Gay & Bisex
Alle falde del Kilimangiaro - 2
di adad
17.01.2019 |
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"Fu una sensazione stranissima camminare e muovermi all’unisono con lui: il suo enorme membro conficcato nel mio culo se da un lato impacciava i nostri..."
AVVERTENZA: il presente racconto presenta descrizioni e linguaggio che ad un esame approfondito potrebbero rivelarsi di natura razzista, omofoba o comunque politicamente scorretta. Le persone perbene, pertanto, sono caldamente sconsigliate dall’intraprenderne la lettura.
Nuotammo verso riva e quando venimmo fuori dall’acqua eravamo entrambi eccitati a
cazzo dritto. La prima cosa che feci, fu di gettare un’occhiata al suo, per vedere che razza di bestia si portasse dietro. Per quanto buio, era abbastanza distinguibile la sagoma di qualcosa di grosso, molto grosso, proteso in avanti e ballonzante ad ogni suo passo.
Non potei resistere e glielo afferrai, ancora sgocciolante, poi mi chinai e glielo presi in bocca. Sapeva di salmastro, ma si avvertiva un che di viscido e acidulo sulla punta.
“Non vedi l’ora, eh? – ghignò lui – Te lo darò, troia bianca, non preoccuparti: te lo darò fino a farti scoppiare.”
“Ok, facciamo a chi si stanca prima, sporco negro!”, lo sfidai ridendo.
Recuperammo le nostre cose e prendemmo per un sentiero fra i cespugli, tenendoci stretti, nudi e bagnati come eravamo e col cazzo teso, io con un braccio attorno alla sua vita, lui con una mano sulle mie chiappe, che mi palpava con lasciva cupidigia.
Il sentiero era buio, faceva un lungo giro tortuoso, ma permetteva di arrivare all’alloggio di Tom senza essere visti da nessuno, cosa del resto improbabile anche se avessimo percorso il vialetto principale illuminato: vista l’ora, gli ospiti e gli operatori del villaggio dormivano ormai tutti.
Arrivati alla capanna di Tom e richiusa la porta alle nostre spalle, senza neanche accendere la luce, lui mi venne dietro e mi strinse a sé, infilandomi l’uccellone duro fra le gambe e mulinando pesantemente il bacino.
“Sentilo, puttanona, - mi bisbigliò all’orecchio con voce roca, sfregandomi sulle natiche l’ispido cespuglio del pube – senti il cazzo duro del negrone, che adesso ti farà torcere le budella!”
Io non risposi, se non macinando il culo con più foga contro il suo inguine ancora umido di mare.
“Cazzo, se sei in calore, puttana! – proseguì Tom – Hai la figa che ti brucia… mi stai sbrodolando tutto sulla mazza!”
Che dire? Sarà stata la sua vicinanza, il suo calore sulla mia schiena, il suo linguaggio
sboccato, lo sfregamento del suo nerchione bollente sul mio buco del culo, sta di fatto che fu come se una ventata di follia che mi travolgesse: tutto di botto, mi piegai in avanti e mi slargai le chiappe con le mani:
“Dai, negro di merda! – ansimai – Fottimi, cazzo! Fammi vedere che ci sai fare con quell’affare… Dai, fammi vedere come chiavate voi negri!”
“Eccola la troia bianca che implora per avere il cazzo! – ridacchiò Tom – Il cazzo del negro… Certo che te lo do, puttana… Voglio sfondartelo quel culo puzzolente… voglio farti cagare sborra fino a domani!”
Più il suo linguaggio diventava osceno, più l’eccitazione mi toglieva ogni discernimento.
“Aspetta… - continuò Tom e, allungata una mano, accese una vicina abat-jour –
Fammici dare una sbirciatina a questa bella fighetta, prima che te la devasto!” e mi si inginocchiò dietro.
Io tolsi le mani e fu lui stesso ad aprirmi con foga le chiappe.
“Ah… te la sei depilata!... Brava, troiona… Così posso leccartela meglio!”
E detto fatto, mi ci passò sopra la sua linguona pastosa. Rabbrividii a quel contatto e sguaiolai di piacere.
“Ti piace fartela leccare… Scommetto che non vedi l’ora di fartela chiavare… Non è così?”
Io risposi con un gemito, ma non gli bastava.
“Non vedi l’ora di fartela chiavare, puttana, non è così?”, ripeté con voce dura, dandomi un sonoro ceffone sulla natica.
“Sì”, ansimai.
“Ti piace farti scopare dai negri cazzuti, vero?”, e mi allungò un ceffone sull’altra natica.
“Non lo so…”, risposi con voce soffocata.
“Come, non lo sai?”
“E’… la prima volta… con…”
“Oh, è la prima volta che la puttana bianca dà il culo a un negro! – disse Tom con voce lasciva – Allora non bisogna farla aspettare…”
Mi diede ancora un paio di leccate, punzonandomi la lingua fin oltre l’apertura, poi si rialzò, sentii che spremeva qualcosa da un tubetto e immaginai che si stesse lubrificando il cazzo. Quindi mi tornò dietro, mi passò nel solco una mano viscida di gel, infilandomene con un dito un po’ anche nel buco, e infine ci posizionò sopra la punta smussata dell’uccello.
Fremetti, combattuto fra la paura del dolore che quel tremendo arnese mi avrebbe senz’altro procurato, e il desiderio smanioso di sentirmelo dentro caldo, poderoso, massiccio… Il cazzo di uno stallone nero… il cazzo di un Mandingo!
Il dolore esplose lancinante al centro del mio universo, non appena Tom diede un colpo netto, affondandomi mezza verga nel retto scivoloso.
“Vacca puttana! – urlai, sentendomi lacerare lo sfintere – Mi stai squartando!”
“Smettila, frocio del cazzo, che hai il culo più rotto di una figa di vacca!”, fece lui con voce profonda, tenendomi stretto per i fianchi.
A quelle parole, il mio povero buco martoriato si spalancò come d’incanto e lui scivolò dentro col suo cazzo mostruoso, dandomi solo la sensazione di un’enorme pienezza.
“Ah, me l’hai risucchiato che è una meraviglia!”, sospirò Tom, incollandomisi alle chiappe con un ultimo colpetto.
Mi macinò contro per qualche minuto, roteandomi nella pancia tutta la durezza del suo nerchio turgido, poi prese a montarmi con un ritmo lento e deciso. Ogni volta che usciva, mi dava la sensazione di portarsi dietro tutto.
Istintivamente, mi allungai allora la mano in mezzo alle gambe e mi toccai lo sfintere
stirato attorno al suo cazzo viscido, che scorreva dentro e fuori con foga crescente. Poi gli palpai i coglioni sodi e mi sforzai di spingermi indietro con le dita, fino al suo buco del culo, riuscendo a toccarglielo in un momento di massimo affondo, mentre lui mi sfregava i suoi peli ispidi contro le natiche.
Tom mugolò, allorché gli sfiorai la mucosa umida, e per un attimo rallentò la sua corsa, ma subito dopo riprese a vogare con tutta la negra potenza dei suoi lombi.
Ma d’un tratto si fermò:
“Andiamo sul letto…”, ansimò.
Pensai che volesse tirarlo fuori e feci per scostarmi, ma lui mi tenne saldamente per i fianchi, mi fece raddrizzare il busto e, tenendomi stretto con le braccia avvinte al mio petto, ci avviammo passo passo: camminavo sulla punta dei piedi e completamente impalato sul suo cazzo!
Raggiungemmo il letto e ci arrampicammo sopra, fino a ritrovarmi disteso a pancia in giù, con lui addosso come il carapace di una tartaruga.
Fu una sensazione stranissima camminare e muovermi all’unisono con lui: il suo enorme membro conficcato nel mio culo se da un lato impacciava i nostri movimenti, dall’altro ne accresceva la voluttà. Ormai dall’ombelico in giù ero tutto un languore e avrei voluto che quel congiungimento non finisse mai.
Una volta sul letto, Tom mi tenne avvinto a sé con le braccia attorno al petto e riprese a lavorare di bacino. Quel porco sapeva davvero il fatto suo! Il suo nerchione mi scivolava guizzando dentro e fuori dal buco, sconvolgendomi tutto l’apparato neurovegetativo. Io fremevo e sguaiolavo sotto di lui… stretto a lui… schiacciato da lui… mi stava facendo godere come una puttana da bordello! Ma anche lui stava godendo non meno di me, come mi confermavano i lunghi sospiri che traeva ogni volta che il suo cazzo veniva reingoiato dal mio culo insaziabile.
D’un tratto, lo sentii mugolare e stringermi con più trasporto; sentii le sue gambe, stese accanto alle mie, tremare e irrigidirsi; sentii i movimenti del suo bacino farsi rotti e scattanti… Subito dopo, Tom mi azzannò letteralmente al collo, arcuò la schiena e con un urlo strozzato diede un ultimo potentissimo affondo, scatenando tutti i diavoli dell’inferno che erano racchiusi nelle sue palle!
Il cazzo prese a pulsargli selvaggiamente, mentre un fiotto dopo l’altro di siero colloso si scaricavano fuori in rapida successione, dilagandomi nelle budella. Il martellio della sua verga sulla prostata mi provocò un orgasmo anale non meno sconvolgente del suo e che perdurò anche dopo che lui ebbe finito di sborrare, mentre mi giaceva addosso esausto e ansimava, continuando a baciare e leccare là dove un momento prima mi aveva azzannato. A poco a poco ci calmammo: il suo respiro tornò normale, il suo cazzo si afflosciò e sgusciò fuori, portandosi dietro un rivolo di sugo denso. Allora gli scivolai da sotto e mi distesi accanto a lui, che era rimasto disteso a pancia in giù.
“Godi sempre così?”, gli chiesi, carezzandogli la schiena.
La levigatezza della sua pelle era fantastica.
“Solo con le troie che me lo fanno tirare sul serio…”, mormorò lui con voce assonnata.
“Come me?”, scherzai.
“Come te…”, bofonchiò Tom ormai esanime.
Allora mi sollevai sul gomito e stetti ad osservarlo alla morbida luce dell’abat-jour: la schiena muscolosa, messa ancor più in risalto dalla vita sottile, il culo carnoso, le gambe tornite e possenti.
Era un maschio fantastico, pur nel suo spossato abbandono. Lo carezzai dolcemente sulle spalle e lungo la schiena; la sua pelle aveva una morbidezza strana sotto le mie dita. Arrivai a carezzargli le tonde montagnole del culo e Tom ronfò come un gatto soddisfatto, allargando leggermente le gambe, come per invitarmi ad andare oltre. E io andai oltre: scivolai con la mano nello spacco, sempre più a fondo, fin presso l’attaccatura dei coglioni, dove scovai il forellino umido del suo buco e lo stimolai con la punta delle dita.
La sua risposta fu un ulteriore apertura delle gambe. Allora, senza esitare, mi allungai fra le sue gambe divaricate, gli allargai le natiche e poggiai le labbra sul grinzoso bottoncino nero per un lungo bacio appassionato. Il grato mugolio di Tom mi assicurò che stavo facendo la cosa giusta. Così, senza staccare le labbra dalla serica apertura, cominciai a vellicarla con la punta guizzante della lingua.
E il magico pertugio lentamente reagì, la tensione si allentò, le grinze contratte si distesero, le morbide labbruzze si spianarono , si dischiusero, mi fecero entrare.
E’ proprio vero: nessun buco di culo è capace di resistere ad una buona leccata; anche il più restio e inviolato finisce per arrendersi e si apre a una lingua tentatrice, si consegna alla bocca che lo sta baciando… che lo sta adorando…
Così, anche Tom, che alla fine sollevò un poco il bacino, per agevolarmi e godersi meglio quanto gli stavo facendo.
“Passaci sopra la cappella, dai…”, mormorò d’un tratto con voce lasciva.
Allora mi misi a cavalcioni delle sue cosce e presi a sfregargli il glande viscido di presborra sull’orifizio scivoloso di saliva… e sempre più morbido… sempre più aperto… sempre più scivoloso… E fu così che la mia cappella ci finì dentro!
Non lo feci di proposito, giuro! Mai più mi sarei sognato di violare un maschio come lui. A quel punto, però, visto che c’ero e che il danno era ormai fatto e irreversibile, diedi un colpetto e affondai per metà nel buco così bene ammorbidito.
“Che stai facendo?”, mi chiese lui, improvvisamente allarmato.
“Ti sto inculando…”, risposi piano.
“No, dai, non farlo…”, protestò, ma non si mosse, rimase assolutamente immobile, con gli occhi chiusi e il volto concentrato.
La scena aveva un che di irreale.
“Fermati, dai… - continuò a bofonchiare – Sono vergine lì…”
“Eri vergine…”ghignai io, penetrandolo tutto con un ultimo affondo.
Tom fremette, ma non si ribellò, non si mosse, non si divincolò via.
Allora presi a pompare in quel caldo condotto, ormai aperto e morbidamente aderente al mio pisellone in piena fibrillazione.
“Mi stai violentando, stronzo d’un bianco!”, mugugnò lui, sempre abbandonato sul letto.
”Taci, puttana negra! – lo rimbeccai, stringendolo forte – Adesso tocca a te goderti il maschio!”
E a quanto pare, se lo stava godendo per davvero il sigaro bianco, perché intanto che continuavo a zagagliarlo, i suoi fremiti andarono facendosi sempre più accesi, le sue vibrazioni sempre più guizzanti in tutto il corpo, finché d’un tratto sentii il suo sfintere strozzarmi il cazzo in rapida successione e mi resi conto che stava sborrando!
Era quello che ci voleva per farmi schizzare oltre ogni limite: immediatamente, mi abbattei su di lui, scaricandogli nelle budella l’eccitazione di tutta la serata. Quando ebbi finito, lo tirai fuori, senza aspettare che mi venisse molle; quindi gli allargai le natiche e stetti a guardare il suo buco dilatato, che andava richiudendosi a piccoli scatti, mentre un filo di liquido biancastro ne colava fuori, disperdendoglisi fra i radi peli dello scroto: uno spettacolo che ogni volta mi fa impazzire.
Poi mi distesi accanto a lui e Tom si girò verso di me: il lenzuolo e la sua pancia erano fradici di sborra!
“Accidenti! – ghignai – Vedo che te la sei goduta!”
“Stronzo d’un bianco! – ringhiò lui, con gli occhi però che gli ridevano – Te la farò pagare!”, e mi diede un lungo bacio appassionato.
“Per colpa tua non sono più un uomo!”, sospirò dopo.
“Ma che cazzo stai dicendo?”
“Ero vergine, sul serio…”, disse Tom, carezzandomi la guancia con dolcezza.
“Vergine? – feci io stupito – Ma se sono entrato come niente!”
“Perché ti desideravo, bianco di merda!... Ancora non l’hai capito?”
”E perché facevi finta di dormire, allora? Perché non me l’hai chiesto tu?”
“Perché volevo che fossi tu a volerlo… a prendere l’iniziativa… Anche ai negri piace essere desiderati... conquistati, non lo sapevi?"
A quel punto lo abbracciai e sentii il suo cazzo bagnato riprendere vigore, schiacciato fra i nostri corpi avvinghiati insieme. Facemmo ancora l’amore diverse volte quella notte,
offrendoci l’uno all’altro senza alcun pudore e senza più alcuna paura.
Era l’alba quando crollammo finalmente addormentati. E fu Tom a svegliarmi più tardi con un bacio. Aprii gli occhi e me lo trovai davanti in piena forma, smagliante nel suo costume rosso da bagnino, che pareva ancora più pieno, non so se rendo l’idea.
“Buongiorno, Luca, - mi disse con un sorriso – devo andare. Tu resta pure quanto vuoi. Ci vediamo più tardi in spiaggia, vero?”
“Certo… - ronfai, stiracchiandomi fra le lenzuola – e farò finta di annegare, così verrai a salvarmi.”
“No, ti prego! – scherzò lui – Dovrei usare il salvagente d’emergenza… e non mi sembra il caso, in pieno giorno…”
“Ma mi faresti la respirazione bocca a bocca…”, insistetti.
“Quella te la faccio anche subito…”, mormorò lui e si sedette sulla sponda del letto, chinandosi a darmi un lungo bacio.
“E anche stasera… - continuò, fissandomi con indicibile dolcezza – se… se vuoi…”
C’era una domanda inespressa nell’esitazione che colsi in quelle ultime parole.
Allora, mi tirai a sedere e lo strinsi a me, dandogli un altro bacio.
“Ti basta come risposta, negro di merda?”
“Sì, puttana bianca… - mi bisbigliò a fior di labbra – Ti ho lasciato la colazione sul tavolo… A più tardi…”
Fu così che Tom è entrato nella mia vita e io nella sua…
E non ne siamo più usciti!
FINE
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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