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Il culo è una cosa seria


di Membro VIP di Annunci69.it Ginocondor65
30.11.2024    |    354    |    0 8.7
"A casa di suo padre in un altro mare, quando fuori faceva un caldo appiccicoso, ma mai come il mio sperma che schizzava a fiotti nel suo culo capiente..."
Il culo è una cosa seria. Non si scherza.

Quando lo infili, sia nel buchino inizialmente stretto con lei che ti chiede di far piano, sia nello sfintere aduso a sentirsi massaggiato dallo strofinare della carne tirata come un salame, sai già che il corpo - il tuo corpo - non comanda un cazzo, anzi il cazzo. Perché nella mente e solo lì c'è l’accesso al piacere.

Mentre la sodomizzi, sei il padrone assoluto. L’annientamento di lei, prona in tutti i sensi, è l’elisir che fa scivolare via ogni ombra. Anzi ne genera altre, ancora più voluttuose, ansimanti, pronte a spingere la coppia così incastrata a mille e più fantasie.

Perché mentre glielo pompi, quel culo che va tutto in tiro, mentre divarichi le natiche per procurarle maggior piacere. mentre la sculacci con le mani o con un frustino di cuoio, pensi a tutte le volte che avresti voluto ma lei non te lo ha dato.

Pensi a chi glielo ha aperto la prima volta, iniziandola a un percorso irreversibile.

Pensi a quanti ne hanno goduto negli anni. E ti auguri che siano stati molti, perché così lei sa come portarti in paradiso.

Pensi, e ricordi, a quella volta che le hai fatto uscire una lacrima di sangue, tanto eri infoiato. Se sei un gentleman, ti è pure dispiaciuto.

Pensi, e ricordi, a quella volta che dallo sfintere è uscito liquido mischiato a inequivocabile materia.

E chi dice che da dove esce qualcosa non può entrare qualcosa, dice il falso.

Non sei una donna se non lo hai preso nel culo.

Perché questa è la tua vocazione.

Dalla notte dei tempi. Quando l’uso del deretano era la migliore (e unica) soluzione a un rapporto sessuale non finalizzato alla procreazione.

Le donne preferivano sentirsi sondare l’intestino dal mestolo maschile e invitavano anzi il compagno di turno a svuotarsi lì, perché non ne sarebbe derivato niente di complicato.

Solo nel Medioevo la religione lo definì “orifizio illecito”, contribuendo a generare un senso di colpa che oggi è ulteriore motivo di appagamento morale. Perché non c’è mai niente di splendido come il gusto del proibito.

Ma ricorda, troia, che per dare il culo le donne rischiavano altre pene. Compresa la morte per rogo. Fu allora che qualcuno se la rifece con gli animali (sodomia cum brutis, riportavano i libri di chiesa).


Scrivo questo perché non potete vivere nell'ignoranza.

Anche nella lussuria, parola meravigliosa, cercate il vero piacere e non limitatevi alla sveltina o alla pippetta. Certo se siete in un parcheggio da scambisti, infilate il cazzo nel deretano e pompate senza pensare. Se siete in un sottoscala di un palazzo non potete perdervi nella seduzione ma solo assecondare il cazzo. Se state tradendo il vostro vicino d'ombrellone, portandovi sua moglie in cabina, lì potete approfittare del di lei culo perché una volta che è entrata in quel bucigattolo cosa fa? Dice no?

Ma tu che leggi, maiala dentro come piace a me e questo non è offensivo, non pensare, mentre ti sto sfondando l’ano già spalancato da chilometri di colpi, che sia una storia antica, perché fino al 2003 (!) la pratica era perseguita in molti Stati degli Usa.

Non parlo ovviamente di una pratica solo tra uomo e donna. Anzi, è il godimento prelibato tra singoli bisex, incluse le lesbo come scriveva Ludovico Maria Sinistrari d’Armeno nel suo “De sodomia tractatus” del 1700. E prima di lui la Genesi, cioè la Bibbia, quando riferisce di una folla che si accalcava davanti all’abitazione di Lot per abusare, invano, di due giovani angeli scesi dal cielo.

Dietro all'atto di sbattertelo nel culo, vive la storia di Sodoma, dove si celebravano stupri di gruppo, fraintendendo evidentemente la pratica dell’ospitalità.

Si ritrovano riferimenti nel libro della Sapienza, nella lettera di Giuda che scrive di fornicazione. Furono i cristiani a ghettizzare l’uso del culo come peccato tra omosessuali, dimenticandosi che nei monasteri quella era la pratica quotidiana soprattutto nei riguardi dei novizi.

Furono emanate leggi contro la sodomia, dall’esilio alla pena capitale. E sodomizzare deriva da Sodoma, madre di tutti i peccati. Più di Babilonia, più della New York degli anni 70 o del Sudest asiatico oggi.

Ecco perché tu, scrofa, oggi puoi pagar pegno a questa ingiustizia, trasformando il tuo corpo, la tua schiena, in altare del piacere.

Questo penso mentre ti sfondo il deretano.

Ripenso al primo culo che ho fatto. Indimenticabile. La ragazza era la tipica fidanzata di un militare. La feci venire persino fuori dalla caserma, prese una camera di una pensioncina dove la raggiunsi e lì, dopo dieci giorni di consegna..., la piegai, dopo infinite seghe, decine di pompini e tanta fica.

Fai piano, disse. E io non potevo immaginare cosa mi avrebbe rivelato.

Ci vorrebbe dell’olio, aggiunse, mentre prendeva una crema per il corpo. Aveva il culo un po’ cadente, le autoreggenti strizzavano i cosciotti, ma per un militare era perfetta. E l’amavo, oh se l’amavo, mentre mi facevo ciucciare il cazzo sul Pandino, davanti al palazzo dove abitava, a sera. Ma quel pomeriggio lei acquistò punteggio, perché mi rivelò, dopo l’amplesso anale che non aveva goduto, ma le era piaciuto più che col precedente ragazzo. Solo che si era scordata di dirmelo, che aveva già dato il culo prima di conoscermi. Da quel giorno ogni volta che la scopavo finivo, inevitabilmente, per infilarglielo in quel buco nero, chiamandola troia, maiala, puttana a ogni colpo, sentendo che lei inclinata a novanta gradi si lasciava andare con maggior piacere.

Un altro culo emblematico fu quello di una sposa che in una discoteca si divertiva a parlare con me. Capelli a caschetto neri, tipo Valentina per intenderci, belle gambe (niente di eccezionale, ma belle), un seno da onesta seconda, e l’atteggiamento da emancipata perché lei, poco più che 35enne, stava tirando su da sola il figlio dopo aver lasciato il marito. La invitai a passare una sera al mare d’inverno. Partimmo con la mia auto e una certa euforia nell’aria. Fummo persino tamponati da un camioncino, niente di che. E solo all’arrivo realizzai che questa gran figlia di una troia madre aveva viaggiato senza mutandine. Entrò in bagno prima di cena, ne uscì con la biancheria intima interamente candida. Niente a che vedere con le infermierine del cazzo. Roba seria. La scopai bene bene, per vendicarmi del segreto licenzioso del viaggio in auto. Uscimmo. E quando tornammo lei entrò in bagno e mi fornì la versione in nero dell’intimo. Il culo fu un attimo. Lì e nelle settimane successive. A casa mia, quando la facevo sedere sulla panchetta di legno e la inculavo dicendole batti batti le manine. A casa di suo padre in un altro mare, quando fuori faceva un caldo appiccicoso, ma mai come il mio sperma che schizzava a fiotti nel suo culo capiente.

Sai cosa ti dico, troia. Che quando ti osservo, dopo che mi sono preso il culo, hai un sorriso più rilassato.

Sei più docile. Hai capito l’uomo.

Ecco perché, in queste poche righe, cerco di condensare tutto ciò che c’è dietro il culo. Non solo il perizoma (santificati i brasiliani che l’hanno esportato), non solo la rasatura perfetta dei glutei e dell’incavo tra buco del culo e passera, dove slinguo preparando il terreno. Non solo il tacco alto, fino al 15, perché quando la gamba è tesa, anche se leggermente arcuata o con un po’ di cicciotta in più ai fianchi, quando la pieghi, quelle due rotondità si fanno di sasso e tu ti struggi pentendoti quasi di profanare quel tempio, ma non te frega una minchia. Quello è un culo ed è solo tuo.

Adesso mi sdraio sul parquet, la candela accesa, tu coi tacchi che ti rannicchi come siedono a Pechino. Ti lasci scivolare nel culo l’asta che maneggi con maestria, perché molti sono i cazzi che hai svuotato così. La indirizzi, la tieni tesa per farla entrare. Lo so e non ne sono geloso, anzi. So che stai riservando a me questa prelibatezza, come summa della tua esperienza di porca. E dopo una ventina di colpi duri, seri, già sento la goccia che anticipa la venuta. Ti chiedo di fermarti. E tu obbedisci come una cagna, perché quando lo prendi nel culo obbedisci. E poi ricominci, come una maestra. Come la maestra dei miei figli che ho inculato al lago, mentre i bambini giocavano e noi ci siamo messi dietro un albero. Il jeans che faticava a scendere, strappai la mutandina perché non c’era tempo. E dentro dritto nel culo, con un tocco di saliva sull’indice, graffiando quasi la parete anale perché quando parte... il cazzo parte.

Ecco perché mentre infilo lo strufolo nel culo si accende un mondo. Ecco perché sono contento che il primo ragazzino che hai avuto ti abbia detto – come abbiamo fatto tutti – "infilo solo la capocchia", "l’appoggio appena" e poi l’appoggio è diventato scivolo. Ecco perché sono felice che tu abbia strappato al fidanzato, quello giusto, la promessa di essere impalmata sull’altare subito dopo avergli dato il culo e quello non capiva più niente tanto era lo svenimento. Ecco perché sono appagato dal sapere che il benzinaio, dietro l’area lavaggi a fine turno, ti ha infilata sui sedili posteriori del Mercedes e bloccandoti in una presa senza uscita ti ha sodomizzato a dovere con i complimenti a quel cornuto di tuo marito, il cumenda.

Adesso sei mia, adesso sei a pecora, adesso ansimi e non so se di piacere o di dolore. Adesso ti dico la verità.

Ti dico che hai il culo più bello del circondario, ti dico quello che gli altri non dicono ma già sai, cioè che tutti ti osservano mentre passeggi lungo la passerella dello stabilimento balneare e sono attratti da quelle mele, dove vorrebbero piantare il loro palo, piccolo o nodoso che sia. Adesso ti sfondo, urlo e tu rispondi sìììì dammelo tutto. Adesso ripenso a quando mi tiravo le pippe con le pornostar sullo schermo del televisore e la videocassetta si consumava. Adesso ricordo la videotecara, come la chiamavo, che era diventata così amica da venire a trovarmi la sera prima del matrimonio perché si sentiva insicura. Io per convincerla le dicevo che era giusto, che lui l’amava, che il suo corpicino mi aveva fatto impazzire da sempre ma non glielo avevo mai confessato, che almeno una doccia insieme dai, nessun contatto. E lei no, ma che fai. E io già accendevo la luce del bagno e facevo scorrere l’acqua calda. E beviamo intanto un bel bicchiere di vino che crea un’atmosfera. E ridiamo su quanto siamo matti. E alla fine, dai, cosa vuoi che sia, anzi, vuoi esser tranquilla? Resta con mutandine e reggiseno. Ed entriamo in doccia. Lo slip si gonfia. Lei mi guarda, maliziosa. Giuro, non lo faccio apposta. Prendila come un gioco, dico. E lei sorride e si gira, sganciandosi un reggiseno stupido, perché lei porta la prima. E io le afferro i capezzoli, la massaggio con la schiuma che scende sul corpo liscio e profumato. E lui, il cazzo intendo, tira come un ciuco. Lei fa scivolare le mutandine, zoccola penso. E allarga un po’ le gambe e le sono già dentro prima che dica qualcosa. Guarda, mi dice, domani mattina sono in chiesa e stasera l’ho già tradito. Hai ragione, rispondo, facciamo così, non voglio lasciare il segno. Lo estraggo. Lei mi dice no, adesso no. E io lo avvicino a quelle chiappette morbide, lo appoggio alla fica ed è un attimo e lei prova a divincolarsi e le dico stai buona. E lei non dice niente. Ho la punta che sta varcando il passo. Le chiedo posso? Tutto vorrei meno che un no, in quel momento. Non puoi, mi dice. E io mi ritiro. Devi, mi ordina. E da prendila come un gioco a prendila nel culo è un attimo.

La esalto, la infamo, la offendo, la magnifico fino alla fine delle mie energie, mentre i vapori della doccia hanno già conquistato il monolocale.

Quando sborro la sto schiacciando contro le mattonelle e lei geme e urla di piacere.

L’indomani sono in chiesa a farle da testimone. Ci guardiamo. Auguri le sussurro.

Il culo è una cosa seria. Siatene consapevoli. Voi maschi che infilate l’uccello, non è un gioco come la fica, questa è la laurea cum lode.

E voi femmine che potreste dare la bocca oltre che la mano, la vulva oltre che l’ascella, le tette e pure i piedi. Quando date il culo state vendicando secoli di ingiustizie, di nerchie sbucciate, di mestoli infilati, di signorotti del paese che s’inculavano le vergini, di frati che pompavano sotto la tonaca le monache per farle rimaner vergini, davanti. Eccolo, eccolo che arriva troia. Eccolo che arriva, troia, lo senti. Lo senti? Lo senti?!?

La mia testa è un vortice di ricordi, di emozioni, di umori e odori. Ti sto pompando e non mi sono reso conto che sono al coito.

Dal profondo della mia caverna esplodo il fiotto che giubila i divieti, ti incorona Signora del piacere, First lady del mio seme, Regina del nerbo che si svuota e tu continua a muoverti, troia, perché se ti fermi sei una stronza. Deve svuotarsi. Devi svuotarlo. Lo hai fatto decine di volte. Adesso devi farlo anche meglio. Mentre mille occhi invisibili ti osservano. Gli occhi dei tuoi ex, dei vicini, dei colleghi, degli amici tuoi e di tuo marito che non è un cuck ma è cornuto e non sa quant’è bello averti per moglie, così desiderata da tutti. Mi pulisco, mi rivesto, rimetto i pantaloni osservandoti distrattamente, mentre ti dai un'assestata, ti tocchi i capelli, rimetti l’intimo. Adesso recupero un colorito meno rubizzo ed esco dalla stanza.

"Capo, ci vediamo domani", ti dico.

La segretaria sorride, mi ricorda che l’appuntamento con la presidente è per la prossima settimana e già l’autista ti aspetta sotto. l’auto accesa, per riportarti in villa. Dove il maritino di aspetta perché viene a cena una eccellenza. Viene a cena. Io sono già venuto nel tuo culo che dolora, con le gocce che scendono sulle cosce perché per quanto tu sia perfettina, per quanto ti sia umettata, sei troia dentro. E sai che dopo il sesso i fermoni sono tutto.
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