Gay & Bisex
Festa di compleanno
di adad
28.12.2018 |
19.185 |
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"Istintivamente, con la mano, Franz gli strinse forte l’uccello per tenerselo saldamente in bocca, e mentre l’altro rovesciava indietro la testa, le labbra..."
N.B. il presente racconto contiene descrizioni alquanto forti, inadatte a lettori dall'animo troppo sensibile; i quali se continueranno nella lettura, lo faranno a loro rischio e pericolo.Un tanfo graveolente di lenzuola sporche, di sudore stantio, di sborra fermentata stagnava nel chiuso della stanza, quando Franz, al secolo Francesco Cinciarelli, cominciò a riprendere coscienza nel letto disfatto. Un barlume di consapevolezza prese a formicolare nelle sue membra abbandonate, nelle braccia, nelle gambe, nella vescica piena; cominciò a insinuarglisi sottilmente sotto le palpebre incollate, a penetrare nel torpore pesante che gli ammorsava la mente.
Franz cominciò ad avvertire qualcosa nel buio assoluto in cui si trovava sprofondato, come un moscone fastidioso che lo disturbasse. Cercò di ignorarlo e sprofondare di nuovo nell’obnubilante incoscienza in cui era sepolto, ma quel senso di spiacevolezza si fece ancora più forte.
Si sentì la bocca amara, impastata… Si rigirò fra le lenzuola scomposte… Cercò di fissare la mente sull’ultima immagine d’un sogno sbiadito, ma ormai il sangue aveva ripreso a scorrere nelle vene intorpidite.
Si sentì una fitta lancinante al basso ventre e si vide in un gabinetto pubblico, coi pantaloni slacciati davanti a un orinatoio, che si lasciava andare. Il sollievo che ne provò gli fece capire che stava per pisciarsi addosso. Con un gemito, cercò di ignorarlo, ma lo stimolo era ormai arrivato alla sua coscienza e soprattutto l’urgenza non era più sostenibile.
Si raggomitolò, stringendo forte le gambe nell’estremo tentativo di resistere, col risultato di comprimere ancora di più la vescica. Finalmente si rese conto che qualche goccia già cominciava a fuggirgli; allora, senza aprire gli occhi incollati, si tirò faticosamente a sedere e mise le gambe fuori dal letto; poi si alzò in piedi e barcollando, a tentoni, con le gambe irrigidite e le giunture doloranti, riuscì ad arrivare al gabinetto.
Crollò a sedere sulla tazza, i gomiti poggiati sulle ginocchia a sostenersi con le mani la testa ancora dormiente, e si lasciò andare, con una fitta lancinante seguita da un brivido orgasmico che lo svegliò del tutto.
Mentre pisciava, sentì una scarica di liquame maleodorante colargli fuori dal buco del culo. Recepì la cosa, ma non ci fece caso; allungò però la mano a prendere della carta igienica, con cui, una volta in piedi, si asciugò la punta del bigolo molle e poi si pulì dietro alla meglio. Gettò tutto nella tazza e si avviò per tornare a letto.
Giunto sulla porta:
“Oh, che palle!”, grugnì, tornando indietro a tirare lo sciacquone.
Ma ormai era sveglio e dalla luce, che filtrava dalle tapparelle mal chiuse, doveva anche essere pieno giorno. Decise che aveva bisogno di un caffè. Si trascinò in cucina e guardò l’orologio: cazzo, erano già le undici! Mise sul gas la macchinetta e si accasciò stancamente sopra una sedia.
Al contatto freddo del piano di formica, si rese conto di essere senza mutande. Ma che?... E non aveva neanche la maglietta… Era completamente nudo! Ma cosa diavolo era successo? Cercò di ricordare qualcosa delle ore precedenti, ma il suo cervello era una massa gelatinosa, amorfa, impenetrabile.
Franz scosse la testa. Boh! Bevve lentamente il suo caffè, zuccheratissimo, poi tornò in camera per mettersi qualcosa addosso. Un tanfo irrespirabile lo accolse, entrando. Arricciò il naso disgustato e a tentoni si diresse verso la finestra. Inciampò in qualcosa, si chinò e raccolse uno straccio umido. Raggiunse la finestra, trovò il nastro della tapparella e la tirò su, facendo un po’ di luce nella stanza.
Guardò lo straccio che aveva in mano: erano delle mutande… ma non erano le sue. Qualcuno se l’era dimenticate… Ma che ci facevano lì le mutande di un altro? Qualcosa gli disse che c’era stata gente quella notte… qualche barlume di memoria cominciò confusamente a tornargli.
Quasi con un senso di schifo, lasciò cadere a terra quelle mutande non sue, umidicce di chissà che cosa, e si guardò attorno. Cristo! La stanza era un casino, cuscini sparsi in giro, fazzoletti di carta appallottolati. Guardò il letto: era tutto sottosopra, con le lenzuola scomposte e aggrovigliate, come se ci si fosse svolto sopra un incontro di lotta.
Qua e là, ampie chiazze, dove ancora visibilmente umide, dove già asciutte e d’un bianco sporco. Si direbbe che c’è stata un’orgia qui stanotte, constatò quasi con sorpresa. Un’orgia…
Ricordò a fatica che quel giorno era il suo compleanno e la sera prima… aveva organizzato una festa… Erano venuti degli amici… Ma chi cazzo erano? L’annuncio su internet!... Sì, aveva pubblicato un annuncio, invitando amici alla sua festa di compleanno… Maschi attivi… Le parole dell’annuncio gli tornavano smozzicate alla memoria.
Ma i ricordi continuavano ad essere confusi e impalpabili nella sua mente. Impressioni, anzi, più che ricordi, sensazioni nebbiose nel suo subconscio: sensazioni di mani che lo pastrugnavano… di cazzi che lo possedevano… di maschi che se lo rotolavano sul letto… e poi sensazioni di musica che suonava… risate grasse… una mano che gli porgeva un bicchiere… una sniffata di popper… e maschi che ancora se lo rivoltavano sul letto … gli si buttavano addosso… e l’odore acre dei loro cazzi sborrati…
Franz scosse la testa, come a liberarsela dalla caligine di quella confusione, e si guardò attorno, al casino che regnava nella stanza. Dev’essere stata una bella festa, pensò, notando le bottiglie vuote e i bicchieri di plastica rovesciati sui tavolinetti ingombri… e i fazzoletti di carta appallottolati sul pavimento dappertutto. Sarà meglio che cominci a dare una pulita…
Si alzò e si accorse di essere ancora nudo; allora ripescò in bagno la canottiera che si era tolto la sera prima e se la infilò. Si guardò attorno per cercare anche le mutande, ma non le vide e con una spallucciata lasciò perdere; così, in ciabatte e canottiera come in effetti amava troiescamente stare in casa, prese alcuni sacchetti di plastica in cucina e cominciò a raccogliere immondizie e rifiuti.
Stava giusto liberando un tavolinetto, quando sotto un cumulo di fogli di scottex appallottolati e incrostati di chissà cosa, trovò un orologio, un orologio da polso, molto bello, con un cinturino metallico. Non era suo, qualcuno se l’era dimenticato lì.
Chissà di chi è, pensò: beh, chi se l’è perso tornerà a cercarlo. Mise via l’orologio e continuò a pulire. Dopo un paio d’ore aveva rimesso tutto a posto, cambiato il letto con lenzuola fresche di bucato e lavato perfino il pavimento, che chissà cosa diavolo ci era caduto, appiccicaticcio com’era dappertutto.
Adesso, l’unica cosa sporca rimasta era lui. Era ormai pomeriggio: un bel pomeriggio domenicale caldo e assolato. Decise di farsi una doccia e uscire a fare due passi… magari ai giardini avrebbe rimorchiato qualche manzetto…
Nonostante tutti quelli che si era preso nel corso della notte, Franz si sentiva addosso ancora una voglia inestinguibile di cazzo!
Sono proprio una porca ninfomane, ghignò, accorgendosi solo in quel momento di essere tutto appiccicoso sotto i coglioni e in mezzo alle chiappe. Si tastò il buco con la punta del dito: era molle e viscido… e puzzava da far schifo, quando l’annusò storcendo il naso.
Stava per sfilarsi la canottiera e buttarsi sotto la doccia, quando venne interrotto dallo squillo del campanello. E adesso chi cazzo è?... Si guardò attorno per recuperare almeno le mutande, ma erano già sepolte chissà dove in lavatrice. Cercò qualcos’altro con cui coprirsi alla meglio… il campanello tornò a suonare… nella confusione del momento non riuscì a trovare niente… Beh, vaffanculo!, si disse e andò ad aprire così come stava.
Aprì la porta e si trovò davanti uno sconosciuto, che prese a squadrarlo dalla testa ai piedi.
“Non dirmi che la festa è ricominciata!”, esclamò con un largo sorriso.
Franz lo fissò sbalordito: doveva essere uno degli invitati della sera scorsa.
“Ti disturbo, per caso? - fece ancora quello – Posso ripassare dopo, eventualmente.”
“No… no, - si riscosse Franz, coprendosi stupidamente l’inguine con una mano – è che sono ancora un po’ frastornato… Ma vieni, entra.”, e si scostò per farlo passare.
“Ma tu apri sempre la porta così?”, lo stuzzicò l’altro, accennando al suo abbigliamento più che succinto.
“No, certo che no! E’ che nella fretta di venirti ad aprire, non ho trovato niente da mettere…”, spiegò imbarazzato e rimase in attesa, non sapendo cos’altro dire.
“Scusa, - disse dopo un po’ – ma…”
“Non hai la minima idea di chi sono, vero?”
“Immagino che eri alla festa, ieri sera.”
“Già e non abbiamo avuto modo di presentarci… non formalmente, per lo meno. – ridacchiò – Mi chiamo Guido.”
“Franz. – fece lui – Piacere.”
“Piacere mio.”, ghignò Guido e gli porse la mano.
Franz allungò la destra che fino a quel momento si era tenuta premuta all’inguine, ma all’ultimo momento si bloccò e fece per ritrarla.
“Scusami… - mormorò – sono stato a mettere a posto e devo ancora farmi una doccia…”
Guido, però, gliel’afferrò e la strinse con calore.
“Figurati… con tutto quello che abbiamo combinato stanotte!”
“Gesù, stanotte… Non riesco quasi a ricordare niente…”
“E vorrei vedere! – scoppiò a ridere Guido – Con i liquori che ti sei bevuto e il popper che hai sniffato, mi meraviglio che non sei andato in overdose!”
“Gesù…”
“A proposito, hai trovato un orologio in giro, per caso?”
“Ah, è tuo…”, esclamò e gliel’andò a prendere.
“Grazie. – fece l’altro mettendoselo – Ero sicuro d’averlo lasciato qui. Beh, ti lascio alla tua doccia.”
“No, aspetta! – lo fermò Franz – Preparo un caffè, tienimi compagnia, dai.”
“Davvero non ricordi niente di stanotte?”, gli chiese Guido poco dopo in cucina, mentre sorseggiavano un caffè.
Franz scosse la testa.
“Sono stato così puttana?”
Guido scoppiò a ridere:
“Puttana? Giuro che non ho mai visto un mangiacazzi scatenato come te… Oh, scusa… Non volevo…”
“Oh, non mi offendo, non preoccuparti… - fece spallucce Franz – Del resto è la verità!”, e lo fissò intensamente all’inguine.
Il giovane sentì quello sguardo penetrargli attraverso i vestiti, avvolgergli i genitali in una lasciva carezza.
“Ne vorresti ancora, vero?”, ghignò, stringendosi voluttuosamente il pacco con una mano.
Senza rispondere e senza distogliere lo sguardo, Franz si alzò, si avvicinò e gli si inginocchiò davanti. Rimosse con delicatezza la mano con cui l’altro si stringeva ancora il pacco e accostò il volto, premendoglielo in grembo, inalando profondamente per cogliere gli aromi caldi, sensuali che ne traspiravano. E rimase così a lungo, in atto di muta, fervente adorazione.
Quando sentì la mano di Guido carezzargli dolcemente i capelli, Franz sollevò gli occhi a guardarlo: il sorriso luminoso che colse sulle labbra e nello sguardo dell’altro gli riempì il cuore di sollievo e di gioia. Ricambiò il sorriso poi, lentamente, gli sbottonò i jeans e gli aprì le falde della patta. Sotto, il candore degli slip pulsava un cuore caldo, vivo…
Franz non resistette, infilò la mano sotto l’elastico della cintura e tirò fuori il bell’uccellone già mezzo duro. Un sospiro gli sorse dal fondo della gola. Fece per prenderlo in bocca, ma l’elastico degli slip strozzava il bigolo quasi a metà.
“Aspetta”, mormorò Guido e, sollevandosi un poco, si sfilò da sotto le natiche pantaloni e mutande, liberandosi almeno il cazzo e i coglioni.
Stavolta, Franz lo impugnò a tutta mano, lo contemplò quasi commosso con ammirato stupore, come stentando a capacitarsi che esistesse al mondo qualcosa di così bello, di così pienamente appagante; poi accostò il volto e annusò l’aroma muschioso che trasudava dal glande ancora incappucciato, si passò più volte sulle labbra la punta bagnata e infine con un gemito bramoso spalancò la bocca e lo ingoiò, divorandolo, succhiandolo, masticandolo…
Guido fremette di goduria a quell’assalto cannibalesco, da cui non aveva difese, se non lasciarsi andare e arrendersi al piacere. E infatti si lasciò andare e si arrese al piacere, partecipò a quel rito d’amore, di sublime adorazione, che Franz gli stava tributando, carezzandolo piano fra i capelli e bisbigliandogli luride, eccitanti sconcezze.
Fu un crescendo di passione, di gemiti rochi, di sospiri che coinvolgevano entrambi e di entrambi accrescevano di momento in momento il parossismo erotico; finché d’un tratto Guido afferrò convulsamente la testa di Franz:
“Sborro, cazzo, sborro!...”, urlò, inarcando la schiena sulla sedia.
Istintivamente, con la mano, Franz gli strinse forte l’uccello per tenerselo saldamente in bocca, e mentre l’altro rovesciava indietro la testa, le labbra aperte in un grido silenzioso, lui avvertì il flusso di sborra che forzava la stretta delle sue dita e il primo fiotto dilagargli in bocca caldo e denso. Lo ingoiò e continuò a ingoiare i fiotti via via meno corposi, che uscivano ad ogni scatto di quel nerchio congestionato.
Con l’ultimo debole spasmo, l’erezione cominciò a perdere consistenza, ma Franz continuò a poppare, finché il cazzo non fu del tutto molle e gli sgusciò ormai inerme dalla bocca, ricadendo tutto bagnato nel ciuffo dei peli aggrovigliati del pube.
Guido si rilassò sulla sedia, ansimante, smarrito. Franz gli rimase in ginocchio davanti, come in attesa. Si fissarono a lungo nel fondo degli occhi. Poi Guido lo carezzò dolcemente sulla guancia e gli sorrise.
“Sai, - gli disse con voce ancora rotta – stanotte ho lasciato apposta l’orologio qui… Volevo avere una scusa per tornare. - proseguì, rispondendo allo sguardo interrogativo dell’altro – Volevo una scusa per rivederti…”, concluse quasi timidamente.
Franz sentì le lacrime pungergli il ciglio degli occhi e nascose il volto nel grembo dell’amico, passandogli dietro le braccia per stringerlo a sé. Rimasero un pezzo così, senza dirsi niente, poi Guido si riscosse:
“Vai a farti una doccia, dai, - fece, arruffandogli dolcemente i capelli – puzzi peggio di una capra…”
“Sì, hai ragione.”, rise Franz e si alzò, avviandosi verso il bagno.
Sulla porta si bloccò di colpo e si voltò.
“Ti ritrovo qui, vero?”, chiese con ansia.
“Certo”, sorrise Guido, risistemandosi i vestiti.
Il giovane fece per uscire, ma non si mosse.
“Tu mi piaci molto, Guido… - disse tornando a voltarsi – Mi piaci davvero…”
Guido accennò di sì con la testa.
“Anche tu mi piaci, Franz, - disse a sua volta - mi piaci davvero… Ti aspetto qui, non preoccuparti… Ma con le feste di compleanno hai chiuso, ok?”
“Ok”, mormorò Franz e finalmente andò in bagno.
Aprì l’acqua e si abbandonò al suo abbraccio caldo e purificatore. Fu la doccia più felice della sua vita!
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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