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Rosso di sera - 2


di adad
10.03.2021    |    4.166    |    5 9.6
"“Ohhhh…”, sospirò, quando si sentì pieno e sul volto gli si dipinse un’espressione di intensa beatitudine..."
Ma quando feci per togliermi i pantaloni, nella foga di sfilarmeli dalle gambe, ecco che venni a trovarmi faccia a faccia con il suo cazzo, adesso turgido e svettante… la cappella faceva capolino dal prepuzio slabbrato ed era davanti a me, poco sotto il mio naso.
Il suo odore… e voi sapete quanto io sia sensibile agli odori… era forte, pungente per tutti gli umori che aveva spurgato, ma anche provocante, sensuale…
Lasciai i pantaloni mezzo sfilati e caddi in ginocchio, afferrai con la mano quel bastone caldissimo, sudaticcio, tirai giù il prepuzio e con un gemito di voluttà mi affondai in bocca il glande snudato, mulinandoci attorno con la lingua. Il sapore del sugo salmastro mi pizzicò la lingua, ma era puro nettare per i miei sensi eccitati. Lo assaporai, sciogliendolo con la saliva, prima di ingoiarlo e poi ne cercai altro, rovistandogli nel taglietto.
La fulmineità con cui mi ero inginocchiato e glielo avevo preso in bocca, sembrò spiazzarlo, barcollò leggermente e dovette allargare le gambe per ritrovare la stabilità. Ne approfittai per passargli la mano sotto i coglioni a darci una lisciata. Erano implumi, doveva esserseli rasati, pensai con un brivido… E perché un maschio dovrebbe rasarsi le palle, pensai, se non per invogliare a farsele leccare? E potevo sottrarmene proprio io? Lasciai un momento il suo cazzo e, tenendolo sollevato con la mano, dapprima presi a lappargli tutt’attorno lo scroto sudato, poi ingoiai uno degli ovuli, masticandolo con delicatezza e spremendolo fra la lingua e il palato come una prugna matura. Lo sputai e passai all’altro, riservandogli lo stesso trattamento.
Fremendo e sospirando, Brendan mi aveva poggiato le mani sulle spalle stringendomi forte, il che mi dava l’idea del suo godimento e mi stimolava a proseguire quel piacevole lavoro. Cercai di ingoiare entrambi gli ovuli, ma erano troppo grossi, così continuai a leccare, slinguare, lappare, finché lo scroto non fu tutto bagnato di saliva e gli si rattrappì per il piacere.
Temetti che stesse per sborrare e non volevo, non così presto, così tornai ad occuparmi del cazzo, che adesso colava incessante e copioso come un rubinetto rotto… Nella foga, gli passai le mani sulle natiche… erano levigate… morbide… gliele impastai con vigore, mentre il suo cazzo mi scivolava sempre di più nella gola. Mi fermai solo quando sentii l’inizio di un rigurgito; allora, spinsi Brendan a sedersi sul divano e, sempre in ginocchio, coi pantaloni mezzo sfilati che mi trascinavo dietro, gli andai vicino e ripresi a succhiargli l’uccello: con una mano gli tenevo le palle, con l’altra impugnavo il cazzo alla base e lo masturbavo, mentre con la bocca e con la lingua gli lavoravo la cappella.
Non ci volle molto che lo scroto tornò a rattrappirglisi e lui a gemere sempre più profondamente; ma se sperava che lo facessi venire…
Lasciando stare l’uccello, tornai a slinguargli le palle, leccandole tutt’attorno e tornando a stenderci sopra un velo di saliva che raffreddandosi lo faceva rabbrividire.
Poi, presi a spingere la lingua sempre più sotto, e dopo un attimo di incertezza fu lui stesso ad agevolarmi, sollevando in alto le gambe e sporgendo il bacino il più in fuori possibile… Ed eccolo, ecco davanti a me il suo meraviglioso bottoncino grinzoso, incredibilmente roseo nel biancore verginale della sua carnagione. Adorai subito quel minuscolo orifizio e la coroncina rada di rossi peletti che lo contornava.
La testa abbandonata sullo schienale del divano, gli occhi chiusi, l’espressione beata: questo era Brendan, che intanto con le mani si era agganciate le gambe sotto le ginocchia e le teneva sollevate, sporgendo il bacino per offrirsi alla mia adorazione.
Era uno spettacolo di una oscenità terribilmente arrapante e io non seppi resistervi: mi leccai le labbra, per inumidirle, poi mi avvicinai e le poggiai sul tenero pertugio. Indugiai con quel bacio che lo fece fremere, poi lo lambii con la punta della lingua. La risposta fu immediata: Brendan gemette e il suo bocciolo dischiuse i petali accogliendo la mia adorazione. La mia lingua scivolò dentro, mentre il buco si apriva, quasi non aspettasse altro, e Brendan per la prima volta:
“Sì, - sospirò – leccami… sì… mi piace… mi piace…”
E che potevo fare, se non ubbidirgli? La cura amorosa che avevo riservato in precedenza al cazzo e alle palle, adesso la riservai al suo buchetto, baciandolo e leccandolo dentro e fuori, e risvegliandone ogni minimo centro del piacere.
Ho sempre amato leccare il buco del culo, ma se alcuni mi entusiasmano, altri mi mandano in estasi… e questo era uno di quelli. La mia lingua non conosceva sosta, mentre grufolavo fra le sue chiappe, infilandola più che potevo e poi slinguandone i dintorni con trasporto.
E più lui si torceva e sospirava quel “mi piace, mi piace”, più io mi infervoravo, sentendo la sua carne quasi disfarsi sotto la mia lingua. Ero come invasato, non riuscivo a smettere. Ad un tratto, percepii dei movimenti sopra la mia testa, mi resi conto che si stava masturbando. Avrei voluto fermarlo, ma non potevo smettere quello che stavo facendo, così continuai a leccare come un assatanato, mentre lui si segava e i suoi coglioni mi strusciavano sulla fronte.
Poi sguaiolò, sussultando, e immediatamente dopo mi sentii sulla testa, fra i capelli, qualcosa di viscido e caldo… stava sborrando… mi stava sborrando in testa! Mi riscossi e in un lampo gli afferrai l’uccello ancora scattante e lo presi in bocca, bagnato, fremente.
Il sapore del suo seme era asprigno e mi raschiò leggermente la gola, ma raccolsi le sue ultime gocce e le ingoiai, rammaricandomi di essermi perso la parte migliore, quella più corposa e saporita che mi era finita in testa e adesso mi impregnava i capelli. Gli ripulii accuratamente l’uccello che si manteneva duro, poi tornai al suo culo, che ripresi a leccare con la lingua imbrattata di sborra, la sua.
Nonostante fosse venuto, Brendan continuava tuttora a spasimare sotto le mie leccate, segno che la sua carica libidica era tutt’altro che diminuita, come in genere succede ai comuni mortali… e segno soprattutto che il fulcro del suo piacere era il culo. E per sua fortuna io non avevo ancora goduto e il mio cazzo era pronto.
Allora, raccolsi sulla lingua un grumo di saliva e glielo spinsi dentro; tornando ad impugnare il suo cazzo sempre duro, gli spinsi nell’ano due dita della sinistra, fino in fondo, rivoltolandole nel condotto, in modo da lubrificarlo bene e allentarne la stretta, qualora si fosse mostrato renitente. Cosa di cui dubitavo. Quando trovai la prostata, presi a stimolarla e a massaggiarla delicatamente, e la reazione di Brendan fu strabiliante. Si inarcò con un guaito, intanto che gli ravanavo con le dita nel buco del culo:
“Ohhhh… - gemette – sì… cazzo… sì…”, roteando e dimenando il bacino con foga tale, che faticavo a tenergli le dita ficcate nel culo, mentre continuavo a slargargli lo sfintere e a stimolargli la prostata.
Poi, d’un tratto, rosso in volto di lussuria scatenata, si bloccò e mi afferrò il polso:
“Il cazzo… - disse con voce strozzata – dammi il cazzo, ti prego!”
Se era quello che voleva, io non avevo nulla in contrario ad accontentarlo. E neanche il mio cazzo, che mi scalpitava nelle mutande, ormai fradicie.
Estrassi dal suo culo le dita sbavate, mi sfilai del tutto i pantaloni e mi abbassai le mutande sotto il bacino; poi mi passai la mano sopra i capelli e con quello che raccolsi della sua sborra mi unsi l’uccello, anche se non ce n’era bisogno, bagnato già com’ero di mio. Appoggiandomi alle sue gambe, mi chinai su di lui, gli puntai il siluro sull’apertura ormai palpitante e spinsi dentro, senza farmi problemi. E problemi davvero non ce ne furono, anche se il mio nerchione è tutt’altro che inconsistente, perché lo sfintere gli si aprì come una rosa e lasciò scivolare il pungiglione in profondità senza colpo ferire: dove non erano arrivate le mie dita, arrivò la sua voglia ad ammorbidirlo.
In un lampo gli fui tutto dentro, con i peli del pube premuti contro le sue palle.
“Ohhhh…”, sospirò, quando si sentì pieno e sul volto gli si dipinse un’espressione di intensa beatitudine.
Dal che, capii che da tempo doveva essere avvezzo al cazzo, nonostante il suo aspetto insospettabilmente maschio. Che, poi, chi l’ha detto che un amante del cazzo non debba averlo? Chi mai l’ha detto che un amante del cazzo debba avere necessariamente l’aspetto di una fighetta impomatata? Beh, non era certo il suo caso… e neanche il mio!
Ero dentro di lui e Brendan ne stava visibilmente godendo. Ad un certo punto, allungò le mani per allargarsi ulteriormente le chiappe, quasi volesse farmi entrare ancora di più… ma non ne avevo di più da dargliene, così presi a roteare lentamente il bacino, strusciando i miei peli sulla pelle sensibile del suo perineo, cosa che Brendan evidentemente gradì, visto il sorriso che gli comparve sulle labbra. Protese ancor più le mani e mi afferrò ai fianchi premendomi forte contro di sé… e io lo assecondai… volevo che lo avesse tutto, che lo sentisse tutto. La sua mucosa mi avvolgeva il cazzo come un guanto… un guanto morbido e caldo, all’interno del quale cominciai finalmente a muovermi, scorrendo avanti e indietro… dentro e fuori… avanti e indietro… dentro e fuori… dapprima piano, per fare in modo che gli ingranaggi si aggiustassero, combaciassero… poi sempre più veloce, finché il mio cazzo fu solo un pistone che pompava inesorabile nel suo culo. E il suo culo reagiva agli stimoli, lo sentivo vibrare… non ero io che lo stavo inculando, era lui che mi stava masturbando! L’intesa era perfetta.
Nessuno parlava: solo gemiti e sospiri, i miei e i suoi, intenti a dare, più che a ricevere piacere.
Ad un tratto, riuscii a piegarmi e a prendere in bocca il suo cazzo: grondava come un favo di miele, che risucchiai e assaporai, prima di lasciarlo andare, leccandomelo dalle labbra… era denso e vischioso, il sapore era salaticcio leggermente acido, forse era già mescolato ad una buona percentuale di sperma: era pronto a godere. Ma stavolta volevo che mi godesse in bocca: chissà che buon sapore selvatico doveva avere.
Incrementai il ritmo delle pompate, anche perché ormai ero io che avevo urgenza di venire, che dalla mattina ero in stato di allerta. E non ci volle molto: nel giro di qualche minuto, mi sentii come fitte lancinanti al basso ventre, i coglioni mi si compressero ormai saturi, preparandosi ad espellere il seme in ebollizione. Non feci in tempo a realizzarlo, che già mi ero contratto sopra di lui e cominciavo a schizzargli nella pancia rafficate di sperma, che lui dovette sentire distintamente, una pompata dopo l’altra, perché un’espressione di pura felicità gli si dipinse sul volto, mentre il suo cazzo si tendeva puntando in alto.
Me ne accorsi appena in tempo: mi chinai e riuscii ad agganciarlo con la bocca un attimo prima che il primo fiotto di sborra mi scivolasse sulla lingua. Serrai le labbra attorno alla cappella per non farmelo sfuggire, mentre un secondo ne seguiva e poi un terzo…
Aspettai che gli schizzi finissero, prima di ingoiare quella bocconata di sperma: volevo gustarmelo bene, stavolta. E non mi deluse: il sapore era dolciastro, con un retrogusto amarognolo, nell’insieme molto saporito, ma ancora una volta mi raschiò la gola, mentre scendeva. Però ne valeva la pena. Aspettai che i cazzi si ammosciassero e scolassero tutto, prima di togliere il mio dal suo culo e il suo dalla mia bocca. Poi, mi gettai sul divano accanto a lui. Ci guardammo.
“Uff! che fatica!”, sbuffai sorridendo.
In realtà avrei ricominciato tutto daccapo.
Lui mi restituì il sorriso e rimase ad ansimare, poi mi chiese se poteva andare in bagno.
“Certo”, feci e avrei voluto accompagnarlo, magari per fare qualche altra porcata, ma non ne ebbi il coraggio.
Mi limitai a seguire con lo sguardo il suo magnifico culo bianco latte, l’unica parte del suo corpo, assieme al volto, esente da lentiggini. Quella carnagione pallida, in contrasto col leggero incarnato delle cosce, mi dava le vertigini. Sentii scorrere l’acqua dello sciacquone e poi del rubinetto. Immaginai con un brivido che si stesse facendo il bidè… Poco dopo venne fuori, completamente vestito con le sue cose, che aveva raccolto nell’andata.
“Grazie della bella mattinata, - mi disse – adesso devo scappare.”, e andò a recuperare la sua 24 ore.
“Grazie a te… - balbettai – da solo non ce l’avrei fatta.”
“Non buttarti giù, - disse, dandomi un buffetto sulla guancia – sei stato tu a cercarmi.”
“Senti…”, iniziai a dirgli.
Lui capì, fece spallucce.
“Magari ci si incontra in giro.”, disse e si avviò alla porta.
Mi diede un’ultima occhiata, un sorriso e uscì.
Corsi in bagno, mi buttai addosso un accappatoio e mi precipitai sul balcone. Appena in tempo: Brendan era arrivato sul marciapiedi. Si guardò intorno un paio di volte per decidere la direzione da prendere, poi si avviò con passo deciso. Non si voltò indietro, non mi vide sul balcone che lo seguivo con gli occhi colmi di tristezza, finché non scomparve dietro l’angolo.

FINE
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