Gay & Bisex
Pei sentieri del piacer - 2
di adad
06.08.2021 |
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"A sua giustificazione, dobbiamo dire che era la prima volta, quella, in cui ospitava qualcuno nel suo letto, la prima volta in cui poteva dar vita alle..."
Erano ormai entrambi in piena frenesia erotica; in piedi, accanto al grande letto matrimoniale, Guido ed Armando continuavano a stringersi e a baciarsi, mentre i bacini sfregavano le proprie erezioni l’una contro l’altra. Guido riprese ad armeggiare con la cintura di Armando, ma questi si sciolse dall’abbraccio:
“No”, disse e con uno spintone lo rovesciò sul letto.
Poi, di slancio, gli si mise a cavalcioni e gli sbottonò la camicia, esponendo ai suoi occhi il petto muscoloso. Rimase un istante a fissarlo incantato, quindi gli tolse del tutto la camicia e gli sollevò le braccia sopra la testa:
“Stai così”, sussurrò, chinandosi e iniziando a baciare un capezzolo e l’altro, vellicandoli con la punta della lingua e mordicchiandoli dolcemente, via via che si inturgidivano.
Guido sospirava di piacere, mentre Armando lo leccava tutt’attorno alla massa carnosa dei pettorali, per tornare poi ai capezzoli ormai gonfi come due prugnoli.
Impaziente di arrivare al dunque, Guido allungò le mani per prenderlo e stringerlo a sé, ma Armando lo bloccò, riportandogli le mani sopra la testa.
“No”, disse con un sorriso disarmante e tornò a chinarsi nell’incavo delle ascelle, inalandone il profumo acre di sudore e di colonia, prima di riprendere a baciare e leccare il suo petto, dirigendosi via via verso il basso, verso quella peluria dell’addome, che andava infoltendosi, nel momento in cui scompariva sotto la cintura dei pantaloni.
Ma più Guido boccheggiava in preda alla smania, più Armando sembrava prenderla comoda. A sua giustificazione, dobbiamo dire che era la prima volta, quella, in cui ospitava qualcuno nel suo letto, la prima volta in cui poteva dar vita alle fantasie che così a lungo aveva nutrito: gli altri erano stati tutti incontri fugaci in macchina o dietro qualche cespuglio, toccamenti frettolosi e giusto per scaricare la tensione delle palle.
Adesso, finalmente, aveva un ragazzo nella sicurezza della sua casa, e poteva amarlo e farsi amare senza alcun timore. Forse non lo avrebbe visto mai più e questo rendeva ancora più importante potersene godere ogni stilla. Baciò l’incavo dell’ombelico, scavandoci dentro con la lingua, e finalmente sganciò la cintura di pelle e cominciò a sbottonare la patta. Guido fremette: finalmente!
Ma Armando non aveva fretta: allargò i lembi della patta e premette il volto sul triangolino bianco dei boxer, aspirando l’aroma asprigno del sesso celato sotto. Quell’odore così particolare gli torse lo stomaco, sembrò svegliare tutta l’urgenza della sua libidine, allora con foga gli tolse scarpe e calzini, gli fece scivolare via i pantaloni e, dopo averlo ammirato in mutande quasi con le lacrime agli occhi, gli si distese sopra, affondando il volto sul pacco umidiccio, annusandolo e baciandolo, nella pregustazione di cavar fuori la bestia che sentiva agitarsi sotto la tesa maglina.
Ma Guido a quel punto non resse più e di scatto prese il sopravvento. Ribaltato Armando sul letto, lo spogliò con furia e, quando fu nudo, tornò ad avventarglisi con un gemito sul cazzo duro, ingolandoselo fin quasi alla radice.
Lo succhiò e lo spremette fra lingua e palato, poi gli sollevò le gambe, ribaltandogliele sul petto e si diede a mangiargli i coglioni. Armando gemeva e spasimava sotto quegli attacchi, gemeva e spasimava alle fitte di dolore e piacere insieme che la lingua e i denti di Guido gli procuravano alle palle, ma l’unica cosa che temeva era che l’altro smettesse troppo presto, l’unica cosa che desiderava era che continuasse quella folle tortura, che scendesse magari più in basso… più in basso… e sollevò il bacino in muta richiesta. E Guido capì. Quando si vide scodellato all’altezza delle labbra il roseo orifizio, ci depose immediatamente un bacio focoso, trafiggendolo con la punta della lingua.
L’area attorno era priva di peli e questo stuzzicò ulteriormente la foia di Guido, che si diede a lapparla con frenesia, come se non ci fosse domani. Armando boccheggiava, incapace di contenere l’emozione: era la prima volta che gli leccavano il buco del culo e quasi non riusciva a crederci. Ansimava e singultava negli spasimi di un piacere talmente incontenibile, che dopo un po’ venne senza neanche toccarsi.
Ma Guido neanche se ne accorse, tutto preso a divorare quella carne che gli si disfaceva sotto la lingua. Ne era strabiliato, la sentiva come burro morbido sulle labbra, mentre ci si accaniva, ancor più entusiasmato dai contorcimenti di evidente piacere della sua fortunata vittima.
Infine, l’urgenza di fottere ebbe la meglio e, dopo essersi strappato via le mutande, Guido gli si chinò sopra e gli puntò l’uccello sul buco ormai frollo e grondante di saliva.
Armando si irrigidì.
“Non l’ho mai fatto…”, mormorò.
“Penso a tutto io…”, lo rassicurò Guido e si chinò a baciarlo, mentre con lentezza, ma con determinazione, gli spingeva dentro il cazzo.
Per fortuna, il buco era infrollito dalle leccate e ben oliato di saliva, per cui non oppose resistenza al cazzo di Guido, sbrodato a sua volta dall’eccitazione; lo sfintere sembrò aprirsi con un sospiro e ingoiò il cazzo penetrante per l’intera lunghezza, finché Armando si sentì strusciare sulle palle il ciuffo crespo del suo chiavatore.
“Me lo hai messo nel culo…”, mormorò incredulo.
“Ti ho fatto male?”, chiese Guido premuroso, sapendo per esperienza che la prima volta può essere dolorosa, e parecchio.
“No… sei stato bravissimo…”
“Bravissimo sei tu, tesoro… Lo hai preso che è una meraviglia.”
“Mi sento pieno…”
Guido sorrise e tornò a baciarlo, ricordando la sua prima volta, che era andata alquanto diversamente.
“Adesso ti scopo… Vuoi?”
“Mi pesi addosso.”, disse però Armando, impacciato com’era da quella posizione.
“Così va meglio?”, chiese allora Guido, dopo essersi rovesciato sul fianco.
“Molto…”, sussurrò Armando, baciandolo e avvinghiandogli le gambe dietro la
schiena.
Impercettibilmente all’inizio e poi sempre con maggior foga, Guido cominciò a fotterlo, le lingue impegnate in un amoroso duello nelle loro bocche, mentre il suo cazzo stantuffava senza impaccio dentro e fuori il culo ormai aperto. I gemiti di piacere dell’uno si mescolavano ai sospiri quasi increduli dell’altro.
Poi Guido accelerò il ritmo; Armando lo strinse con ancora più forza nella morsa delle braccia e delle gambe; Guido cominciò a perdere il controllo, mentre le sue spinte si facevano più secche e irregolari; Armando sguaiolò sentendo il cazzo farsi ancora più grosso nel suo culo; infine, Guido gli passò le mani dietro la nuca e gli cacciò in bocca tutta la sua lingua, mentre con uno scatto il suo cazzo rompeva gli indugi e scaricava la sua libidine nel culo di Armando.
Contrariamente a quanto dicono gli esperti, quell’orgasmo durò a lungo: prima gli scatti interminabili dell’uccello di Guido, che ad ogni flusso picchiettava sulla prostata di Armando; poi le contrazioni dello sfintere di Armando, che veniva a sua volta in preda ad uno straordinario, quanto imprevedibile, orgasmo di culo.
Erano entrambi stremati e ancora avvinghiati, quando cominciarono a riprendere consapevolezza.
“Ti ho sentito venire…”, mormorò Armando, ancora stralunato.
“Anch’io…”, sussurrò Guido, premendo forte col bacino per fargli sentire il suo cazzo ancora semiduro.
“E’ la prima volta che vengo con il culo…”. ridacchiò Armando, tra il fiero e il vergognoso.
“Tutto merito mio…”, scherzò Guido con tenerezza.
“Tienilo ancora dentro…”
“Sì… e magari aspetto che mi torna duro e ti fotto un’altra volta…”
“Magari…”
Purtroppo, il cazzo gli si afflosciò del tutto e sgusciò fuori, lasciando un buco slargato, da cui cominciò a defluire la sborra che vi era stata copiosamente versata.
Dopo una pausa per una corsa in bagno a pulirsi e un caffè, i due giovani tornarono a letto, dedicandosi a quei giochi amorosi, che le residue forze gli permettevano.
Si rividero ancora i giorni e le settimane successive e ogni volta scoppiava fra loro la medesima passione; ogni volta facevano l’amore col medesimo trasporto; tanto che ad un certo punto fu chiaro a entrambi che la loro era una relazione.
Armando non stava più in sé dalla felicità: aveva sempre sognato avere un ragazzo a cui rivolgere le sue attenzioni, a cui dare il suo amore… tutto l’amore che si sentiva dentro. E ogni volta che Guido partiva era come se si portasse via un pezzo del suo cuore, ma senza che questo lo facesse soffrire, perché sapeva che sarebbe tornato, che lo avrebbe riabbracciato, che avrebbero fatto di nuovo l’amore.
Anche Guido era felice di quella relazione, per lo meno lo fu nelle prime settimane, perché dopo un po’ cominciò a sentire una certa insofferenza.
Non che gli pesasse la distanza o il fatto di farsi un’ora di macchina per andarlo a trovare; non che sentisse di non volergli bene o gli spiacesse farci l’amore, no: era qualcosa di diverso, di più profondo, come se legarsi in quella relazione lo privasse di… non sapeva neanche lui di cosa.
Diciamo che era un miscuglio di sentimenti eterogenei ad alimentare i suoi dubbi: a un sostanziale scetticismo di fondo nei confronti delle relazioni fra uomini (troppi ne aveva incontrati interessati unicamente a una scopata mordi e fuggi) si mescolavano una serie di incertezze su come affrontare e gestire un rapporto di questo tipo. In fin dei conti, l’unico modello che abbiamo è quello tra uomo e donna, che ormai non è più una garanzia di solidità e di successo, ammesso che lo sia mai stato. Ma più di tutto, a far capolino qua e là era il rammarico di dover rinunciare lui stesso alle battute di caccia, agli incontri mordi e fuggi… “Sempre libera degg’io…” gli risuonava allora nella mente con la voce inconfondibile della Callas. Legarsi a una persona significa anche rinunciare… “Vo’ che scorra il viver mio pei sentieri del piacer…”. Ma se la sentiva lui di rinunciare?... di rinunciare consapevolmente?... volontariamente?
Guido cominciò a rendersi conto che non se la sentiva. Voleva bene ad Armando, voleva continuare a vederlo, ma non voleva rinunciare a conoscere altri ragazzi.
All’inizio, quando questa consapevolezza si fece strada in lui, Guido fu divorato dai sensi di colpa: sapeva che stava facendo un torto ad Armando, la cui unica colpa era di amarlo così incondizionatamente; immaginava il dolore che gli avrebbe inferto, ma doveva parlargli, doveva fargli capire. Anche a costo di rompere. Rompere… Guido si sentì stringere il cuore al pensiero dello strazio che avrebbe provato Armando, ma ormai il suo bisogno di fare chiarezza era sempre più forte, era ineludibile.
Era una dolce domenica di ottobre, quando Guido si ritrovò in macchina diretto da Armando. Ormai aveva deciso, era determinato a parlargli.
“Sempre libera degg’io folleggiare di gioia in gioia, vo’ che scorra il viver mio pei sentieri del piacer…”, gorgheggiava Guido assieme alla Callas.
Il fatto di avere raggiunto una decisione lo faceva sentire più leggero. Non vedeva l’ora… Parcheggiò davanti al condominio di Armando; il portone era aperto e salì direttamente.
La luce di pura felicità, che gli vide negli occhi, fece vacillare per un momento la sua determinazione, ma si dominò.
“Ciao, - gli disse, e dopo avergli dato un bacio sulla guancia – senti, devo…”, iniziò subito, come se temesse che non ci sarebbe più riuscito.
Ma quasi avvertisse che qualcosa non andava, Armando non gli diede modo di proseguire.
“Dopo, - disse, stringendolo a sé e chiudendogli la bocca con un bacio – facciamo l’amore, prima… ti desidero tanto…”
Guido si lasciò condurre in camera da letto, si lasciò spogliare, si lasciò baciare… dopo un attimo di incertezza si lasciò andare… Fecero l’amore con passione, forse come mai prima di allora. Forse come mai, prima di allora, Guido fu dolce con Armando… Forse come mai, prima di allora, Armando gli si diede con totale abbandono… Dopo qualche ora, erano nudi sul letto, nella piacevole rilassatezza del dopo, un torpore non meno godurioso e soddisfacente.
Guido era disteso con le mani dietro la nuca e Armando, rannicchiato al suo fianco, gli poggiava con la guancia sull’addome.
“Adoro sentire la tua pancia che gorgoglia…”, disse ad un tratto.
Guido ebbe un tuffo al cuore: quelle parole, con la loro intimità, lo toccarono nel profondo… Adoro sentire la tua pancia che gorgoglia… Nella loro semplicità gli tolsero come un velo dagli occhi, spazzarono via tutte le sue ubbie.
“Cosa volevi dirmi, prima? – gli chiese Armando, sfiorando i coglioni di Guido in una leggera carezza – Sembrava così urgente.”
Già, cosa voleva dirgli? Guido si sentì la mente vuota: scomparsi i sentieri del piacere, scomparso l’anelito di sentirsi libero, il desiderio di nuove conoscenze, quei bisogni, fino ad un momento prima insopprimibili, gli apparvero improvvisamente meschini e insignificanti, di fronte alla realtà di quella guancia poggiata sul suo addome, dell’orecchio che ascoltava i gorgoglii della sua pancia, di quel ragazzo che lo adorava con tanta dedizione.
“Ma niente… - rispose, carezzandogli i capelli – soltanto che ti amo.”
Fine
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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