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Messo a nudo da Timmy


di Zindo
05.04.2025    |    2.192    |    6 9.3
""A te invece? Continua, Cosa stavi per dire" Mentii:-"Niente, solo che a me invece la parola frocetto sembrava che significasse un'altra..."
Non sono pochi quelli che ora mi definiscono "Essere spregevole" o usano aggettivi più o meno sinonimi dello stesso termine.
Se qualcuno si degnasse di darmi un consiglio mi direbbe "vergognati" o qualcosa di simile.
Questo adesso, ma fino a pochi giorni fa molti mi ritenevano una persona importante, si vantavano di frequentarmi, di conoscermi, spacciando per amicizia con me anche le conoscenze superficiali ed ero citato come esempio di "brava persona".
Poi qualcuno ha detto qualcosa di me a qualche altro che lo ha detto ad altri e una certa voce sul mio conto ha cominciato a circolare tra la gente e la mia buona nomea è andata a farsi friggere. Da ammirato a schifato il salto è stato rapido, troppo rapido. La mia dignità si è volatilizzata nel giro di alcune decine di ore.
Non sono ricchissimo, è vero, ma se si potesse acquistare qualche etto di dignità ci spenderei tutti i miei averi per farlo.
Mi hanno detto che non ci sono venditori di dignità, neanche al mercato nero, neanche nel "pur fornitissimo di tutto" mercato on line.
Ho provato a cercare ovunque, persino in una malfamata bettola giù al porto dove, si dice, che conoscendo le persone giuste e pagando abbastanza si trova anche l'introvabile.
Non ho trovato neppure lì la merce che cercavo. Né un etto, né un grammo di dignità. Assolutamente niente.
Ho incontrato però Timmy (diminutivo di non so quale vero nome) che mi ha assicurato che si vive bene anche senza dignità, aggiungendo "Guarda me se non ci credi" .
L'ho guardato e posso garantire che in lui non c'era neanche una polvere residua di dignità, ammesso che ne avesse mai avuta un poco. Non so però se e quanto si potesse definirlo veramente vivo. Di certo respirava, parlava, esprimeva pensieri strani, ma aveva delle idee, strampalate ma ne aveva e proprio perché strampalate certamente non erano "banalità" ma pensieri suoi, originali.
Ho passato la serata con lui ad ubriacarci dicendo cose che se fossero state sentite da altri sarebbero state giudicate "stronzate di due ubriachi deliranti" , invece per noi due ogni parola aveva un senso logico, ogni scemenza era per noi un pensiero filosofico molto profondo.
Uno in particolare. Lo disse Timmy. Io, in quello stato da brillo, non da brillante, non ci sarei mai arrivato a tanta saggezza .
Disse Timmy: "Perché vai cercando merce rara? Quando ad un qualcosa si dà troppo valore i furbi si organizzano e cominciano a vendere imitazioni. Per esempio tu non immagini quanta ipocrisia circola nei cosiddetti "ambienti perbene" solo perché, se saputa usare, l'ipocrisia somiglia alla dignità apparente, ma non lo è affatto. Io - disse Timmy- ho sempre schifato l'ipocrisia e, infatti nessuno ha mai visto in me la dignità che in fondo è solo un vestito che uno si mette addosso, per coprire il vero se stesso. Lo chiamano decoro ma è un vestito, non fa parte della persona ma del suo abbigliamento. Io non mi vesto, né per bene , né per male, non di decoro almeno. Di panni sì perché il freddo esiste ed è bene riparare il corpo, ma la dignità che cerchi tu cos'è? Dov'è? Fanne a meno e mostrati senza abbigliamento astratto e vedrai che vivrai lo stesso, anzi, vivrai meglio. Sai che ho fatto o io? Mi sono anche depilato (ha riso per il paragone) usando una speciale lametta: si chiama VERITA'. Mi mostro come sono e vivo bene, ma proprio bene. Rasati anche tu e mostrati come sei, senza orpelli e vedrai che starai bene anche tu".

Gli ho dato retta .
Diciamo che metaforicamente parlando sono andato a cercare la verità che mi riguarda per esibirla.
Dove l'ho cercata? In una immaginaria soffitta sulle impalcature del castello che ho costruito dentro di me negli anni, con l'educazione ricevuta, i pareri della gente, le regole del buon vivere e tutto il resto . Lì ho cercato il baule delle reminiscenze e l'ho aperto.
Quanta roba ne è uscita fuori!
Di tanta non ne avevo più neanche memoria. Pezzi del mio vissuto sono riemersi chiari e nitidi, altri sono venuti fuori a brandelli, perché in qualche modo intrecciati con qualche altro ricordo che ho voluto deliberatamente rispolverare.
E son tornati vivi ed attuali eventi già morti o comunque appartenenti al passato, anche ad un passato antico, che va anche oltre il tempo da me vissuto.
Per esempio al fatto che prima di me i miei genitori hanno generato altri tre figli.
La primogenita, Anna, era stata desiderata da tutti e da tutti accolta con gioia.
La seconda a nascere fu Barbara, desiderata da mamma e da papà, ma fu accolta senza troppo entusiasmo da mia madre e con fatica da mio padre che, avendo già una figlia femmina, avrebbe desiderato un maschio, per fare "la coppia" e - come diceva lui- per poter "trasmettere il cognome".
Infatti ci riprovarono e ad un anno circa da Barbara nacque anche Camillo, il tanto desiderato maschio.
Alla fine, dopo altri quattro anni, arrivai io: l'errore.
Probabilmente se i tempi fossero stati quelli attuali non sarei arrivato a nascere ma sarei stato abortito: non è facile tirare su tre figli, figurarsi quattro!
L'erede maschio ormai c'era, di femmine addirittura ce n'erano già due. A nessuno importava se io nascessi maschio o femmina o se non fossi nato affatto.
Infatti sono nato io, uno "sbaglio" nato "per sbaglio".
La famiglia era numerosa e, senza farmi mancare nulla di ciò che era necessario, non mi è mai stato concesso nulla di superfluo.
Per esempio i vestiti alla moda. Quale moda? C'erano già quelli di mio fratello più grande, ancora in buono stato, solo non più indossabili da lui ormai cresciuto, per questioni di taglia.
Mica si potevano buttare via? Li indossavo io. E poi in alcuni cassetti erano ancora conservati magliette carine delle mie sorelle o abiti femminili con la cui stoffa mia madre, bravina nel cucire, riusciva a fare delle camicie per me.
Vestiti nuovi di zecca? Ne ricordo uno solo: quello della mia prima comunione. Gli altri o passati a me da mio fratello o realizzati con stoffe degli abiti dismessi dalle mie sorelle.
Così i libri di scuola, le scarpe e persino i giochi che anche se pochi e in parte rotti, erano già stati o di mio fratello (la palla e la fionda) o delle mie sorelle (un paio di bambole).
All'anagrafe mi hanno registrato come "maschio", ma in casa o per il mio avere paura più degli altri del buio (ovvio, ero il più piccolo), o per il mio giocare anche con le bambole (non avevo altro), venivo spesso richiamato con "dai, non fare la femminuccia". Però poi erano loro a darmi le bambole e a cucirmi camicie con le stoffe dei vestiti appartenuti alle mie sorelle.
Io non sceglievo né di fare il maschietto, né di fare la femminuccia, io volevo essere io, volevo essere me stesso, arrampicarmi sugli alberi se mi andava di farlo o cullare le bambole se mi garbava.
Forse, questo sì, avrei voluto qualche manifestazione di affetto in più, da parte di chiunque, ma non ne ricevevo da nessuno. Forse per questo cercavo di essere affettuoso io con le bambole semi rotte che io fingevo di curare, ma di nascosto, come se facessi qualcosa di proibito.
Solo quando vicino alla nostra famiglia venne ad abitarne un altra con due bambini, un maschio ed una femmina, più o meno della mia età, feci amicizia con costoro e a loro due confidai la mia propensione a fare il gioco del dottore con le bambole.
Venne quasi naturale proporre di fare lo stesso gioco con loro due e fu in quegli anni che, visitando per gioco, i corpicini dei due miei amici (fratello e sorella), come se io fossi un dottore e loro dei miei pazienti, che scoprii alcune macroscopiche differenze tra maschi e femmine. Con la mia professione medica a base di fantasia infantile cercavo di curare entrambi per renderli "normali" ipotizzando, nella mia testolina, che normale fosse essere in entrambi i modi contemporaneamente e che essere solo maschio o solo femmina fosse una menomazione da curare.

Poi un gran vuoto. Nel baule delle reminiscenze devo ancora trovare la scatola dei ricordi di molti anni infantili, finita chissà dove tra tante cianfrusaglie.
Chissà, forse prima o poi riemergerà anche questa scatola della per-adolescenza. Per ora c'è un vuoto.
Cerco di tirar fuori, invece, i ricordi dell'adolescenza, quando, anche se non osavo confidarlo a nessuno, conservavo ancora l'idea che l'essere umano perfetto non fosse né maschio, né femmina, né ermafrodito, ma un essere fornito di entrambi i sessi, capace di usare o l'uno , o l'altro, o entrambi a seconda dell'estro o delle circostanze o della compagnia del momento.
Forse per questo quando, come tutti gli adolescenti, guardavo le persone fantasticando anche sulla sessualità non ero attratto in particolare dalle sole donne o dai soli uomini, ma "dalle persone piacenti".
Cosa fosse a rendermi piacenti le persone non lo sapevo, di certo c'erano quelle che mi facevano pensare "Che bello sarebbe starci in intimità con una persona così" o, al contrario "con una persona così non ci farei nulla di intimo, neanche per tutto l'oro del mondo". Poi c'erano anche le persone che mi lasciavano indifferente, ed erano la maggior parte.
Cosa intendessi per "starci in intimità" non so dirlo di preciso, forse qualcosa di simile a quell'ormai lontano "giocare al dottore" da bambini. Di simile però, non proprio di uguale. Da adolescente ambivo a palpeggiare, toccare, constatare da vicino e con attenzione, ogni particolare sia dell'essere femminile che di quello maschile. Mi eccitavo anche io e non ricordo come avevo imparato anche io l'arte dell'auto-soddisfacimento e mi tiravo non poche seghe. Ma mi piaceva anche sedere davanti allo specchio senza calzoni e senza mutande, accavallando le gambe per nascondere tra di esse il mio apparato genitale e mettendo un qualcosa sulle cosce (plaid o asciugamano o altro) che nel riflesso potesse sembrare una gonna corta). Questo per vedermi femmina. Davanti al riflesso di me nello specchio che mi imbrogliava facendomi somigliare ad una donna, mi eccitavo pure e allora buttavo via il copri- gambe e su in piedi a menarmi l'uccello con pieno coinvolgimento psicologico.
Quante volte l'ho fatto!
Con me stesso ero spregiudicato al massimo, la mia fantasia non aveva limiti. Mi immaginavo uomo super maschio a volte e femmina super troia altre volte, ma a differenza dei miei coetanei ero imbranato con le altre persone. Non solo non avevo la ragazzetta come molti miei coetanei, ma neanche particolari amici con i quali confidarmi sui pensieri intimi, come sapevo che facevano alcuni altri, parlando tra loro di sesso e di ragazze.
Un giorno trovandomi anche io in un gruppetto nel quale si stava parlando di ragazze, di una in particolare, ammirata da molti, uno disse "Lasciatela stare quella, tanto non si mette con nessuno, ha già preso una gran cotta cotta per...beh... lasciamo perdere"
"Lasciar perdere perché? Davvero ha una cotta? Per chi? Dai, se lo sai diccelo! Almeno ci facciamo una idea di che genere di maschio preferisce"
Quello, dopo essere stato abbastanza sollecitato, aveva fatto un nome (Gigi), suscitando lo stupore di alcuni e soprattutto l'esclamazione di uno che disse "Ma quello manco è un uomo. Si vede che è un frocetto"
Io non capii perché molti avevano riso. Non avevo mai sentito quella definizione. Ero già grandicello ma ancora imbranato ma anche incuriosito, tanto che qualche giorno dopo, anzi qualche sera dopo, mettendomi a letto nella stanza che condividevo con mio fratello, chiesi a lui "Oggi uno mi ha detto frocetto, Sai che significa?"
Camillo, quasi scattando esclamò " A te? E tu non gli hai spaccato la faccia?"
Mi corressi "No, non a me, ad un altro. Perché che vuol dire?"
"Manco questo sai? Beh, in effetti un poco strano sembri anche a me tu, ma frocio non penso, almeno lo spero per te"
"Ti ho detto che non lo ha detto a me, e poi perché ti sembro strano io?"
"Beh...così. Per certe pose che assumi qualche volta quando ti muovi, per certe inflessioni di voce quando parli. Non sempre ma a volte qualcosa di femmineo in te ce lo vedo, non prendertela ma, fossi in te ci starei più attento"
"Più attento a cosa"
"A come parli, a come ti muovi. Non dico che sei effeminato ma a volte sei troppo...come dire... signorino...sdolcinato...insomma non proprio maschio maschio"
"Perché com'è un maschio maschio?"
"Guardami. Come me"
"E un frocetto, invece com'è?"
"Un po maschio, ed un poco no, uno al quale anziché piacergli le donne gli piacciono gli uomini"
"E che c'è di male? Tu a me piaci e sei uomo, ma ma mi piacciono anche Anna e Barbara che sono femmine"
"E dai! Piacere non nel senso di volersi bene, Noi siamo tra fratelli e sorelle! In altro senso, per andarci a letto insieme intendo..."
"Ed è una cosa brutta?"
"Bella no di certo"
"E se ad uno piacessero sia le donne che gli uomini"
"Sempre frocio rimane"
"Ma esistono davvero persone così"
"Penso di si. Anzi penso che molti di quelli che amano stare pure con gli uomini, per non farsi scoprire, si fanno vedere molto con le donne"
"Perché non dovrebbero farsi scoprire?
"Perché non è una bella cosa"
"A me invece....". Mi interruppi. Stavo per dire che a me sarebbe piaciuto essere frocio se questo significava andare nella intimità sia con donne che con uomini, ma capii per tempo che mio fratello non avrebbe capito. Infatti, con aria sospettosa e quasi di rimprovero incalzò. "A te invece? Continua, Cosa stavi per dire"
Mentii:-"Niente, solo che a me invece la parola frocetto sembrava che significasse un'altra cosa, ma io non sono esperto di queste cose strane"
"Per fortuna. Adesso dormi"
Dormire? Macché!
Fu quella sera che invece mi svegliai in senso metaforico e presi consapevolezza di essere bisessuale e che la bisessualità, a mio modo di vedere, era cosa normalissima, quindi a meno di quindici anni ebbi già la piena consapevolezza di essere come sono e l'orgoglio di esserlo.
Da questo accettare me stesso ad avere il coraggio di uscire allo scoperto per farmi accettare anche dagli altri c'era un abisso enorme ancora da colmare.
Per questo continuai a nascondere agli altri la mia natura, anzi seguendo il consiglio di Camillo, a badare anche al modo di muovermi ed ai toni di voce perché pur covando una specie di vago desiderio di farlo mi mancava il coraggio di dire a tutti quello che pensavo e come mi sentivo di essere.
Per dirle con le parole di Timmy, avevo indossato l'ipocrisia per fingere di essere come gli altri, come la gente si aspetta che un ragazzo sia, insomma per avere una dignità , conformandomi ai canoni usati per essere graditi alla gente comune.
Questo almeno fino a quando (ed erano passati alcun i mesi) non mi trovai faccia a faccia con Gigi, il ragazzo che quella sera nel gruppetto che parlava di chi era innamorata una ragazza, era stato definito frocetto.
Capii subito perché la ragazza della quale si stava parlando quella volta, avesse preso una cotta per lui: era di una bellezza sconcertante. Perché? Non lo so dire. Non aveva dei particolari specifici che lo rendessero bello, era nel suo insieme che risiedeva il suo fascino, soprattutto nel suo sguardo, o meglio nel suo modo di guardare me: era come se riuscisse a guardarmi anche dentro, nell'anima, nei pensieri, nelle parti di me che neanche io conoscevo.
Fu quello il momento in cui conobbi cosa sia il vero innamoramento, il colpo di fulmine, l'attrazione totale.
Nel frattempo avevo imparato anche altre cose importanti, per esempio che frocio o frocetto erano termini offensivi, di disprezzo, insomma da non usare mai, invece si poteva dire omosessuale o gay o ( perché no visto che io così mi sentivo?) al limite anche ambidestro (il più giusto termine "bisessuale" non lo conoscevo ancora, anche se io stesso lo ero).
Ardentemente sperai che lui fosse davvero come quel tale aveva detto quella sera e, osai parlargli chiedendogli, con il sorriso sulle labbra, il perché mi stesse fissando a quel modo.
Anche lui mi sorrise alzando una spalla come a dire che non sapeva dirmelo, poi chiese se mi dispiaceva essere guardato da lui ed io gli risposi di no.
Tese la mano, mi disse il suo nome (che già conoscevo), gli dissi il mio mentre ci stringemmo le mani. Al solo contatto un brivido percorse tutto il mio corpo. Gli proposi "Se vuoi possiamo anche diventare amici".
Mi disse "Io alle quattro vado a studiare in biblioteca comunale"
Gli dissi che mi avrebbe trovato lì. Così in effetti fu.
Ci trovammo davanti all'ingresso della biblioteca.
Senza neanche giustificare il cambio di programma decidemmo di non entrare ma di fare un giro nel non lontano parco. Anche se era una uggiosa giornata di fine autunno sedemmo su una panchina e parlammo come se ci conoscessimo da tempo, senza alcuna ipocrisia. A lui riuscii a dire ciò che non avevo mai sentito il bisogno di dire a nessuno (e sono sicuro che seppure mi fosse successo di volerlo dire, con altri non avrei avuto il coraggio di farlo).
Gli dissi "Tu hai qualcosa di speciale che mi piace moltissimo"
"Sarebbe?"
"Non lo so. Però ce l'hai e mi piacerebbe scoprire cos'è"
Aveva più riso che sorriso prima di prendermi la mano come fanno gli innamorati e dirmi "Ho il motorino e conosco un posto dove poter scoprire tutto quello che ci pare. Ti va di andarci insieme, ora?"
Gli dissi di sì.
Allora non si dovevano portare i caschi ma era ugualmente vietato andare in due su un motociclo. Ero disposto a trasgredire molto altro per prendere in considerazione questa semplice infrazione e salii con gioia sul suo mezzo.
Mi portò in una rimessa - magazzino, al piano terra di un piuttosto vecchio edificio sul lungomare. All'interno, tra tante altre cose, erano accatastati ombrelloni e sdraio a iosa, in attesa di essere riutilizzati sulla vicina spiaggia, al ritorno della buona stagione . Mi disse che era roba di un suo zio. che al momento era in vacanza all'estero, il quale d'estate gestiva lo stabilimento balneare che stava di fronte al magazzino . Mi assicurò sul fatto che li potevamo stare tranquilli perché nessuno ci avrebbe disturbati. Lo fece stendendo a terra delle stuoie e un materassino di gomma ancora gonfio. Poi, stando ancora in piedi, mi abbracciò e come se tutto fosse scontato, mi baciò.
Non avevo mai baciato prima. Non sapevo neanche che il bacio comportasse anche l'introduzione della lingua di uno nella bocca dell'altro, ma pensavo fosse solo un avvicinamento di labbra. Mi piacque la scoperta del cosa fosse davvero un bacio e le sensazioni che provai. Cedetti ad ogni altra iniziativa di Gigi (il cui vero vero nome era Luigi), perché tutto per me era una novità e soprattutto perché tutto mi faceva sentire felice, finalmente vivo, finalmente me stesso. Per me era tutto troppo bello che mi parve doveroso giustificarmi con: "Scusami se sono imbranato ma è la prima volta che faccio queste cose con un ragazzo"
"Da come ti sei comportato oggi non lo avrei detto, Ora in effetti mi sembri un poco teso. Rilassati"
"Sono rilassato. Solo che non so cosa si fa e come si fa"
"Per ora lascia fare a me, poi ricambierai se vuoi, come vuoi, quando vuoi...ma prima di andarcene via di qui...Mi piaci troppo e voglio fare tutto con te"
"Magari non tutto oggi, che dici?"
Sorrise, mi palpeggiò le natiche , strinse il suo bacino al mio, sentii il suo cazzo contro il mio e corsi io per prima ad aprire la mia e la sua patta. Per istinto naturale volevo che i nostri due cazzi entrassero in contatto.
Quando sfiorai il suo non resistetti ad afferrarlo e grandi brividi di piacere mi colsero nel sentirne il calore, la solida compattezza e la contrastante morbidezza della pelle. Ebbi bisogno di un altro bacio e lo cercai io Gigi me lo diede. Poi si accovacciò davanti a me ed iniziò a baciare il mio pene. Allora persi letteralmente la testa e se mai avessi avuto qualche dubbio sulla mia propensione a fare sesso anche con i maschi certamente quell'esperienza, ancora solo all'inizio, già mi avrebbe fatto cambiare idea.
Quel giorno non accadde molto altro, anche se a me allora sembrò come aver scoperto un universo immenso e splendido. Quando (questo mi ricordo che lo facemmo) ci masturbammo a vicenda provai un piacere immenso sia nel masturbarlo che nel l'essere masturbato e letteralmente esplosi di gioia quando lo vidi schizzare prima di me, come se avessi visto lo spettacolo più bello del mondo.
Lo so: a chi è abituato a leggere racconto erotici -pornografici spinti, questo mio racconto non susciterà le erezioni che forse sperava, ma Timmy mi ha consigliato di dire la verità e questa è la verità sul mio primo approccio con la sessualità.
Diciamo che è più remoto ricordo dei troppi che stanno uscendo dal baule delle rimembranze.
Alla mente ne stanno risalendo molti altri, forse troppi e troppo diversi da questo. Del resto, a partire da Gigi e fino allo scoppiare dello scandalo che ha distrutto la mia buona nomea, ne ho combinate di ogni genere
Forse, se ne avrò voglia, ve ne racconterò qualcun'altro in seguito, Non ora,

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