Gay & Bisex
L'inquilino della porta accanto - 2
di adad
27.10.2021 |
9.814 |
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"“Devo andare…”, mi ha detto lui, dandomi un bacio leggero sulle labbra..."
E son tornato a baciarlo. Ormai le mie labbra erano attratte dalle sue come da una calamita: si staccavano a fatica per un momento, solo per reincollarsi subito dopo. C’era una brama famelica nei nostri baci, dolcemente famelica, come se avessimo chissà quante cose da recuperare: lui non so, ma io indubbiamente sì,e non parlo solo di sesso, ma di occasioni perdute, di innamoramenti segreti, di rifiuti ricevuti, di speranze deluse...
E adesso stava succedendo… Mi sono sentito mancare il fiato sotto l’empito dell’emozione, che stavo provando, e l’ho stretto a me ancora più forte, quasi temessi di vedermelo strappar via.
Poi mi sono sciolto dall’abbraccio e sono caduto lentamente in ginocchio davanti a lui, scivolando col volto sul suo petto… sul suo addome morbido… fino a trovarmi a ridosso del suo cazzo. L’ho capito dall’odore, prima ancora di immergere il naso nel ciuffo di peli crespi.
L’ho avvolto ai fianchi con le braccia, afferrando con la mani rapaci le sue chiappe sode, e ho aspirato a pieni polmoni l’odore selvatico del suo pube, misto ancora al profumo del bagnoschiuma.
Perso nella mia adorazione, lui mi ha poggiato le mani sulle spalle, ma senza far forza, come per sostenersi. Avevo il suo sesso poggiato sull’incavo del collo, dove mi aveva dato il primo bacio, era caldo… pesante… Sono risalito con la guancia per tutta la sua lunghezza e infine, con un gemito di pura voluttà, ho accolto in bocca l’intero glande scappellato.
Come ho fatto a non piangere di gioia, mentre la lingua avvolgeva la morbida susina, raccogliendone il nettare di cui era già cosparsa… Al mio gemito ha risposto il suo sospiro e la presa più stretta sulle mie spalle.
Da quanto tempo non accoglievo in bocca una preda così gustosa… da quanto tempo non assaporavo gli umori che sgorgano copiosi da un cazzo eccitato al piacere… Ho preso a succhiarlo con foga, come se non ci fosse domani, finché lui non mi ha fermato.
“Basta, adesso, - ha detto – così mi fai venire.”
“E non vuoi?”
“Non adesso… non qui… Vieni.”
Mi ha fatto rialzare e ci siamo avvinti in un nuovo abbraccio, in un nuovo, lunghissimo bacio. Aveva ragione: non adesso, non lì: non era una storiaccia da consumare in piedi, in cucina, appoggiati ad un tavolo ingombro di spezie e braciole.
L’ho preso per mano e mi sono diretto in camera; l’ho lasciato un momento per accendere la lampada sul comodino, poi sono tornato da lui ai piedi del letto, per fortuna matrimoniale. La luce diffusa della lampada me lo mostrava ancora più seducente. Gli ho sfilato l’accappatoio, lasciandolo afflosciare a terra e lui lo ha sfilato a me, lasciandolo afflosciare a terra. Eravamo nudi, adesso, nudi ed eccitati, avvolti dal calore e dal profumo dei nostri corpi. Fissandolo negli occhi, ho preso in mano il suo cazzo ormai turgido e l’ho menato lentamente… e lui ha preso in mano in mio, altrettanto turgido, menandolo lentamente, mentre un sorriso beato gli incurvava le belle labbra.
Mi si è accosciato davanti, mi ha scappellato il cazzo e ha preso in bocca la cappella, succhiandola prima con dolcezza, quasi temesse di farmi male, poi con fregola scatenata. Ho perso del tutto la testa e appena lui si è rialzato, mi sono accosciato io davanti a lui e gli ho restituito il servizio con altrettanta foia.
Mi sono rialzato e ci siamo baciati selvaggiamente, poi lui è tornato ad accosciarmisi davanti e ha ripreso a succhiarmelo; poi l’ho fatto io a lui; poi di nuovo lui a me… Siamo andati avanti un pezzo a baciarci e a succhiarcelo vicendevolmente, in un accesso di fregola incontrollabile.
Finalmente è salito sul letto, si è disteso e mi ha allargato le braccia. Mentre lo raggiungevo, ha fatto in modo che finissi sotto e si è disteso sopra di me…
Da quanto tempo non provavo l’entusiasmante sensazione di avere il corpo di un uomo sopra di me … il corpo caldo di un uomo eccitato… smanioso di prendermi, di scoparmi… di amarmi. Avvinti in un abbraccio, le labbra incollate alle labbra, i cazzi schiacciati fra le nostre pance, non esisteva più il mondo intorno a noi, non esisteva più nulla, con gli occhi chiusi mi sono abbandonato al vortice che mi trascinava sempre più a fondo in quell’abisso di sensazioni sempre uguali e sempre diverse.
Sentivo le sue mani che mi esploravano e ho intrecciato le caviglie dietro la sua schiena per stringerlo ancora più forte, quasi con la segreta speranza di fondermi con lui, di diventare un tutt’uno con lui, un unico organismo fremente di passione e di desiderio.
Non mi chiedete di riferire puntualmente cosa è successo, cosa abbiamo fatto di seguito: non saprei davvero riferirlo. Stamattina, quando sono rimasto da solo, ho cercato di ricostruire il percorso di quello che è successo, di quello che abbiamo fatto, ma ho ancora tutto un caos nella mente, i ricordi sono confusi, brevi sprazzi che cerco di ricomporre in un racconto coerente, come quando ci siamo ritrovati a sessantanove, io col suo cazzo talmente piantato nella gola che non riuscivo neanche a succhiarglielo, lui che mi leccava l’uccello e le palle, e ad un tratto mi ha fatto sollevare le gambe e mi ha spinto la lingua nel buco del culo! ho lanciato un gridolino strozzato, appena ne ho avuto coscienza e, dopo essermi sfilato a fatica il suo cazzo dalla bocca, l’ho costretto ad abbassare il bacino e ho raggiunto con le labbra il tenero orifizio… L’ho sentito fremere e dopo un po’ eravamo girati sul fianco per poterci leccare meglio, l’uno con la lingua infilata nell’orifizio dell’altro Ci siamo masturbati il buco del culo con le labbra e con la lingua, finché, fuori di testa pure lui:
“Ti voglio, Leo… - ha detto con aria allucinata, ancora più bello nella fregola che lo stava divorando – Voglio scoparti, cazzo!”
Non me lo sono fatto ripetere: divincolatomi da lui, mi sono messo a quattro zampe e mi sono aperto io stesso le natiche con le mani, mostrandogli il buco.
Ero pronto… ero la sua femmina pronta ad essere montata. Beppe mi si è accosciato dietro e ha ripreso a leccarmi, stavolta con la lingua più bagnata di saliva. Poi ho sentito qualcosa poggiarmisi sull’apertura. Ho trattenuto il respiro, aspettandomi la testa del suo grosso ariete, invece era solo un dito con cui stava sciogliendo le mie ultime resistenze, se mai ancora ce ne fossero state. Il dito è penetrato fino in fondo, poi ha iniziato il duplice lavoro di scivolarmi dentro e fuori e di sollecitarmi la prostata, provocandomi ondate di calore che mi hanno fatto fremere e sguaiolare.
Ho avvertito confusamente che si tirava su, che mi afferrava per i fianchi e mi puntava il bastone sull’apertura.
“Ci siamo.”, ho pensato, lasciandomi andare ed un istante dopo ho sentito lo sfintere aprirsi senza sforzo attorno ad un corpo rigido, ma incredibilmente caldo e levigato, che mi scivolava nel retto senza soluzione di continuità.
Non riuscivo a credere che me lo stesse mettendo con tanta facilità, considerando le poche volte che lo avevo preso fino ad allora. Ma oltre alla sua sapiente preparazione, doveva essere stata anche la mia voglia e rimuovere gli ostacoli.
E poi ho sentito il suo basso ventre incollarsi al mio fondo schiena, ho sentito i peli crespi del suo pube rasparmi sull’anello stirato e le sue grosse palle sfiorare le mie… Era dentro di me… Una vampata di calore mi ha avvolto, mentre lui cominciava lentamente a muoversi ed ogni suo movimento mi provocava un piacere languoroso, che piano piano mi ha preso in maniera totalizzante come se io stesso fossi parte del piacere che lui stesso stava provando.
Lentamente, quasi impercettibilmente, mi sono abbassato fino a distendermi con la pancia sul letto, posizione per me più congeniale, perché mi permette di controllare i muscoli anali e partecipare più attivamente. Così, ho iniziato ad accompagnare la sua cavalcata, allentando la morsa dello sfintere quando veniva fuori e serrandola quando lo riaffondava. I suoi grugniti animaleschi mi hanno fatto capire che stava funzionando e infatti non è passato molto che la sua andatura si è fatta scomposta, il respiro si è fatto pesante, la stretta delle sue braccia attorno al mio torace più spasmodica.
È straordinario vedere un uomo in orgasmo, il corpo teso, il volto stravolto, le labbra dischiuse da cui sfuggono i gemiti assieme al respiro in affanno… ma ancora più straordinario è “sentire” l’orgasmo di un uomo dentro di sé, la pressione fremente dei suoi fianchi sul bacino, gli scatti fuori controllo del suo cazzo, mentre i fiotti di sperma dilagano nell’intestino… e la stretta convulsa delle sue braccia attorno al petto…
Tutto questo ho provato con la mente obnubilata dal piacere, mentre Beppe godeva dentro di me…
Una volta finito di eiaculare, non si è mosso, ha continuato a stringermi fra le sue braccia, mentre il suo respiro sulla mia nuca diventava sempre più calmo e regolare, come il pulsare del suo cuore contro la mia schiena. È sgusciato, quindi, fuori, è scivolato di lato e mi ha fatto girare, dandomi subito un bacio appassionato. Poi mi ha guardato con occhi dolcissimi:
“Ti ho dato il mio seme, - ha detto – adesso voglio il tuo.”, e si è chinato sul mio cazzo ormai dolorante per la lunga eccitazione, lo ha inglobato nella sua bocca e ha preso a succhiarmelo con passione.
Gli sono venuto in bocca e lui ha ingoiato tutto, soffermandosi poi a leccarmi e a ripulirmi il glande, nonostante si andasse via via afflosciando. Solo quando è stato del tutto molle, lo ha lasciato ed è tornato a baciarmi. La sua lingua sapeva di sperma… il mio sperma, che si mescolava alla dolcezza della sua saliva in un mix inebriante.
“Io avrei una certa fame…”, ha detto dopo un po’, passandosi una mano sullo stomaco e rivolgendomi un sorriso radioso.
“Ci sono le braciole… - ho risposto io – sono già pronte, le grigliamo?”
“Perfetto! Proprio quello che ci vuole per reintegrare le proteine che abbiamo speso…”, e mi ha dato una pacca sul culo.
Siamo andati a darci una ripulita in bagno, soprattutto io, che avevo lo spacco del culo imbrattato e scivoloso della sua sborra, poi ci siamo infilati l’accappatoio e siamo andati in cucina. L’insalata era già pronta, bastava solo condirla; la griglia è stata presto rovente e ci ho buttato sopra le braciole nel frattempo ben aromatizzate, mentre lui apriva una bottiglia di vino, che dormiva in frigo da chissà quanto tempo, nell’attesa inconsapevole dell’occasione giusta. E più giusta di questa, non credo che ce ne siano mai state, né ci saranno in futuro.
In un attimo la cucina si è riempita dell’aroma della carne speziata che si arrostiva… e qui chiedo scusa ai vegani, ma non posso farci niente: la carne mi piace troppo, e non parlo solo di arrosti e braciole, ma anche del capitone crudo e guizzante… non so se mi spiego.
Era passata mezzanotte, quando ci siamo messi a tavola: il più saporito pasto notturno della mia vita.
Con la fame che avevamo, acuita dal precedente dispendio di energie, ci siamo spazzolati tutto in quattro e quattr’otto; e abbiamo fatto fuori una bottiglia di vino in due, per cui eravamo alquanto allegri, quando siamo tornati a letto. La testa mi girava e non solo per effetto del vino, la fregola era tornata a impadronirsi di me, tanto che senza neanche aspettare che Beppe si togliesse l’accappatoio, mi sono attaccato al suo boccaglio e ho ripreso a lavorarlo di lingua con tutta la mia maestria. Non sono un gran bocchinaro, devo dirlo, non ho mai avuto bravi maestri: mi limito a fare quello che l’istinto mi suggerisce e, a quanto pare, nei riguardi del cazzo del mio vicino, l’istinto mi suggeriva bene: Beppe, infatti, ha preso a dimenarsi, sguaiolando come un cagnolino e spingendomelo dentro il più possibile, al punto che ho dovuto impugnarne la base con una mano, per impedire che mi staccasse le tonsille. A quel punto, lui stesso ha preso a fottermi la faccia con rapidi colpi di reni, finché con un rantolo mi ha impastato la lingua di seme viscoso.
L’ho trattenuto in bocca per non ingozzarmi, mentre lui continuava a scaricarsi; poi, quando il flusso è diminuito, ho ingoiato la sua sborra, centellinandola ed assaporandola, come mai avevo fatto… anche perché mai avevo lasciato che mi sborrassero in bocca in questo modo, ma con lui ho sentito un senso immediato, istintivo, di intimità e di fiducia.
La mia anima combaciava con la sua… e la sua?... la sua combaciava… sarebbe mai combaciata con la mia? Ma non era un problema che mi toccasse al momento… al momento, l’unica cosa che mi premeva era amarlo, sentirlo godere con me, tramite me, dentro di me.
Non saprei dire quante volte lo abbiamo fatto quella notte e ogni volta in maniera più intima, più gratificante, più completa. Eravamo esausti, quando ci siamo finalmente assopiti. Non abbracciati, questo succede soltanto nei romanzi d’amore, ma tenendoci per mano, questo sì; e ancora di tenevamo per mano, quando il suono della sveglia ci ha riportato crudelmente alla realtà.
“Devo andare…”, mi ha detto lui, dandomi un bacio leggero sulle labbra.
“Devo alzarmi pure io… - ho ronfato, abbracciandolo e cercando di trattenerlo – Ancora un momento…”
Lui ha sorriso.
“Ascolta, - mi ha detto – hai impegni stasera?”
Mi sono sentito avvampare.
“Non so… – ho fatto il prezioso – perché?”
“Ma niente…”, ha detto lui con aria indifferente, alzandosi e sedendosi sulla sponda del letto.
Mi dava le spalle. Dopo un po’ si è voltato a guardarmi.
“Pensavo di invitarti a cena fuori.”
Nella penombra della stanza i suoi occhi brillavano luminosi.
“E’ un appuntamento, che mi stai chiedendo?”, ho fatto l’ingenuo.
“Dipende da quello che succede nel dopo cena.”, ha risposto lui con aria maliziosa.
“Se dipende da me… puoi immaginarlo facilmente!”
“E allora, sì, è un appuntamento.”, e mi ha fatto l’occhiolino, mentre si rivestiva sommariamente, per sgattaiolare fuori dalla porta semichiusa.
FINE
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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