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Gay & Bisex

Raccolta punti - 2


di adad
05.01.2021    |    6.006    |    11 9.6
"Avrebbe voluto andargli dietro, ma si sentì ridicolo ai suoi stessi occhi e continuò la sua inutile spesa..."
Smentendo tutti i timori e i cattivi presagi, l’avvio della nuova raccolta punti, pubblicizzata con politica correttezza dallo slogan “Vinci un loro sorriso”, che accompagnava la foto di questo o quello dei “premi” in palio, ebbe un successo strepitoso. Gli acquirenti si riversarono in massa al supermercato, che i primi giorni dovette addirittura istituire un servizio d’ordine con il compito di regolare il flusso delle code in entrata.
Già nella prima settimana, le vendite erano aumentate del 70% e dopo un mese si era arrivati ad un astronomico +320%!!!! I clienti affollavano le varie corsie, come non si vedeva neanche a Venezia durante il carnevale; la merce andava a ruba e nel magazzino era un via vai di tir, camion e carretti che portavano rifornimenti.
Il Direttore Generale si fregava le mani soddisfatto; i sindacati, dopo qualche mugugno, plaudirono all’iniziativa e si diedero pacche sulle spalle, quasi fosse stata una loro idea. Il ragionier Pasquetti ebbe l’encomio della Direzione, una lauta gratifica e un invito a cena dal dottor Marchi, che da tempo gli faceva discretamente il filo.
Il vice direttore (o vice direttrice) Cancellini si rose il fegato per una settimana, ma poi fece buon viso a cattivo gioco e si complimentò col bel ragionier, che la ringraziò e le strinse la mano con un calore che la rimescolò tutta.

La gente, come si è detto accorreva in massa, spesso era già in coda davanti all’ingresso mezz’ora prima dell’apertura, come non si vede neanche davanti ad un Apple Store al lancio dell’ultimo modello di iPod. Ma quello che sorprese veramente, quello che nessuno si sarebbe aspettato, fu il gran numero di clienti maschili, in certi momenti addirittura superiore a quello femminile.
Inizialmente, si pensò che ad attirarli fosse la curiosità, ma dall’impegno con cui si affannavano ad accaparrarsi i bollini, ci si rese conto che doveva esserci un interesse di maggiore portata: forse intendevano omaggiarne qualche loro parente o amica.
L’unico a sospettare la verità fu il dottor Marchi, che dopo aver cercato invano un sistema per inserirsi nell’iniziativa, dovette rassegnarsi a dire addio al cefalotto del bel Valentino, banconista del pesce.
Ora, fra i clienti più assidui del supermercato, c’era un certo signor Mario, Mario
Caramellini, un timido quarantenne, impiegato del catasto, da sempre innamorato della bellezza virile, ma da sempre troppo imbranato per tentare un approccio nei luoghi e nei modi appropriati. Eppure, era un bell’uomo, il signor Mario: mediamente alto, fisico asciutto, lineamenti regolari. I capelli precocemente ingrigiti gli davano poi un’aria di fascinosa distinzione. Lavorando in ufficio, poteva dedicarsi agli acquisti solo il sabato e la domenica, giornate che trascorreva pressoché interamente al Risparmioso, vagolando senza meta fra le corsie o davanti al banco del pane, dove lavorava l’obiettivo della sua raccolta punti. Il quale obiettivo, per la verità, poco o nulla si accorgeva di lui, nemmeno quando si avvicinava per chiedere con un timido sorriso un mezzo filoncino di pane alle noci. Del resto, anche volendo, il povero banconista difficilmente avrebbe potuto accorgersi di lui, assillato com’era dalla numerosa clientela femminile, che cercava di carpire la sua attenzione.
Per il signor Mario era diventata ormai un’abitudine trascorrere buona parte del sabato e della domenica al supermercato nel tentativo di raggranellare i cento bollini necessari per un pompino all’affascinate banconista, che gli faceva tremare i precordi, quando gli porgeva il sacchetto con un sorriso stereotipato: “Ecco a lei, signore”, dicendo con la sua voce leggermente roca.
Un giorno era riuscito a sfiorargli la mano, mentre gli passava il sacchetto… Un altro giorno lo aveva incrociato fra le corsie, che gli veniva incontro e lui era rimasto aggrappato al carrello, alla vista dei suoi fianchi stretti e del grosso rigonfio anteriore, che i jeans evidenziavano ad ogni passo. Quando si incrociarono, lui distolse lo sguardo, ma poi si voltò ad ammirarne il culo tondo e carnoso, mentre si allontanava per scomparire subito nella ressa. Avrebbe voluto andargli dietro, ma si sentì ridicolo ai suoi stessi occhi e continuò la sua inutile spesa.
Insomma, il signor Mario si era preso una bella scuffia. Ed era tutta colpa di quella maledetta raccolta punti, che aveva attirato la sua attenzione e lo aveva spinto a guardare le foto dei premi in palio.
Solo che a dieci euro a bollino, quella benedetta scheda non si riempiva mai. Anzi sembrava ogni volta più vuota. Quando arrivò a quota novanta, il signor Mario si sentì prendere da una frenesia incontenibile. Una domenica mattina si recò al supermercato, comprò tutto il comprabile e finalmente attaccò il centesimo bollino autoadesivo. Ce l’aveva fatta!
Compilò la scheda in tutte le sue parti: indirizzo, numero di telefono, nome del premio scelto ecc., la mise in una busta chiusa, e il pomeriggio andò a consegnarla al banco “Informazioni”.
Adesso non restava che aspettare. Passò una settimana, senza che il postino bussasse alla porta o che il telefono suonasse… cioè, il telefono suonò diverse volte, ma mai per quello che lui si aspettava. Era tutta una presa in giro? No, non poteva essere col battage pubblicitario che c’era stato. Bisognava aspettare e il signor Mario Caramellini aspettò.
Passarono un paio di settimane, nell’angoscia e nell’attesa, finché un tardo pomeriggio di febbraio, che era già buio pesto, il campanello di casa Caramellini inopinatamente squillò.
Il signor Mario si riscosse dal torpore in cui era precipitato, guardando in TV una puntata di Uomini e Donne, e andò ad aprire… andò ad aprire e si trovò di fronte il suo premio… il banconista del pane, il trucido Gedeone che gli sorrideva imbarazzato.
“Il signor Mario?”
“Sì”
“Io sono…”
“Lo so, si accomodi…”
Ad entrambi tremavano la voce e le mani, all’uno per l’imbarazzo, all’altro per l’emozione; all’uno per trovarsi a dover sbrigare certe faccende con un uomo, all’altro per trovarsi finalmente al compimento di un sogno.
“Sono qui per…”, fece Gedeone ancora sulla porta.
“Lo so… ma venga si accomodi”, esalò il signor Mario, facendogli strada verso il salotto.
Gedeone si tolse il giubbotto, gettandolo su una poltrona.
“Lei è quello der pane alle noci…”, disse Gedeone, nel tentativo di scrollarsi di dosso il disagio
“Sì… è molto buono…”
“Mi sa che non era solo per il pane…”
“No, infatti. - confessò il signor Mario, facendosi di bracia – Le preparo un caffè o gradisce…”
“Senta, sor Mario, - tagliò corto il ragazzo – son qui per… famo in fretta e levamose er pensiero.”, e si tirò su il maglioncino, esponendo alla vista l’ombelico, circondato da una selva di peletti bruni.
Cominciò, quindi, a slacciarsi la cintura dei pantaloni.
“La prego, - fece allora il signor Mario – lasci fare a me.”
Gli slacciò la cintura, poi sbottonò la patta, aprendone le falde, e rimase ad ammirare il triangolo degli slip cilestrini, tesi su una pancetta appena accennata; finché in un moto di impazienza, Gedeone si infilò dentro una mano e cavò fuori l’uccello, abbassandosi l’elastico sotto le palle.
“Dai…”, fece.
“Mi perdoni, - disse allora il signor Mario con un timido sorriso – so che dev’essere alquanto imbarazzante per lei… si metta comodo, almeno… la prego…”, e gli abbassò pantaloni e mutande sotto le natiche, spingendolo a sedersi sull’orlo del divano alle sue spalle.
Poi con una determinazione calma e rispettosa, che spiazzò del tutto Gedeone, gli si inginocchiò davanti, gli tolse le scarpe e gli sfilò del tutto i pantaloni e le mutande. A quella non programmata nudità, a quella imprevista esposizione Gedeone si sentì al colmo dell’imbarazzo, si coprì l’inguine con le mani e strinse automaticamente le cosce, quasi schiacciandosi le palle; ma sotto quell’imbarazzo cominciò ben presto a serpeggiare uno strano senso di euforia, come quando andiamo per la prima volta in una spiaggia nudista e siamo combattuti fra l’imbarazzo di mostrarci e il desiderio esibizionistico di esporci nudi.
Così, pur con il cuore in gola, Gedeone non oppose resistenza, quando il signor Mario gli spostò delicatamente le mani e gli allargò con dolce determinazione le cosce. Ed eccolo il cazzo agognato, eccolo, disteso sul folto ciuffo ricciuto, molle, assiderato…
Il signor Mario lo sollevò con due dita… era floscio come un sacchetto vuoto. Lo tenne sollevato, lo scappellò a fatica e lambì con la punta della lingua l’esangue cappella. Il cazzo di Gedeone non diede segno di vita. Allora lo prese tutto in bocca, lo carezzò con la lingua, lo stimolò, lo succhiò… nulla.
Gedeone sudava freddo; immaginava che avrebbe potuto avere qualche difficoltà, ma non un disastro del genere: il suo pisello era del tutto esanime, non rispondeva a nessuno stimolo, neanche una goccia di sangue si muoveva in quelle vene.
“Sor Mario… - balbettò alla fine – me dispiace… ma è che nun so’ mai stato co’ n’omo... Nu’ mme viene…”
Allora, il signor Mario alzò la testa e guardandolo negli occhi:
“Non preoccuparti, - lo rassicurò con un sorriso – stai tranquillo. Anche se non ti viene duro è lo stesso. Per me è già stato fantastico averti così. Lasciamelo ancora un po’, ti prego, e poi ti lascio andare.”, e se lo rimise in bocca, slurpandolo amorosamente.
Che dire? Sarà stata la calma che il signor Mario riuscì ad infondere nell’animo agitato di Gedeone, sarà stato il calore della sua bocca o chissà cos’altro, fatto è che ad un tratto un fremito percorse le morte carni, i centri nervosi raccolsero gli stimoli e reagirono, riprendendo a pompare sangue, ed ecco che il vuoto fuscello iniziò a prendere consistenza, la carni a prendere spessore… E più la vita tornava a scorrere nel suo cazzo, più intense si facevano le sensazioni… e più le sensazioni si facevano intense, più cresceva il turgore dell’organo, fino a sbocciare fra le labbra del signor Mario in tutta la sua esuberante erezione.
“Straordinario…”, mormorò l’uomo leccandolo con la punta della lingua giusto sul filetto e strappando al suo proprietario un fremito di piacere.
Incredulo Gedeone si fissava l’uccello, che non gli era mai apparso così grosso e così infoiato. Se prima si era sentito imbarazzato perché non gli si drizzava, adesso, però, gli sembrò di morire vedendosi eccitato fra le mani e per opera di un uomo. Significava forse che gli era piaciuto essere toccato da quello lì?
“Non so che mi succede… - mormorò pieno di vergogna – non vorrei che pensasse…”
“Non preoccuparti, - lo rassicurò il signor Mario – questo non significa che ti piace essere toccato da un uomo… Il cazzo non fa queste distinzioni, risponde agli stimoli e se ne frega se vengono da un uomo o da una donna. Il cazzo vuole solo godere… rilassati, adesso… penso a tutto io.”
E Gedeone si rilassò e il signor Mario pensò a tutto lui. Impugnato il nerbo saldamente alla base, cominciò a slinguarlo tutt’attorno alla cappella, sotto la corona, con la punta della lingua frugando dentro il taglietto e picchiettando sopra il filetto. Per Gedeone ogni tocco di lingua era una stilettata di piacere, piacere che all’inizio cercò di nascondere, ma che espresse senza più remore, con gemiti, sospiri e fremiti incontrollati, via via che l’uccello gli si surriscaldava.
“Oh, sì!...”sguaiolò ad un tratto, mentre la lingua del signor Mario gli danzava la furlana attorno alla cappella ormai sbrodolosa, dando un colpo con il bacino nel tentativo di affondarglielo il più possibile nella gola.
Un pompino è un pompino… gli rintronava nella mente…. Un pompino è un pompino… era vero! Altroché se era vero! E cazzo, se stava godendo! Mai un pompino lo aveva mandato così fuori di testa.
“Oh, sì… - continuava, mentre il signor Mario incrementava la suzione – ce sai fare te cor cazzo… Vacca puttana, che bello! - e dava colpi di bacino, spingendoglielo in gola – Cazzo! Me scoppiano le palle! Sboro, cazzo!… sboro….”
E con uno scatto sborrò, riversando tutto il suo pieno nella nocca del signor
Mario, che si guardò bene dal protestare, anzi rimase attaccato al cannello, finché non ebbe finito di erogare e cominciò ad ammosciarsi.
Prudentemente, pur con la morte nel cuore, l’uomo interruppe a quel punto le sue manovre: corse in bagno a prendere una salviettina profumata e gliela diede perché si pulisse.
Gedeone si asciugò in fretta la punta dell’uccello e si sbrigò a rivestirsi, senza mai sollevare gli occhi a guardarlo.
Non dissero una parola: Gedeone immerso nel suo imbarazzo e il signor Mario consapevole che qualunque cosa avesse detto, avrebbe rovinato tutto.
“Le dispiace firmare questa ricevuta? - gli disse il ragazzo, porgendogli un tagliandino – E’ per…”
“Sì, certo, capisco.”, fece l’uomo e firmò, porgendogli poi il cartoncino che l’altro afferrò al volo e corse via.

(continua)
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