Gay & Bisex
Dimenticanza Fatale
di adad
02.06.2022 |
9.433 |
8
"Col cuore in gola, volse leggermente la testa e con la coda dell’occhio si avvide di un tipo seduto accanto a lui, che mentre fissava ostentatamente lo..."
Ancora oggi, Vladimiro non sa se ringraziare il cielo o maledire la sua cattiva sorte per il desiderio impellente che gli era venuto di uscire, quella sera.Era pieno dicembre, una bruma pesante incombeva sulla città fin dalla mattina, foriera di pioggia o, peggio ancora, di neve, eppure all’improvviso si era alzato dalla poltrona e aveva spento il televisore nel bel mezzo del TG…
“Sto soffocando qui dentro, devo uscire…”, si disse, quasi con la sensazione che il soffitto gli stesse crollando addosso.
L’urgenza di abbandonare quelle mura soffocanti divenne impellente: si mise un paio di scarponcini, si infilò un giubbotto sulla tuta free-time, uno zucchetto di lana in testa, guanti alle mani e si lanciò verso la porta con una frenesia che ormai non riusciva più a contenere, quasi stesse rispondendo ad una chiamata del destino.
Il freddo della serata decembrina lo attanagliò all’istante, ma per fortuna la tuta di felpa era abbastanza pesante, così batté un attimo i piedi, per mettere in moto la circolazione, e si avviò lungo il marciapiede deserto. Sul momento si pentì di essere uscito, sentendo il gelo infiltrarglisi implacabile come stilettate nelle fessure dei vestiti; tuttavia, il movimento cominciò dopo un po’ a riscaldarlo, mentre i suoi pensieri prendevano a vagare e l’uggia si dissolveva nella sua mente, complici anche le luminarie natalizie che ammiccavano dalle vetrine chiuse dei negozi.
Fece un bel pezzo di strada, Vladimiro, pensando a tutto e a niente: al lavoro in cui cominciava a ingranare pur fra tante difficoltà; ai suoi, da cui si era allontanato prima possibile, spinto dal bisogno di una vita indipendente, ma senza essere ancora riuscito a liberarsi del tutto dalla nostalgia dell’antico rapporto protettivo; al desiderio di farsi una famiglia propria… per dimostrare al mondo che ormai pure lui era un uomo!
Il movimento regolare delle gambe e il turbinare assorto di questi pensieri per un po’ gli avevano fatto dimenticare il freddo, ma svoltando l’angolo di un viale aperto, fu come avvolto dall’alito umido del fiume che scorreva poco lontano. Sopra, aveva il maglione e il giubbotto a proteggerlo, ma sotto i pungiglioni gelidi filtrarono facilmente il tessuto felpato dei pantaloni, trafiggendogli con ferocia le cosce, le natiche, le palle…
Nella frenesia di uscire, infatti, e solo in quel momento se ne rese conto, Vladimiro si era dimenticato di mettersi le mutande! Il giovane rabbrividì, sentendo le palle rattrappirglisi fin quasi a rientrare: all’improvviso ebbe la sensazione di essere nudo dalla vita in giù, come gli succedeva talvolta nei sogni… solo che nei sogni era l’imbarazzo a farlo tremare, non questo freddo atroce!
Una volta infranta la soglia della percezione, il disagio si fece via via più forte e intollerabile. Si era allontanato parecchio da casa e l’idea di doversi rifare a piedi tutta la strada lo spaventò. Si guardò attorno a cercare la fermata di un tram, mentre elaborava mentalmente un itinerario per il rientro a casa. Per fortuna si era ricordato di prendere il portafoglio con i soldi e i documenti, almeno questo!
Laggiù!... una fermata! Il giovane si affrettò, con le gambe che cominciavano ormai ad aggranchiarglisi per il freddo. Falso allarme: quella linea portava in tutt’altra parte della città. La delusione gli tolse le ultime energie. Guardò alternativamente ai due capi del viale, casomai si vedesse un taxi, ma solo il flusso regolare delle macchine, pur 'esse infreddolite, animava lo stradone. “Ok, coraggio, torniamo a piedi.”, si disse, ingobbendosi e ficcando le mani ancora più a fondo nelle tasche del giubbotto.
Aveva fatto appena qualche centinaio di passi, quando scorse l’insegna rutilante di un cinema dall’altra parte della strada. In condizioni normali avrebbe tirato dritto, pur di essere a casa il prima possibile; ma in quella particolare circostanza, quell’insegna gli si prospettò come un’oasi nel deserto con un’immediata sensazione di calore, di riposo nelle morbide poltrone di velluto…
Non cercò neanche di resistere all’impulso che lo spinse a cambiare direzione e a dirigere i suoi passi infreddoliti verso quell’eden comparsogli davanti all’improvviso. Non si preoccupò di vedere che film dessero: gli bastava entrare, sprofondare in una calda poltrona e sottrarsi al freddo pungente di quella gelida notte. Men che meno gli sfiorò la mente che lo spettacolo sarebbe pur finito e prima o poi avrebbe dovuto riaffrontare quel freddo polare… ancora più polare, col procedere della notte. Ma i suoi progetti per il futuro non si spingevano così lontano: al momento voleva solo entrare e scaldarsi.
Cercando di controllare il tremito convulso, che lo scuoteva, si avvicinò alla cassa, dove una bionda sfiorita da un pezzo aprì le labbra in un sorriso comprensivo.
“Freddo, eh?”, gli disse prendendo il blocchetto dei biglietti.
“Accidenti… - disse Vladimiro a fior di labbra – platea.”
“Guardi che il film è già iniziato da almeno mezzora.”
“Fa lo stesso…”
“Immagino di sì.”, commentò la donna.
Vladimiro le allungò una banconota, prese il biglietto con il resto e, scostata la pesante tenda di velluto, entrò nella sala. La luce dello schermo nel buio della sala lo accecò all’istante e si sentì quasi perdere l’equilibrio e dovette appoggiarsi con una mano alla parete; ma dopo un po’ gli occhi cominciarono ad abituarsi e riuscì a distinguere cosa stava succedendo sullo schermo… e quello che vide lo lasciò a dir poco perplesso: un letto con una donna nuda sdraiata sopra che si sgrillettava la figa depilata, mentre un giovane di fronte a lei, di spalle quindi allo spettatore, si stava masturbando. Era ancora vestito, per la verità, ma i movimenti del braccio erano inequivocabili. Entrambi gemevano e sospiravano, in preda alla più folle lussuria, vera o simulata che fosse.
“Oh, Gesù… - si disse Vladimiro – un cinema a luci rosse! Andiamo bene…”
Vide che l’ultima fila, sulla destra, era del tutto libera e andò a sedersi in una delle poltrone centrali. Non era un tipo di spettacolo che amava, pur essendo un giovane sano e senza problemi né con il sesso, né con la morale; ma ormai era lì e, facendo di necessità virtù, si dispose di buon grado ad assistere alle evoluzioni erotiche che la coppia si apprestava a compiere.
Intanto, friccicando, la pelle delle gambe gli si cominciava a decongelare, cedendo il posto ad una torpida sensazione di benessere. Le palle gli si allentarono di nuovo, il sangue riprese a circolare, il calore del locale lo avvolse, tanto che dopo un po’ Vladimiro si tolse il giubbotto appendendolo alla spalliera della poltrona davanti.
Sullo schermo, intanto, la donna aveva continuato a sgrillettarsi squittendo, finché il baldo giovanotto non si era deciso a togliersi i pantaloni, esibendo un paio di natiche scultoree, che perfino Vladimiro si trovò ad ammirare, pur non essendo un cultore di bellezze maschili. Poi si era avvicinato e le si era accovacciato in mezzo alle gambe, prendendo a leccarle focosamente la bigoncia.
Per quanto non provasse un particolare interesse per la pornografia, Vladimiro non poté tuttavia ignorare un certo fremito nelle parti basse, ormai del tutto decongelate, soprattutto quando il giovane le si stese addosso e affondò la verga tutta quanta nella figa grondante. La sapiente inquadratura, che indugiò a lungo sul massiccio organo dell’uno che stantuffava con foga nella carne viva della donna, e le palle voluminose che andavano a sbatterle ad ogni affondo sulle grandi labbra, possiamo dire che completò l’opera e il giovane si ritrovò ad un certo punto col cazzo vergognosamente duro sotto i pantaloni. Per di più, mancando del contenimento delle mutande, fatalmente dimenticate, come si è detto, il birillo aveva tutto l’agio di ergersi in una mirabolante erezione.
Vladimiro all’inizio cercò di ignorarla, ma ben presto fu tentato anche lui, presumiamo come i pochi altri spettatori nella sala, di passare alle vie di fatto e, infilatasi la destra sotto la cintura della tuta, cominciò a lisciarsi l’uccellone, cercando di tenerlo buono, finché non fosse tornato a casa: spararsi una sega in una sala cinematografica era per lui assolutamente inconcepibile.
Era talmente catturato dalle immagini sullo schermo, dove il giovane, prossimo all’orgasmo, si stava ora vigorosamente masturbando, apprestandosi a sborrare sulle tette della donna, se non addirittura sulla faccia, che non si accorse di non essere più solo… che qualcuno si era avvicinato furtivamente nel buio della sala e gli era scivolato a sedere accanto.
Se ne accorse solo quando avvertì qualcosa che gli si insinuava in mezzo alle cosce. Col cuore in gola, volse leggermente la testa e con la coda dell’occhio si avvide di un tipo seduto accanto a lui, che mentre fissava ostentatamente lo schermo, gli aveva poggiato una mano sulla coscia e risaliva con lenta determinazione fino a sfiorargli le palle con il mignolo. Pietrificato dall’imbarazzo, Vladimiro non sapeva che fare: da un lato non voleva attirare l’attenzione degli altri spettatori, dicendogli di smettere, dall’altro era indubbio il piacere che nel suo stato di eccitazione gli procurava quell’insistente sfregamento.
L’altro, però, dovette scambiare il suo silenzio con un tacito assenso, per cui, voltatosi verso di lui, prese non solo a tastargli con maggiore determinazione lo scroto, ma incoraggiato anche dal fatto di sentirlo senza mutande, ben presto risalì a lisciargli l’asta, che ebbe un guizzo di goduria, già pregustando futuri piaceri.
Chiariamo subito che Vladimiro era un giovane normale, non era gay, né malato di sesso: era capitato per caso in quel cinema porno e la sua unica colpa , se possiamo definirla tale, era di essersi fatto coinvolgere nella scena a cui stava assistendo. Ma, d’altra parte, sappiamo che il cazzo agisce con logiche tutte sue, che se ne frega degli orientamenti sessuali, perché il suo unico e reale obiettivo è godere… godere e sborrare. E a questo obiettivo sacrifica tutto, anche i convincimenti del suo proprietario.
E il cazzo di Vladimiro non faceva eccezione, anzi non godendo in generale di particolari attenzioni, si era infervorato non poco nell’assistere alla scena di sesso sullo schermo e perse ora letteralmente la testa, quando la mano dello sconosciuto gli prospettò una situazione in un certo qual modo intrigante.
Incoraggiato dall’immobilità di Vladimiro, che interpretò come una sorta di silenzio assenso, l’azione dello sconosciuto si fece più audace, arrivando a infilare la mano sotto la cintura, impugnandogli l’uccello con vigore e, dopo un momento a tirarglielo fuori, scostando e facendo scorrere in basso l’elastico con un movimento del polso.
A questo punto, finalmente Vladimiro cominciò a recuperare la sua presenza di spirito e stava giusto per voltarsi indignato e mandarlo via, quando, con mossa repentina, l’altro si abbassò e glielo ingoiò tutto intero fino alla radice.
Sentirsi il cazzo avvolto dalla mucosa calda e bagnata fu una tale sferzata di libidine, sia pure involontaria, che Vladimiro quasi sobbalzò, strabuzzando gli occhi e trattenendo il fiato. Molto meglio reagì il suo cazzo, che prese a fibrillare beato, spurgando sugo come un forsennato. Non vorrei dire una sciocchezza, ma credo che fosse la prima volta che veniva accolto in una cavità orale.
Ormai partito per la tangente, lo sconosciuto succhiava a tutto andare, slurpando rumorosamente, leccando per un momento le palle, che aveva raccolto in una mano, e tornando poi a ingoiare la cappella, sorbettandone il sugo salmastro. Vladimiro era assorto in quanto gli stava succedendo, anche se troppo terrorizzato che qualcuno li scoprisse, per potersi godere appieno il piacere che la perizia dello sconosciuto gli procurava, quando sentì una presenza alle sue spalle e poco dopo qualcosa, come un tubo caldo e liscio, scivolargli lungo il collo, mentre un afrore insolito gli colpiva le narici… insolito… e ci mise un po’ a realizzare che qualcuno gli si era avvicinato alle spalle e gli aveva fatto scivolare il cazzo fin sotto il mento. Trattenne il fiato al colmo dell’angoscia e ancora una volta, equivocando il suo silenzio, il nuovo arrivato gli guidò il cazzo stavolta sul mento fino a sfiorargli le labbra, sfregandogliele poi con la punta bagnata della cappella. Preso d’assalto da due parti, il povero Vladimiro non sapeva come trarsi d’impaccio; ma qualcosa cominciava a smuoversi nel torpore in cui l’angoscia lo aveva precipitato: da un lato, cominciò ad avvertire i fremiti di piacere che gli partivano dal cazzo, irradiandosi attorno come onde telluriche; dall’altro, l’insistenza con cui l’importuno glielo sfregava a lato della bocca, lo portò a schiudere le labbra e a lambire con la punta della lingua la superficie viscida del glande. Il ghiaccio era rotto. Vladimiro si trovò a dischiudere le labbra ancora di più; al che, sentendo la seconda slinguata meno timida della prima, lo sconosciuto alle sue spalle si sporse in avanti e glielo infilò di traverso nella bocca, afferrandogli subito la testa e cominciando a fottergli la faccia con mosse brevi, ma decise.
Doveva essere parecchio eccitato, perché, nonostante l’evidente scomodità e il graffìo dei denti, non tardò a venire, impastandogli la lingua di sugo colloso. Ma Vladimiro non se ne accorse neanche, perché nel medesimo istante il suo cazzo oltrepassò il suo limite e scatarrò tutto il suo carico nella gola dello sconosciuto pompinaro.
Quando tornò in sé, riaprendo gli occhi, Vladimiro si ritrovò da solo, i due erano scomparsi. Pensò che era stato tutto opera di suggestione, ma si sentiva il cazzo stremato, con il residuo sgocciolare che gli aveva bagnato il davanti della tuta, mentre in bocca aveva un sapore strano, che gli legava la lingua.
Era stato tutto vero, dunque… qualcuno gli aveva succhiato il cazzo e lui aveva succhiato quello di un altro… qualcuno glielo aveva messo in bocca… gli aveva sborrato in bocca! Quella consapevolezza lo fece sudare freddo: afferrò il giubbotto, se lo infilò e uscì precipitosamente dal cinema, dirigendosi verso casa quasi di corsa.
Il freddo si era fatto più pungente e questo, forse, gli schiarì le idee, riportandolo alla razionalità. Cominciò a elaborare quanto gli era successo, da un lato rammaricandosi di non essere stato capace di evitarlo, dall’altro stupendosi se non del piacere che aveva provato, di cui tutto sommato non era ancora cosciente, del fatto che non aveva provato reaziono avverse… Dio bono, gli avevano sborrato in bocca e lui aveva ingoiato senza vomitare, come razionalmente si sarebbe aspettato… Aveva sempre pensato il peggio possibile di queste cose, eppure…
Per farla breve, Vladimiro continuò a rimuginarci sopra per buona parte della notte e del giorno dopo, riproponendosi più volte di stare più attento per il futuro e soprattutto di non mettere più piede in certi postacci.
Tornato a casa dopo il lavoro, si fece la doccia, mangiò qualcosa sovrappensiero e stava per accendere il televisore, quando d’impulso si mise gli scarponi, si infilò il giubbotto e uscì di casa in direzione del cinema.
Cosa? Se stavolta si era ricordato di mettersi le mutande? Oddio… francamente, non ne ho la minima idea.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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