Gay & Bisex
Per giocare con entrambi - 1
di adad
29.01.2019 |
15.773 |
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Quando l’annuncio mi capitò sotto gli occhi, si può immaginare il caos ormonale che provocò nel mio organismo, al pensiero delle situazioni che si..."
Tutto cominciò con un annuncio su uno dei tanti siti per incontri. Il testo, cito a memoria, diceva pressappoco:“Coppia: 40enne versatile e 24 attivo superdotato, entrambi ottimo aspetto, cercano terzo per giocare con entrambi. email ecc.”
Quando l’annuncio mi capitò sotto gli occhi, si può immaginare il caos ormonale che provocò nel mio organismo, al pensiero delle situazioni che si sarebbero potute verificare.
A dire la verità, a me piace fare il passivo: è più comodo, devi solo startene lì e goderti con la bocca o con il culo il cazzo dei maschi, che ti capitano a tiro e fanno tutto loro; ma è anche decisamente più porco, perché quel cazzo, in fin dei conti, te lo devi guadagnare, devi farlo eccitare, devi farlo godere come dio comanda, se vuoi che ti dia i suoi frutti.
E allora è necessario conoscere bene i trucchi del mestiere, i suoi punti sensibili, imparare le tecniche per frullargli alla perfezione l’uccello con la bocca o con il culo; soprattutto è necessario imparare ad amare la sborra, perché niente lo esalta e lo gratifica di più, che vedere un altro uomo apprezzare il suo seme al punto da ingoiarlo.
Due cose, per inciso, fanno letteralmente perdere la testa al maschio, specie se etero: bere il suo sperma e leccargli il buco del culo. Provare per credere!
Insomma è un mestiere difficile fare il passivo, ma quando riesci a farlo bene, ti dà di quelle soddisfazioni che neanche immaginavi. Certo, è indispensabile che anche il maschio sia all’altezza, per lo meno che riesca a stimolare i tuoi ormoni troieschi, vuoi con la sua presenza fisica, che è quella che dà fuoco alle polveri, vuoi con la sua disponibilità a seguirti nei tuoi giochi e ad assecondarli.
Per una troia passiva non c’è niente di più deprimente, di più demotivante di un maschio che se ne sta lì senza muoversi, senza reagire, senza sapere dove mettere le mani. Ma sto divagando.
A me piace fare il passivo, dicevo, ma ciò non significa che non sia in grado di metterlo nel culo pure io, quando occorre, anzi! Me ne sono capitati fin troppi di maschi che, dopo essersi fatti leccare in lungo e in largo il buco del culo con un concerto di sguaiolamenti degno di miglior causa, mi chiedevano alla fine di fargli provare cosa si sente ad averlo dentro… E cosa fai, allora? Glielo sbatti dentro e lo accontenti, naturalmente!
Per farla breve, risposi all’annuncio, allegando alcune foto fronte/retro, in cui mostravo il meglio di me, vale a dire un buco spalancato e un nerchio al meglio del suo turgore, e assicurando la mia totale disponibilità ai loro desideri ecc. ecc. La riposta mi arrivò circa una settimana dopo: la mia risposta gli era piaciuta, così come le foto molto… eloquenti; si scusavano per il ritardo ed erano d’accordo per fissare un appuntamento. Dopo un certo scambio di mail ci scambiammo il numero di telefono.
A dire il vero, mi sorse qualche dubbio: chi mi assicurava che la “coppia” non fosse altro che uno specchietto per le allodole, un espediente per attirare gente, e che al momento dell’incontro, il “giovane superdotato”, a cui in realtà miravo, non sarebbe stato assente per qualche improvvisa e imprevista causa di forza maggiore?
Comunque, chiamai e mi rispose una calda voce maschile dall’accento morbido e suadente, che mi impressionò alquanto favorevolmente, devo dire. Era Giulio, il quarantenne: mi spiegò di essere lui ad occuparsi delle relazioni sociali.
Gli chiesi conferma circa il tono dell’annuncio e lui mi assicurò che era tutto vero, anche la superdotazione dell’amico, un cazzo di venticinque centimetri per diciotto di
circonferenza, che mi strappò un fischio di ammirazione.
“E si riesce a prenderlo?”, gli chiesi.
“Liscio come l’olio, non preoccuparti.”, mi assicurò lui.
Chiacchierammo ancora un po’, quindi fissammo un appuntamento a casa sua per il sabato successivo alle 15. A differenza di tanti che preferiscono gli incontri serali, io scelgo sempre il pomeriggio, perché se va male, ho la possibilità di tirar fuori un pretesto plausibile e filarmela; se invece va bene… ho più tempo da dedicare ai piacevoli sollazzamenti!
Comunque, i momenti che precedono un incontro sono sempre accompagnati da grandi palpitazioni: cerchi di immaginare com’è la persona che devi conoscere, cerchi di prevedere come potrebbero andare le cose, fingi nella tua mente accenni di conversazione, di azione… Ma su tutto pesa la grande incognita: come sarà? Gli piacerò? Mi piacerà? Le foto possono dire fino a un certo punto, lo sappiamo tutti… quando non si rivelano un vero e proprio flop.
Come da copione, quel sabato a mezzogiorno avevo lo stomaco contratto e riuscii a malapena a sbocconcellare un paio di biscotti; così preferii prepararmi all’incontro nel migliore dei modi. Feci la doccia e altre cose per essere sicuro di una perfetta pulizia interna ed esterna; feci un po’ di stretching al buco del culo, massaggiandolo con le dita e aprendomelo con un dildo; indossai un perizoma sexy da gran troia e alla fine uscii di casa pulito, profumato e pronto all’azione.
Qualche minuto prima delle 15 ero davanti alla casa dei due, un palazzone abbastanza anonimo di media periferia. Suonai il campanello.
“Sì?”
“Gianni”, risposi.
“Vieni. Terzo piano.”
Appena si chiuse la porta e l’ascensore si mosse, mi sentii riprendere dall’ansia; allora feci un profondo respiro e cercai di calmarmi: ormai non potevo più tornare indietro. Uscito dall’ascensore, vidi socchiusa una delle tre porte che si aprivano sul piano. Era quella: mi ci diressi e mentre stavo per bussare, il tipo l’aprì e, con un largo sorriso, mi fece cenno di entrare. Ci stringemmo la mano e lui chiuse la porta. Devo dire che fin dalla prima occhiata, rimasi positivamente colpito: Giulio era un quarantenne decisamente in forma, sul metro e settanta, capelli castano con qualche filo grigio alle tempie; piacevole il volto dai lineamenti regolari.
Indossava una camicia, aperta su un petto appena velato da una leggera peluria, e un paio di pantaloni cascanti, che io trovai molto sexy addosso a lui. Mi fece accomodare in soggiorno, su un divano ampio e confortevole che, pensai subito, doveva averne viste di tutti i colori.
“”Paolo si scusa, ma gli è capitato un impegno imprevisto. Se tutto va bene, ci raggiungerà fra poco.”, disse lui, sedendomisi accanto, dopo aver portato un paio di drink.
La classica scusa! Ma, se non altro, lui sarebbe stato un premio di consolazione di tutto rispetto.
“Beh, intanto possiamo cominciare noi…”, feci con un sorriso, poggiandogli una mano sulla coscia.
“Ehilà, come corri!”, rise lui.
“Siamo qui per questo, no?”, e feci spudoratamente scivolare la mano verso il suo pacco.
“Non vuoi che mettiamo un filmettino, tanto per scaldare l’atmosfera?”
“A me sembra già abbastanza calda…”, risposi, portandogli decisamente la mano sul montarozzo e sentendomi sotto le dita la sua consistenza già dura.
Erano passati sì e no cinque minuti dal mio arrivo e già eravamo lì a fissarci con gli occhi
accesi di libidine, la mia mano sul suo pacco e la sua che mi risaliva la coscia verso la medesima destinazione. Qualche altro secondo e le nostre bocche erano incollate insieme, le nostre lingue guizzavano l’uno contro l’altra in una frenetica danza d’amore, mentre le mani si palpavano vicendevolmente fra le gambe con cupida bramosia.
Fu un lungo momento di fibrillante abbandono. Appena mi riscossi, gli slacciai febbrilmente i pantaloni, gli tirai giù la zip, infilai la mano nella patta, rovistando alla ricerca di un passaggio, e finalmente arrivai a contatto della sua carne rovente. Impugnai a tutta mano il suo randellone e a fatica glielo tirai fuori, rimanendo per un attimo a fissarlo.
Era un cazzo non molto grande, ma davvero bello: sarà stato sui sedici centimetri, poderoso e aggraziato. Tirai giù il prepuzio e il glande venne fuori interamente, roseo e bagnato. Sentii l’aroma pungente della presborra e non riuscii più a trattenermi: con un mugolio, mi ci fiondai sopra e lo presi in bocca, inebriato dal gusto salaticcio della bava che lo ricopriva.
Con un gemito, Giulio si abbandonò contro lo schienale del divano e lasciò che mi godessi il frutto della sua virilità. Succhiai avidamente quel frutto sugoso, poi mi risollevai e lasciai che fosse lui ad aprirmi i pantaloni e a tirarmi fuori il nerchio congestionato, sul quale si lanciò con una bramosia non inferiore alla mia. Me lo succhiò e leccò, finché non fu placata anche per lui la prima urgenza.
“Spogliamoci, dai.”, mi disse poi e si alzò, cominciando a togliersi con furia tutto quello che aveva addosso.
Io rimasi seduto a guardarlo e quando fu nudo, me lo tirai vicino e ripresi in bocca il suo frutto sugoso, mentre con le mani gli lisciavo a palpavo le chiappe meravigliosamente levigate e sode. Ma anche lui era impaziente, così dopo un po’ mi tirò in piedi e mi spogliò con le sue stesse mani. Mi tolse camicia e maglietta, carezzandomi il petto e chinandosi a baciarmi e mordicchiarmi i capezzoli, che risposero pronti a quelle attenzioni.
Poi mi abbassò i pantaloni e me li sfilò, dopo avermi tolto scarpe e calzini, infine, si inginocchiò e mi calò lentamente il perizoma, beandosi pure lui alla vista e all’aroma del mio cazzo.
Dapprima mi carezzò i coglioni, facendomi fremere di voluttà, poi mi passò le mani sul culo a lisciarmi le natiche, e mentre le sue dita mi si insinuavano nello spacco e il suo medio riusciva a individuare il buchetto, vellicandolo lievemente, la sua bocca si avvicinò al mio nerchio voglioso, ne lambì il taglietto con la punta della lingua e con un mugolio di soddisfatto piacere, ingoiò l’intera cappella, svirgolandoci voracemente attorno.
Beh, era evidente che Giulio amava il cazzo non meno di me!
Retrocessi lentamente verso il divano e lui mi seguì ginocchioni, sempre col mio nerchio
in bocca e il suo dito a punzecchiarmi l’orifizio. Arrivato a sfiorare l’orlo del divano col retro delle gambe, mi sedetti piano piano e poi mi distesi di lungo.
Senza mai mollarmi un istante, Giulio si rigirò e, scavalcandomi con la gamba, mi venne sopra a sessantanove. Il suo cazzo mi sfiorò le labbra e immediatamente sollevai la testa, reingoiando il suo glande incredibilmente bagnato e riprendendo a spompinarlo.
Ad un tratto, mi accorsi che mi stava leccando le palle, che abitualmente tengo rasate. Sentivo la sua lingua calda scivolarci sopra, lasciandosi dietro un denso strato di saliva. Allora allargai le gambe e le ripiegai in su, quasi allacciandogliele dietro la schiena.
Giulio capì il messaggio e diresse subito la lingua verso la mia fighetta, che lo aspettava palpitando spasmodicamente. Aprendomi ancora di più con le sue stesse mani, mi diede un paio di fantasmagoriche leccate a tutta lingua e poi me ne affondò mezza nel meato, mandandomi in fibrillazione.
A quel punto, mollai il suo cazzo, gli abbrancai il bacino e lo abbassai, fino a trovarmi il suo buco giusto all’altezza della bocca. Me lo sentii caldo e umido sulle labbra, allora, senza aspettare oltre, cominciai a punzonarglielo pure io con la lingua.
Iniziammo così un vorace sessantanove a lingua in culo, che poche volte mi era riuscito di fare con tanta passione. Ci leccavamo e gemevamo e ci contorcevamo, avvinghiati insieme con la bocca incollata l’uno al buco del culo dell’altro e la lingua a ravanarci dentro.
“Bene, bene, vi state preparando il culo per il mio cazzo…”
(continua)
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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