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tradimenti

la sveltina


di Zindo
21.02.2024    |    14.867    |    4 9.4
"D'istinto pensai ma non dissi: "E che, secondo te, sono una che veste dai grandi magazzini? Imbecille!"..."
Salve, mi chiamo Adriana. Qualcuno dice di me che sono un poco strana.
A me non pare di esserlo. Mi ritengo solo una donna libera che vuole restare libera perr poter vivere come mi va e come a volte capita.
Per esempio come quella volta che mi trovavo per ragioni di lavoro in una nota località balneare ad una trentina di chilometri dalla cittadina dove vivo abitualmente. Secondo i programmi avrei dovuto finire di sbrigare le mie pratiche presso vari uffici entro la mattinata ed avere tutto il tempo per rientrare a casa per l'ora di pranzo. Alcuni imprevisti fecero andare le cose diversamente: mi liberai che erano da poco passate le quattordici.

Di appetito ne avevo abbastanza. Uscendo dall'ultimo ufficio che avevo dovuto visitare quel giorno, vidi davanti a me l'insegna di un rinomato ristorante della zona, specializzato in menù a base di pesce, alimento di cui sono piuttosto ghiotta. Non ho avuto esitazioni nel decidere di fermarmi lì per un pasto leggero sì, ma sfizioso e, consigliata dal cameriere, scelsi un tavolo all'aperto, sulla veranda con vista mare che dava direttamente sull'arenile.

Stava per finire il mese di maggio e stava per finire anche quella settimana, infatti era l'ultimo venerdì di quel mese. In pratica avevo concluso i miei impegni di lavoro per quella settimana. A casa non avevo nessuno che mi aspettasse; il tempo era bello; l'aria odorava di salsedine; la temperatura era mite; sull'arenile qualcuno aveva messo già degli ombrelloni: l'estate era alle porte ormai e, come mi confermò il cameriere, erano già arrivati i primi turisti della stagione. Tutte queste cose insieme formavano un invito a restare in quel luogo almeno per tutto il pomeriggio, per prendere un poco di sole in spiaggia e per fare il primo bagno.

C'era un problema: ero vestita in maniera non adatta al mare. Ero andata in quel luogo per sbrigare pratiche presso uffici vari non per fare la bagnante; per tale motivo avevo scelto un classico tailleur, di stoffa non proprio leggera, e indossavo scarpe con tacco altissimo.
Anche volendo comprare qualcosa sul posto, a quell'ora i negozi erano chiusi .
"I grandi magazzini no", mi disse il cameriere: un tipo che tendeva ad attaccare bottone, esagerando oltre i doveri professionali con smancerie e salamelecchi vari Tanto che, più che gradire le sue attenzioni, cominciavo ad esserne infastidita.

D'istinto pensai ma non dissi: "E che, secondo te, sono una che veste dai grandi magazzini? Imbecille!".
Mi limitai a rispondergli con un sorriso di circostanza.
Invece mezz'ora dopo ero già nei magazzini a scegliere il minimo indispensabile: un costume, un abitino leggero, dei sandali, un telo da mare,,,. insomma il necessario.
Era un ora di "fiacca" per gli acquisti, quel pomeriggio, sul presto.
Chiesi alla commessa se potevo provare alcuni capi e lei mi indicò dove erano i camerini.
Chiesi se potevo usare i camerini anche per cambiarmi poiché avrei voluto indossare quei capi che stavo acquistando per poter andare subito al mare,
"Non è usuale- mi disse- ma non è neanche vietato, tanto più che non ci sono molti clienti a quest'ora. Ovviamente prima deve pagare alla cassa e poi, se continua ad esserci poca gente provi pure a cambiarsi"

Andai verso i camerini per provare i capi scelti o per scegliere tra capi diversi quelli che mi stavano meglio.
I camerini erano tanti, penso una decina o più. Erano disposti su due file, uno di fronte all'altro, formando una specie di corridoio al centro. Ognuno di essi era una specie di box, leggermente più grande di un vano doccia delle normali abitazioni. Ciascuno era costituito da tre pareti e aperto anteriormente dove, al posto di una porta, vi era una pesante tenda di tessuto rosso, appesa con grossi anelli ad un bastone che stava in alto: Tenda che non scendeva neppure fino a terra ma arrivava ad una trentina di centimetri dal pavimento.

Entrai in uno di essi, feci le mie prove e le mie scelte. Andai alle casse per pagare e far rimuovere le placche anti taccheggio e poi tornai alle cabine per cambiarmi.
Avevo tutti i miei acquisti su un braccio. Era tanta roba.
Forse fu anche per farmi largo e per poter accedere ad un box con tutta quelle cose che non mi limitai a spostare leggermente il tendaggio ma diedi un colpo deciso per farlo scorrere, aprendo al massimo quello di una cabina, scelta a caso tra le prime del corridoio, tanto un attimo prima le avevo lasciate tutte libere.

"Occupato" sentii dire da una bella voce maschile.

Io che non pensavo di trovare qualcuno avevo già fatto mezzo passo in avanti e per questo oltre che trovarmelo davanti per poco non andai a sbattere contro di lui.

Me la cavai con un "Ops" che avrebbe voluto essere un "mi scusi" e arretrando non pensai proprio a richiudere il telo che avevo spostato con decisione. Così recuperai qualche centimetro di distanza mentre l'uomo, forse a causa del mio impeto nell'arrivare, aggiunse "Comunque se vuole entrare anche lei io di certo non me ne dispiaccio"

Anche per lui, come per il cameriere che mi aveva consigliato poco prima, pensai ma non dissi "Imbecille!". Però trovai la battuta simpatica per la prontezza con la quale era stata detta.

Restai ferma alcuni attimi, forse per fare mente locale prima di decidermi a spostarmi verso un altro camerino o forse, inconsciamente, proprio per ammirare quel bell'esemplare di maschio italico.

Era alto, fisico atletico, un sorriso più da persona divertita che imbarazzata e stava immobile con le braccia semi sollevate e in posizione che ricordavano le figure dei geroglifici egizi poiché io ero arrivata mentre lui si stava infilando una specie di camicia o un camiciotto a casacca, comunque qualcosa nel quale aveva già infilato un braccio ma non ancora l'altro. Mostrava così un dorso nudo semplicemente favoloso.
Come se non bastasse aveva anche la cintura slacciata e la patta parzialmente aperta che lasciava ben vedere non tanto il bianco candido dei sottostanti slip quanto l'interessante rigonfiamento di quegli stessi slip.

Fu un attimo solo, più breve del tempo che avete impiegato a leggere la descrizione che ho fatto di lui, ma sufficiente a farmi pensare "Questo è tipo da agganciare".

Più che la mia mente lo pensò il mio corpo con quel quasi impercettibile ma piacevole fremito che provai nei capezzoli e tra le mie gambe, come istintiva reazione alla vista di un tale esemplare di maschio; tra l'altro con una faccia da strafottente canaglia che si esprimeva senza usare parole ma con un sorriso accattivante ed uno sguardo fascinoso.

Tutto durò un attimo o due. Poi arretrai ancora per entrare ed utilizzare il camerino che stava di fronte,
Nel richiudere la tenda però deliberatamente non l'accostai del tutto. Volli lasciare uno spiraglio per poter ancora vedere quel tipo almeno fino a quando non avesse richiuso lui il tendaggio che io avevo spostato.
Forse anche lui deliberatamente, si guardò bene dal richiuderla.

Cominciai a spogliarmi senza smettere di sbirciare. Siccome più che guardarsi allo specchio che stava su una delle parti laterali, l'uomo guardava verso il mio camerino, fui certa che sapeva di essere guardato da me o forse voleva anche lui guardare me.

Perché negargli questo piacere viste le mie intenzioni di agganciarlo? Nel togliermi i vestiti esagerai nei movimenti perché il tendaggio che mi nascondeva si muovesse e lui intuisse che mi stavo denudando. Ma feci di più: cercando di farlo apparire come un evento accidentale causato dai miei movimenti nello spazio angusto, coscientemente scostai un poco di più la renda della mia cabina per consentirgli di vedere qualcosa.

Aveva un effetto molto erotico anche su me stessa quel mio spogliarmi per farmi vedere da un uomo che mi piaceva, anche se per mostrare qualcosa a lui dovevo necessariamente rinunciare a spiare io. Infatti dovevo stare prevalentemente dietro la tenda ma, con astuzia, mossi il mio corpo per mostrare nello spazio che restava aperto, prima una coscia, che con intenzionale malizia accarezzai un paio si volte, dalla caviglia al ginocchio ed un poco oltre, come se volessi aggiustarmi la calza che in realtà neanche portavo. Poi mostrai l'altra e, puttanescamente feci scorrere lungo la gamba, per sfilarli nella zona a lui visibile, anche le mutandine e dargli la certezza che ero nuda.

Dopo questo sbirciai e i nostri sguardi si incrociarono. Lui sorrise e strizzò l'occhio. Io finsi imbarazzo ed accostai un poco la tenda in gran fretta ma solo di pochi millimetri, poi restai ferma, quasi trattenendo il respiro.
Lo sentii dare un colpo di tosse tutt'altro che naturale, anzi quasi a voler lanciare un richiamo come i maschi degli animali in calore.
Da femmina in calore che ero anche io, risposi a mio modo: gestualmente. Mi girai su me stessa e mi chinai perché lui potesse vedere anche se solo di profilo la mia natica nuda,

Non era certo timido il tipo, anzi per mia fortuna era più audace di quanto io pensassi. Solo pochi istanti dopo sentii tirare la tenda del mio box e poggiare una mano sul mio fondo schiena.
Lui mise all'interno del box solo la testa e si limitò a dirmi: "Se la cosa può interessarti io vado nel camerino in fondo al corridoio. Laggiù difficilmente verrà qualcuno a disturbarci".
Poi, come se non fosse stato già abbastanza esplicito aggiunse anche "Sempre se ti va, ovviamente" che aveva tutto il sapore di un eccitante invito a seguirlo. Cosa che feci dopo avergli dato il tempo necessario per spostarsi lui.
Ci spostammo, a pochi secondi di distanza di tempo l'una dall'altro, portando le nostre cose sulle braccia. Io totalmente nuda, lui nudo dalla cinta in su, ma quando lo raggiunsi si stava già calando i calzoni.
Usammo di nuovo due cabine che stavano di fronte l'uno all'altra, le ultime del corridoio, ma non più per stare separati noi due ma per lasciare i miei ed i suoi vestiti in un camerino ed infilarci entrambi in quello di fronte.

Oltre che estremamente bello aveva anche un buon profumo addosso e sfoderava ancora quel suo sorriso accattivante mentre metteva le sue mani sui miei fianchi per tirarmi verso di lui. Mi venne istintivo appoggiare il mio capo alla sua spalla e carezzargli i pettorali.
Strano che mi stavo lasciando andare subito dopo aver ricevuto solo un suo accenno, come una puttana che subito risponde al cenno di richiamo di un cliente, eppure anziché sentirmi troia respiravo un atmosfera romantica.

Cercai e trovai i suoi capezzoli con il pollice e l'indice della mano destra e giocai con le due dita su di essi. Una sua mano cominciò a toccare carezzevolmente il mio seno, l'altra a palpeggiare le mie natiche. Con il ventre sentii farsi caloroso, crescere ed indurirsi il suo membro ancora dentro i suoi slip, unico indumento rimastogli addosso. Fu la mia mano allora a scendere in basso per carezzarlo da sopra lo slip prima, deliziarmi della consistenza che percepivo, e poi infilai la mano all'interno per afferrarlo come si deve.

Mi bisbigliò in un orecchio "Lo vuoi?"

Feci segno di sì con gli occhi e con il capo.

Lui si chinò un poco per baciarmi i capezzoli. La mia figa si andava inumidendo celermente. Fece per abbassarsi ancora, evidentemente voleva andare con la bocca anche alla mia passera. Lo spazio purtroppo era esiguo e dovette rinunciare, ma già il solo intuire la sua intenzione mi eccitò ulteriormente.
Appena lui si drizzò fui io ad accoccolarmi davanti a lui ed a leccargli l'asta, il glande, lo scroto. Anche per me, nonostante fossi piccolina rispetto a lui, lo spazio era angusto e se fosse entrato qualcuno nel corridoio avrebbe certamente visto i miei piedi sporgere al di fuori della cabina.

Mi sarebbe piaciuto spassarmela oralmente con quel bell'arnese, come avrei anche gradito la sua slinguacchiata fattami intuire, ma neanche iniziata.
In quelle condizioni non era possibile.
Non ci restava che andare subito alla chiavata vera e propria che, in fondo, era la cosa più desiderata da entrambi.

Mi alzai anche io. Lui mi mise con le spalle contro una delle pareti laterali, piazzandosi innanzi a me. Prese su un suo braccio la mia gamba che stava verso l'esterno e mi costrinse a stare su una sola gamba, aggrappata al suo collo e con la gamba che lui sollevava molto divaricata dall'altra. Mi piazzò il suo cazzo tra le cosce. Prima lo mosse con la mano quasi volesse spennellarlo tra le grandi labbra, alla ricerca del clitoride, poi lo fece scorrere. sempre esternamente, muovendo il suo bacino.

Le cabine, evidentemente non in muratura ma forse in cartongesso o altro materiale simile, quando quello, infilatomi la sua verga dentro cominciò a muoversi ritmicamente, scricchiolarono tutte poiché evidentemente componevano una unica struttura. Quegli scricchiolii sembrarono come un invito a "fare piano". Lui infatti rallentò il ritmo, ma questo non mi dispiacque affatto; quelle corse lente e le spinte ben affondate mi facevano apprezzare meglio le dimensioni e la compattezza di quel delizioso coso che entrava ed arretrava dentro me, Era meraviglioso, bellissimo, poi....

Poi voci e passi furono segni inequivocabili dell'arrivo di altre persone nel corridoietto dei camerini di prova. Questo "ulteriore disturbo" ci indusse all'immobilizzazione totale ed a trattenere anche il respiro.
Io sgranai gli occhi come spaventata, lui mi tappò subito la bocca con al sua e fu così che ci fermammo per alcuni istanti, incastrati sotto e con le bocche appiccicate e litigiose tra loro con battaglie frenetiche di labbra e di lingue.

Le persone arrivate si erano fermate ai primi camerini, ma si attardavano. li sentivamo parlare. Erano due donne. Una chiedeva all'altra come le stava chissà cosa, l'altra la invitava a provare anche altra cosa. Nulla di interessante per starle a sentire. Infatti poco dopo le loro voci furono per noi solo una specie di sottofondo sonoro.
Non ce ne curammo più.

Non se ne curò lui che riprese a muoversi, a far scorrere dentro e fuori di il suo bastone, senza smettere di baciarci, anzi concentrando nelle due cose tutte le voglie che eravamo costretti a trattenere per non fare altri rumori.

Qualche cosa deve esserci sfuggito, forse il ritmo o l'intensità del respiro o qualche cic e ciac del nostro scopare. Una delle due infatti disse. "Hai sentito? Ci dev'essere qualcuno"

Lui, con prontezza immediata, disse a voce alta: " Ci siamo io e mia moglie che stiamo provandoci delle cose quaggiù"
Io tremai, ebbi paura che quelle potessero venire a vederci, non sapevo a quale titolo, semplicemente lo temetti, non razionalmente ma lo temetti. Mi mossi quasi a volermi distaccare, ma lui mi tenne ferma con la forza possente delle sue braccia e schiacciandomi contro la parete, con il suo "chiodo" saldamente conficcato in me.

La forza fisica di lui, il suo agire da dominatore e da uomo sicuro di se, mescolato alla paura di essere beccati ed alla certezza che le due donne stavano comunque origliando, anziché bloccarmi ebbero un effetto adrenalinico, portandomi a livelli di goduria raramente raggiunti.
La sessualità fisica era praticata in maniera ridotta ai minimi termini, quella psicologica invece scoppiettava come fuochi d'artificio a Piedigrotta la notte di capodanno.

L'orgasmo non solo arrivò lo stesso, ma lo provai prima delle altre volte ed intensamente come poche altre volte, Non riuscii a trattene l'esternazione del mio godimento con emissioni sonore, forse non abbastanza soffocate.

Le due rompiscatole (ma anche catalizzatrici del piacere che stavo provando) dovettero sentirmi e probabilmente intuire cosa stavamo facendo se le sentimmo ridere in modo strano prima che una dicesse "andiamo, andiamo che questi stanno facendo prove strane".

Mentre loro se andavano il mio torello "venne". Proprio ora che avremmo potuto forse ricominciare una più libera prestazione fisica eravamo giunti alla fine-
Non era immaginabile, in quel luogo e in quelle condizioni, il voler riprendere la prestazione che certamente aveva comunque appagata me alla grande, ma sono convinta che anche il mio stallone fosse soddisfatto.

Risolvemmo alla buona e non proprio bene il problema della detersione dei liquidi sgorgati da me e da lui. i quali in parte stavano sui nostri corpi ed in parte erano sgocciolati a terra. Poi io andai nell'altro box, passai a lui i suoi vestiti e, ognuno per conto suo, ci rivestimmo.

Lui uscì prima di me che rimasi male per il fatto che mi aveva lasciata senza neanche uno "ciao".
In realtà non mi aveva lasciata, lo trovai ad aspettarmi vicino alla cassa e con faccia sorpresa mi disse "La signorina mi ha detto che hai già pagato i tuoi acquisti. E' vero?"
"Certo che è vero, ho anche qui lo scontrino"
"Ma come hai fatto se ti ho lasciata che stavi ancora provando i vestiti in camerino"-

Ridendo gli dissi "Ancora ti meravigli? Eppure dovresti saperlo che sono capace di fare anche cose incredibili. Del resto tu mi pare che non sei da meno"

Mi mise un braccio sulle spalle un maniera confidenziale dicendomi "volevo offriti io qualcosa. Poso rimediare invitandoti a cena stasera?
Ho risposto: "Mi dispiace, devo partire tra poco".

Gli stavo mentendo solo con il termine "devo" giacché nessun impegno mi impediva di restare. Era però vero che stavo per ripartire.
Avevo cambiato idea di nuovo, optando per il rientro a casa, anziché andare a prendere il sole in spiaggia.
Il mare, il sole, la brezza, ora non mi attraevano più così tanto come poco prima. In fondo la sorpresa più bella e più grande che potessi ricevere quel giorno l'avevo già ricevuta. Tutto il resto ormai aveva scarsa importanza, a meno che....
...a meno che non avessi rinnegate le mie idee ed avessi accettato quell'invito a cena, ma era pericoloso accettare di rivedere la persona con la quale si era stata bene la prima volta. Si potevano correre due rischi, opposti tra loro, ma entrambi pericolosi.
Il primo era quello di restare delusa del secondo incontro, rovinando così anche il ricordo delle belle emozioni già provate.
Il secondo rischio poteva essere trovarsi di nuovo bene, forse meglio, e questo poteva innescare la nascita di una relazione più o meno stabile, più o meno duratura e a me le relazioni stabili hanno sempre fatto paura.
Le ho sempre fuggite, preferendo la libertà agli altri vantaggi che certamente una relazione offre ma che a me interessano meno della libertà.

Non sono matta. Pensateci: se avessi avuto dei legami con persone alle quali rendere conto del mio tempo e delle mie azioni, avrei mai potuto vivere una così brevissima ma entusiasmante "sveltina"?
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