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Gay & Bisex

Una storia semplice


di Zindo
20.11.2024    |    8.277    |    18 9.1
"Entrammo in acqua, in un punto dove con i piedi si toccava il fondo e l'acqua arrivava fino alle anche..."
Mi sono imbattuto casualmente sul sito di A69 una quindicina di anni fa. Forse anche di più. (Il sito allora non era strutturato come ora, ma era molto più "povero".
Ricordo che io ero in casa alla ricerca di come passare il tempo. Da questo deduco che probabilmente era un giorno non lavorativo della stagione invernale.
Cercavo su internet racconti da leggere , quando sulla lista apparsa con la mia ricerca lessi anche l'opzione “racconti erotici”.
Non stavo cercando letture piccanti, semplicemente roba da leggere, ma la mia curiosità venne sollecitata dal termine “erotici”, ho voluto curiosare.
Mi è andata bene, mi sono imbattuto in un racconto piacevole.
Presi così l'abitudine di visitare spesso il sito per leggere i racconti.
Oggettivamente per diverso tempo non mi capitarono più racconti piacevoli come il primo che avevo letto, fino a quando ritrovai uno dello stesso autore del primo, anzi autrice, e questo mi piacque davvero molto.
Tentai di mettere un commento positivo ma apparve una finestra con la scritta “devi registrarti o fare login”.
Mi registrai, seguendo le istruzioni, cioè mettendo un paio di foto e scrivendo un annuncio.
Questo è il motivo per cui mi sono iscritto la prima volta (con nikname diverso da quello attuale.Non sono alla mia prima iscrizione).
Non cercavo incontri reali per fini sessuali, volevo solo poter continuare a leggere racconti e commentarne qualcuno, perciò anziché mettere un annuncio accattivante, scrissi semplicemente “Ho una vita sessuale soddisfacente ma valuto eventuali proposte”.
Non pensavo realmente di ricevere proposte, anzi da inesperto qual'ero, avevo pensato: “Anche volendo come potrebbero contattarmi se non ho lasciato né indirizzo di posta elettronica, né numero di telefono?”.
Infatti per un certo periodo di tempo non successe niente.
Io ho continuato a leggere i racconti, incominciando a lasciare commenti in calce ai racconti che mi piacevano
Un giorno mi è venuto lo sghiribizzo di scrivere un racconto anch'io e l'ho inviato, con il desiderio ma poca speranza di vederlo pubblicato.
Con mia sorpresa, l'ho visto invece pubblicato. Con ulteriore mia grande sorpresa, in un paio di giorni, risultava essere stato letto da quasi 3000 lettori i quali gli avevano dato addirittura una valutazione del 9,6. A parte un unico commento dissonante, ben altri sette lettori avevano lasciato commenti positivi. Roba sufficiente per montarmi un poco la testa.
Ma avvenne anche di più: ricevetti diverse richieste di amicizia ed alcuni messaggi. Una vera novità per me.
Da quel momento sono entrato davvero nella comunità di Annunci, prima non ne avevo capito lo spirito.
Dopo qualche tempo cambiai l'annuncio, mettendone uno più serio e soprattutto rispondente ai miei desideri mai confessati : “Sono fondamentalmente etero ma mi piacerebbe vivere da principiante una esperienza a tre con una coppia anche occasionale. Cerco quindi donne disinibite e uomini ...pazienti”.
Rilessi anche il mio primo e fino ad allora unico racconto, quello che sembrava essere piaciuto a molti, rendendomi conto di quanto fosse orrendo e l'ho cancellato perché nessun altro lo leggesse.
In realtà non piaceva a me, perché era falso come il primo annuncio; l'avevo scritto in prima persona, come se io fossi stato un omosessuale che faceva cose incredibilmente audaci, mentre nella realtà io non avevo il coraggio neppure di guardare fisso negli occhi un altro uomo.
Ho cercato di scrivere un nuovo racconto che non fosse bugiardo. Non ci sono riuscito perché, me ne sono reso conto proprio facendo questo tentativo, nella vita reale avevo vissuto solo esperienze banali, nessuna che valesse la pena di essere raccontata per fini erotici. Per dirla con eleganza ”una vita sessuale piatta”, io però , quando me ne sono reso conto, l'ho definita “una vita sessuale di... emme con puntini di sospensione”.
Da questa presa di consapevolezza mi sono reso conto di quanto poteva risultarmi utile conoscere meglio qualche altra persona reale, qualche altro“cittadino virtuale” di Annunci.
Ho cominciato ad instaurare colloqui a distanza, tramite i messaggi a disposizione, con alcune persone. Persone scelte quasi ad istinto come primo criterio, poi valutavo anche il contenuto dell'annuncio e, se ne avevano scritto, anche il contenuto dei loro racconti. Le foto mi condizionavano solo se mostravano anche parti del corpo, e non o non soli i dettagli o i primissimi piani degli organi sessuali .
Certamente lo scambio dei messaggi è servito a farmi apprezzare alcuni più di altri, tre in particolare, ma anche a farmi ricredere sulla piacevolezza di altri con i quali non ho più continuato le comunicazioni. Ad un paio ho rimosso anche l'amicizia che avevo accordata.
Dei tre prescelti uno solo era della regione confinante con la mia (ed io abito a qualche decina di chilometri dal confine, quindi quasi come se fossimo corregionali), gli altri due erano, purtroppo, geograficamente troppo lontani da me
Con il “quasi corregionale” ho intensificato i messaggi e, quindi, alimentato un certo dialogo. Dialogo faticoso e vago perché eravamo raramente on line, quasi mai in contemporanea. Per questo gli proposi
“se vuoi scrivermi, la mia email è:...(seguito dall'indirizzo che ora non scrivo per non renderlo noto a tutti).
Mi ha scritto dicendo: “se ci telefoniamo, non è forse meglio? Il mio numero è....”
Avrei voluto comporre quel numero e chiamarlo, ma ero troppo agitato, timoroso, confuso. Ho optato per mandargli un SMS con su scritto “il mio numero invece è...”
Come avevo fortemente sperato, mi ha chiamato lui. E' stato tutto più facile. Il coraggio di chiamarlo io difficilmente l'avrei trovato.
Dopo la sua prima telefonata ci siamo sentiti spesso, abbiamo parlato, ci siamo detti molte cose l'uno dell'altro.
Mi sono sorpreso di me stesso nello scoprire con quanta sincerità parlavo con Aldo (le prime cose che ci siamo detti, sono stati i nostri veri nomi).
Anche le cose che avevo cercato di negare a me stesso riuscivo a dirle ad Aldo, senza alcun problema, pur continuando a comportarmi come sempre avevo fatto con tutto il resto del mondo.
Ogni mattino ho continuato ad indossare l'abbigliamento da classico impiegato, a recarmi in ufficio, a scherzare con i colleghi, a fare complimenti galanti alle colleghe, a discutere con il mio diretto superiore, a svolgere il mio abituale lavoro. Fuori del lavoro ho continuato a frequentare la palestra, a fare footing, ad uscire con gli amici.
Avevo molti amici al di fuori dell'ambito lavorativo e della palestra, alcuni anche di vecchissima data. Nel giro delle mie amicizie c'era chi era ancora scapolo o nubile, chi era già sposato o sposata con persone della stessa cerchia o extra giro, qualche coppia di fidanzatini, insomma una cerchia eterogenea di giovani ai quali piace ritrovarsi per divertirsi insieme ma anche per altri motivi, alcuni anche seri, come alcune attività di volontariato.
Insomma una vita normale, sana, equilibrata, di un trentenne (qual'ero all'epoca) senza grilli per la testa. Ero sempre stato (o dovrei dire ero sempre apparso?) così.
A nessuno avevo mai fatto capire che oltre le donne (che pure corteggiavo senza però fidanzarmi più dopo una unica esperienza amara i cui dettagli vi risparmio), ero attratto anche dai maschi, anzi prevalentemente da questi. Non solo non l'avevo mai lasciato capire a nessuno ma da sempre combattevo con me stesso per negare anche a me la verità.
Nato e cresciuto in un piccolissimo paese, in una famiglia di cattolici osservanti e praticanti, per cultura familiare, tradizione di paese, influssi religiosi e quant'altro possa avere influito, mi sentivo in disarmonia con il mondo esterno.
Tutti i miei desideri erano condannabili e condannati dalla religione, dalla mentalità paesana, dalla cerchia dei miei amici, dalla mia famiglia.
Non potevo non sentirmi “sbagliato”, “un peccatore” secondo la religione, “un malato” secondo i più permissivi, “un errore della natura” secondo me, “uno schifoso” da parte di alcuni omofobi esistenti anche nei piccoli centri e tra le cosiddette persone dabbene e misericordiose.
Solo al telefono, con Aldo, intorno alle undici di sera, dal chiuso della mia stanza, finalmente parlavo liberamente come mai mi era riuscito di fare in precedenza, esternando senza alcuna remora i miei pensieri, i miei desideri, persino la mia incapacità a rivelarmi a qualcuno. Con Aldo era invece facile, anche per il fatto d'esserci imbattuti l'uno nell'altro su Annunci, sito nel quale liberamente ognuno di noi era entrato, liberamente, avevamo preso i contatti con chi avevamo voluto noi. Questo me lo faceva sentire quasi più come un mio alter-ego col quale mi confrontavo a fine giornata (o inizio nottata, visto che giorno e notte si tengono sempre per mano) che come una persona realmente esistente. Poi anche perché dialogare con Aldo, di qualsiasi cosa e non necessariamente (anche se prevalentemente) di argomenti sessuali, era rilassate, interessante, piacevolissimo.
Infine, ma non ultimo come importanza, mi sfuggiva la contraddizione tra il mio aver scelto lui (geograficamente non lontano da me) e la mia convinzione che non ci saremmo mai incontrati.
Era parecchio tempo, forse più di due settimane, che ci parlavamo quotidianamente al telefono, tutte le sere. Non telefonate brevi, anzi.
Sapevamo moltissimo l'uno dell'altro ormai. Lui conosceva tutte le mie abitudini pubbliche, tutti i miei desideri privati ed inconfessabili, tutta la mia incapacità a conciliare in qualche modo, istinti e ragione, bisogni personali e pretese del mondo esterno. Io di lui sapevo che aveva quarantadue anni, era divorziato senza figli, in lite con la ex moglie per ragioni economiche e che era vissuto molti anni (male mi ha detto lui) nascondendo (non sacrificando) alla moglie e al mondo, la sua componete omosessuale, finché era stato beccato con un uomo proprio dalla moglie. C'era stato uno scandalo enorme, l'immediata separazione con successivo divorzio, ma, per sua ammissione, finalmente la soddisfazione di poter vivere liberamente la sua bisessualità, tanto ormai non era più ricattabile: il mondo sapeva... Sapeva forse anche più della realtà, visto che tanti avevano ricamato sull'evento, aggiungendo particolari inventati di sana pianta.
Io stavo già bene così, con le sole telefonate sincere ed intimissime e non mi aspettavo la cosa più ovvia. Mi colse di sorpresa Aldo quando mi disse: - "Non ti pare sia ormai giunta l'ora di incontrarci e conoscerci di persona? Che fai questo fine settimana?"
Mi sto dilungando troppo. Accorcio omettendo i dettagli.
Ho finto di avere impegni, ho tergiversato in mille modi. Mi ha smantellato ogni scusa, mi ha fatto confessare di avere paura. Non è stato più gentilmente suadente, nel dirmi il, da me meritatissimo “Stronzo”, aggiungendo:- "Domani pomeriggio, tu vieni al mare con me".
Ha stabilito lui, autorevolmente, luogo ed orario preciso, del dove vederci dicendomi come l'avrei riconosciuto (tipo e targa della sua macchina e colore della camicia che avrebbe indossato) e poi mi ha dato l'ultimatum:- "Se vuoi venire vieni, io ci sarò. Se non ti va ci salutiamo adesso, tanto a che servono queste chiacchierare oltre che a far guadagnare le società di telefonia?".
Dopo ha riattaccato.
Ho pensato per circa tredici ore se andare o no, dicendomi sempre “no”, ma riponendomi sempre la questione, come a non voler accettare la mia stessa decisione.
Infatti all'una del sabato pomeriggio sono partito verso il luogo dove mi aveva indicato: un'area di servizio lungo la litoranea, molto fuori dai centri abitati a circa due terzi (quasi quaranta chilometri) del percorso tra la mia e la sua residenza. Non conoscevo la zona. Non la immaginavo così isolata, nemmeno così deserta per la stagione (fine giugno circa) e per la posizione (vicinissima al mare). Data l'ora funzionavano solo gli erogatori automatici del distributore e non c'era nessuno, nè addetti alle pompe, né clienti.
Ero leggermente in ritardo sull'orario impostomi (più che concordato), ma non di molto. Ho subito pensato che mi aveva dato buca e che non si fosse presentato lui. Il mio ritardo era di un paio di minuti soltanto, non c'era alcuna auto parcheggiata sul piazzale, quindi non poteva essere arrivato e già andato via per il mio infinitesimale ritardo.
Io che non avrei voluto l'incontro, quando questo mi parve sfumato, mi sono rattristato, capendo quanto invece mi sarebbe piaciuto vedere di persona Aldo.
Non per temporeggiare, ma per effettiva carenza di carburante nel serbatoio della mia auto, mi sono messo a fare rifornimento dalle pompe automatiche.
Meno male che c'era l'erogazione programmata in base alle banconote inserite, altrimenti avrei fatto non solo il pieno, ma anche traboccare il serbatoio, quando sul piazzale entrò una macchina, anzi “la” macchina, modello e colore detto da Aldo, targa pure.
Si è avvicinata lentamente alle pompe, fermandosi però leggermente distanziato dagli erogatori.
Il conducente, con la camicia del colore detto da Aldo, mi ha guardato, poi ha guardato il suo orologio da polso e mi ha chiesto se sapevo dirgli l'ora esatta. Non riuscii a far uscire il fiato dalla mia gola, restai imbambolato, come un ebete, tenendo la pistola dell'erogatore nel foro del serbatoio anche se l'erogazione era finita.
Aldo, perché era certissimamente lui, sceso dalla vettura mi ha guardato con espressione sorridente e chiesto:- "Scusa, per caso aspetti uno che si chiama Aldo?”.
Mi accorsi finalmente di aver finito il rifornimento, ho riposizionato la pistola all'aggancio sulla colonnina e ipocritamente ho chiesto:- "Come ha detto? Ha parlato con me?"
La sua espressione sorridente, sul volto è sfumata velocemente, mi ha detto “Niente, niente, mi scusi” e, rigiratosi è rientrato in macchina.
Come posso descrivervi quello che era successo in me, in un attimo? Già ero emozionato di mio, con l'intera notte e tutta la mattinata sotto tensione, mi ero visto pararsi innanzi a me una specie di dio greco, di statura medio - alta, con un fisico mozzafiato, occhi chiari che risaltavano sulla pelle abbronzata e,.. non mi ero sentito alla sua altezza, mi ero sentito uno sbarbatello di fronte ad un vero uomo, un tipo insignificante di fronte a un maschio stupendo e... e dapprima, con la salivazione a zero, non ero riuscito a parlare, dopo aver deglutito avevo parlato, ma dicendo una stronzata. Ora stava per andarsene via.
Non era possibile che io fossi così stupido da essere arrivato a sfiorare il cielo e me lo stavo facendo sfuggire.
Mi risuonarono nella mente le sue ultime parole nella telefonata notturna : “... se no ci salutiamo adesso, a che servono queste chiacchierate...?”
All'improvviso ho ritrovato voce e coraggio, l'ho chiamato: "Aldo! Sei Aldo vero?".
Si è girato, il suo volto si è illuminato con un sorriso, io ho lasciato il tappo del serbatoio penzolare dalla catenina e sono corso verso di lui.
Non c'era anima viva intorno, ma se pure ci fosse stata una folla non mi sarei fermato. Comunque l'avrei aggiunto ed abbracciato forte, forte, forte, come effettivamente feci.
Aldo tenne meglio di me il controllo di se. Si lasciò abbracciare, leggermente lo fece anche lui, prima di scostarmi da se afferrandomi le braccia con le sue forte mani, mi ha guardò, sorrise e chiese:- "Perché fingevi poco fa? Non sono il tipo che ti aspettavi?"
- "Esattamente. Mi aspettavo un essere umano, sei apparso tu,. Scendi dall'Olimpo o da dove?"
- "Da quella macchina!- mi ha risposto sorridendo, poi ha continuato:- "Che fai mi segui con la tua macchina? Non ti consiglio di parcheggiarla qui. Seguimi. C'è una spiaggetta isolata e tranquilla non lontano da qui. Andiamo lì".
Mi sono ritrovato sulla spiaggetta “isolata e tranquilla”, non so come. Non mi ricordo di aver guidato, né di aver percorso un tratto a piedi, c'è un vuoto totale nella mia memoria di qualche minuto, forse quelli necessari per riprendermi dallo shock: era appena morto l'io ipocrita ed era nato l'io capace di convivere con me stesso; finalmente, a più di ventinove anni di età, quasi trenta, qual'era la mia età a quel tempo ormai lontano.
Sulla spiaggia, piccola, racchiusa tra le rocce e qualche scoglio, tutta e sola per noi due, abbiamo anche parlato, ma non saprei riferirvi quello che ci siamo detti.
Ricordo invece me inginocchiato, con le natiche sui talloni e Aldo, dietro di me che mi spalmava la crema protettiva sulle spalle, poi lui che era passato davanti e me per spalmarla anche sul petto, parlando, non ricordo di cosa. Ricordo me e Aldo abbracciati e distesi sul telo di spugna steso al suolo; ricordo ancora me ed Aldo in acqua, a fare il bagno nudi e baciarci in acqua. Baciarci e toccarci. Intanto parlavamo, di cosa non ricordo, tanto era una attività secondaria adesso il parlare.
Non eravamo più al telefono dove il parlare era tutto, ora era poca cosa. Quanti scherzi tra noi buttandoci l'acqua addosso, quante carezze, anche, soprattutto nelle parti intime, come fosse la cosa più ovvia e naturale.
Ricordo quando, tornati al sole sullo scoglio dopo aver fatto uno dei tanti brevi bagni, mi baciò dalla fronte agli alluci, passando con la lingua su ogni parte del mio corpo, aggirando solo la parte genitale. Su quella è tornato dopo, risalendo con la bocca e largamente pagò la penalità per averlo saltato nel percorso di andata. Pagato con un pompino fatto quasi al rallentatore nella fase iniziale e proseguito con un' accelerazione lenta ma costante nel ritmo dei movimenti. Come sul finire del “Bolero” di Ravel, il gran finale fu a ritmo sfrenato. Letteralmente sfrenato, infatti non si è arrestato neanche quando avrebbe dovuto perché io schizzai impetuosi fiotti di sperma nella sua bocca.
Aldo non si ritrasse, al contrario, si riempì la bocca, trattenendo a lungo la crema, credo anche ingurgitandone una parte, con molta calma, mentre io mi ero sentito quasi svenire per quanto mi aveva svuotato.
Gli chiesi:- "Tu? Non vuoi godere pure tu?"
Accarezzandomi il ventre e il pene tutto bagnato, mi rispose:- "Certo che sì. Ma con calma, non abbiamo fretta, la giornata è lunga e poi... può esserci la notte, domani che non è giorno lavorativo,..abbiamo tempo, abbiamo tempo,.... vieni in acqua a farti sciacquare le palle e l'uccello, dai vieni".
Entrammo in acqua, in un punto dove con i piedi si toccava il fondo e l'acqua arrivava fino alle anche. Ha cominciato a passarmi la mano sulla pelle come se mi lavasse. Sul ventre, sul pene, sulle palle, tra le cosce, tra le natiche, sul buco del culo, con un dito dentro il buco.
Ho stretto le natiche gridato appena. Mi ha detto:- "Ricordati che non ho fretta, ma devo godere anch'io e voglio godere dentro di te".
- "Qui? In acqua?"
- "Dove non importa, se vuoi anche in macchina, La mia ha i sedili ribaltabili e comodi, l'importante è...preparare la strada" .
Così dicendo mi infilò di nuovo il dito dentro il culo, con un colpo più deciso, facendolo entrare non appena un poco come prima ma quasi tutto, anzi tutto. Lo mosse. Sentii del bruciore ma quei movimenti cominciarono a darmi piacere. Lo lasciai fare.
A sorpresa, con mossa fulmina ha infilò anche un secondo dito. Gridai.. Questa seconda volta avevo sentito male. Mi disse tante volte di rilassarmi, di fare un respiro profondo, ma non abbandonò mai il territorio conquistato. Feci come mi aveva detto. Il dolore si attenuò. Mi chiese:- "Vuoi che adesso ti ci infili il cazzo dentro?
Risposi:- "Ormai, a questo punto, tanto vale fare le cose come vanno fatte".
Sostituì le dita col suo arnese: ben altra cosa! Una goduria fantastica, specie quando ha cominciato a sbattermi. Riusciva a far schizzare, lateralmente ai nostri corpi, l'acqua del mare, quando sbatteva il suo bacino contro i miei glutei ed il suo pistone affondava in me.
Che meraviglia ragazzi!
Quando, alle prime luci dell'imbrunire, lasciammo la spiaggetta per tornare alle nostre macchine, mi chiese due cose: una se ero libero da impegni e potevo passare con lui il week end; l'altra se ci fermavamo ad un bar per bere qualcosa di fresco.
Accettai la sosta al bar. Quando arrivammo al primo bar, sul percorso di ritorno sulla statale, notai subito che era affollatissimo. Eppure quando Aldo, dopo aver parcheggiato al mio fianco mi chiese:- "Te la senti? C'è tanta gente! Vogliamo andare al prossimo?", risposi “Chi se ne frega della gente? Ho sete".
Avevo superato anche la paura della gente
E' una storia semplice: volevo solo mettere un commento in calce ad un racconto letto su Annunci qualche mese prima, è andata come vi ho raccontato.
Ah, dimenticavo: la notte non sono rientrato, sono andato a dormire a casa sua.
Ci siamo frequentati ancora per un certo periodo di tempo come amanti, poi siamo diventati solo amici e lo siamo ancora.
Lui ha un compagno fisso.
Io? Beh io vivo la mia vita, diversa dalla sua, ma diversa anche da quella da represso, come in precedenza. Se mi sono accettato e mi voglio bene gran merito è anche di Aldo.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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