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Gay & Bisex

Un'imboscata finita male - 2


di adad
27.04.2025    |    2.087    |    4 9.3
"“Cosa diavolo…”, balbettò il professore, temendo un nuovo agguato..."
È difficile descrivere, o anche solo immaginare, lo stato d’animo del professor Scamorzi, mentre tornava a casa e poi nel corso dell’agitato pomeriggio che seguì.
Il solo ricordo di quanto era successo in quel maledetto bagno gli faceva gelare il sangue.
Era innegabile l’eccitazione da cui ancora si sentiva prendere nel rivedersi snudati davanti agli occhi quei due giovani cazzi, nel sentirne il forte aroma, l’odore pungente della sborra e il sapore così dolce sulla lingua… ma subito dopo era travolto da un’ondata di vergogna, che lo annichiliva.
Cosa diavolo gli era venuto in mente di fermarsi in quel cesso maledetto per farsi una sega? Perché non era andato subito a casa? Perché non aveva reagito con più forza, cacciandoli via? Paura che qualcuno lo scoprisse? No, la verità era che non aveva reagito perché era stato sopraffatto dal desiderio. Era tale la foia che lo divorava, da non aver capito più niente. Stupido, stupido, stupido!
Con quale faccia si sarebbe ripresentato a scuola, davanti agli occhi irridenti di quei due sciagurati? Per fortuna, erano maggiorenni, ma sarebbe servito a qualcosa se lo avessero denunciato ai compagni o alle famiglie, rivoltandosi la frittata come volevano loro?
Sarebbe servito a qualcosa protestare che erano stati loro a tendergli quell’imboscata? che erano stati loro due a seguirlo nel bagno degli insegnanti, a chiuderlo dentro il box e a costringerlo? … Chi gli avrebbe creduto? La sua parola contro la loro e lui era colpevole a prescindere. Lo scandalo, quando la faccenda sarebbe venuta fuori… Ne avrebbero parlato i giornali, sbattendo la sua foto in prima pagina e ovviamente accollandogli la colpa di tutto: chi si sarebbe sognato di mettere in dubbio la parola di due angioletti, cocchi di mamma e papà?
La sua carriera era fottuta. Finita! Pensò di dare subito le dimissioni… o almeno di prendersi un anno di aspettativa, anche senza stipendio, pur di non dover subire l’umiliazione di ripresentarsi in classe, davanti ai sorrisini sarcastici dei suoi studenti, già informati di tutto. No, no, meglio starsene a casa… meglio cercarsi un altro lavoro, lontano da quella maledetta città.
Per fortuna, il successivo era il suo giorno libero: avrebbe avuto tutto il tempo di escogitare qualcosa e organizzarsi. Per prima cosa, comunque, sarebbe passato in segreteria e avrebbe presentato una domanda di congedo per malattia, almeno una quindicina di giorni: ne avrebbe parlato col medico e qualcosa avrebbero trovato.
Stava cercando di convincersi a mangiare qualcosa, quando suonò il campanello dell’appartamento. Non aspettava nessuno e non aveva voglia di vedere nessuno. Pensò di non aprire, ma il campanello suonò di nuovo, insistentemente: dovevano aver visto le finestre con la luce accesa. Maledizione!
Si avviò alla porta e appena l’aprì rimase allibito, trovandosi davanti Tony il bidello sorridente, che teneva stretti per le braccia Curzio e Ferdy, uno a destra e l’altro a sinistra.
“Buonasera, professore. – disse – Guardi qui chi le ho portato.”, e spinse avanti i due, con la faccia vergognosa e Curzio con un esteso rossore sullo zigomo.
“Cosa diavolo…”, balbettò il professore, temendo un nuovo agguato.
“Non si preoccupi, - disse il bidello, forse intuendo il suo pensiero – abbiamo scambiato due chiacchiere e li ho convinti a chiederle scusa. Non è vero che siete qui per chiedere scusa al vostro professore?”, fece con tono minaccioso rivolto ai due.
“Venite dentro, togliamoci dal corridoio.”, li invitò bruscamente a entrare il professore, chiudendo subito la porta dietro di loro.
“Allora, - riprese Tony, scuotendoli per le braccia – non avete niente da dire? Vi si è seccata la lingua?”
Seguì un silenzio imbarazzato, poi il biondo Ferdy:
“Professore… - cominciò con una voce rauca, che lo fece apparire ancora più seducente – noi…”
“Ci dispiace per quello che è successo, - gli venne in aiuto il Rosso Malpelo – noi non…”, e si bloccò.
“Non?”, intervenne rudemente il bidello.
“Non volevamo offenderla…”
“Non volevamo umiliarla, è vero. Siamo stati degli imbecilli, dei veri imbecilli.”, riconobbe Ferdy, rivolgendogli un’occhiata speranzosa, che non riusciva però a nascondere una traccia di sfacciata arroganza.
“Capisco, – disse amaramente il professor Scamorzi – e adesso mi chiedete di metterci una pietra sopra e dimenticare tutto. Mi sembra troppo facile… troppo facile, non trovi, Tony?”
“Davvero troppo facile.”, ammise il bidello, senza mollarli.
“Avrei voluto vedere voi, chiusi in un cesso con due delinquenti che… che…”, e tacque, sommerso dall’umiliazione.
“Ci perdoni, professore.”, disse Rosso Malpelo con un filo di voce.
“Perdonarvi? – scattò il professor Armodio – Perdonarvi? Sì, credo che vi perdonerò, ma prima dovete meritarvelo!”
I due ragazzi si guardarono, cercando di nascondere un sorrisetto di trionfo:
“Faremo di tutto per meritarcelo.”, disse Ferdy con finta umiltà.
“Lo credo bene! Spogliatevi.”
“Cosa?”, esclamarono i due all’unisono.
“Non vi farò niente, non preoccupatevi, ho un’etica professionale che mi impedisce di mettervi le mani addosso. Per questo, sarete voi stessi a punirvi. Spogliatevi.”
“Che aspettate?”, intervenne Tony con voce dura, curioso di vedere come sarebbe andata a finire.
Allora, i due si sfilarono camicia e maglietta, restando a torso nudo. Il professore apprezzò la magnifica vista dei due toraci sviluppati dall’attività fisica, la pelle ambrata velata sul petto da una morbida peluria, rossastra e terribilmente seducente in Curzio Baldelli.
I due ragazzi si fermarono, indecisi se andare avanti.
“Toglietevi tutto!”, ordinò il professore.
“Avanti, ubbidite!”, rimarcò il bidello.
Allora, prima l’uno e poi l’altro, con gli occhi bassi e le guance in fiamme, cominciarono a sbottonarsi i pantaloni, sotto l’occhio avido del professore, se li calarono lentamente e se li sfilarono dalle belle gambe robuste. Erano entrambi in mutande, adesso. Il tessuto elastico, fasciava le chiappe rotonde e si appesantiva sul davanti per la voluminosità del contenuto. Il professore non riuscì a reprimere un fremito di desiderio e i due lo guardarono speranzosi: magari si contentava di questo e li lasciava andare. Ma era una folle illusione la loro.
“Via tutto!”, disse infatti l’uomo con voce dura.
Ormai annichiliti, Ferdy e Curzio si sfilarono lentamente anche gli slip, rimanendogli davanti nudi e crudi. Il professor Scamorzi si sentì rimescolare alla vista dei due cazzi che dal folto di intricati cespugli pendevano molli, più lungo quello di Ferdy, più corto e carnoso quello di Curzio.
“Non sono fantastici? – disse il professore, che sembrava aver ripreso il controllo su se stesso – Come si fa a resistere davanti a queste due meraviglie?”
“Non sono un cultore del genere, - rispose Tony – ma riconosco che hanno un culetto a cui darei volentieri una ripassatina.”, e ridacchiò, toccandosi oscenamente il pacco in evidente ebollizione.
“Non adesso e non qui, Tony. – disse il professor Scamorzi – Stasera dovrai limitarti, come me, a deliziarti allo spettacolo che ci offriranno. Su, ragazzi, toccatevi.”
“Cosa?”, fece Ferdy.
“Toccatevi, da bravi.”, ripeté l’uomo, accomodandosi su una poltrona e accennando al bidello di fare lo stesso.
Confusi, i due si guardavano di sottecchi l’un l’altro, non sapendo risolversi a fare qualcosa. Vieppiù imbarazzati dal silenzio con cui i due adulti li guardavano, alla fine Curzio si voltò e poggiò una mano sulla spalla dell’amico.
“Carezzalo, Curzio, - lo incoraggiò il professore – carezzagli il petto, senti il calore della sua pelle… strizzagli il tettino… e tu fa lo stesso a lui, Ferdy.”
Come incapaci di resistere alla malia che si era creata nella stanza, i due ragazzi cominciarono a carezzarsi reciprocamente, dapprima con una certa esitazione, ma ben presto con apparente disinvoltura, quasi impegnati in un gioco di perversa seduzione ai danni del loro insegnante: se era questo che voleva, glielo avrebbero dato, e chissà poi le risate.
Le loro mani vagavano sulle spalle e sul petto, indugiavano sui pettorali già sviluppati, titillavano i tettini, strappandosi a vicenda un fremito e un laido sorriso.
“Carezzatevi anche sotto… - disse ad un tratto il professore – Avanti, Rosso, tocca il cazzo al tuo amico.”
Curzio esitò, ma solo un momento, poi la sua mano scese a palpare prima le palle già mature di Ferdy e poi l’asta del cazzo, che rispose immediatamente al contatto, ergendosi nella stretta della mano.
Il professor Scamorzi osservava la scena con gli occhi spalancati, leccandosi le labbra e controllando a stento l’impulso di alzarsi e precipitarsi su quel cazzo ormai turgido e già sgocciolante. Ma Tony non era da meno, nonostante la sua proclamata estraneità a quel tipo di passione: forse fu questo che lo spinse a prendere il cellulare e cominciare a riprendere con discrezione quella scena conturbante.
“Anche tu, Ferdy, toccagli il cazzo anche tu.”, disse il professore.
Il biondo ebbe un attimo di esitazione: il gioco minacciava di sfuggire al loro controllo, ma bastò che il bidello accennasse ad alzarsi, perché la sua mano si abbassasse a impugnare l’uccello già mezzo duro del Rosso Malpelo.
Ed eccoli, i due teppistelli, che appena quella mattina avevano aggredito, insultato e violentato il loro professore, colpevole solo di averli concupiti, eccoli ora che si palpavano e si smanettavano come due frocetti in calore.
Forse avrebbe potuto bastare, ma il professor Scamorzi non voleva solo vendicarsi, o almeno non lo voleva più: adesso voleva in un certo senso partecipare a quel piacere a cui assisteva con sguardo allupato, ma da cui era escluso.



“Ferdy, - disse ad un tratto con voce strozzata – prendigli il cazzo in bocca… Prendi in bocca il cazzo del tuo amico… Succhiaglielo…”
Chiunque si sarebbe aspettato un rifiuto sdegnato, un “ma che cazzo vuoi, vecchia checca, non ti basta quello che ci hai costretto a fare?”, e invece, senza
battere ciglio, Ferdy si calò lentamente in ginocchio, strinse in mano l’uccello scappellato dell’amico, se lo accostò alle labbra, lo annusò, poi aprì la bocca e accennò a farselo scivolare in bocca.
Ma pur nella sua incontrollabile eccitazione, al professore non sfuggì il lampo di odio che brillò negli occhi dell’allievo, nel momento stesso in cui le sue labbra si avvolgevano con una smorfia di disgusto attorno alla cappella del Rosso.
“Che cazzo sto facendo!”, si chiese allora, sentendosi come sgonfiare.
Si vergognò, si sentì miserabile e meschino, stava per dire basta, basta, basta… ma nel medesimo istante lo riassalì il ricordo dell’umiliazione subita nel box del gabinetto, della violenza cui lo avevano costretto quei due… Lo avevano denudato, gli avevano sborrato e pisciato addosso… a lui, per il semplice gusto di insultarlo.
Il rimorso, che per un attimo lo aveva preso, si mutò in rabbia, una rabbia cieca, un desiderio di rivalsa a tutti i costi.
“Forza con quella bocca! – sibilò, allora, con voce strozzata – Succhiaglielo, fallo venire… voglio vedere la sborra che ti cola dalla bocca…”, come avete fatto a me, avrebbe voluto aggiungere.
Impegnato a riprendere col telefonino, stordito nello stesso tempo dall’eccitazione che pulsava nell’aria della stanza, Tony non si era accorto del cambiamento avvenuto nel professore, e fu con un “Cazzo!” allucinato, che accolse la vista del Rosso che, con un grugnito profondo, si inarcava, afferrava la testa di Ferdy Rovelli e gli scaricava in bocca l’enorme carico delle sue giovani palle.
Il biondo si ritrasse di scatto e scatarrò a terra il denso seme, che gli imbrattava lingua e palato, continuando poi a sputacchiare, quasi in preda a conati di vomito.
L’afrore della giovane sborra raggiunse le narici del professor Scamorzi, facendole fremere di involontaria libidine. Ma ormai era troppo anche per il suo desiderio di vendetta.
“Rivestitevi, - disse, infatti, con voce stanca – rivestitevi e andate.”
Curzio e Ferdy non se lo fecero ripetere: afferrarono i loro indumenti, li indossarono in fretta senza guardare nessuno, senza neanche uno sguardo fra di loro, e si diressero alla porta.
“Un momento, voi due, - li bloccò il bidello – avete ricevuto la lezione che meritavate; ma che non vi passi per la testa di fare qualche minchiata: vedete questo? – e gli mostrò il cellulare – ho ripreso tutto il vostro spettacolino e se mi arriva anche solo una chiacchiera, mi basta un click per metterlo in rete e conosco anche il numero delle vostre famiglie. Quindi, rigate dritto e non succederà niente. Ci siamo capiti?”
Senza rispondergli, senza neanche voltarsi, i due aprirono la porta e uscirono, chiudendosela silenziosamente alle spalle.
“Forse è il caso che vada pure io.”, disse allora Tony.
Il professore sembrò riscuotersi da suo stato di apatia:
“Cosa? – disse – E dove vorresti andare? A te, non ti ho ancora perdonato.”
Il bidello lo fissò con aria interrogativa.
“Hai già dimenticato? … - fece allusivamente il professore, avvicinandoglisi – Su, da bravo, non c’è due senza tre…”, e prese a sbottonargli i pantaloni.
Tony avvampò al ricordo e lasciò fare, ma tutt’altro che contrariato: per quanto si dichiarasse estraneo a certe pratiche, troppo lo aveva eccitato lo spettacolo a cui aveva assistito. E poi, diciamocelo francamente, chi si tirerebbe indietro alla prospettiva di sborrare in una bocca calda o in un culo stretto?
Lasciò fare, quindi: lasciò che il professore gli slacciasse i pantaloni, che gli caddero laschi alle caviglie, lasciò che ammirasse la magnifica vista del suo pacco gonfio, che lisciasse la voluminosa protuberanza allungata di traverso sotto gli slip umidicci, che ne annusasse l’afrore conturbante.
Era consapevole del suo fascino virile: tante gliel’avevano detto e sentirselo riconoscere anche da un uomo, sia pure frocio, lo faceva sentire ancora più maschio.
“C’è qualche problema?”, gli chiese il professor Scamorzi un po’ preoccupato per il suo silenzio.
“No, professore, - ghignò il bidello – stavo pensando che il problema sarà suo, quando questa sleppa di cazzo le farà dentro e fuori dal buco del culo.”, e se lo tirò fuori dagli slip turgido e già bagnato.
“Ogni cosa a suo tempo…”, mormorò l’uomo, leccandosi le labbra, e glielo prese in mano, cominciando a lappargli la sugosa cappella a tutta lingua come un cagnolino.


POSCRITTO (per chi fosse interessato)

Da quella sera, si instaurò un proficuo rapporto tra il professore e il bidello, un rapporto dal quale ricavavano entrambi soddisfacenti profitti e per questo destinato a durare nel tempo.
Quanto ai due miserelli, lasciarono la scuola e di loro si persero le tracce: qualcuno li disse trasferiti in un’altra città, qualcuno arruolati nella Legione Straniera e non mancò chi affermò di averli riconosciuti in alcuni filmati di OnlyFans, impegnati in attività innominabili.

FINE

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