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trans

Daniel


di Zindo
24.06.2024    |    4.427    |    4 9.4
"” “Un'intera scatola? No, me ne serve poco, per una tisana..."
Questo racconto è il mio "grazie a Daniel. Daniel esiste davvero.


E' una delle creature più dolci e sensibili che io abbia mai conosciuto.
Più che strano è significativo che il suo nome non ha la vocale finale. Non è Daniele al maschile o Daniela al femminile, è Daniel, indefinito come il suo aspetto esteriore. Al di la del genere sessuale naturale o anagrafico esistono anche persone all'apparenza di dubbia collocazione, con l'aspetto esteriore non da maschio o da femmina e neppure da gay o lesbica o trans, ma persone che sanno perfettamente a che genere sessuale appartengono ma il loro aspetto esteriore non è altrettanto ben definito. Daniel è una di queste persone; se proprio volete una etichetta dico che la più idonea per Daniel è definirlo efebo. Parlandone userò il maschile perché mi riferisco ad efebo appunto, non perché Daniel sia maschio)
Media altezza, corporatura che potrebbe essere o di ragazzo gracilino o di ragazza bruttina; il suo volto ha dei lineamenti un poco spigolosi ma è dolce nel suo insieme; il suo potrebbe essere un torace maschile sviluppato o quello di una ragazza con poco seno. Non si trucca ma non ha neanche i segni di una barba folta, se qualcosa si raderà sul volto sarà peluria non barba o baffi. La sua voce non è né cupa come quella di un maschio né acuta come quella di una femmina, forse simile a quella di una donna con la raucedine. Per inspiegabili motivi non si caratterizza neppure per come veste o per il taglio dei capelli. Di solito indossa pantaloni a gamba piuttosto ampia, scarpe a tacco basso, ma non bassissimo, maglioni ampi con collo a giro o a V; porta i capelli corti, come tante ragazze che hanno il taglio “alla maschietta” o tanti ragazzi con il taglio “lungo ma non troppo”. Non c'è altro modo per ben definirlo che il suo stesso nome senza vocale finale: è Daniel.
Daniel abita da alcuni mesi nell'appartamento adiacente al mio ma non lo vedo quasi mai. Nei grandi palazzi delle grandi città è cosa frequente non conoscersi tra coinquilini, io e Daniel invece ci conosciamo, ma ci incontriamo poco. Non so che lavoro faccia di preciso, mi pare qualcosa che ha a che fare con piante o fiori ma non so se è studente di botanica, operaio in una serra o fiorista o realizza addobbi floreali o forse tutte queste cose insieme. Di certo esce al mattino molto presto e io sento la sua porta aprirsi e richiudersi, e rientra la sera sul tardi ma non lo sento rientrare; me ne accorgo quando sento la musica venire dal suo appartamento. A volte ascolta dei brani, altre volte suona le musiche al pianoforte. A volte dal balconcino della mia cucina sento degli odori pervenire dalla sua casa, se anche lui apre la porta balcone. Dalla sua abitazione non arrivano odori di cibi ma di colori ad olio o a tempera. Daniel disegna e dipinge. Ho visto alcune sue realizzazioni. Non sono un critico d'arte e non me ne intendo molto di arti figurative, ma le cose create da Daniel piacciono ai miei occhi e mi suscitano emozioni, secondo me sono opere che potrebbero avere un certo valore se lui non le tenesse nascoste nella sua casa, considerandole tele verniciate e non quadri.
Daniel non è soddisfatto di nulla di quello che fa. Dice che svolge un lavoro banale ma quando mi ha parlato di fiori mi ha lasciato incantato; dice che non sa suonare ma io vado in estasi quando suona dal vivo, molto più di quando ascolta brani registrati, e sceglie pezzi da vero intenditore. Dice che non sa scrivere ma ho letto due sue poesie brevi e le ho trovate splendide. Insomma Daniel non ha alcuna fiducia in se stesso, si vergogna della sua stessa ombra, non si vanta ma sminuisce tutto quello che fa o dice e soprattutto ha il maledetto vizio di chiedere scusa sempre, anche quando è assurdo chiederlo come, per esempio con “Buongiorno, scusami”. Scusa di che? Devo ancora capirlo, non so se ci riuscirò mai.
Daniel è in casa perché sento la musica provenire dal suo appartamento. Il volume è basso come sempre, ma le note mi arrivano tramite le finestre aperte. Mi sento particolarmente solo questa sera. Non mi piace la solitudine: porta alla memoria lontani ricordi, di solito i più brutti e mi rende triste. Non voglio essere triste. Non ho ne ho bisogno ma fingo di averne per avere una scusa e chiamare Daniel dal balcone della mia cucina e chiedergli qualcosa, solo per vedere qualche persona, scambiare due parole, togliere spazio alla tristezza. Ho pensato che lo zucchero sia una cosa chiedibile senza creare imbarazzo. Chiamo due volte, la terza a voce un poco più alta. Non ricevo risposte. Un poco mi allarmo: come mai? In casa c'è, sento la musica. Perché non mi risponde? Forse starà male?
Non chiamo una quarta volta, preferisco passare dal pianerottolo ed andare a suonare alla sua porta. Non mi fa attendere, apre subito. Non ha nulla di strano: il solito abbigliamento, la solita espressione, quindi mi rassicuro sul suo stato di salute. Chiedo se ha un poco di zucchero da prestarmi. Dice di sì e, come sua abitudine aggiunge “scusa”.
Dico:”Sono io che dovrei scusarmi, perché mi chiedi scusa tu?”
“Perché sono in questo stato, stavo preparandomi qualcosa per cena, aspetti qui o entri? Dai entra” Entro sì, sono venuto apposta per stare un poco in compagnia. La sua casa è assurdamente sia simile che diversa da come l'ho vista le poche altre volte che ci sono entrato. Di solito c'è il disordine caotico, di diverso le cose sparse un poco ovunque. Altre volte avevo trovato mucchi di biancheria lavata da ripiegare o buste della spesa rigonfie ancora da vuotare e sistemare o altro genere di disordine ma non come adesso: ci sono libri sparsi da tutti i lati, anche sul pavimento, bottiglie di bevande varie, dalla semplice acqua, alle bevande gasate, alla birra, sparse sul tavolo senza alcun ordine logico, scatole di varia forma e dimensione, aperte e chiuse. In quelle aperte vedo merci diverse: aghi, fili e bottoni in una, biscotti secchi in un' altra, pennarelli per colorare in un altro ancora. Sul tavolo, vicino alle bottiglie, fogli di cartoncino da disegno di vario colore, molti arrotolati, uno aperto sul tavolo. C'è un disegno in bianco e nero probabilmente in corso di realizzazione; l'immagine al centro potrebbe essere la figura di un nudo maschile appena abbozzata, la parte bassa del foglio invece raffigura con tratti precisi e sfumature accurate una rosa adagiata su un libro aperto.
“Bello questo disegno” dico più per cercare un argomento di cui parlare che per un sincero apprezzamento sull'opera da completare.
“Quello? Scusa se è lì. Ci stavo lavorando ieri e non l'ho ancora tolto. Non mi piace; è uno dei tanti tentativi che sto facendo di raffigurare una cosa che ho ben chiara nella mente ma non riesco a tradurre in una immagine.”
“E' bello” ripeto cominciando a credere in quel che dico.
“Forse non sarà brutto ma non è quello che ho in mente. Ecco lo zucchero.”
“Un'intera scatola? No, me ne serve poco, per una tisana...o due se ti va di venire a berne una tazza pure tu”
Daniel arrossisce in maniera esagerata e dice “Scusa ma... preferisco non darti fastidio”
“Non mi dai affatto fastidio, anzi mi piacerebbe avere un poco di compagnia”
“Forse una compagnia piacevole, non la mia. Io sono una persona selvatica che sta bene da sola, non in compagnia”
“Vuoi dire che ho disturbato la tua quiete?”
“No, no, tu no...mi fa piacere se vieni, anzi fallo più spesso, fermati adesso se vuoi. Scusa ma sono io che non mi sento a mio agio in casa di altri o tra la gente. Qui dentro queste mura è diverso, ci sto bene in solitudine ed in compagnia, anche se nessuno viene mai a farmene. Sei il solo che ogni tanto suona alla mia porta, per gli altri è come se io non esistessi.”
“Forse perché tu ti isoli, fai vita appartata, ti chiudi troppo in casa con nei tuoi pensieri, con i tuoi hobbies. Dovresti frequentare gente, organizzare una mostra con i tuoi quadri, ...”
“Per carità, non ci penso proprio. A chi vuoi che piacciano i miei scarabocchi e le mie tele imbrattate?”
“A me, per esempio. E non sono scarabocchi o tele imbrattate, sono lavori bellissimi.”
“Robaccia”
“ Mi stai dicendo che ho pessimi gusti o che non capisco niente di arte figurativa?”
“No, no, assolutamente no. Scusa, scusa. Ecco vedi: è meglio che non frequenti nessuno. Non riesco a dire due parole senza cadere in qualche gaffe, come adesso con te”
“Ma quale gaffe? Starei ore ed ore a sentirti parlare delle cose che disegni, delle musiche che suoni, quasi quasi mi fermerei adesso, qui da te, per vederti disegnare o dipingere o suonare”
“Ti direi fermati ma questa sera ho buttato tutto all'aria, svuotato ripiani e cassetti perché voglio mettere un poco d'ordine alle mie cose. Avrai notato che c'è del caos, ma dovevo pur decidermi a mettere un poco d'ordine, cominciavo a non trovare più le cose quando le cercavo”.
Non mi rendo conto di quanto sono cafone nel dire “Caos? La tua casa è sempre un poco....”viva”...”. Trovo la parola”viva” in zona Cesarini ed evito di dire “disordinata”. Aggiungo per rimediare “Mi piace per questo e a volte invento scuse per poter venire da te e ammirare te e la tua casa viva. Anche adesso, mica avevo bisogno dello zucchero. E' stato un espediente per venire da te. Avevo voglia di vederti, di parlarti, di stare con te”.
Daniel diventa pallido, poi arrossisce, poi il suo sguardo si fa cupo, finalmente sorride, ma è un sorriso imbarazzatissimo. Più che dire bisbiglia “Nessuno mi ha mai detto di aver voglia di ricevere qualcosa da me”
In gran fretta rispondo: “Io si, io si. Io vorrei tanto da te. Vorrei un tuo quadro, vorrei la tua compagnia, vorrei tante cose, davvero”
Daniel abbassa il capo con molta umiltà e sembra parlare a fatica nel dire “Se solo avessi qualche persona alla quale dare qualcosa, darei tutto quel che sono, ma non c'è nessuno che mi considera”
“Come nessuno? Sono un nessuno io, secondo te?”
“Tu lo dici per cortesia, non perché lo pensi davvero. Magari tu fossi sincero. Per me sarebbe bellissimo avere una persona che pretende da me qualcosa, anzi tutto, che mi impartisse ordini anche per mero capriccio. Sarebbe la mia gioia poter servire come fossi una persona schiava, in ogni modo. un padrone esigente. Tu sei solo un garbato vicino di casa. Il massimo che osi chiedermi è un poco di zucchero. Questo è solo rapporto di buon vicinato, non quello che vorrei io per essere davvero felice.”
“Vuoi mettermi alla prova? So essere anche esigente se voglio! Non solo potrei darti ordini perentori ma anche punirti se non li eseguiresti come io voglio”
“No, tu non saresti capace, tu sei un bonaccione”
“Bonaccione, dici? Mi hai quasi offeso dicendomi questo! Sai che c'è di nuovo? Da adesso, da questo preciso istante, io sono il tuo padrone e tu farai tutto e solo quel che io ti ordino nel modo in cui io ti dico”
“Magari fosse”
“Non magari fosse. Cosi è. Io decido, tu non discuti. Il primo ordine è questo:lascia tutto e vieni di la, da me. Voglio che tu soddisfi a modo mio molte voglie.”
“Guarda che io ci vengo davvero”
“Guarda che io dico sul serio ed ho urgenti voglie di natura sessuale da soddisfare. Vieni subito, da adesso sei al mio sevizio”
Daniel viene senza alcun ulteriore indugio.
Prendo una sua mano perché mi segua fino in camera mia. Lì mi faccio spogliare ed esigo che si spogli. Fa entrambe le cose.
Ecco è innanzi a me. Io ora so se è una femmina o è un maschio, ma non ve lo dico. Preferisco rivolgermi a Daniel: “Che aspetti? Non cominci a darmi soddisfazione?”
Non si è fatto sollecitare ulteriormente.
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