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Gay & Bisex

Mondo fluido - 3


di adad
07.10.2024    |    2.990    |    5 9.9
"“Scusa, ma passavo da queste parti, ho visto il portoncino aperto e ho pensato di salire per un saluto..."
Era ormai passato quasi un mese dalla fine delle lezioni di fluidità, se così possiamo chiamarle, e Mirto non aveva avuto più nessuna notizia dell’allievo. Non che gli avesse chiesto di farsi sentire, e del resto cosa gli interessava? Era stato un cliente come gli altri… Oddio, non proprio come gli altri, ma sempre un cliente a cui aveva fornito una prestazione ed era stato pagato.
Però, poteva fargli uno squillo, almeno per un saluto, almeno per fargli sapere come se l’era cavata sul campo, se l’addestramento gli era servito a qualcosa.
Ad un certo punto, Mirto si rese conto che un po’ si risentiva di quel silenzio… E che cazzo! almeno un messaggio su Whatsapp!
Un giorno, ne cercò il numero nel registro chiamate e, in preda a una strana frenesia, prese a comporlo, ma si fermò a metà, quasi vergognandosene con se stesso e cercò di non pensarci più.
Passò qualche altra settimana ed effettivamente il pensiero di Rino cominciò ad affievolirsi, preso oltretutto com’era dal lavoro, particolarmente intenso in quel periodo.

Era una domenica pomeriggio e Mirto aveva deciso di non prendere clienti quel giorno: ogni tanto, un po’ di riposo al culo o al cazzo bisognava pur darglielo.
Era pigramente sdraiato sul divano, facendo finta di leggere qualcosa, ma in realtà vagando con la mente chissà dove, quando sentì suonare alla porta.
Chi poteva essere, forse un cliente arrapato? Al diavolo pure lui. Mirto decise di ignorarlo, ma il campanello tornò a suonare insistentemente. Allora si alzò, deciso a mandarlo al diavolo e andò ad aprire.
Rimase stupefatto, quando si trovò davanti il volto sorridente di Rino, che lo salutava con un “Ciao” squillante.
Mirto era senza parole:
“Che ci fai qua?”, balbettò stupidamente.
“Scusa, ma passavo da queste parti, ho visto il portoncino aperto e ho pensato di salire per un saluto. Ho fatto male?”
“N…no, certo che no.”, fece lui, senza muoversi dalla porta.
“Sei impegnato? – chiese Rino – Posso passare in un altro momento. Magari ti chiamo prima. Scusami.”
“No… scusami tu. – disse Mirto, cominciando a riprendere il controllo – Vieni accomodati. È che non mi aspettavo di vederti, dopo tutto questo tempo.”
“Sei sorpreso?”
“Mentirei, se dicessi di no.”, fece Mirto, guidandolo in soggiorno.
Rimasero in piedi a guardarsi.
“Allora, come sono andate le tue esperienze fluide?”, fece Mirto, tanto per dire qualcosa.
Rino non rispose, il suo sguardo si era fatto più intenso, più torbido, poi, all’improvviso, gli prese la testa fra le mani e con mossa rapida lo baciò. Fu un bacio famelico, focoso: le labbra si era appena toccate, che già la lingua di Rino era scivolata con un gemito nella bocca di Mirto, alla ricerca dei sapori segreti.
Mirto rimase un attimo spiazzato, poi sentì come un gelo scioglierglisi dalle ossa, mentre lentamente accettava quel bacio inaspettato. Da quanto tempo non
baciava un ragazzo! Da quanto tempo si era convinto che uno che faceva il suo mestiere non dovesse più baciare nessuno, men che meno un cliente?
E adesso? Non era forse anche Rino un cliente? All’improvviso, però, ogni remora scomparve, mentre senza quasi rendersene conto, afferrava l’amico per le spalle e rispondeva al bacio con altrettanto fuoco. Quanto gli era mancata quella dolcezza, il contatto morbido delle labbra, le lingue guizzanti che si rincorrevano dall’una all’altra bocca, il gioco più intimo ed entusiasmante dell’amore.
Mirto aveva quasi le lacrime agli occhi, mentre si abbandonava alla riscoperta di simili sensazioni.
“Veramente, non è mia abitudine baciare i clienti.”, scherzò Mirto, quando si separarono.
“Con me, però, farai un’eccezione.”
Mirto lo fissò altrettanto intensamente.
“Temo proprio di sì.”, sussurrò.
Tornarono a baciarsi, mentre si abbracciavano stretti, quasi stessero entrambi raccogliendo le idee su come andare avanti.
“Cazzo, non vedevo l’ora…”, mormorò infine Rino e, allontanatosi un passo dall’amico, lo squadrò con una brama nuova negli occhi, prima di cominciare a sbottonargli freneticamente la camicia.
Appena il petto fu nudo, Rino prese a carezzargli i pettorali, avventandosi poi a leccarglieli, mordicchiando e succhiando i grossi i capezzoli bruni, ben presto duri come noccioli di ciliegia. Le sue mani scivolavano sulla pelle nuda del petto e della schiena, assorbendone il calore e scoprendo ogni angolo nascosto di quel corpo, ora tanto bramato.
Mirto lasciava fare come imbambolato, quasi incredulo davanti ad un cambiamento così radicale. Era davvero lo stesso ragazzo che si era presentato da lui una vita fa, imbranato come una talpa, a chiedergli… a chiedergli cosa? non lo ricordava neanche più. Era davvero lo stesso ragazzo, che si era irrigidito, quando lo aveva toccato la prima volta, e adesso lo carezzava, lo stringeva, lo palpava dappertutto?
In quel momento, infatti, mentre con le labbra gli triturava un capezzolo, le mani di Rino erano scese ad agguantargli le natiche sode, ancora inguainate nei pantaloni, premendogli i fianchi contro il suo basso ventre.
Mirto avvertì contro l’addome la pressione del cazzo duro e si abbandonò con un gemito all’adorazione spasmodica di quel ragazzo che tanto gli era piaciuto fin dalla prima occhiata. Facesse pure quello che voleva, in fondo era anche merito suo che lo aveva svezzato.
Rino ormai era lanciato per la sua strada: con determinazione lo spinse sull’ampio divano, gli slacciò la cintura, gli sbottonò i pantaloni, aprendone la patta, poi si chinò e premette il naso sul triangolo bianco delle mutande, inspirando a pieni polmoni l’aroma dolciastro che ne promanava.
Sembrava che avesse raggiunto il suo scopo, ma non era così: si riscosse con un guizzo, gli strattonò con foga i pantaloni fino a mezza coscia, fino a sfilarglieli del tutto, poi sospirando:
“Il cazzo…”, gli abbassò anche le mutande e glielo prese in bocca.
Fu il colpo di grazia per il povero Mirto, che non riusciva ancora a reagire, travolto da quell’autentica furia erotica. Boccheggiò, non riuscendo a capacitarsi di quanto stava succedendo; ma quando sentì il suo cazzo floscio inturgidirsi nella bocca di Rino, quando sentì i brividi di piacere pizzicargli lo scroto e scorrergli lungo il perineo fino al buco del culo, con un’intensità mai provata, allora si riscosse, si raddrizzò e, allontanata delicatamente la testa di Rino dal suo inguine, gli sfilò il cazzo dalla bocca anelante e:
“Vieni”, gli disse, prendendolo per mano e conducendolo in camera da letto.
Qui, fu lui che gli aprì la camicia, gli carezzò il petto levigato, gli sollevò il braccio, accostandosi a respirare il profumo fragrante dell’ascella, chinandosi a leccare i minuscoli capezzoli che coronavano il morbido rilievo dei pettorali.
Non aveva fretta Mirto, voleva godersi fino in fondo l’emozione di scoprire e assaporare quel corpo. Nonostante gliene fossero passati così tanti sotto le mani e nel letto, il giovane aveva la strana sensazione che fosse questa la sua prima volta. Sfilò del tutto la camicia a Rino, poi si inginocchiò e gli slacciò i pantaloni, accostandosi a respirare l’aroma asprigno che si sprigionava della patta. Glieli sfilò piano piano assieme alle mutande e quando il cazzo balzò fuori libero duro, lui lo impugnò e, dopo un attimo di esitazione, se lo accostò alle labbra.
Tirò giù la guaina carnosa, scoprendo la cappella e con la punta della lingua prese a lappare il denso sugo che la ricopriva. Quanto gli era mancato! La prese per un attimo in bocca, slurpandola come un gelato: poi. ridendo senza neanche sapere di che, gli sfilò del tutto i pantaloni e si rialzò. Fissandolo negli occhi.
Si abbracciarono, del tutto nudi, adesso, e tornarono a baciarsi con vera passione.
Ma Rino era in preda ad una fregola irrefrenabile: spinse Mirto sul letto, gli si buttò in mezzo alle gambe e cominciò a grufolargli nell’inguine come un invasato, leccandogli le palle e l’asta del cazzo a tutta lingua, poi ingoiandoglielo mezzo e succhiando, incurante dei graffi che nella sua inesperienza poteva produrgli con i denti. Ma l’altro non si accorgeva di niente, tanto era travolto pure lui da questa passione incontenibile.
“Cosa diavolo ti è successo?”, ebbe la forza di chiedergli fra un sospiro e l’altro.
“Non lo so…”, mugugnò l’altro con la bocca piena.
E infatti non lo sapeva: era come se gli si fosse scoperchiato il vaso di Pandora, ma questo lo diciamo noi.
D’un tratto, Rino lo afferrò per le caviglie e lo ribaltò con forza sulla pancia, lanciandosi a morderli le chiappe carnose, a baciarle, a leccarle… e quando poco dopo gliele aprì, non ebbe alcuna esitazione a poggiare le labbra sull’abusato orificio e a spingerci dentro la lingua.
“Ohhh!... – gemette Mirto, in preda all’estasi – Mi stai leccando il buco del culo… Ma chi te le ha insegnate queste cose?”
“Nessuno, - rispose Rino – mi vengono da sole e mi piace fartele! Cazzo, se mi piace!”
E continuò a ravanargli nel buco con la lingua, gratificato dai gemiti e dai sospiri dell’amico. Mirto, dal canto suo, era come travolto dalla frenesia del suo ex allievo; abituato com’era da tempo a rapporti puramente mercenari, non ricordava da quanto non era oggetto di una tale passione. C’era stato un tempo, in cui qualcuno doveva pur averlo desiderato con tanto calore, e forse era il ricordo quelle lontane sensazioni che ora tornavano a trascinarlo in quel vortice di sesso e di emozioni.
“Adoro il tuo culo… - continuava Rino, tra un bacio e una leccata profonda – adoro questo buco… Chissà quanti cazzi ci sono entrati… Lo voglio…Voglio entrarti dentro pure io, voglio godere nella tua carne calda…”
E mentre lo diceva, afferrò Mirto per i fianchi, gli sollevò il sedere, poggiò la punta del cazzo sul buco pregno di saliva e spinse dentro con un colpo deciso.
“Cazzo, ti sto inculando!”, disse con voce strozzata, mentre la sua arma penetrava, senza alcuno sforzo per la verità, nel retto accogliente dell’amico.
Il quale amico, appena si rese conto di quello che stava succedendo, avrebbe voluto gridargli: “Aspetta, metti un preservativo!”.
Ma non fece in tempo perché Rino era già arrivato in fondo e si assestava con un ultimo entusiastico colpo. E allora al diavolo, decise, godiamoci questa scopata finalmente a pelle, mentre Rino, afferratolo strettamente per i fianchi, iniziava l’eterno andirivieni della scopata. Dapprima lentamente, quasi volesse assaporare ogni centimetro della mucosa vellutata in cui si trovava a scivolare, poi sempre più veloce, via via che la foga del maschio lo pervadeva e il piacere gli travolgeva il cervello. Infine, si chinò ad abbrancare l’amico, passandogli le braccia sotto il torace, e diede inizio alla folle corsa finale.
Sentendosi martellare a quel modo, Mirto si abbandonò alla marea di sensazioni che dal buco del culo, come onde concentriche, gli si irradiavano in tutto il corpo, togliendogli quasi il respiro. Finalmente, la natura ebbe ragione della foga giovanile e Rino si sentì trafiggere le palle incordate come da una lama di fuoco: per un attimo gli mancò il respiro, e rimase immobilizzato quasi in una bolla fuori tempo, poi con un ultimo affondo si abbandonò all’orgasmo, eiettando bordate di sperma nel budello fibrillante di Mirto.
“Ti ho scopato, - prese ad ansimare Rino, rimanendogli premuto dentro – sono entrato nel tuo culo e ti ho scopato… Ti ho sborrato dentro come una puttana… No, scusami, non volevo dire…”
“So cosa volevi dire, - lo interruppe Mirto, allungando dietro le braccia e afferrandogli le chiappe, per tenerselo premuto dentro – è la tua prima volta, vero?”
“Sì”, confessò Rino.
“E allora sono contento che l’hai fatto con me.”
Il cazzo smollato di Rino sgusciò infine dal culo di Mirto con un plop bagnato, trascinandosi dietro un fiotto denso di sborra.
“Sei stato bravo.”, disse Mirto girandosi ad abbracciarlo.
“Davvero?”, esclamò l’altro, incredulo.
“Beh, certo, nel pompino sei un po’ maldestro e quando scopi, devi imparare a coinvolgere di più il partner, ma ci lavoreremo. Per essere la tua prima volta, sei stato fantastico.”
“No, tu sei fantastico…”, mormorò Rino rannicchiandogli accanto, con la testa nell’incavo della spalla.
A quelle parole, Mirto si sentì prendere da un’emozione che da tempo non provava.
“Lasciami riprendere fiato. – disse – poi ti insegno qualche trucchetto.”

Era ormai notte fonda, quando i due tornarono alla realtà, nudi sul letto, con il cazzo entrambi stremato e il culo indolenzito.
“Se non hai impegni, possiamo fare una doccia e andare a mangiarci una pizza, che ne dici?”, disse Mirto.
“Ok, - fece Rino, sentendosi prendere da una strana felicità – però, oggi abbiamo fatto gli straordinari e non so se ho abbastanza soldi per pagarti.”
Mirto lo abbracciò.
“Non preoccuparti, - fece – oggi abbiamo fatto l’amore e l’amore non si paga. Ma puoi sempre offrirmi la pizza, se vuoi.”
“Ok”, gli bisbigliò Rino all’orecchio e altro avrebbe voluto dirgli, ma non ne ebbe il coraggio.
Per lo meno, non ancora.

FINE
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