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Lui & Lei

L'ultimo viaggio (Autore Dacom70)


di Membro VIP di Annunci69.it GangbangBologna
06.02.2019    |    364    |    1 8.7
"- Ho sempre camminato al tuo fianco e tu mi hai solo respinta, mi hai sfidato mi hai denigrato mi hai veduto ma allontanavi vergognoso lo sguardo da me come..."
Ero sveglio, oppure credevo di esserlo.
Stavo fissando come ipnotizzato,davanti a me, seduto sul letto in camera mia.
Dov'era l'armadio? E la parete? Che fine avevano fatto?
Al loro posto, un'ampia finestra, senza ante e una banchina di cemento grezza e grigia, dietro, il
nulla, avvolto dalle spire di fumo denso e scuro che si innalzavano di tanto in tanto come soffioni di
un geyser . Mi concentrai su di un ombra, immobile, seduta sulla soglia della finestra e riuscii a
malapena a distinguere la figura di una ragazza. Si, era una donna.
Immobile, non mi stava guardando ma sapeva che la stavo osservando.
Era difficile darle un'età esatta, nella mia testa decisi che poteva avere passato i quaranta ma
l'abbigliamento ed il taglio dei capelli la rendevano più ragazzina oltretutto pesantemente truccata
con vistose righe nere che le colavano dagli occhi, i capelli le cadevano disordinatamente sul viso a
coprirlo parzialmente, potevano essere chiari ma il colore era indefinito spenti, unti.
Indossava una camicetta che in origine avrebbe dovuto essere bianca, tenuta chiusa solo da un
bottone all'altezza dell'ombelico, sotto, una minigonna di jeans ed ai piedi un paio di scarponcini ​
logori, senza calze.
Sudicia, sembrava appena uscita dalla canna fumaria di un camino a legna, seduta con una gamba
penzoloni e l'altra raccolta sulla soglia della finestra, la schiena appoggiata allo stipite e le braccia
incrociate, sopra al ginocchio, incurante del fatto che avesse mezzo seno in evidenza e lasciasse
vedere spudoratamente l'intimo sotto la gonna.
-” Chi sei? Cosa vuoi da me? Che hai fatto alla mia camera?”-
Dopo un lungo silenzio, finalmente la ragazza mi guarda, i suoi occhi erano ghiaccio, mancava
qualcosa però, mancava l'espressione. Non ero ancora cosciente della situazione in cui mi ero
cacciato, stavo ripercorrendo con la mente a ritroso per dare una spiegazione a questo posto, a
quella ragazza, qui, nella mia camera, in quelle condizioni. Continuavo a fissarla inebetito e l'unica
associazione che riuscivo ad abbinare a lei, era che sicuramente, non era amante del sapone. Che
buffo, un espressione che ho sempre letto nei vari annunci dei siti per adulti che frequento e che ho
sempre rifiutato perchè mi immaginavo tutti questi “amanti del sapone” impegnati ad infilarsi
saponette in tutti i buchi o a bere detergente liquido direttamente dal dispenser come se fosse il
seme caldo di una copiosa sborrata. Ero nudo su un letto che ormai non riconoscevo più come mio,
coperto solo dal lenzuolo, guardavo inebetito una straniera vestita da zingara davanti a me e l'unico
mio pensiero era rivolto agli “amanti del sapone”. La mente umana è indecifrabile. Tornai al
presente nel momento in cui Lei parlò.
-: Eccoti qua, uguale a tutti gli altri, vi rivolgete a me come se fossi io a cercarvi con la tipica
arroganza che utilizzate per nascondere la paura.
Io non voglio niente da te, il nostro appuntamento era già stato deciso il giorno che sei nato ed io
sono sempre puntuale.-
Ma che cazzo dice questa!! Appuntamento? Cosa ne sa di quando sono nato? Certo che la voce
però... calma con toni caldi, più che sentirla la percepivo, dentro, vedevo le onde sonore della sua
voce venirmi incontro e avvolgersi attorno a me come spire sinuose di un serpente ed io pietrificato
mentre studiavo i suoi movimenti. Scese dalla finestra e con due passi raggiunse il mio letto,
continuando a guardarmi forse con disprezzo, e continuò a parlare.
- Chi sono? Altra domanda stupida, mi conosci da sempre, sapete tutti chi sono, e spendete tutte le
vostre risorse per evitarmi, perfettamente consapevoli che è un'impresa impossibile, mi maledite
perchè per voi sono il male, l'innominabile, non sono degna neanche di un minuto di riflessione, di
una parola dolce ma nel vostro inconscio io rappresento il più grande dei vostri traguardi.-
Dopo la parola “traguardi” si aprì definitivamente la camicia facendo saltare l'ultimo miserabile
bottone con un gesto sgarbato ed io, preso alla sprovvista dal movimento improvviso, quasi
istintivamente mi ritirai appoggiandomi alla sponda del letto. Il lenzuolo era scivolato e rimasi
vergognosamente nudo di fronte ad una sconosciuta che incurante della mia condizione continuava
a parlare.
- Ho sempre camminato al tuo fianco e tu mi hai solo respinta, mi hai sfidato mi hai denigrato mi
hai veduto ma allontanavi vergognoso lo sguardo da me come se fossi il peggiore dei tuoi incubi, ed
io, ho sempre subito, in silenzio, perchè avevamo già un appuntamento, sicura che saresti venuto.-
Un appuntamento? Allora la conoscevo. Le ho fatto qualcosa, un torto? Stavo pensando a tutte le
donne della mia vita, a quelle relazioni che non hanno un senso preciso ma che ho sempre cercato
solo per quella carica erotica che come una droga mi serviva a vedermi senza maschere davanti ad
uno specchio. Intanto la mia ospite continuava a parlare, con lo stesso identico tono di voce, stava
sbottonando la minigonna di jeans. Parlava e mi guardava mentre il suo misero indumento le
scivolò fino alle caviglie mostrandosi impudica solo con gli slip tenuti tesi da fianchi sinuosi e per
la prima volta cominciai a guardarla come donna, come una bella donna. Ora che mi si era
avvicinata riuscivo a definirne meglio i lineamenti del viso, severi, marcati ma decisamente
attraenti, i capelli continuavano a coprirle parte del volto ed ogni tanto la sorprendevo mentre con la
mano li scostava agganciandoli dietro all'orecchio, l'unico gesto di veramente femminile che le
avevo visto fare fin'ora. Ora, senza camicia, era evidente lo stacco tra la faccia sporca e il bianco,
quasi trasparente, della sua pelle che faceva risaltare il rosa scuro dei capezzoli di un seno acerbo
ma già vissuto, erano piccoli ma sporgenti troppo in proporzione alle dimensioni del seno ma il ​primo pensiero che mi venne in mente era quello di attaccarmici e cominciare a succhiarli come un
bambino alla prima poppata ed inevitabilmente cominciai a percepire il classico calore in mezzo
alle gambe premonitore di un risveglio imminente, assolutamente fuori luogo visto che ancora non
avevo capito cosa mi stesse succedendo e quasi ingenuamente ripetei le domande al mio “ospite”. -
Cosa ti è successo? Perchè sei conciata così?-
La risposta arrivò con la potenza di un pugno allo stomaco.
- Cosa speravi, che mi sarei messa in tiro per te, per questa occasione? Ma ti sei guardato, vieni da
me, come tutti gli altri con il terrore che trasuda dai pori fradicio con l'odore immondo della preda
spacciata, con lo sguardo che cerca ancora ogni possibile via di fuga pur consapevole
dell'inevitabile.-
Mentre parlava saliva sul letto, dal fondo, a quattro zampe e per la prima volta le vidi un ghigno
felino formarsi in bocca, due labbra sottili, pallide, che si stavano avvicinando mentre io, incredulo,
stavo guardando l'erezione del mio cazzo che mi chiedeva di allargare le gambe per dargli spazio.
Non ero io a comandare i miei movimenti, guidato da un pene mentre la ragione mi consigliava di
fuggire il prima possibile, non riuscivo a fare un movimento, paralizzato ma da cosa e perchè?
Sentii freddo alle caviglie, una presa forte che mi costrinse a distendere le gambe, erano le sue
mani, era lei che mi tirava a se fino ad avere il mio cazzo a due centimetri dal suo naso. Io ero
scivolato in avanti rimanendo con la testa appoggiata alla sponda del letto e li gurdavo, Lei e il mio
cazzo, sorpreso di quella splendida vigoria dimostrata in una situazione che, di solito, avrebbe
portato sicuramente ad una inesorabile cilecca ma ora no, anzi, era una delle erezioni più belle che
io ricordassi e Lei lo stava guardando insistentemente come se non ne avesse mai visto uno prima
d'ora. La osservavo mentre con gli occhi seguiva il percorso delle vene del mio uccello, era quasi
imbarazzante, lei a quattro zampe con il sedere in aria, ancora gli slip, le mani a tenere larghe le
caviglie e la faccia quasi a toccare il cazzo, in realtà non era lei ad essere imbarazzata, ero io
spossato da una serie di emozioni contrastanti tra le quali quella della paura che mi diceva di andare
, subito.
Era la sua voce che mi tratteneva.
- Hai paura? Lui sembra di no, (indicando il cazzo) Riesci a capire? Questa è la mia condanna, il
mio primo appuntamento sarà sempre l'ultimo senza la possibilità di farti capire che sono io la
vittima, non il tuo carnefice, che sono la conseguenza non la causa che sono la tua salvezza non la
condanna, io sono la tua vita e della tua vita conosco ogni istante e di tutti gli istanti terrò memoria,
fino a qui.-
Detto questo, appoggiò le labbra alla cappella gonfia, e lentamente le dischiuse per farla entrare,
lenta ma costante, mentre io trasalivo ad ogni centimetro che lei mi lasciava occupare nella su
bocca, trasalivo per il contrasto tra le fredde labbra a contatto con la pelle del cazzo ed il fuoco che
sentivo dentro in quella bocca che sembrava non avesse mai fine, tremavo per la consapevolezza di
essere ormai alla sua mercè, senza via di scampo e allo stesso tempo tremavo per le scosse di
adrenalina che lei mi infondeva mentre gustava, materialmente, l'antipasto di una mensa che io
ancora ignoravo, tremavo perchè il suo sguardo continuava a non avere espressione. Non sono un
super dotato, la mia dotazione mi ha fatto sempre fare bella figura (quasi sempre via), e la cosa più
disarmante era vedere quella faccina capace di far sparire il mio cazzo in tiro fino alle palle con una
facilità estrema, senza fatica senza una minima reazione del suo corpo, sicuramente mi sbagliavo, di
cazzi lei ne aveva visti a iosa. Si buttava sulla cappella e lo faceva scivolare fino alla base poi
rimaneva ferma per qualche istante mentre dentro, la lingua lavorava fin che poteva, lo accarezzava,
lo spostava per poi farlo uscire, volevo venire e allo stesso tempo rimanere li per ore, volevo
cambiare posizione ma le sue fredde mani erano ancora serrate alle mie caviglie, Era lei che
comandava ed è stata lei che ha deciso di smettere.
- Ti piaccio?- Mi chiese. Ci misi un po' a rispondere, dovevo prendere tempo, avevo le palle gonfie
e questo giocava a mio sfavore, c'era ancora un barlume di ragione che ordinava di chiuderla lì, non
darle corda mi diceva, non rispondere.
- Certo che mi piaci, ma non ti capisco, sei strana- La mia risposta idiota.
Finalmente lasciò la presa alle caviglie, io mi rilassai un 'attimo, almeno credo, lei fece scivolare le ​
mani lungo le mie gambe, si soffermò sulla cicatrice nella mia coscia destra, un lontano incidente,
con il dito andava su e giù percorrendola più volte, mi guardò e disse – Io c'ero- Continuò a salire,
sempre con le mani, fredde, fermandosi di tanto in tanto su qualche particolare del mio corpo, seria,
quasi triste, non avevo più domande da farle e lei, con i suoi movimenti da automa sul mio petto
pareva vicina ad una crisi di nervi quasi disperata ed istintivamente le scostai i capelli che le
coprivano gli occhi, con lo stesso gesto che le avevo visto fare appoggiandoli dietro l'orecchio. Mi
afferrò la mano all'improvviso, la trattenne con forza vicino al viso e con la mia mano si diede una
carezza fino a sfiorare le labbra che cominciarono a baciarmi il palmo poi le dita, poi spinse verso il
collo, la mia mano guidata dalla sua stava esplorando il suo corpo, si fermò sul seno, cominciò a
farmi fare movimenti circolari attorno al suo capezzolo che veniva sfiorato di volta in volta ed ogni
volta diventava sempre più duro. Lei era seduta sulle mie gambe, a cavalcioni come diciamo in
romagna, ed in questo attimo di quasi normalità, trovai la forza di alzarmi con il busto fino a
trovarmi faccia a faccia con lei. Provai a baciarla ma non venni contraccambiato, rimase immobile
con la bocca chiusa, le labbra fredde, la sua mano che teneva ancora la mia sul suo seno, l'altra,
stava slacciando lo slip che ancora indossava per poi spingermi ancora giù costringendomi con il
suo peso a stare sdraiato mentre dietro cercava il cazzo con la mano libera.
Cominciò una lenta cavalcata con lo stesso metodo del pompino di antipasto, affondava lentamente
per poi tenerlo dentro e lavoralo con i fianchi. Ormai avevo capito che dovevo lasciarla libera di
decidere cosa e come fare e ne ero contento, sapeva come muoversi a dispetto di quello che
appariva, conosceva ogni particolare anatomico del mio cazzo e tutti i movimenti che faceva erano
ondate di estasi che mi annientavano il cervello. Dovevo venire, adesso, e come se mi avesse letto
nel pensiero, si chinò verso di me, sfiorandomi un orecchio sussurrò – Devi venire con me, io sono
il tuo sollievo perchè ora che mi hai visto, hai finito di soffrire mentre io rimarrò con un altro nome
marchiato nel cuore pronta per il prossimo appuntamento.
Ecco perchè sei venuto, perchè volevi sentirti dire, da me, che sei morto Senza di me non ci avresti
creduto.
By Dacom70
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