Lui & Lei
Il temporale
di Zindo
26.07.2023 |
10.700 |
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"Non sono di legno io"
"Neanche io" risponde Angela spingendo il giovane verso il divanetto..."
Angela è prossima alla cinquantina, fisicamente li porta più che bene nonostante ad attirare l'attenzione più che le sue curve sono gli abiti che veste: sono di stile antiquatoAvrebbe voluto essere una insegnante, professione che comunque ha esercitato per almeno una decina di anni, ma da precaria: con supplenze ed incarichi a tempo determinato, al massimo annuali. Per avere una certezza economica ha rinunciato al suo sogno quando le è stato offerto un modesto impiego da un consorzio tra artigiani e professionisti vari, che offre servizi di vario genere a chi, pagando, ne fa richiesta. Lei riceve le richieste, le smista a chi può evaderle, fissa appuntamenti eccetera. Le danno uno stipendio modesto, ma con puntualità: ad ogni fine mese. La certezza dell'entrata le dà tranquillità economica. Saltuariamente arrotonda le entrate impartendo lezioni private. Per questo molti la chiamano ancora "la Prof".
Dicono che abbia avuto qualche storia sentimentale in passato ma negli ultimi anni non è stata mai vista in compagnia di un uomo.
Attualmente Angela sta attraversando un periodo non bello
Tra tante altre grane che le stanno capitando , c'è anche quella di aver fuso il motore della sua vecchia automobile. Per questo da una decina di giorni viaggia in autobus e continuerà a farlo fino a quando il meccanico non le riconsegnerà la vettura riparata.
Ogni mattina prende lo stesso autobus, sempre alla stessa ora, alla fermata sotto casa, una delle prime dopo la partenza dal capolinea. Quando sale non ci sono molte persone a bordo: tre, quattro, al massimo cinque passeggeri, non di più.
Uno però c'è sempre, tutte le mattine-
E' un ragazzo giovane, ventenne o poco più, scuro di carnagione e di capelli ricci e folti, portati lunghi e arruffati.
Siede abitualmente in uno degli ultimi sedili, in maniera vagamente scomposta, con almeno una gamba fuori dall'allineamento dei sedili, distesa in tutta l'esagerata lunghezza, tanto da occupare parte dello spazio per i viaggiatori in piedi. Non lo fa per ineducazione, ma semplicemente perché ha le gambe così lunghe che non stanno (o ci stanno scomode) nel ristretto spazio tra due sedili.
Angela, persona attenta anche alla forma ed alle maniere, ha notato questo ragazzo fin dal primo giorno, proprio per la posizione scomposta che assume da seduto.
Il suo animo da insegnante le fa ritenere che solo con uno sguardo si possa richiamare all'ordine i giovani, come le riusciva in passato con i suoi studenti. Per questo fissa il giovane: quasi a volerne deprecare la postura.
Il giovane dapprima ignora sia lei che il suo sguardo, poi un poco infastidito dall'insistenza della donna nel guardarlo, fa una smorfia strana come a voler chiedere gestualmente, con la mimica facciale e lo sguardo, qualcosa come:- "Che cerchi? Che vuoi?".
Angela è sconcertata e, criticando mentalmente le nuove generazioni, si mette a sedere.
Veramente non sceglie di sedersi, si trova a doverlo fare a causa di una improvvisa frenata del conducente.
Lei che non si sta sostenendo da nessuna parte con le mani, alla frenata improvvisa, prima vacilla, poi finisce rovinosamente su un sedile: uno di quelli posizionati alla rovescio rispetto alla direzione di marcia.
Per il modo di pensare della donna, metodica per natura, il posizionamento al contrario di alcuni sedili è illogico. Lei prova fastidio anche al solo vederli, immaginarsi se avesse mai potuto scegliere lei di mettersi a sedere "controvento".
In questa occasione però l'illogico posizionamento del sedile le torna utile e le evita di cadere e di fare una figuraccia.
Il ragazzo, che ha assistito alla "quasi caduta" della donna sul sedile, non trattiene un moderato sorrisetto di sadico compiacimento.
Trovandosi ora in posizione favorevole a tenersi d'occhio, persistono entrambi nel reciproco scambio di sguardi, ognuno in maniera critica verso l'altro.
I due scendono alla stessa fermata: quella di piazza Risorgimento.
Una volta a terra si scambiano un ulteriore sguardo, non di simpatia, e poi si avviano per direzioni opposte.
O meglio: il giovane si avvia verso corso Garibaldi, e prima di immettersi sotto i portici si gira forse pensando d'essere seguito dalla donna.
Costei invece percorre pochissimi metri sul marciapiede e si infila nel portone di un vecchio palazzo. Al primo piano c'è il suo ufficio o, come dice lei "lo studio", proprio sopra il bar davanti al quale ferma l'autobus.
Passano i giorni.
Da quel primo mattino, da dieci giorni, tutte le mattine, escluso il sabato e la domenica, i due si incontrano sullo stesso autobus, si guardano spesso, scendono alla fermata di piazza Risorgimento e poi una sale nel suo ufficio e l'altro si avvia verso i portici di corso Garibaldi.
L'antipatia sta man mano scemando, il tempo li sta abituando l'uno alla vista dell'altra e viceversa.
Lunedì il giovane, appena sceso dall'autobus, prima di allontanarsi, si gira verso la signora e sorridendo le augura il buon giorno. Sorpresa di questo, ma nel contempo felice, lei risponde al saluto con un caloroso “buona giornata anche a lei”.
Da allora, cioè da tre giorni, quando Angela sale sull'autobus cerca subito con lo sguardo il giovane riccioluto, sempre scompostamente seduto verso le ultime file, si sorridono a mo di saluto, il giovane qualche volta agita anche la mano.
Nonostante sia critica nei confronti dei sedili posizionati alla rovescio rispetto al senso di marcia, la donna continua ad utilizzare proprio quello, per poter guardare il giovane riccioluto.
Si chiede se il ragazzo lavora o studia. Non porta libri, forse lavora. Indossa sempre dei jeans, ma mai gli stessi. Lei ha l'occhio attento ai piccoli particolari e da questi nota che i jeans sono simili ma non sono mai gli stessi del giorno prima.
Anche il più giovane, osservando la donna, si chiede che lavoro faccia questa tipa vestita in maniera eccessivamente classica, elegante sì, ma forse per le mode di tempi ormai passati. Abiti che comunque mettono in risalto una certa bellezza della donna che ancora sprigiona una forte femminilità nonostante appartenga ad una o due generazioni antecedente quella del giovanotto.
Il ragazzo ha già notato che la donna entra nel portone accanto all'ultima vetrina del bar, quello con numerose targhe apposte ai due lati. Chissà se una di quelle riguarda la donna.
Un giorno, mentre aspetta l'autobus per il ritorno, le legge tutte. Sono targhe di uno studio legale, uno studio dentistico, una agenzia di assicurazioni, un commercialista e poi una non meglio specificata “ A.C.T.”. Non sa che questa è la targa dell'ufficio di Angela.
Affacciandosi per puro caso dalla finestra del suo studio, giovedì, poco dopo le diciotto, Angela vede il giovane dalle lunghe gambe attraversare la piazza, proveniente dai portici di corso Garibaldi e viene verso il bar. Lo riconosce ed osserva. Il giovane attende il passaggio dell'autobus, quelle delle diciotto e dodici, ci sale sopra e parte.
Venerdì Angela si affaccia apposta alle diciotto, ha aspettato quest'ora e, come ha sperato, ora lo vede arrivare, come la sera precedente e come la sera precedente, ma dopo una corsa per riuscire nell'impresa, riesce a prendere lo stesso autobus del giorno precedente.
Per la donna il fare le stesse cose allo stesso modo ed alla stessa ora non è ripetitività ma metodicità, cioè una qualità. “Metodico” è infatti il primo giudizio non negativo che emette nei confronti del ragazzo.
Quando, al lunedì quello addirittura l'ha salutata augurandole buongiorno, nelle sue considerazioni lo classifica subito “un gran bravo ragazzo”.
Anche questo mercoledì mattino, i due viaggiano sullo stesso autobus, si sono già scambiati un sorriso a mo di saluto. Ora il giovane si alza dal posto prima del solito. Per un attimo Angela teme che scenda ad una fermata diversa, quasi provandone dispiacere; gioisce invece quando il ragazzo le rivolge la parola.
Non dice nulla di speciale solo “Giornata afosa oggi”, ma per lei è come se stesse narrandole tutta la sua storia. Le sta parlando come se fossero amici e questo la rende felice, soprattutto accresce l'ammirazione per quel bravo ragazzo.
Come a volerlo confortare e rassicurarlo che l'afa sta per finire, la donna dice di aver sentito le previsioni meteorologiche alla radio, prima di uscire, e che in giornata dovrebbe rinfrescare, anzi piovere.
Sono arrivati. Scendono alla solita fermata. Si salutano in modo più cordiale del solito prima di prendere strade diverse.
L'afa caratterizza la giornata almeno fino alle quattro del pomeriggio, forse oltre.
Ora invece grossi nuvoli neri avanzano da occidente; pian piano coprono tutto il cielo.
Sono ormai le cinque e mezza: lampi e tuoni stanno intimorendo tutti.
I pochi utenti della biblioteca comunale si affrettano ad uscire, per evitare di trovarsi in strada al momento dell'ormai certo temporale. Solo Gill, ligio al dovere nonostante la giovane età, attende le ore diciotto per spegnere le luci e chiudere i locali. Veramente, verificata l'assenza di utenti, ha anticipato di qualche minuto la chiusura del server, disconnettendo tutti i cinque computer a disposizione degli utenti per la ricerca dei volumi o per l'individuazione della loro collocazione. Poi spegne le luci e, alle diciotto in punto, ora in cui dovrebbe cominciare ad effettuare le operazioni di chiusura, è invece già pronto per uscire e chiudere la porta.
Scende le scale e cammina sotto i portici, verso piazza Risorgimento. Non è necessario correre perché è uscito con un leggero anticipo e ce la farà tranquillamente a prendere l'autobus delle diciotto e dodici.
Forse ce la farà.
Forse.., già, perché con la pioggia torrenziale che sta imperversando sulla città molti, troppi, si sono accalcati sotto i portici di corso Garibaldi, alla ricerca di un riparo. Avanzare in questa calca non è facile, ma Gill non si arrende: sposta qualche persona, si infila tra altre, riesce ad avanzare verso piazza Risorgimento, arrivando in fondo a corso Garibaldi, la dove finiscono i portici.
Sono le diciotto e dieci. Ha due minuti di tempo per attraversare la piazza e raggiungere la pensilina della fermata degli autobus, quella davanti al bar sul lato opposto della piazza.
Due minuti sono tanti per un percorso così breve.
L'acqua però sta venendo giù a catinelle e il vento sferzante le conferisce ulteriore velocità.
"Non può durare così, vale la pena aspettare qualche attimo" pensa Gill sperando che qualcosa diminuisca: o l'intensità della pioggia o la spinta dl vento!
Contro ogni speranza le avversità atmosferiche aumentano. I tombini fanno fatica ad assorbire la gran massa d'acqua che comincia a stazionare sulla piazza.
Appena oltre i portici si è già creato uno strato d'acqua di qualche centimetro di altezza.
Non può più attendere, manca solo un minuto al passaggio dell'autobus...
...dovrebbe mancare ancora un solo minuto ma qualcosa non va come previsto: l'autobus della linea 7, quello che Gill dovrebbe prendere, sta già sbucando da via Mazzini: questione di un attimo e arriverà già alla fermata.
Ecco Gill che scatta come un centometrista, incurante dell'acqua sull'asfalto, di quella che cade dal cielo e di quella che il vento gli sbatte in faccia.
Corre Gill, corre verso la pensilina; i suoi piedi ricadendo nelle pozzanghere dalle lunghe falcate fanno schizzare ulteriore acqua che in parte si riversa anche contro di lui.
Non può curarsene, lui deve prendere l'autobus..., dovrebbe prenderlo...,
... avrebbe dovuto prenderlo!
Quando è solo a pochi metri, sei o sette, non di più, l'autobus riparte. Il conducente non vede il braccio che Gill agita e riprende il percorso verso altre fermate sull'itinerario prestabilito.
Gill, per inerzia, corre ancora, anche se negli ultimissimi istanti è consapevole di aver fatto una corsa inutile, di dover aspettare almeno un altra mezz'ora per il passaggio di un ulteriore mezzo della linea 7.
Arriva sotto la pensilina con gli abiti, i capelli, le scarpe intasate d'acqua e non può fare nient'altro che esclamare “Ma vaffanculo, va”. Non sa neppure lui a chi lo sta dicendo.
Angela dalla finestra ha visto il suo “sconosciuto-amico” attraversare la piazza correndo alla disperata sotto il diluvio imperversante, ha tifato per lui, sofferto per lui, esclamato prima di lui “ma vaffanculo, va” all'indirizzo del conducente l'autobus della linea 7 che non ha visto il ragazzo correre, che è partito nonostante fosse in anticipo di quasi trenta secondi sull'orario.
“Ma vaffanculo, va”, ripete ancora, questa volta non sa all'indirizzo di chi, scendendo precipitosamente le scale, con il grande ombrello da pastore, mai usato, souvenir di una vacanza in maremma, tenuto nello studio come un cimelio.
Sotto il braccio ha un plaid racimolato per istinto dal divano sul quale il plaid di solito fungeva da copri spalliera, per coprire una antica ed ormai indelebile macchia.
Se ne frega pure lei della pioggia quando arriva a piano terra. Apre il grandissimo ombrello incurante del vento che cerca di distruggerglielo e corre verso la pensilina.
Vede Gill, ma non sa ancora che si chiama Gilberto e dagli amici è chiamato Gill, ma sa che è bagnato fradicio. Gli butta addosso il plaid dicendogli “Asciugati se puoi e vieni, vieni al riparo con me”.
Gill non pone domande. Il vento sferzante gli sbatte contro ulteriori schizzi d'acqua. Non capisce..., non c'è molto da capire.
Si avvolge il plaid tra il capo e le spalle e si lascia tirare dalla donna che lo ha preso per un braccio, mentre sta cercando anche di non farsi portare via il grande ombrello dall'impetuoso vento.
Corrono insieme verso il portone, lo oltrepassano.
Angela richiude prima l'ombrello poi il portone.
Gilberto detto Gill, ragazzo sui vent'anni, si libera del plaid che si era avvolto sulle spalle, scuote il capo facendo schizzare acqua dalla sua chioma senza più riccioli vaporosi, ma con i capelli appiccicati come fossero cosparsi di gelatina. Guarda la donna che lo ha tirato e gli sorride.
E' lei: la ex antipatica signora dell'autobus.
Le dice semplicemente “grazie” e le regala un sorriso di gratitudine.
Angela perde la testa davanti a quel sorriso. Lascia cadere l'ombrello, si slancia verso il giovane, lo abbraccia forte, forte, forte.
-Ehi!- esclamato il giovane- ...che succede?
La donna afferra la faccia del giovane con entrambe le mani, lo guarda fisso negli occhi, a lungo, prima di dire:-Non lo so, ma sono contenta che stia succedendo- e detto questo porta la sua bocca su quella del giovane e lo bacia, appassionatamente lo bacia.
Alla fine dice:- "Mi hai fatto bagnare tutta".
Poi sorride ed aggiunge:- "Bagnare i vestiti, intendo. Non pensare altro ..."
"Lo dici a me? Guarda come sono bagnato io"
"Spogliati"
"Cosa?"
"Sei bagnato, ti farà male. Spogliati"
"Qui?"
"Hai ragione, scusa. Siamo ancora sulle scale, saliamo, andiamo dentro il mio studio"
Mentre salgono Gill dice "Ma non ho un ricambio, Che mi metto?"
Lei ha già spinto l'anta della porta quando dice "Qualcosa troveremo, ma non puoi temere quei panni, Ti prenderesti un malanno"
Fa entrare lui, finisce di entrare lei, richiude la porta. Ripete "Tu spogliati, io vedo se c'è qualcosa di la".
Gill non sa esattamente cosa intende la donna per "di la", immagina altre stanze, armadi con vestiti , anzi non immagina nulla, semplicemente si fida e mentre la donna va altrove lui si spoglia.
I suoi vestiti sono letteralmente inzuppati d'acqua. Se li toglie tutti, tranne i boxer e comincia ad asciugarsi con il plaid che le aveva portato in strada la donna.
Angela torna quando Gill si sta asciugando.
E' giovane, alto, struttura fisica atletica, la sua pelle umida brilla per il riflesso della luce al neon del soffitto. Agli occhi di Angela appare come un dio greco. Resta estasiata innanzi a questa visione. Si accorge di non essere capace di pronunciare neanche un "no" quando Gill le chiede "Hai trovato qualcosa per potermi vestire?".
L'estasi del momento le blocca la voce per dire un semplice "no", ma la voce le esce per esclamare "Che bello che sei!"
Come se stesse in trance avanza a passi lenti, occhi spalancarti e braccia protese in avanti, verso Gill a centro stanza. Lo raggiunge, lo tocca , l'accarezza.
Gill, un poco spavaldamente le dice: "Sì, sono di carne, sono un uomo vero, non un bambolotto, Voglio dire che se mi tocchi così mi eccito. Non sono di legno io"
"Neanche io" risponde Angela spingendo il giovane verso il divanetto. Quello più che sedercisi ci cade sopra, spinto da Angela che subito comincia a spogliarsi. Lo fa freneticamente, quasi come se volesse strapparseli i vestiti più che sfilarseli.
E' nuda quando dice "Chissà cosa stai pensando di me adesso, ma non me ne frega niente" e si lascia andare sul corpo del ragazzo, obbligandolo a distendersi e stare sotto di lei che lo bacia e lo accarezza.
Chissà cosa pensa e cosa prova Gill! Stando allo sguardo spalancato si direbbe quasi spaventato, ma al contrario le sue braccia che cingono forte la donna quasi a volerla tenere appiccicata più che premuta su di lui, dicono che gradisce e ricambia l'assalto.
Non dicono parole, né l'uno, né l'altra, ma l'intesa tra i due è totale, si capiscono con il linguaggio dei corpi, concordano con gli istinti e gli impulsi in maniera totale, come se fossero una coppia affiatata e collaudata da tempo, come se non ci fosse tra loro il rilevante divario di età. Sono un uomo ed una donna liberi da ogni logica di questo tempo e questa cultura ma maschio e femmina come forse erano i primitivi, cioè semplicemente maschio e femmina entrambi in calore. Sentimenti affettivi? Nessuno, né l'uno, né l'altra!
Sorpresa? Stupore? Sì, un pochettino, sia per l'uno che per l'altra.
Piacere fisico? Sì, tanto per entrambi!
Istinti liberati a briglia sciolta, sesso puro, sesso fine a se stesso. Animalesco forse, primitivo appunto.
Hanno appetiti da soddisfare entrambi: Gill perché giovane e carico di energie e di voglie purtroppo appagabili spesso in "solitaria", raramente con qualche ragazza, ma solo parzialmente perché alcune vogliono solo giocare superficialmente, altre si concedono ma queste si incontravano molto raramente. Angela perché già da tempo dentro di se avverte segnali di essere prossima all'età critica della menopausa, cioè al cessare di essere donna a tutto tondo senza aver vissuto in pienezza la sua femminilità, pentita di aver represso troppe volte per troppi anni i suoi istinti in nome di una strana moralità e mentalità imperante. Già da tempo sogna un uomo ma lo ha immaginato maturo, forse neanche bello, insomma con qualche tara perché, secondo lei che non ha una grande autostima, solo uno con qualche difetto potrebbe interessarsi a lei.
Le voglie insoddisfatte, Angela ne aveva in corpo tante e da tempo, tenute a bada per..., per "convenienza sociale", ma davanti a un ragazzo bello, giovane, forte, soprattutto nudo, ha aperto la gabbia degli istinti repressi e si è lanciata lei, rivendicando dalla vita il diritto di vivere in pienezza, di essere donna anche lei. Questa è l'occasione. La coglie ben lieta che la sorte le fa questo regalo.
Altrettanta gratitudine per la buona sorte, prova Gill, meno "abbandonato agli eventi" della donna, perché è comprensibilmente confuso: aveva mandato a quel paese le condizioni atmosferiche, l'autobus ed il suo conducente, aveva avuto in antipatia per molti giorni Angela ed ora dovrebbe ammettere che solo l'insieme di questi eventi, persone e cose, gli consentono di vivere questo grande momento.
"Dovrebbe ammetterlo" ma ovviamente non lo fa. Voi, a vent'anni, in intimità con una donna scatenata e intraprendente avreste potuto pensare ad altro oltre che a lei ed al cogliere l'attimo? Infatti neanche Gill pensa ad altro. Solo a ricambiare la femmina con cui si sta accoppiando perché anche lei goda come lui sta godendo.
Un piacere che dopo un intenso ma breve petting ed un prolungato coito in stile "allupati", non può non esplodere anche fisicamente con emissioni di particolari liquidi dagli odori e dai sapori caratteristici. Spruzzando schizzi lui, semplicemente bagnandosi la figa lei, ma godono davvero, proprio tanto.
In uno scatolone dello sgabuzzino-ripostiglio casualmente ci sono delle tute da lavoro maschili, Nella più grande Gill riesce ad entrarci dentro. E' ridicolo vestito così, con una tuta sulla pelle nuda, ma i vestiti grondanti sono assolutamente inutilizzabili e la tuta, volendo o no, deve bastargli per poter lasciare quello studio.
Per aver perso anche l'autobus della corsa successiva, lascia "lo studio" in tempo per quella ulteriore, anche perché la pioggia è scemata e ormai pioviggina appena. Anche il temporale "si è sfogato".
Un particolare è stato omesso: a metà pomeriggio il meccanico aveva telefonato ad Angela per dirle che la sua macchina era pronta e poteva andare a ritirarla, Questo significa che da domani non prenderà più l'autobus, non vedrà più Gill (ma lei non sa ancora neanche il suo nome). Forse anche per questo si è lasciata andare: tra l' "adesso" e il "mai più", ha scelto "adesso".
Chissà, forse ora potrà essere il ragazzo a cercarla qualche volta, se vorrà. Lei in ufficio c'è sempre.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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