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Lui & Lei

Le memorie di un'amica del Gruppo...


di Membro VIP di Annunci69.it GangbangBologna
28.10.2019    |    1.293    |    1 9.1
"Si scambiarono un familiare sguardo d'intesa ed un reciproco sorriso..."
Questa è una specie di memoria, una promessa fatta ad una persona, che devo onorare da valoroso soldato gentiluomo, affinché ciò che è stato vissuto intensamente non cada irrimediabilmente nell’oblio, sarebbe un vero peccato, ma non di quelli cui siamo soliti cadere noi qui… un peccato davvero più grande, non godere e far godere, anche solo con l’immaginazione.
Quindi, forse qualcuno l’avrà già letto questo racconto, forse qualcuno si ricorderà di quella persona, e comunque va bene, purché serva a farla ricordare, e forse a farla tornare, almeno solo nei ricordi.
 
 
Nascondersi è un'ottima strategia. Ci si muove molto più liberamente, è come essere un agente speciale sotto copertura, si assumono informazioni senza però darne. Nella vita quotidiana l'anonimato tutela, esporsi baldanzosi è come esporre il fianco al nemico ed essere attaccabili.
Quella donna, in apparenza normalissima, lo sapeva bene e nascondeva gelosamente nella sua intimità quel lato oscuro, che tutti posseggono, anche se molti non lo sanno o non lo vogliono sapere.
Spesso lui entrava nel suo ufficio senza troppi convenevoli, con scuse banali, pur di strapparle un'uscita per motivi di lavoro e trovarsi poi da soli in modo insospettabile.
Lei era diventata una preda da cacciare, da possedere quanto prima, non solo una volta, per poi poterla aggiungere ai suoi tanti trofei di guerra.
Fu così anche quel pomeriggio, le piombò in ufficio con la solita spavalderia "Comandante", così la chiamava per canzonarla, "dai che per oggi hai finito". La sua voce squillante ed irriverente, cui tutti erano ormai abituati, esprimeva insospettata serietà.
Un uomo in divisa si nota sempre, un uomo alto, dal fisico potente ed asciutto, in divisa era impossibile che potesse passare inosservato.
Lei trasalì improvvisamente da quell'arrivo, anche se il rumore dei suoi passi decisi erano inconfondibili.
Si scambiarono un familiare sguardo d'intesa ed un reciproco sorriso. La figura di quel divisato riempiva lo spazio di quel piccolo ufficio. Lui si avvicinò e si mise dietro la sedia, dove lei era seduta, per metterle pressione. Per nulla imbarazzata lei si alzò di scatto, sistemandosi la camicia e dicendogli in tono asettico "arrivi sempre quando ho da fare".
Lo spinse verso la porta, ma invece di farlo uscire, gli si girò davanti, appoggiandogli la schiena al petto ed esponendogli il collo.
Lui raccolse la provocazione e glielo mordicchiò, poi la fece arretrare, le prese il viso tra le mani per forzare un bacio, che lei volutamente cercava di evitare, per poi alla fine fingere di cedervi. Le loro lingue si intrecciavano affamate, mentre il corpo di lui la sovrastava. Lei sentiva il membro già duro ed eretto di lui premerle addosso e le sue dita prepotenti, che si facevano strada tra le gambe fino ad allargare la sua figa già bagnata, che sempre più veloci si insinuavano in un dentro e fuori ritmato.
D'istinto allargò le cosce abbassandosi indietro con la schiena sulla scrivania per poter accogliere meglio quel movimento ritmato.
Le piaceva quel corpo, la sua determinazione e la sua sfrontatezza, era quel genere di uomo che sa come prendersi ciò che vuole. E ciò la eccitava.
In quel momento chiunque avrebbe potuto sorprenderli: due corpi, due divise a confronto, sempre normalmente in competizione, ma che ora non stavano rappresentando istituzione alcuna, ma solo i primitivi istinti che uniscono da sempre gli animali, la femmina ed il maschio.
Dai pantaloni usciva il suo gran cazzo, turgido e duro, che cominciò a darle colpi talmente secchi e potenti nella figa che li sentiva fino all'utero. L'intento di lui era di farla gridare dal piacere e dal dolore, ma non vi riuscì.
Sperava anche che qualcuno li sentisse negli uffici vicini, ma nulla. Lei gli sorrideva, aveva tra le gambe un uomo che aveva deposto le sue armi, aveva vinto lei, non quell'unica battaglia, ma l'intera guerra... soprattutto anche tra le loro due diverse divise.
Udirono dei passi avvicinarsi veloci lungo il corridoio. Con estrema indolenza ricaccio' il cazzo dentro la zip e la chiuse, allontanandosi da lei. Il suo sguardo, perennemente beffardo e strafottente, non mutò. I passi proseguirono oltre allontanandosi, entrambi sorrisero maliziosamente e si ricomposero alla meglio.
Era una di quelle tipiche giornate di un pomeriggio estivo nella pianura padana ed il turno di lei era già finito da un bel po'.
Uscirono dall'ufficio e si avviarono a piedi in un bar vicino.
Lui ordinò due aperitivi alcolici e freddi, e questo, unitamente al pranzo saltato, le bastò per alterarle i sensi ed annebbiarle la mente, disinibendola più di quanto non fosse già.
Parlarono del più e del meno, tra di loro anche alcuni conoscenti che raccontavano loro simpatici episodi di vita quotidiana. Per entrambi però il pensiero di terminare quel che avevano iniziato in ufficio era sempre più impellente, tanto che dopo diversi scambi di sguardi maliziosi, contemporaneamente si alzarono dagli sgabelli del bar.
Con l'auto di lui si avviarono in una zona golenale isolata, avvolta in una folta vegetazione. La fece scendere ed appoggiare al cofano dell'auto con il petto. Le tolse tutti i vestiti. Si tolse l arma e l'appoggio' davanti al suo viso, le prese i polsi e glieli ammanettò dietro alla schiena. Poi cominciò a strizzarle i grossi capezzoli ritti in quei piccoli seni, con una tale forza da far uscire del liquido biancastro. A quel punto lei gridò e gli si girò di fronte, mordendogli galvanizzata il lobo dell'orecchio. "Sei un appuntato stronzo e bastardo, stai approfittando di un'indifesa ed inerme agente di polizia" gli sussurrò lei.
Non aveva molto raggio l'azione così ammanettata. La fece inginocchiare, costringendola a prenderglielo in bocca. Con una mano le teneva il cazzo e con l'altra le tratteneva la testa.
"Ti ho in pugno comandante" le diceva e lei sorrideva. S'infilò il preservativo che aveva in tasca.
S'abbassò i pantaloni e rigirandola cominciò a sferzarle duri colpi in vagina, già molto eccitata da prima. Gocce di sudore gli cadevano dalla fronte mentre la tratteneva dalle spalle.
Poi la fece stendere supina a terra, tenendole bene le gambe aperte e penetrandola dannatamente. Gli umori le calavano tra le gambe, tanto era bagnata dall’eccitazione.
Rallentò dolcemente, godendo dentro di lei, distrutto ma appagato.
"É stata la miglior scopata che abbiamo fatto" le disse mentre le toglieva le manette baciandole la schiena.
"Sicuramente" rispose lei "ma abbiamo ancora molto in sospeso".
Non si videro più dopo quella volta. Lui venne trasferito.
Ancora oggi, improvvisamente lei sembra avvertire nitidamente in certi pomeriggi estivi, quel rumore di passi decisi avvicinarsi lungo il corridoio, ma il suo sguardo continua a rimanere fisso sullo schermo del pc, senza che alcun sorriso malinconico possa rischiarare quei lontani ricordi…
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