non la smetteva di leccarla, l’altro aveva ormai la punta dell’uccello così vicina alla bocca da implorarla quasi di leccarie la trave. Lei aveva scosso delicatamente la testa. Lui aveva preso a masturbarsi dicendole che avrebbe fatto da solo, non si sarebbe fermato. A quel punto lei, la generosa, aveva acconsentito a prendere un membro nella passera e l’altro in bocca. I due amici avevano provato a far di lei un sandwich, un cazzo avanti e l’altro dietro. Ma lei non riusciva a prendere il ritmo e quindi li aveva svuotati, uno alla volta. Uno bevendo ogni stilla del suo sperma dopo che il membro le aveva dilatato il culo e l’altro accompagnandone i colpi finali nella fica mentre glielo strizzava con le mani per assumere tutto il succo biancastro.
Posso non amare una donna così? Ne sono malato. Ci vediamo tutte le settimane. Lei giura che da quando non stiamo più insieme non ha mai avuto un altro. Che nei cinque anni di matrimonio non ha conosciuto nessun nuovo uccello. Forse ne ha svuotati di quelli già noti, non saprei… Ogni volta che mi faccio fare da lei un pompino, godo doppiamente come fisico e come pensiero, immaginandola mentre lo faceva alternativamente ora all’uno ora all’altro amante del passato. Mentre la chiavo so riconoscerne i sussulti prima di farla sborrare. E quando ho voglia di culo, penso sempre al cazzo più grande che l’abbia trapanata. Lei mi dice “Piano mi fai male”.
Io inevitabilmente le ricordo che quel culo lo ha dato a tutti e che non può certo adesso fare storie.
Neppure adesso che non stiamo insieme ma non rinunciamo a scoparci sapendo che i pensieri volano liberi, sui cazzi in giro di chi ha avuto la fortuna di incularla e tra le cosce delle mie nuove amiche conosciute su questo meraviglioso sito.
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