tradimenti
Le tre regole della gola


21.11.2024 |
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"Avevi le tue cose, mi hai detto..."
Care amiche dal palato fine, stavolta mi rivolgo a voi con una preghiera: leggete attentamente questo contenuto. Non solo vi è dedicato, ma caldamente suggerito. Perché la bocca, che apre a esplorazioni e degustazioni, è solo l’anticamera del piacere. E quando decidete, perché decidete voi, di aprire il prezioso orifizio a un glande, e salite e scendete con costanza e precisione lungo l’asta di carne che si gonfia per la pressione sanguigna, in attesa di esplodere il liquido biancastro, siate consapevoli di una grande verità: siete le sacerdotesse di un culto antico, che chiamerò l’Arte del Pompino.Proprio così. Perché il pompino, con o senza ringollo come dicono i truci, è Arte con la A maiuscola. Se non lo sapete fare, se siete svogliate, se siete stanche perché magari nello stesso giorno è già il secondo involtino di carne che prosciugate, tra le pretese dell’amante e il dovere del marito, meglio non farlo.
Meglio andare di mano. Meglio masturbarsi a distanza di qualche metro. Lui su un puff e poi in piedi prima di esplodere, voi su un divanetto, le gambe scosciate, pronte a squirtare o anche solo bagnarvi che poi è quello che conta. Meglio giocare di testa nel senso cerebrale che fisico. Perché potete combinare un disastro.
Lo sa bene il mio caro uccello che continua a chiedermi, ingrato, una bocca, una gola e una gola ancora perché non riesce a darsi pace. Io lo osservo. Gli dico che, per quanto mi riguarda, è infilarlo tra le natiche il vero zenit. L’asintoto di ogni perversione, che perversione non è trattandosi di carne. Ma non c’è niente da fare, perché se lui fa le bizze tu rimedi una figuraccia che, alla fine, non puoi neppure chiedere scusa perché è meglio se cancelli quel numero.
Ma torniamo all’Arte.
Dunque alla fine si tratta di prenderlo in bocca, niente di complicato (in apparenza).
La donna bacia un cazzo svogliato, lo aiuta a prender forma, lo stabilizza e alla fine lo fa tirare come solo lei sa. Funziona così dalla notte dei tempi come certificano i disegni della preistoria, quelli dell’antica Grecia, degli Egizi, dei Romani e via fino ai giorni nostri. Eppure siamo sempre lì. Una bocca che succhia. Dai succhiamelo.
Iside rianimò Osiride praticandogli un pompino. Lo sapevate? Il kamasutra, quello vero che non si apprende da wikipedia, descrive con ghiotti dettagli le otto regole sacre.
Nell’antica Roma succhiare l’uomo significava (invariabilmente per le femmine e per gli uomini) sottomettersi a lui. Per i Greci era un divertimento. Fu il Medioevo a cancellare la tradizione etichettandola come amorale e impura. A noi maschietti invece rimangono impresse le immagini della divina Linda Lovelace, indimenticabile protagonista di “Gola profonda”. O la memoria di Monica che svuotava il presidente degli Stati Uniti in quella che diventerà, da quel giorno in poi, la Sala Orale.
Ma se superiamo quest'inizio accademico, me ne scuso ma ogni tanto un po’ di cultura fa piacere anche agli istinti più bassi (come i miei), non possiamo andare oltre il discrimine iniziale: sapete fare o no un buon pompino? Vorrei erigermi a giudice delle vostre gole, emettere stelle e giudizi su ciascuna di voi, ma temo che non basterebbero due vite per poter godere delle vostre esperienze. Per qualcuna ci sarò sempre, certo, ma non per tutte, anche perché sono impegnato nel lavoro e nella vita quotidiana.
E allora? E allora eccolo. Si può partire forse dalla formula più banale, che è però un inno ad Annunci69 visto che il “testacoda” nasce dal desiderio di dare e avere di una coppia.
Comunque sempre un cazzo in una gola finisce. Come piace a lei. Come piace a te, preziosa orchidea che leggi e ti sollazzi. Tu che sei figlia di Eva e non sai che la prima donna, la vera prima donna era Lilith e faceva i pomipini pure lei. Tu che sei Venere e Saffo. E se sai a cosa mi riferisco, sai anche che in quello che fai, in quello che facciamo, in quello che vorremmo fare, niente è nuovo. Leggevo, tempo fa, un bel pezzo su un mensile, non ricordo quale. C'era la storia di una donna straordinaria, la Casati Stampa. Non quella delle cronache nere degli anni sessanta (ne parlerò in futuro) che venne uccisa dal marito che era un cuck, proprio così, ma non poteva sopportare l'idea che lei avesse uno stallone preferito tra i tanti. No, una Casati Stampa di nome Luisa, la più grande troia dell'Italia d'inizio Novecento (parlerò pure di lei se vi fa piacere).
Dunque pensavo a lei che attorno al 1910 teneva ritti i membri delle corti europee e si faceva montare da un nerone nella peccaminosa Capri.
Quanti pompini avrà fatto lei? E quali?
E poi, pompini, bocchini o pipe? Perché questo è il succo.
Ve li descrivo per come li ho conosciuti io.
Il pompino è il più comune. Il più gradito. Ti vedo mentre lo sollevi con due dita, lo smalto carminio, l'alito tiepido. Ti vedo mentre lo lubrifichi col primo succhiello e aspetti che quello inizi a fare il proprio dovere. Il cazzo si tende ma ancora non è stabile. E tu inizi, appunto, a pompare. Lo fai con la bocca che dovrebbe stringere il paletto che comincia a tirare. Afferri il membro poco sopra l'attaccatura, per strozzare la vena che pompa (pure lei) sangue. Vai su e giù lentamente all'inizio finché non trovi il ritmo. Né troppo veloce, né troppo lento. Lo fai con maestria perché ne hai svuotati quanti? Mentre succhi e pompi sei lì che ci pensi. Me lo ha confidato una di voi, porcelle, in uno scambio proprio su questo sito. Ci pensi perché in fin dei conti i cazzi alla fine sono tutti uguali. E la voglia sciatta della routine coniugale non aiuta a tener lontana la tentazione di sentirti femmina in calore, come nei mesi dell'innamoramento. E allora succhi. Succhi e maneggi l'attrezzo. Su e giù. Delicatamente e poi con colpi sempre più convinti perché senti che lui sta arrivando. E qui capisco se ci sai fare.
Perché se usi troppa saliva, il cazzo scivola e perde sensibilità. Se sputi sul glande una volta dimostri di essere una porca esperta, ma se esageri sconfini. E la mano intorno al cazzo, cazzo! La devi stringere. Me lo devi sbarbare perché non vedi come risponde? Il pompino è una cosa seria e se ci sai fare davvero non è neppure troppo lungo. Perché mentre pompi il sangue muove tutti i pensieri, la testa di lui si svuota. Vola, libera e felice. Tu stai pompando tuo marito, che siede svaccato sul divano pensando di avere una moglie dall'indole di una troia. Ma tu lo sei, una troia. Lui pensa che tu vorrebbe vedere mentre lo succhi a un altro. Ma non gli basta. Allora pensa a quella collega giovane che è appena arrivata nel suo ufficio e già la sente gemere quando entra nell'ufficio del capo e quello, con la fede al dito, la piega sulla scrivania e inizia a leccarle la fica e il culetto bello sodo, si alza in piedi quando il membro è bello torto e la perfora con foga e uno e due e tre eeeeeee goooooodoooooooo.
Perché lui, tuo marito, è un voyeur ma non te lo dice e aspetta che tu glielo pompi per potersi divertire con le fantasie. Mentre tu sei accovacciata con le ginocchia piegate e il cuscino sotto, perché - che carino - lui ha pensato pure a questo. Sei lì che glielo pompi e pensi al tuo istruttore di palestra che viene a sbirciarti mentre fai la doccia e fai finta di non vederlo. Succhi tuo marito ma pensi a quell'avventura fuori dalla discoteca col bello del gruppo che tutte volevano farsi e lui invece si è fatto te, perché quella sera avevi le tette che ballavano libere, perché il reggiseno te lo eri sfilato nel bagno e l'avevi messo nella borsetta. Sei lì che pompi e stringi, stringi e pompi e vorresti bere alla fontana del tuo capo che quello sì ha il Porsche e tu su un Porsche faresti tante cose e anche il cambio automatico faresti sparire nella tua passera stanca del matrimonio e vogliosa come una puledra per chi se la merita. Ecco, adesso, proprio adesso, se sai fare un pompino sentirai lo zampillo che parte. il primo fiotto, il primo sorso, la prima gettata dello sperma, la sborra che riempie la bocca e tu non devi fermarti. Non adesso, perché cazzo quanto sei troia. E se esce una goccia, una sola goccia da quella bocca capiente m'incazzo come una bestia perché ho faticato a tenerla dentro la nerchia.
Il bocchino invece è un gioco solo di bocca. Bisogna essere atletiche. io in piedi e tu inginocchiata con la testa all'altezza dell'inguine. Te lo aggiusti solo per l'incannaggio. Te lo fai crescere per durare meno fatica. E poi ciucci, come si fa col chupa chup non a caso. Qui il gioco di lingua è fondamentale. Perché le mani devono stare attorno ai miei fianchi mentre vai di stantuffo. E io ti accarezzo quella bella testolina. Perché so che hai dovuto succhiare fino in fondo tuo suocero quando ti ha scoperta col giardiniere che ti aveva coperto la schiena con la tua stessa gonnella. No, ti prego, non mi rovinare hai detto al padre di tuo marito. Lui era già paonazzo per la vergogna quando tu hai chiuso la porta a chiave e ti sei fatta scivolare la gonna. Avevi il collant quel giorno, ricordi? Via anche quello che si è attorcigliato mentre lo tiravi già perché era troppo stretto sulle cosce lisce. E la mutandina col fiorellino, piccola innocente. Lui ti ga detto che fai, fermati, ma che ti sei ammattita? Non potrei mai scopare la moglie di mio figlio. E tu l'hai zittito mettendoti in ginocchio e chiedendo perdono con la testa. Avanti e indietro, avanti e indietro e lui col cazzo mezzo moscio ti ha inondato la faccia senza neppure capire cosa stesse succedendo. Perché non scopava da vent'anni e neppure le seghe si faceva più. E infatti il cazzo non solo era moscio ma pure di pesce odorava.
Ti carezzo la testa e la stringo tra le mani per darti il ritmo che pulsa nel mio nervo. E penso a te che hai succhiato il cazzo del tuo ex in macchina perché avevi promesso la fica a tuo marito, ma se tornavi a casa tutta bagnata poi cosa avresti potuto dire? Ti sfioro le orecchie perché non sentano tutte le peggiori offese che vorrei dirti perché mi eccita chiamarti cagna, zoccola, putrida, ninfomane, meretrice, troia che per me non sono offese ma medaglie sul tuo petto generoso che ha ricevuto il seme di decine di uomini. perché sei una benefattrice mentre raggiungo il coito e trattengo la tua testa, il tuo bel cranio con i capelli profumati, e ti gonfio la bocca di latte della mia natura e tu quasi soffochi ma sai che se non fai così mi perdi.
E infine c'è la pipa. Che si fa come una pipa da fumare. A boccate irregolari. Ora strette ora prolungate. Un po' di mano e tanto di bocca. Come hai fatto d'estate nella città vuota, sotto la loggia di un palazzo anonimo. Avevamo bevuto, ricordi? Doveva essere una cenetta veloce perché poi il tuo lui ti avrebbe chiamata e la mia lei doveva andare a dormirsene al mare con i nipotini. E tu e io schiavi della città vuota per colpa del lavoro e delle ferie che non arrivano mai. Avevi le tue cose, mi hai detto. E io ti ho rispettata. Solo che quelle tette strappavano la camicetta di raso. Solo che un leggero venticello caldo aveva stuzzicato i capezzoli che spuntavano come funghi da essere presi. Solo che io senza sborrare non resisto più di due giorni e alla fine avevo voglia e tu mi hai detto fermati.
Come fermati, ma non ti piace... Mi hai preso le chiavi, sei scesa sotto il loggiato, hai estratto una tetta. Sono sceso che quasi inciampavo e ti ho raggiunta. La patta del jeans era lì che saltava. E hai fatto il tuo. Una pipa. L'ho riconosciuta subito. Non un pompino che quello magari all'inizio per un po' sì. Non un bocchino, troppa fatica hai pensato. Ma una pipa, quasi immobile, sotto il loggiato anonimo. Ti sei fermata, d'improvviso perché uno stronzo stava aprendo la pora del palazzo per portare il cane a pisciare. Ti sei pulita le labbra ma io avevo il membro che chiedeva di essere finito, per pietà. Mi hai fatto cenno di ripartire. Il cuore in gola, un sussulto dell'auto e via al parcheggio della chiesa. Vuoto. Ti sei messa a pecora sul sedile del passeggero. Hai ripreso da dove eri rimasta. Il culo sobbalzava nell'aria per il ritmo che stavi imponendo al mio povero membro. E già speravo che apparisse uno sconosciuto alle tue spalle. Non un guardone, ma un uomo col cazzo duro. Uno che non ti avrebbe lasciato neppure il tempo di girarti e dire guarda che ho le mie... Uno che te lo avrebbe sbarbato nel culo senza pietà mentre tu succhiavi e sai come succhi quando un altro ti prende da dietro. Una pipa si fa tirando di bocca. Ed è quello che hai fatto provocandomi un'eruzione vulcanica che la sborra è finita ovunque. Persino sul cruscotto. E dai non ci pensare che domani faccio lavare la macchina ho detto mentre precipitosamente chiudevo il jeans perché il tuo cellulare aveva ripreso a suonare. Ed era il tuo lui. Il tuo lui che voleva sapere dov'eri. E tu gli hai detto fingendo di essere assonnata che eri a casa. E lui non ci credeva e tu gli hai detto che era un cretino. e lui allora ti ha chiesto la prova, la videochiamata. e tu, troia, che hai fatto? Gli hai detto dammi un attimo ma mettiti comodo perché voglio farmi un ditalino pensando a te. Sei scivolata sul sedile posteriore. Le luci spente, le cosce allargate, il dito sul grilletto. E quando lui ha chiamato tu hai risposto facedogli vedere la vulva. Fammi vedere che sei a casa, ha incalzato lui. Shhhh hai detto tu agitando la mano sulla figa, nella figa, infoiandoti per il gustio del proibito e del pericolo. E sei venuta, quasi subito. Non scherzando. Hai squirtato con le dita insaguinate di rosa perché lo zampillo si è unito al plasma. E lui ha detto brava, così mi piaci. E tu hai buttato giù, le tette all'aria, l'atmosfera frizzante, il piazzale vuoto. Sono venuto dietro col cazzo che era tornato a ruggire. Non ho retto. E ti ho inondata quelle tette da quinta un po' cadente ma vera.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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